L'acqua del Sindaco che reclamizza un
risparmio sull'acquisto d'acqua per usi alimentari, è un'idea molto
suggestiva, ma non nuova, per il cittadino che compra acqua,
cosiddetta minerale, spendendo un aggiuntivo budget
straordinario, nonostante la vera acqua del Sindaco la paghi già. Un
minimo di riflessione e forse qualche lettura in più qua e là, ci
dovrebbe suggerire che la distribuzione idrica in città, così come
la conosciamo, ha fatto il suo tempo, e sappiamo che oltre alla sua
igienicità e sicurezza oramai conta anche la non più trascurabile
attenzione di utilizzo, orientata al risparmio idrico. I distributori
d'acqua a costo contenuto, che hanno fatto comparsa in un Comune del
nisseno localizzati come le antiche fontanelle pubbliche, sono una
nuova trovata (oserei dire un nuovo business) allo scopo di
calmierare l'acquisto in termini sia economici che di inquinamento,
quest'ultimo, dovuto a milioni e milioni di bottiglie in plastica che
entrano nel circuito dello smaltimento. Eppure, molti di quelli che
comprano acqua imbottigliata, sono convinti che si tratta della
stessa acqua distribuita in città ma confezionata e
bell'impacchettata. Effettivamente tutti i Sindaci delle città
italiane si affannano a diffondere la certificata potabilità
dell'acqua del proprio Comune. A cosa credere? L'acqua del Sindaco ci
libererà, in futuro, anche a Caltanissetta dalla schiavitù delle
ingombranti bottiglie di plastica?
Proviamo a fare un ragionamento
semplice semplice a livello della nostra città. La società che
gestisce la distribuzione idrica ci assicura la potabilità
dell'acqua nissena, pubblicando nel proprio sito un tabulato nel
quale si certifica, la rispondenza, entro i limiti dei parametri
rilevati, in un confronto con quelli ufficiali. Non è dato sapere,
però, altre notizie che sarebbero state utili per meglio rassicurare
il cittadino consumatore. Non sappiamo nulla sui trialometani e
sull'arsenico che impensieriscono tanto alcuni Sindaci italiani.
Tornando all'acqua dei nisseni,
qualche osservazione nasce spontanea. Nei dati tabulati, per esempio,
i campioni analizzati provengono dai prelievi delle varie periferie
(quartieri o zone) o sono quelli prelevati alla fonte (serbatoi di
distribuzione)? La diversità dei campioni fa sicuramente una certa
differenza dovuta ai chilometri di attraversamenti nel sottosuolo,
come pure fa differenza la distribuzione a giorni alterni. Senza
alcun dubbio la potabilità delle acque destinate al consumo umano
corre maggiori rischi di inquinamento nei punti più lontani dalle
fonti di approvvigionamento. Ricordo per me stesso, che la vicinanza
delle condotte fognarie e l'ossido di ferro che si forma nelle
condutture quando la distribuzione si ferma, etc. sono fattori di
rischio che minacciano l'acqua cittadina. Per completare brevemente
il quadro che accompagna la questione idrica, - meglio sarebbe la
sete atavica di Caltanissetta - diventa incomprensibile anche lo
spreco che si fa dell'acqua potabile per usi, solo in piccola parte,
del bisogno alimentare umano in una realtà dove il soddisfacimento
del servizio idrico è carente.
Proviamo ad immaginarci cosa può
accadere introducendo alcuni appositi chioschi i quali dovrebbero
incidere sulla sicurezza e consapevolezza alimentare, sugli stili di
vita e altrettanto favorire in maniera sensibile anche l'economia.
A parte l'effetto tutto solo
immaginabile di una fila di cittadini che a turno riempie le proprie
bottiglie, alla fine, per semplicemente far circolare meno plastica
da smaltire, per Caltanissetta è pura fantasia che, forse, durerebbe
qualche giorno.
Piuttosto, meglio sarebbe considerare
la questione “prezioso liquido” nella sua interezza (di quantità
e qualità), nella complessità sistemica e verso il tracciato di
“acqua bene comune” come ritorno a
“totale
proprietà pubblica, reinvestimento degli utili e partecipazione dei
cittadini negli organi di controllo”.
Nella nostra città, infatti, i tempi sono maturi per cominciare un nuovo corso di vita associata, proprio dall'acqua. Iniziare a considerare le acque per il loro effettivo uso: agricolo, industriale e civile è il primo passo verso la riduzione degli sprechi sia in termini quantitativi che economici. Il consumo industriale e quello strettamente irriguo non necessitano di potabilizzazione spinta come per le acque necessarie al consumo umano. La città potrebbe iniziare un percorso virtuoso scegliendo di applicare alle ristrutturazioni e alle nuove costruzioni edilizie, la doppia circuitazione idrica. Un sistema misto di circolazione delle acque potabili parallelamente ad altre ciclicamente riutilizzate per i vari consumi idrici nell'uso civile. I vantaggi di una tale scelta sono tanti, basti pensare che il solo trattenere a lungo le acque sulla terraferma mediante il riutilizzo, fa diminuire la necessità delle consistenti scorte idriche. Ma più di tutto vale la pena ricordare che intraprendere la via del risparmio idrico significa mettere in moto una nuova economia che offre lavoro, specializzazione e crea le condizioni per un know-how sicuramente esportabile.
Giuseppe Cancemi
Vedi: http://gcancemi.blogspot.it/2011/05/acqua-laudato-si-mi-signore-per-sor.html
Vedi: http://gcancemi.blogspot.it/2011/05/acqua-laudato-si-mi-signore-per-sor.html