Tra civiltà contadina e civiltà dello zolfo
Lo spazio politico, amministrativo ed economico
nel quale urbanisticamente Caltanissetta si evolve tra civiltà contadina e
dello zolfo si può attribuire a periodi
definiti, caratterizzati da un solo emergente e dirompente fenomeno: la Rivoluzione industriale. Un fenomeno
che trasforma tutto in poco tempo, in agricoltura, nei trasporti, nella
manifattura, nella finanza, nelle innovazioni e nelle scoperte tecniche e
tecnologiche, insomma, in una concomitanza di fatti e fenomeni che con la loro eccezionalità concorrono
all’affermazione di una nuova società.
Il primo periodo politico-economico che ci
interessa, in cui Caltanissetta comincia a trasformarsi sensibilmente, è dato
dall’amministrazione pre-unitaria, “aristocratica”, con la dominazione della famiglia Borbone.
Con questa famiglia, Caltanissetta, per la sua
fedeltà, diventa una delle 7 capovalli di Sicilia con i distretti di Piazza
Armerina e Terranova (Gela) e sede di Tribunale Civile e Gran Corte Criminale.
Riconoscente, e per rimanere la
fedelissima, non parteciperà ai moti
rivoluzionari contro la stessa famiglia Borbone, subendo, per questo (nel
1820), stragi e saccheggi dai comuni del suo entroterra (San Cataldo, Villalba,
etc.) che da questa dominazione si sentivano oppressi.
Nel periodo borbonico ha inizio la trasformazione
del feudo, così come avviene in altre
parti d’Europa, da mezzo per produrre valori d’uso a mezzo per ottenere denaro. I rapporti feudali basati sullo scambio semi-naturale o
naturale si tramutavano così in un nuovo scambio dove compare la moneta.
Comincia ad emergere un ceto sociale dotato di capitale che investe nella terra
affittando il feudo. Si affaccia sulla scena dell’agricoltura tra il nobile-proprietario e il salariato, l’affittuario-imprenditore, si sancisce una corrispondenza economica
data dal capitalismo nelle campagne tra rendita/nobile
(proprietario), profitto/affittuario
(imprenditore) e salario/salariato
(operaio).
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Carlo III di Borbone |
In Sicilia re Carlo III di Borbone (nel 1737)
tenta di fare sviluppare l’economia chiamando gli ebrei — in quanto portatori
di capitale ma che dopo pochi anni saranno scacciati perché portatori di sola
usura — e intervenendo, oggi si direbbe con una partecipazione statale, con una
regia compagnia commerciale allo
scopo di promuovere l’attività manifatturiera siciliana. Adotta leggi
protezionistiche sulle sete e fa in modo che per la Sicilia sia libera la loro
produzione. In questo clima Caltanissetta appare a Balsamo[1] come una
città dove la lavorazione a domicilio è abbastanza sviluppata.
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"pisatura" del grano |
Alla cacciata dei borboni segue uno Stato Unitario “liberal-conservatore”, con
la dominazione della famiglia Savoia, in cui l’unificazione dell’Italia avviene
per iniziativa della borghesia del Nord come “estensione dello Stato
piemontese”. È questo per la Sicilia anche il risultato della definitiva crisi
della monarchia borbonica, il cui crollo non è sorretto né dalla borghesia
(agraria e industriale) la quale ha aspirazioni libero-scambiste ed anela di
unirsi al Nord costituzionale per ricavare vantaggi economici e forse anche una
certa fetta di potere politico, né dal proletariato che tenuto in condizioni
miserrime e quindi non in grado di
organizzarsi se non in bande, per garantirsi la semplice sopravvivenza. A
Caltanissetta il Risorgimento si annuncia il 2 luglio 1860 con la colonna dei
garibaldini comandata da Eber.
Nelle campagne l’economia che si afferma è quella
capitalistica con il gabellotto che ha preso definitivamente il posto del
signore-proprietario. La mafia è la mano armata che fa capo a nuovi
intermediari del profitto, che amministra la sua giustizia di parte, in assenza
dello Stato, nella difesa del latifondo e nelle relazioni che il capitalismo delle campagne ha con il
territorio. Una fitta schiera di parassiti del feudo (soprastanti, gabellotti,
procuratori, curatoli, massari) inaugura
nel Vallone (in provincia di
Caltanissetta) i nuovi contratti agrari detti
a strasatto.
"Burgisi" |
Il regime economico passa dal liberismo del primo
ventennio unitario al protezionismo. L’agricoltura italiana è in crisi e il
Mezzogiorno ne risente molto, più che in altre parti d’Italia, l’abbandono
delle campagne e l’emigrazione sono sostenute, anche se in qualche realtà si
tenta di convertire la granicoltura in coltura arborea.
Nello scenario dell’economia nissena la miniera è
complementare al latifondo e ad esso praticamente corrispondente. Le figure che
dominano sono: il proprietario del fondo dove si trova ubicata la miniera, il
gabellotto (finanziatore), gli operai (zolfatai). Il contratto dell’affitto, tra il proprietario e
l’affittuario, in vigore sino al 1820,
passa ora alla gabella a staglio
o alla società, dove cambia, oltre
alla forma di contratto, anche la figura dell’affittuario, che non è più quella
delle compagnie di maestri e/o di zolfatai ma quella dei notabili della città da soli o
associati. Nel 1891 nascono i Fasci siciliani. Il governo Giolitti li
tollera, il successivo governo Crispi li reprime. Il 13-1-1894, il prefetto di
Caltanissetta De Rosa scioglie i Fasci dei Lavoratori in tutta la provincia.
In Sicilia gli animi si accendono per una resurrezione siciliana, viene fondato il
Movimento autonomista siciliano (1919)[3].
Preoccupata dal “pericolo bolscevico” la borghesia
industriale e agraria favorisce le condizioni per la formazione di uno Stato Totalitario “fascista” il quale si dà
da fare per mutare le caratteristiche di fondo dello stato liberale. Si
instaura una realtà economica dominata dall’autarchia, con forti squilibri
territoriali (città/campagna, Nord/Sud).Produzione di beni e consumi debbono riferirsi rigorosamente a prodotti italiani.
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Galleria di miniera |
Il fenomeno reazionario e antimeridionalista che
si manifesta durante il regime fascista fa nascere la voglia di separatismo[4] nei siciliani. Nella sua ambiguità,
questo movimento, darà anche spazio a fascisti pentiti, opportunisti, baroni, notabili e quanti altri avevano dato
una mano al blocco agrario.
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Borgo rurale Santa Rita |
Le miniere, nell’economia generale del nisseno, mantengono la loro produzione anche se più rivolta al consumo interno che non all’esportazione, compensando la crisi agricola solo apparentemente. In questa economia i Borghi rurali (Petilia, Cascino, Santa Rita) rappresentano il fiore all’occhiello che compare qua e là nel territorio per offrire una immagine di agricoltura fiorente, e le case per gli zolfatai di Terrapelata si configurano come un intervento sociale del regime.
Si arriva all’amministrazione Democratica “repubblicana” caratterizzata dalla questione
meridionale (sempre attuale), dal boom economico, dall’emergenza città e dalle "mani sulla città". I
conflitti sociali si acuiscono con le lotte operaie e contadine per migliori
condizioni di vita (sicurezza nelle miniere, migliori salari) e per la
riappropriazione del bene di produzione (la terra ai contadini!), mentre la
borghesia urbana si accentrerà sempre più nell’area dell’amministrazione
pubblica legandosi ai traffici del terziario, ad attività finanziarie,
all’edilizia. Le miniere, nel panorama dei nuovi interessi economico-finanziari, in Sicilia, cesseranno le loro attività con la totale
perdita dei posti di lavoro, dietro l’illusione di un "progetto
obiettivo" di promessa nuova industrializzazione mai realizzata. Lasciandosi dietro un esercito di baby pensionati e una nuova "fame" di occupazione.
Il saldo sociale farà registrare forti correnti
migratorie verso il Nord compensate da un inurbamento di nuova popolazione
proveniente dalla provincia ma anche dai comuni dell’ennese e dell’agrigentino.
A partire dalla ricostruzione post-bellica (anni
cinquanta) esplode in città il fenomeno dell’edilizia residenziale (dal viale
Trieste, a via Colajanni, a via Palmintelli, etc.) in alcuni casi preceduto dall'edilizia economica e popolare, apripista per un'urbanizzazione a spese della comunità pubblica. Si mette in moto il volano
dell’economia del mattone: si costruiscono case, case fatte non solo per
soddisfare il fabbisogno abitativo ma soprattutto per convogliare risparmi, verso il bene rifugio, il bene investimento. Il numero di stanze costruite finirà col
superare il rapporto abitante/stanza (1:1)[5] senza per
questo risolvere mai la questione abitativa.
Unitamente
allo sviluppo edilizio nell’evoluzione della città si accompagnerà anche
l’altro grande fenomeno di questo secolo, il colossale sviluppo della
motorizzazione privata con forte aumento della mobilità.
Le
conseguenze della, temporalmente ultima, stratificazione urbanistica sono sotto
gli occhi di tutti. La saturazione degli
spazi di vivibilità, l’inquinamento, il traffico caotico, sono i nuovi termini
di una città che con i suoi volumi e con gli spazi (si fa per dire!) non è né a
misura d’uomo, né a misura d’automobile.
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Miniera: cantiere di lavoro |
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