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martedì 18 aprile 2017

BELLUNO:RIALLOCAZIONE DELLE EDICOLE DEI GIORNALI in prossimità di piazza dei Martiri

Atto semplicemente burocratico o di attenzione per il centro storico?

Il tema delle due edicole ai lati di piazza dei Martiri, ricomparso in questi giorni, riprende per l'ennesima volta la ricollocazione delle stesse in un nuovo spazio. Non si capisce se la novità sta nelle superfici individuate nelle medesime vie di prima: Matteotti e Vittorio Emanuele o nell'approssimarsi di un bando per l'assegnazione ad hoc degli spazi individuati.

Siamo in tema di concessione di nuove aree pubbliche ma è come se fosse una questione privata. E non tanto per gli annunciati criteri, forse discutibili, di vantaggio per le preesistenti imprese ma per la conduzione disinvolta della collocazione nel suo complesso. Si va avanti con scelte di vertice, senza aver chiesto ai cittadini alcun parere, noncuranti di una prevedibile alterazione dell'immagine del centro storico. Nessuno che chieda: se va bene quel trasferimento proprio negli spazi che qualcuno, forse arbitrariamente, senza un criterio oggettivo, ha assegnato e destinato al trasloco. Meno ancora si sa della forma di queste edicole: se si collocheranno discretamente o se impatteranno con la storica piazza centrale.
Credo che al cittadino comune, interessi di più non tanto la trattativa in sé, ma piuttosto la modifica d'immagine che incide su una conservazione prospettica di un ornato, che ha un suo effetto presenza già storicizzato e consolidato.
In una gestione partecipata delle scelte urbane, il centro storico in particolare, necessita di cercate condivisioni e non di essere trattato “burocraticamente” nel solco di una ordinaria amministrazione. Mi pare che in passato, esistevano già due edicole piazzate ai lati del teatro, e questo è un dato. Verrebbe da dire che una qualche riflessione pubblica anche per questo oggettivo particolare, andava e andrebbe fatta per comprendere quale logica sottende la prevista collocazione e non altra. Il perché non è stata prevista, per esempio, una opzione, diciamo zero, a favore di locali sfitti esistenti in zona.
È un buon motivo il “disturbo” per gli “addetti ai lavori”, che porta l'attuale presenza di una delle due edicole l'immagine del Fulcis?
Forse sì, può darsi! Ma il groviglio di auto, pur se autorizzate, parcheggiate a ridosso del citato museo, non sono forse anche peggio?
Tralasciando altri particolari importanti come le forme dei futuri chioschi e dei relativi materiali che non si conoscono, ma che meritano una conoscenza, un confronto di idee e un discorso a parte, colpisce, e non da ora, il complessivo silenzio di partiti, associazioni e società civile. Gruppi, che solitamente non disdegnano di una visibilità per i loro convincimenti di parte.
E diciamolo, non convince neanche lo scarico di responsabilità della ricollocazione legato all'obbligatorietà di un vago coinvolgimento di soprintendenza e uno studio di architettura di Roma. Cittadini per primi, amministratori e tecnici comunali, non sono in grado di decidere per se stessi?
Infine, l'attuale collocazione per una distribuzione strategica di vendita trova, giustamente, le due edicole agli estremi della piazza dei Martiri. E questo può andare bene. Ma a voler ragionare in termini tutelativi per la piazza, per un bene che è di tutti, verrebbe da consigliare di lasciare che dette edicole trovino alloggio in locali fissi, specie in un momento in cui i locali in affitto sono tanti. Per una amministrazione attenta, infatti, basterebbe in questo caso l'adoperarsi per facilitare le locazioni, calmierando i prezzi. I vantaggi di una simile scelta, avrebbero una prevedibile ricaduta su tutto il commercio, con benefici, non solo per le edicole ma anche per una nuova politica di ripopolamento del centro storico.


Giuseppe Cancemi

ALLOCAZIONE DELL'EDICOLA NEL 2018

giovedì 13 aprile 2017

CALTANISSETTA E LE NOVITA' CON L'AMMINISTRAZIONE RUVOLO

Che senso ha una voce nel deserto in assenza di una progettualità priva di orizzonti per una città moderna e dinamica.

Tutte le novità in senso concreto le quali servono per migliorare una condizione di vita asfittica, come quella nissena, non possono che essere le benvenute. L’attenzione alla cultura, che è un ingrediente necessario per un territorio, non deve però essere un fatto episodico e meno ancora solo un fatto di immagine magari isolato. L’assenza di un disegno complessivo per una svolta socio-economica di cui la città di Caltanissetta soffre da tempo penalizza tutto, anche le migliori scelte come quella fatta del direttore artistico Moni Ovadia.

 La città ha già sperimentato, in sordina per il passato, un altro grande referente di fama come Pamela Villoresi, consulente culturale ai tempi del Sindaco Michele Abbate . La sua presenza, lo ricordo, ha ideato e suggerito il Parco Letterario Regalpetra su Leonardo Sciascia, materializzato in un luogo di “reception” nato e alloggiato malamente, ma che purtroppo non c’è neanche più traccia. In Italia sappiamo tutti che Sciascia è ben noto ed è ricordato anche in qualche via, a Caltanissetta no. E comunque, questo segnale di scelta del direttore artistico del Teatro Margherita, se pur indiscutibile, rappresenta una goccia nel mare dei bisogni che ha la città. Un assordante silenzio nella politica del fare, dell’organizzare, del realizzare e reinventare occasioni di risposta ai cambiamenti epocali permane. I problemi di casa e lavoro e più in generale della qualità della vita non si affrontano. Siamo ancora agli spot pubblicitari e ad un attivismo che sa di immagine fine a se stessa. Caltanissetta rimane città terziaria ma al ribasso.

Si oppone al riordino e al cambiamento dei servizi sotto il profilo della sola conservazione, difendendo, neanche con convinzione, il posto fisso con deboli resistenze di retroguardia per mantenere questo o quell'ufficio in un era in cui cambia tutto. La riorganizzazione delle strutture burocratiche territoriali per altre parti dell’Italia sono tutto un fermento: si accorpano Comuni, si studiano nuove linee di trasporti, si fa il censimento delle risorse locali. Tutti fanno progetti per reperire risorse economiche ma anche per razionalizzare tutto al massimo e spendere meglio. In un panorama evolutivo economico e sociale, dove il lavoro ha assunto un diverso orientamento da quello conosciuto,  il nuovo armamentario dei neologismi di origine anglosassone come hight-tech, nano-tech, start-up, maker ma anche i più comuni risparmio idrico, risparmio energetico non sembra essere in uso dalle classi politiche e imprenditoriali di casa nostra. Non a caso pubbliche istituzioni e imprenditoria nostrana non praticano molto la cultura del “faber”.  Sappiamo sì che il Comune non è un’agenzia collocamento ma può facilitare, agevolare e perfino incentivare l’insediamento di occasioni di lavoro. All'inizio dell’ultimo insediamento amministrativo in città per la verità qualche mirabolante volo pintarico, timidamente ci era stato annunciato. All'orizzonte compariva la prospettiva di un campus biomedico a Caltanissetta, caro al nostro primo cittadino, ma di cui però a tutt'oggi non se ne vede l’ombra e  non se ne percepisce il tenore delle sue ricadute sul territorio. Qualcuno ha provato a dire che i bisogni della città sono oramai troppi e che si è perso abbastanza tempo ma l’amministrazione della città è rimasta e continua a rimanere sorda. Ha adottato la congiura del silenzio. Risponde alle giuste o meno critiche dei cittadini, degli intellettuali come un muro di gomma. Basterebbe fare una ricognizione tecnico-scientifica a scopo progettuale e una scala delle priorità degli annosi problemi, come per esempio l’acqua, le necessità improrogabili di recuperare il centro storico (con tutte le implicazioni dell’abitare del risiedere) e tanto altro ancora, per motivare una vera ricerca delle risorse economiche, specie in Europa.
Il grado di civiltà di un popolo, si misura a partire da queste essenziali necessità il cui recupero ha una ricaduta economica e sociale, in termini di lavoro e di dignità umana.
Una sola rondine, non fa primavera!

Giuseppe Cancemi 

domenica 9 aprile 2017

IL SINDACO CHE VERRA' (della serie...)



Il PD si muove! Ha un suo candidato a sindaco. Un iniziale sospetto che il partito si rende visibile solo nelle “grandi occasioni”, e non puntualmente, non si può sottacere.
La “convention” fuori dagli schemi soliti di partito, in mattinata ha visto una quarantina e più di persone di buona volontà, riunite in campo neutro (non nella sede di partito). I convenuti, si sono ritrovati per cominciare a riflettere su tematiche estemporanee, a loro scelta, per gruppi. Il metodo di lavoro avviato senza tanti convenevoli mi è sembrato nuovo, le tecniche operative di tipo sociologico adottate apparivano efficienti, e persino la semplice ed efficace cartellonistica per raggiungere il luogo d'incontro era perfetta.
Oltre le apparenze, ma questo è un mio opinabile giudizio, un visibile iniziale imbarazzo comunicativo tra le persone presenti, c'era, ma forse era da addebitare alla rarità dei contatti che dovrebbero esserci tra persone che si riconoscono in un grande partito come il PD. Ne deduco, forse semplicisticamente, che a BL, il PD ha smarrito un vecchio metodo che corroborava il popolo di sinistra: la presenza costante in piazza tra la gente, e la ricerca di condivisione di ogni informazione/decisione di partito. Ulteriore mio convincimento resta, il marginale interesse del PD locale, per il cyberspazio. L'agorà virtuale, novità di questi anni, è stata lasciata in uso, quasi esclusivo ad altre formazioni che si dicono movimento. 
Ciò detto, una mia modestissima nota la vorrei esprimere per quest'incontro già riconosciuto valido ma che non deve esaurirsi con il termine della prossima tornata amministrativa. Intendo dire che, con o senza responsabilità amministrativa in prima persona, bisogna aprire lo stesso, con l'occasione, un “laboratorio” permanente che informa, ascolta, elabora progetti, risposte... e si confronta periodicamente con la gente comune.
Il metodo che l'incontro ha utilizzato mi è sembrato utile ma forse non del tutto appropriato. Tra gente che si vede ogni tanto, andava utilizzata una strategia più maieutica.
Già l'approccio, a partire dalla “offerta” e non dalla “domanda”, non mi è sembrato un punto di partenza utile, per imbastire un percorso di socializzazione di temi urbani e territoriali a misura di Belluno. In termini brutali, questo modo di procedere, si potrebbe accostare alla produzione industriale più interessata a produrre oggetti che non a soddisfare i reali bisogni, spingendo addirittura la sua necessità produttiva alla creazione di bisogni indotti.


Nel merito delle conclusioni dei gruppi, molto sommariamente, rilevo un'ansia di conclusioni che vanno nella direzione del “contenitore” (territorio e città) e non di ciò che deve contenere (le persone) da qui a dieci anni. Nel corso del decennio ci saranno sempre più anziani? Abbonderanno i luoghi di culto ma non in rapporto ai relativi osservanti? La produzione agricola, quella artigianale e industriale, il commercio, manterranno sempre lo stesso rapporto con il territorio? Insomma, si è dato l'avvio su ciò che si sente a pelle e non a partire da interessi secondo una scala di priorità, per esempio, a partire dai problemi cogenti come: desertificazione, innalzamento della temperatura e quindi risparmio energetico, risparmio idrico, etc. etc. E si potrebbe continuare...
Semplicemente concludo, per non tediare, che forse dal momento che i temi di una amministrazione comunale dovrebbero muovere più dalle persone che non dalle cose, una migliore conoscenza socio-economica della popolazione e dei temi di ampio respiro potrebbe essere l'ausilio prioritario che più serve per indicare il per chi e il perché delle scelte per il prossimo decennio.


Giuseppe Cancemi

martedì 4 aprile 2017

Governance del prossimo sindaco di Belluno


Non c'è che dire! I primi candidati a sindaco che si annunciano pubblicamente, promettono scintille di novità per la città. Uno, come se non bastasse la continua distruzione degli alberi, promette un ulteriore incremento dei tagli, proprio nel cuore di Belluno, e l'altro, invece, pone un'altra novità assoluta... s'impegna per una maggiore circolazione automobilistica e relativa sosta in centro. Tutta salute e forte incremento di economia per la città giardino (sic!).

Il cittadino comune non può che gioire per tali promesse programmatiche. E non sappiamo ancora cosa prometteranno gli altri candidati che parteciperanno alla competizione. L'uscente, per esempio, ha dimostrato che ci sa fare. Qualche strizzatina d'occhio ai soliti commercianti, che non si accontentano mai di vedere il centro storico ridotto a centro commerciale per ambulanti con: parcheggi aggiunti di soppiatto e reintroduzione soft delle auto in centro; nessuna risposta al tetto d'inquinamento atmosferico (polveri sottili); prosecuzione del sistematico abbattimento di alberi e ordinaria amministrazione che, peraltro, è tutta merito del civico consesso.
Vorrei ricordare, molto sommessamente, che chi si accinge a governare una città preziosa come Belluno, nel fare politica, cioè scelte di parte, non può prescindere da una competenza minima di ciò che è, o dovrebbe essere, l'aggregazione urbana e il suo intero territorio. Una città che ha una sua storia urbana abbastanza documentata: ricca vegetazione e adorna delle formazioni dolomitiche patrimonio dell'umanità, per sua natura, non ammette aperture alla desertificazione e alla inopportuna presenza in centro storico di motorizzazioni e varie feste paesane. Tutti sanno che il rumore provoca danni biologici agli esseri umani e non, e contrasta con le norme nazionali e locali d'inquinamento acustico. La stratificazione della città storica edificata a misura d'uomo, il cuore di Belluno, nei suoi schemi stradali, negli orizzonti di cui gode, negli spazi di aggregazione sociale ricchi di verde, non prevede l'estraneità delle auto che per la loro presenza nell'ambiente sono anche fonte di inquinamento in tutti i sensi. Persino quello cromatico. La presenza di oggetti colorati fermi o in moto, tra l'altro, alterano la riflessione dell'illuminazione solare nelle facciate dei sontuosi palazzi. Le austere vestigia che testimoniano i passaggi della storia urbana con presenze di ambito estranee o private di ornamenti verdi oramai storicizzati alterano l'identità di quella cittadina che ha avuto il preziosissimo riconoscimento UNESCO che inorgoglisce ogni contesto umano. In parole povere, abbattimento di alberi e auto riportate in centro storico, anche se mascherati da vantaggi economici o da restyling, non sono il nuovo che premia. Sono anzi il vecchio che ritorna. L'Europa del Nord (esempio: Amsterdam, Copenaghen e Berlino) fa di tutto per allontanare le auto dalle città. Non è un caso che nelle 20 città italiane capoluogo di livello europeo per performance di ciclabilità Belluno non esiste.
L'assenza di una idea, di una progettualità conservativa e valoriale del centro storico così com'è strutturato, non ha futuro. Il centro città è una risorsa che va mantenuta integra nella sua immagine storico-culturale.
Le aspettative dei bellunesi non credo che possano coincidere con quanto hanno già provato e quanto viene promesso di nuovo in spot elettoralistici fine a sé stessi.
L'incompatibilità tra la diminuzione di alberature, che si ripete ciclicamente da tempo, e la timida (ma non tanto) ricomparsa di auto che si vuole amplificare in centro, vanifica la promessa di diminuzione di anidride carbonica nell'atmosfera che oltre ad essere un impegno locale e italiano è anche mondiale. Sta nel cosiddetto patto dei sindaci! Così tanto per ricordarlo, l'innalzamento della temperatura del pianeta, sappiamo, ha cominciato a conoscerlo anche questa città.
Belluno, merita d'essere letta e vissuta nella sua interezza e non per settori. Il centro storico nelle sue funzioni: direzionale, commerciale e vorrei ricordare anche residenziale non può e non deve essere solo al servizio della burocrazia e del commercio. Da lungo tempo si trascura totalmente la delicata funzione residenziale che, per scelte fatte negli anni, ha una popolazione anziana e in calo per giunta ma che, però, rappresenta lo zoccolo duro dell'attuale commercio al dettaglio.
Le parti di una città debbono dialogare. Le periferie, per non rimanere solo dormitori, debbono integrarsi con il centro storico, che non può essere divertimentificio notturno o luogo esclusivo per ogni manifestazione in aperto contrasto con la funzione residenziale. La nuova compagine amministrativa deve farsi interprete, anzitutto, di un progetto per la ricucitura dei luoghi urbani, fondamentale per ristabilire un certo equilibrio del ruolo delle parti.

Ai candidati a sindaco, uscente compreso, non deve sfuggire il problema salute minacciato dalle polveri sottili (PM10). Ad oggi, per chi non lo sapesse, i dati diffusi giornalmente dall'ARPAV, adombrano, una proiezione di fine anno, di probabile superamento della soglia fissata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Insomma, l'allarme smog c'è e resta un problema da risolvere.
Al primo cittadino che verrà, penso che la salute dei suoi concittadini debba essere un punto d'interesse primario. Fosse solo anche per un fatto economico di risparmio nella spesa sanitaria.
Il solo monitoraggio dell'inquinamento atmosferico in centro storico, così com'è oggi, non basta.
Così come non basta una cristallizzazione funzionale dell'intera città.
Le esigenze residenziali di tutta una città hanno pari dignità di quelle commerciali e burocratiche e vanno dunque fatte compenetrare ed armonizzare.
Il buon governo nasce dalla comunità fatta di persone, e chi amministra deve essere a conoscenza dei bisogni delle fasce anagrafiche del contesto, senza ansie per esclusive esigenze di parte. Non si amministra al meglio se si è ostaggio di una qualche lobby.
Il sindaco, deve essere il Sindaco di tutti!


Giuseppe Cancemi