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venerdì 21 settembre 2012

SCUOLA PROMESSA E REALTA'



Tra il dire e il fare



Sono prossimi per la scuola, a carattere  nazionale, un pre-esame e delle prove per la conquista di una cattedra di insegnante.  I contendenti  sono valutati in tutto 160.000 (ma per i sindacati molto di più) e i posti a concorso 11.542. Circa quattordici concorrenti per ogni posto. Il costo dell’operazione, un milione di euro,  e pari ai costi di un anno di 10 consiglieri regionali del “mitico” Fiorito.  Il frastornato aspirante professore, che ha già sperimentato le “supplenze”,  tra graduatorie, punteggio, aggiornamenti  e concorsi  fatti e da fare non ha un trascorso di vita molto serena, e non è finita, sa che per aggiudicarsi una cattedra dovrà superare ancora colleghi e altri concorrenti più “freschi” di studi scolastici. In tempi difficili per il lavoro,  1300-1500 euro mensili non sono da buttare, anche se vergognosamente pochi per vivere. infatti, in tempi di magra un simile concorso è ambito al punto di accettare un disagevole percorso temporale di docenza e una conseguente dubbiosa futura quiescenza di sicuro non ricca.
In una città come Belluno, per esempio,  dove l’istruzione/formazione  è di ottimo livello e tanti di questi futuri insegnanti che aspirano al “ruolo”operano già, le scuole si sono aperte con non pochi problemi.  Le carenze di personale ausiliario per l’apertura fisica delle scuole e la mancanza di pochi spiccioli (si fa per dire!) per la fornitura dei registri del professore, sono stati il primo spiacevole impatto in un ambiente che deve essere rassicurante e senza problemi di sorta.   L’utenza di riferimento, vorrei ricordarlo, è fatta di persone in formazione e la serenità  nei loro luoghi di studio è d’obbligo. Immaginate cosa significhi per docenti e studenti/alunni  non avere nella stessa scuola un registro del professore comune a tutti.  Eppure mi risulta che una scuola in città, per mancanza di fondi per la cancelleria, ha delegato la “stampa” del registro personale ai relativi singoli insegnanti. Vero è che l’insegnamento è libero ma non può rischiare di diventare arbitrario. Il registro non può essere disarticolato dal POF (Piano di Offerta Formativa) affidando alla discrezionalità dell’operatore scolastico l’onere della riproduzione. Di regola, lo strumento registro andrebbe uniformato ai criteri di un protocollo, unico per tutti sia nella sostanza che nella forma.
I pochi cenni ad un concorso che non sanerà il precariato che viene da lontano e questi elementari  segnali di disfunzioni nelle scuole di Belluno, danno  una qualche idea della crisi che attraversa il nostro Paese e delle risposte non certo appropriate.
 Sentire che da quest’anno si dovranno adottare registri elettronici, leggere nell’ADI (Agenda Digitale Italiana)  di “modelli di scuola digitale”, “banda larga per la didattica nelle scuole” e “cloud per la didattica” ma constatare che i “tagli” si traducono in una decadenza delle scuole e che il concorso a cattedra annunciato rischia di creare una “guerra tra poveri” mi fa pensare ad una perpetuazione degli spot e degli annunci e ad una insanabile frattura tra Paese reale e Paese legale. Non da ora la rappresentazione dell’Italia,  di chi ci governa, si discosta dall’inconfutabile realtà.  Belluno, nel suo piccolo, come tanti altri Comuni, sia pure per pochi indizi, conferma l’impoverimento  delle scuole che si registra in tutta Italia. La causa purtroppo,  non è difficile da individuare. Tutti i nuovi tagli operati dallo spending review non hanno fatto altro che aggravare una situazione economica già precaria negli enti autarchici. Non è accettabile, comunque, che si continuino a fare voli pindarici, quando poi la cruda realtà e sotto gli occhi di tutti. Siamo ancora in tempo, Cresci Italia quando decreta efficienza e qualità dei servizi, se non sana la situazione dei precari nella scuola con consoni investimenti, rischia di lanciare ancora inutili proclami. L’uscita dalla crisi, lo dicono tutti, sta negli investimenti partendo prioritariamente dall’istruzione, dalla formazione e dalla ricerca.

Giuseppe Cancemi