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sabato 27 maggio 2017

Elezioni comunali 2017 - Il bilancio sul verde di Belluno, che non c'è


Non da ora, ma appena dopo l'uscita della legge sugli alberi (n. 10/2013), vista la "moria" di alberi a Belluno ho cercato di sapere presso il Comune quali adempimenti in merito alla citata legge erano stati messi in essere. La risposta si è arenata presso un ufficio (anagrafe?) che non ricordo.
L'occasione delle nuove elezioni comunali mi ha fatto ricordare che la relazione di commiato del Sindaco uscente doveva contenere il bilancio arboreo del suo mandato. La relazione pubblicata in rete non mi è sembrato che contenesse alcunché in merito. A questo punto ho deciso di chiedere direttamente sul post del Sindaco quelle informazioni che il cittadino vorrebbe vedere diffuse senza sollecitarle.
Ed ecco come sono andate le cose:






Grazie per avermi reindirizzato a: http://www.massarosindaco.it/?page_id=1752 , dove ho potuto leggere, in risposta alla mia richiesta, quello che il suo post dice di avere fatto in città per il verde.
Vede, senza alcuno spirito di polemica, la mia richiesta era e resta molto semplice e comportava una altrettanto semplice risposta: estremi di un censimento annuale anagrafico di albero, luogo di piantumazione e nome del nato/adottato, oppure, un catasto nella medesima forma del censimento. La Sua indiretta risposta, invece, sfiora la mia domanda in modo generico, comunicando per chi legge che sono stati impiantati 2000 alberi. Nello stesso post si legge anche che ci sono 4 nuovi parchi : Lambioi, Chiesurazza, Città di Bologna (giochi 0-6 anni) e Maraga un (parco per anziani). Bene, provo a capirci e trovo che: il Parco Lambioi non è altro che la fascia di rispetto del fiume già vincolata dall'ex legge Galasso prima, Urbani adesso; il Parco Chiesurazza, è ancora in progress... e con tanti interrogativi; Il magico “trasformabile” Parco Città di Bologna, sempre più ridotto all'osso, già impiegato da tempo per ospitare una scuola elementare, diventa ora, con qualche gioco in più per bambini da 0-6 anni, una acquisizione da vantare, e, infine, il Parco Maraga con un “contenitore” al suo interno per mantenere in... forma gli anziani (?). Tutto ciò, non me ne voglia signor Sindaco, mi ricorda gli aerei spostati del ventennio.
Mi spiace signor Sindaco, ma la mia richiesta faceva un riferimento preciso alla legge n. 10/2013 che tra l'altro impone ai Sindaci, a fine mandato, di inserire nella relazione anche il bilancio del verde, che non trovo nella sua relazione. E mi viene anche di ricordarLe che in merito ai 4 parchi fatti passare un po' come valore aggiunto per il verde, non si possono sommare come aree disgiunte e dunque non sono conteggiabili neanche ai fini del D.I. 1444/'68, semmai rappresentano solo delle tipologie di verde frutto di una occasionale provenienza e non da una precisa scelta politica programmata.

Un esempio di adempimento alla legge n. 10/2013 glie la mostro io!


 Come si può vedere, in foto, a Bologna in un parco pubblico gli alberi, in adempimento alla legge n.10/2013, mostrano un riferimento numerico. 

Non crede che si dovrebbe fare così anche a Belluno?

Giuseppe Cancemi

venerdì 19 maggio 2017

LA FLESSIBILITA' (sic!)... DEGLI SPAZI URBANI!

Accadde non molto tempo fa...


Una vasca vuota, non vuol dire che stiamo vedendo solo una breve interruzione di servizio, per una pulizia manutentiva programmata. E tanto meno che dei ragazzi, i quali giocano a pallone dentro, non vuol significare che hanno necessariamente “sconfinato” in uno spazio ad altro scopo dedicato. Ma allora....?
Allora può significare anche altre cose. L'acqua che non c'è, per esempio, e perché; spazi pubblici per adolescenti che scarseggiano o massima tolleranza per tutto, o ancora, assenza di un servizio di vigilanza, etc..

Per l'acqua che non c'è, viene subito da pensare semplicemente che una vasca d'acqua nella “piccola Venezia delle montagne” orgogliosamente delle dolomiti non può esistere. Altre città, che non hanno la fortuna di avere a vista d'occhio le montagne innevate per un lungo periodo nel corso dell'anno, micro (diciamo) problemi come questo l'hanno risolto con il ricircolo di una minima stessa quantità d'acqua. A Belluno no! O si ha l'acqua da mandare in fogna a ciclo continuo o niente! Ma a parte questa notazione che è forse puramente estetica di ornato, altre ne vengono in mente. La penuria d'acqua, mai vista prima, associata alle cosiddette bombe d'acqua, alla siccità in genere, sono segnali che meritano tutta l'attenzione possibile, anche localmente, perché denunciano un'alterazione del clima di cui, anche nel nostro piccolo, siamo tutti responsabili. Non a caso nel cosiddetto “PATTO DEI SINDACI 20 20 20” anche Belluno ha firmato un suo impegno. Per la cronaca i sindaci che hanno sottoscritto il patto, si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 20 %, alzare al 20 % la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20 % il risparmio energetico: il tutto entro il 2020.
Per questo impegno, non sapendo cosa è stato fatto a Belluno, da quel che è visibile deduco ed esprimo una mia dubbiosità sui risultati finora perseguiti.
Da anni, è sotto gli occhi di tutti, questa città ha subito un considerevole depauperamento delle essenze arboree, per tagli forse in massima parte ingiustificati. Le più elementari conoscenze di ciascuno di noi, senza tante nozioni in materia di climatologia, può rilevare che meno alberi significano più anidride carbonica (gas serra) in contrasto con la promessa di riduzione e le conseguenti ricadute che si hanno sul pianeta. Se la vogliamo dire tutta, gli alberi in città sono diminuiti, nonostante una legge favorevole all'incremento arboreo di qualche anno fa, che poteva far compensare le perdite subite.
Detta legge (del 14/01/2013, n. 10), impone ai sindaci di Comuni che superano i 15 mila abitanti di dedicare un albero per ogni bimbo nato o adottato. Dunque, un utile indirizzo, più che suggerimento per le città, di accrescere il proprio patrimonio arboreo, che però a Belluno non sembra vedersene i segni. Di risparmio energetico, non se ne vede neanche negli edifici pubblici o nell'illuminazione stradale. A 'mo d'esempio, volendo iscriversi ad un virtuoso risparmio energetico, basterebbe fare accendere le luci sul Ponte degli Alpini, una metà per volta, delle attuali lampade (spero a led); ridurre di pochi lux nelle ore notturne l'illuminazione stradale; programmare un rigido controllo di accensione/spegnimento di tutte utenze pubbliche mediante un'unica gestione.
La serietà dell'impegno sulla riduzione del CO2, che non è solamente locale, imporrebbe, una politica accorta nel senso del risparmio energetico a cui si potrebbe anche aggiungere quello idrico, con il recupero delle acque pluviali e il ricircolo delle acque grigie depurate.
I ragazzetti in vasca, fanno pensare ad un centro storico si vivo ma poco attenzionato, e anch'esso privato di qualcosa. Per esempio, la prima cosa che viene in mente sono gli spazi pubblici, e come per riflesso condizionato viene da ricordarsi che tanti anni fa erano di moda gli standard residenziali e tra questi gli spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, per un totale minimo di 9mq per abitante. E qui verrebbe da chiedersi se e quando è stata fatta l'ultima verifica di questi standard (D. I. 02 /04/1968, n. 1444) in centro storico.
Ecco, la vasca centrale del cuore di Belluno a vedersi così e per lungo tempo fa tristezza, e viene da attribuire la colpa a un qualcuno. Sì perché a pensar male quasi sempre, diceva un noto politico: ci si azzecca!
Belluno è una città matura, che ha bisogno di una conduzione attenta nei dettagli di una complessità amministrativa, che solitamente sembra muoversi a vista, spesso, rincorrendo i problemi e raramente prevenendoli.
L'alternativa ad una città che si muove per inerzia, grazie al civismo dei suoi cittadini non basta più. Solo una città dinamica pensata, analizzata e progettata - sempre attenta ai valori e ai bisogni - è capace di valorizzare le proprie risorse ma anche di attingere ad altre risorse di livello diverso, e può ambire ad una crescita sociale ed economica che i tempi moderni richiedono.


Giuseppe Cancemi

venerdì 12 maggio 2017

FIUME PIAVE. CHI VUOLE LE CENTRALINE?


Le centraline idroelettriche sono il tormentone che assilla di tanto in tanto i bellunesi più accorti che amano l'ambiente naturale. Qualcuno, in occasione delle prossime elezioni amministrative ha già scritto ad un candidato sindaco per avere l'opinione in merito ad una centralina (sottolineando) di società altoatesina da realizzare sul Fiume Piave.
Nel merito mi permetto di chiosare su quella domanda. Il cittadino pone un interrogativo in chiave retorica, che preconizza una risposta di diniego e una condivisione di tipo (nimby), acronimo che nel linguaggio anglosassone significa: non nel mio giardino. A mio modesto parere le due cose non sono scontate. Sappiamo che i richiedenti di centraline non sono benefattori della comunità italica, ma imprenditori che tentano di sfruttare gli incentivi economici per le energie rinnovabili, i cui costi gravano su tutti gli italiani. Il no a prescindere, però, da una qualsiasi più o meno ragionevole motivazione, non dovrebbe appartenere ad una comunità politica riformista, che nelle proposte e nell'agire, si pone obiettivi di sostenibilità. Penso che a simile domanda bisogna articolare più che risposte elementi di riflessione.
Un primo punto di ponderazione e di domanda verrebbe dal perché il bisogno di tutela ambientale nasce ed è sostenuto dalle comunità prossime ai singoli habitat e non come azione di insieme per il medesimo ecosistema: Piave. Altra considerazione andrebbe fatta sulla effettiva incidenza economica, in termini di potenza elettrica, nel complesso generativo energetico nazionale.
Le cosiddette centraline (perché di piccola potenza elettrica), nascono dalla necessità di diminuire i costi d'importazione dell'energia, pensando ad uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali. La rimessa in campo di un così irrisorio contributo al problema energetico, nasce, forse, da chi negli incentivi pubblici, ci vede più il business e meno il danno ambientale. Mentre una valutazione d'incidenza assieme a quella di impatto dovevano già scongiurare a monte una simile scelta.
In termini politici la situazione sembra essere questa: la Provincia nella sua debolezza politica non sa difendere il territorio dagli assalti speculativi. La Regione politicamente, di segno diverso dello Stato non difende il territorio per attribuire la responsabilità a quest'ultimo e, come al solito col: “piove? Governo ladro” il cerino acceso resta nelle mani del partito di governo.


Ma il governo già nel gennaio 2016 rifacendosi ad una direttiva europea sul tema dell'energia e del clima si è attrezzato con le “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.” dichiarando una sua strategia che si appoggia alla «crescita blu» di lungo termine per una crescita sostenibile e inclusiva per gli obiettivi di EUROPA 2020. La crescita blu si rivolge al mare e al marittimo proprio per evitare ciò che tardivamente ancora si sta tentando di fare.


In termini concreti basta guardare l'immagine riportata per capire che l'apporto di una o più centraline, qualche megawatt in più, per rispondere al bisogno di contribuire al risparmio energetico italiano ed europeo sarebbe ridicolo (una goccia nel mare).

In buona sostanza, se si aggiunge ciò che esprime il punto d) “favorire lo sviluppo di impianti di microgenerazione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, in particolare per gli impieghi agricoli e per le aree montane. dell'art. 43 del decreto n. 387/2003, e cioè che l'energia utilizzabile deve essere esclusivamente a fini agricoli. E dato che, le richieste centraline tali non sono, forse si potrà vedere la totale incompatibilità di detti impianti  con la legge e con lo sviluppo eco-sostenibile.

Giuseppe Cancemi