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mercoledì 30 novembre 2011

Dalle lettere al Corriere delle Alpi



Articolo pubblicato il 24/11/2011



La mia moderata polemica (pubblicata dal Corriere delle Alpi il 30/11/2011)

La critica apparsa nella lettera a questo giornale di “intervento a sproposito” del “super partes” nostro Presidente della Repubblica, dell’Italia unita dalle Alpi a Capo Passero, non l’accetto e non può passare inosservata da chicchesia. Il tacere su affermazioni inusitate verso le azioni della figura dell’italiano che meglio ci ha rappresentati nel mondo in questi ultimi difficili anni, fa pensare che tutti si sia d’accordo con chi spande sottile “razzismo” per un verso e “disprezzo” delle istituzioni dall’altro.
Usando lo stesso sillogismo dialettico potrei dire che un prete è un prete e non può dire tutto quello che crede. La sua critica al Presidente Napolitano appartiene al linguaggio gratuitamente irriverente verso le istituzioni che nelle nuove generazioni provoca disorientamento verso le figure autorevoli. Nel merito, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia festeggiamenti sì festeggiamenti no, rimette in discussione l’italianità. Un dato di fatto che ha radici d’identità elaborate da oltre un secolo e che solo relativamente di recente, alcuni, inopinatamente rivendicano, come parte opulenta dell’Italia che “mantiene la povera”, una “questione settentrionale”. All’annosa “questione meridionale”, mai risolta, contrappongono una giusta richiesta, ponendola però miopisticamente senza una lettura sistemica, complessiva, della problematica di sviluppo che dev’essere di tutto il popolo italiano. Il primo ministro sen. Monti, è stato scelto e nominato da tutti gli italiani tramite il loro Presidente, senza ricorrere alle urne. La democrazia  italiana ha la Costituzione e il Popolo. La Costituzione ha un suo “sacerdote” e il popolo si esprime anche attraverso le piazze, i media e oggi anche con internet. Dunque, tutto regolare per un’Italia che aveva perso la faccia e che necessitava di un riscatto che non poteva più aspettare.
Infine, da un “don” nelle sue legittime esternazioni ci si aspettava un minimo di allineamento con l’ordine di appartenenza. Ricordo per me stesso che la Conferenza Episcopale Italiana, tramite il suo autorevole rappresentante (mons. Crociata) in un convegno della Caritas recente, non a caso fa appello ai cattolici tra l’altro di “cittadinanza responsabile” e di creare “un clima, una mentalità e uno stile, diffusi a livello collettivo, che siano ‘caritatevoli’”.
Mi perdoni il reverendo, ma giudicare il fenomeno migrazione (doloroso per tutti) semplicemente qualcosa che fa evocare la legge del taglione, non mi sembra appropriato e anzi mi permetta di considerarlo "spropositato".

Giuseppe Cancemi
BELLUNO

mercoledì 23 novembre 2011

Mobilità difficile


 I cartelli stradali di divieto sono sempre osservati dagli automobilisti?

Per chi vuole guidare l’auto in modo sicuro e nel rispetto della segnaletica stradale, deve fare i conti con una selva di cartelli non sempre aggiornati per quelle che sono le reali esigenze del nastro stradale, delle località attraversate, e con gli altri automobilisti che dalle segnalazioni stradali interessa solo il poter evitare una multa in automatico. Per esempio, percorrere la SR203 lungo la Valle del  Cordevole è un continuo accelerare decelerare e spesso non senza improperi  che non senti ma decifri dallo specchietto retrovisore, per le agitazioni di chi segue, il quale, con molta probabilità, non sta rispettando la distanza di sicurezza ed è quasi attaccato al tuo paraurti posteriore.
SR203 - Segnale ricorrente

La quasi continuità degli abitati lungo le strade extraurbane che ha seguito lo sviluppo motoristico del nostro Paese, in un susseguirsi di insediamenti anche minimi, di poche case, è quello che ha fatto sorgere la mole di cartelli stradali che ci dicono di rallentare, di poter riprendere la velocità di crociera scelta, di ri-rallentare e così via. Tutto normale se non ci si accorgesse di incontrare un certo numero di cartelli stradali o dimenticati da chissà quali interventi in loco o assurdamente comunque posti, e che regolarmente vengono trasgrediti. Chi eventualmente, come me, pensa di rispettarli a tutti i costi si sarà trovato, appena la strada lo permette ma la segnaletica orizzontale non sempre, ad essere sorpassato da automobilisti che ti comunicano con gestacci la loro insofferenza per quel tuo rallentare in rispetto della segnaletica stradale. In compenso, però, spesso quando incroci  questi stessi automobilisti  e vedi che lampeggiano con i proiettori vogliono segnalarti, e puoi esserne certo, che hanno incrociato la polizia o i carabinieri e vogliono farti una cortesia. Secondo loro, un gesto di solidarietà fra automobilisti (sic!).
Se gli automobilisti non migliorano nel rispetto delle regole stradali non sempre è colpa loro. Un esempio per tutti, proprio lungo la SR203, subito dopo l’abitato di Peron, con strada ben visibile  e sempre senza  un’anima in vista si incontra un cartello che limita la velocità a 50 km/h (senza un’apparente ragione) e tant’è che non viene osservato da nessuno. Come questo se ne incontrano anche altri, anch’essi incongruenti, che non permettono  una velocità di crociera accettabile, per un flusso automobilistico scorrevole spesso turistico, su un percorso stradale decisamente buono. Voglio dire che se il rispetto dei divieti viene disatteso è segno che proprio i cartelli assurdi inducono a trasgredire e ne fanno una pericolosa abitudine che viene estesa anche ad altre segnalazioni stradali di divieti ed obblighi ugualmente cogenti.
I Comuni e gli abitati attraversati dalla SR203 oltre a preavvisare con cartelli di divieto, hanno incrementato la segnaletica con avvisi di rilevamento elettronico della velocità e cominciano ad attrezzarsi con rilevatori d’infrazione automatici, in posti che consentono benissimo la eventuale contestazione d’infrazione e dunque, forse, in contrasto con la recentissima sentenza della Cassazione che limita l’automatismo dell’infrazione. In buona sostanza, forse, è tempo che si faccia una necessaria rivisitazione di tutta la segnaletica stradale del bellunese intesa ad  agevolare la mobilità principale estentendola magari a tutte le altre linee di traffico che collegano la pianura alla montagna.

***


Un giornale locale di oggi 21/1/2012 titola un articolo così:



I bellunesi sono troppo veloci alla guida




confermando quanto da me rilevato qualche tempo fa nel pezzo che precede.
Dai rilevamenti, multati dalla polizia locale, emerge che nel bellunese alcuni (non pochi direi) non rispettano il codice della strada, specie per quanto attiene alla velocità.

Sicilia alluvionata!

 Purtroppo, le alluvioni continuano. Attendiamo che il Governo Monti e quelli che seguiranno, finalmente, inizino ad occuparsi della difesa del territorio

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Paura e morti per il maltempo nel Messinese

pubblicata da Leandro Janni il giorno martedì 22 novembre 2011 alle ore 20.28
   (Fonte: LA SICILIA_23 novembre 2011)

    Frana a Saponara, quattro morti
  • MESSINA, 23 novembre 2011 - Un bambino di 10 anni, una donna di 24 e un padre con un figlio grande sono morti nella frana che ha colpito ieri sera un gruppo di case nella provincia di Messina: Scarcelli, frazione di Saponara, è un fiume di fango, e non è escluso che possa nascondere altri corpi. La frana arriva a ora di cena, al termine di una giornata di pioggia incessante che ha battuto per ore non solo la Sicilia, ma anche le isole Eolie, la Calabria (dove il giorno prima si era contato un altro morto per il maltempo), un pezzo di Sardegna e un pò tutto il Sud. Si teme subito, a Saponara, per i possibili dispersi.
    Li cercano gli uomini della Protezione civile, dei Vigili del fuoco e dei Carabinieri, accorsi sul posto. Presto ne vengono segnalati due, un padre e un figlio che mancano all'appello. La madre si è salvata per miracolo, aggrappandosi alla ringhiera di un balcone. I vigili del fuoco riescono a salvare un ragazzo investito dal fiume di acqua e fango che ha invaso le strade. E non smettono di cercare. "Il paese è in ginocchio - aveva detto il vicesindaco di Saponara, Giuseppe Merlino -, i danni sono ingenti e tutti speriamo che i due dispersi, travolti dalla frana, siano in vita".
    Sul luogo del disastro, che si può raggiungere solo a piedi, i soccorritori continuano a scavare. In un paese vicino, Monforte San Giorgio, il conducente di un mezzo scavatore che cercava di rimuovere massi e detriti dalla strada, viene intanto investito dal fango, restando gravemente ferito.
    Il primo corpo ad essere restituito è quello di un bambino di 10 anni. Si chiamava Luca Vinci e al momento della tragedia era in casa con la madre, che si è salvata. Tutto è accaduto troppo in fretta e, anche se distante solo pochi metri dal figlio, non ha potuto far nulla.
    Intanto esonda un torrente a Villafranca Tirrena (Messina), a valle di Saponara, e 20 famiglie rimangono isolate. Poco dopo, ormai a notte fatta, emergono dal fango anche i corpi senza vita di Luigi e Giuseppe Valla, padre e figlio, rispettivamente 55 e 25 anni, le due persone che risultavano disperse nella frana di Scarcelli. Passano pochi minuti e il responsabile della Protezione Civile siciliana, Pietro Lo Monaco, annuncia il recupero di un quarto corpo: è di una donna di 24 anni.
    E vi sarebbero ancora dispersi. "Le notizie che arrivano dal messinese - aveva affermato verso sera il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, quando ancora non si sapeva dei morti ma già si segnalavano alluvioni, piene, frane e crolli - inducono in primo luogo la forte solidarietà per le famiglie colpite, e rafforzano l'esigenza di avviare subito un piano nazionale integrato per la difesa del suolo"."Interventi - aveva detto proprio oggi alla commissione Ambiente al Senato - che l'Italia non può permettersi di rinviare".

MESSINA, 22 novembre 2011 - Vento forte e pioggia continuano a flagellare Messina e provincia da questa mattina. Allagamenti e piccole frane si sono verificate a Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e Terme Vigliatore. Nella città dello Stretto nei pressi degli approdi della Caronte Tourist onde alte diversi metri hanno reso difficoltoso l'attracco delle navi. La statale 113 è provvisoriamente chiusa in entrambe le direzioni al km 40,4, in corrispondenza di Merì, e al km 49,3 in corrispondenza di Castroreale Terme, in provincia di Messina, per allagamento. Il personale dell'Anas è al lavoro per ripristinare al più presto la circolazione in entrambi i sensi marcia. Allagamenti anche ad Olivarella e Terme Vigliatore.

BARCELLONA, ESONDA IL TORRENTE LONGANO - A Barcellona è esondato il torrente Longano e 50 famiglie sono isolate nella frazione di Migliardo Gala. E' crollato un ponte di modeste dimensioni che collega Calderà e Spinesante, zone di villeggiatura, e ha ceduto il controsoffitto di un'aula dell'istituto industriale. Intanto nove disabili e due operatori si trovano bloccati al primo piano di una comunità di contrada Oreto, al confine tra Barcellona Pozzo di Gotto e Merì. Il piano terra dell'edificio, dove si trovano medicine e viveri, è allagato.

A MILAZZO OSPEDALE ALLAGATO - A Milazzo allagato in parte l'ospedale cittadino e a Castroreale problemi per la viabilità con strade inagibili. Chiusa anche la A20 Messina Palermo in entrambe le direzioni nel tratto tra lo svincolo di Milazzo e quello di Barcellona Pozzo di Gotto per smottamenti. Il sindaco di Barcellona, Candeloro Nania, ha invitato la cittadinanza a non uscire da casa.

IN DUEMILA SENZA LUCE - Il maltempo ha causato in diversi Comuni guasti anche alla rete elettrica. La situazione più critica si è verificata a Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e S.Filippo del Mela, dove le abbondanti piogge hanno provocato l'allagamento di oltre una decina di cabine elettriche, lasciando senza energia circa tremila utenti. L'intervento dei tecnici dell'Enel ha consentito, nel giro di qualche ora, di restituire elettricità a un migliaio di clienti attraverso altre linee presenti nell'area.

TRENI BLOCCATI - Dalle 10.55 di stamattina i treni sono bloccati fra Pace del Mela e Milazzo, in provincia di Messina, a causa delle forti piogge di stanotte. I passeggeri vengono trasportati a bordo di minibus verso le rispettive destinazioni, mentre squadre di tecnici della Rete ferroviaria italiana sono al lavoro per ripristinare il servizio.

A MESSINA CHIUSE SCUOLE E UNIVERSITA' - Oggi per l'allerta maltempo il sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, ha disposto la chiusura di tutte le scuole della città. Stesso provvedimento adottato dall'Università di Messina che ha sospeso tutte le attività didattiche in tutte le strutture dell'Ateneo.

ANCHE A FIUMEFREDDO - Scuole chiuse anche a Fiumefreddo di Sicilia, in provincia di Catania. Lo ha deciso nella tarda serata di ieri il sindaco Sebastiano Nucifora. "Stiamo attendendo eventuali sviluppi - ha detto Nucifora - per estendere eventualmente il provvedimento anche per la giornata di domani". Alle buone condizioni meteo di domani mattina è legato l'avvio dei lavori per la pulizia e lo spurgo di caditoie e pozzetti del paese.

EOLIE ISOLATE - Eolie isolate a causa del maltempo. Il mare ha infatti raggiunto anche forza 7 per le forti raffiche di vento provenienti da Est-Sud-Est. I collegamenti marittimi con gli Aliscafi e i traghetti della Siremar, Ustica Lines e Ngi, sono sospesi. Disagi a Milazzo dove sono rimasti bloccati i tanti pendolari (soprattutto docenti delle scuole e impiegati degli uffici pubblici) e i camion carichi di derrate alimentari. Stromboli, Ginostra, Panarea, Alicudi e Filicudi sono isolate da ieri pomeriggio. Le condizioni meteo dovrebbero migliorare in serata.

LE PREVISIONI - Proprio ieri la Protezione civile aveva emesso una nuova allerta meteo che prevede temporali sulle isole maggiori nelle prossime ore 24 ore. Gli esperti prevedono precipitazioni localmente anche molto intensi, accompagnate da fulmini e forti raffiche di vento, prima sulla Sardegna meridionale e orientale e successivamente anche sulla Sicilia. I venti, con raffiche di burrasca, si andranno intensificando dal pomeriggio di oggi, e per le successive 24-30 ore, su entrambe le isole maggiori. Si prevedono, inoltre, possibili mareggiate lungo le coste esposte.

domenica 20 novembre 2011

Contrassegno per disabili


Liberiamoci dai "furbi"

Oggi 26 agosto 2012, a circa un anno di distanza non sembra essere successo nulla! Continuo a notare che il parcheggio di Piazza Piloni continua ad ospitare, e con una certa frequenza, auto che non sembrano essere idonee a persone con difficoltà/disabilità personali motorie.
Non vorrei che chi ha veramente bisogno di un così comodo parcheggio, da disabile in difficoltà per deambulare, ne venisse privato da qualche furbo.

***

Un anno fa circa


Passando per Piazza Piloni, in prossimità del Centro Piero Rossi, alle 15,30 circa del 20/11/2011, ho visto che piccoli gruppi di persone si fermavano nei pressi di un’auto posteggiata in un parcheggio riservato ai disabili e si allontanavano commentando e ridendo, suppongo per quell’auto. Mi sono avvicinato e ho potuto constatare che erano attratti da una bassissima macchina sportiva che esponeva il contrassegno di disabile.
Vi sembra un'auto per disabile questa?
Ricordo per me stesso che il regolamento del Codice della Strada prevede un contrassegno apposito per: “persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta”.
Inutile dire che l’intestatario di tale auto non poteva avere certo disabilità motorie, né potevano averne nonnetto o nonnetta, intestatari da scorrazzare, per un’auto che si alzava da terra un metro, metro e dieci circa.



Mi limito solo ad avere qualche dubbio. Ma credo di aver visto proprio in quella piazza in quei parcheggi spesso auto di grossa cilindrata o comunque auto che poco si addicono al disabile comune.
Mi viene da chiedere al Sindaco di Belluno: non le sembra che la polizia locale potrebbe fare qualche verifica in più per evitare ogni eventuale abuso di qualcuno che usufruisce di un servizio riservato a chi ha veramente un reale bisogno?

mercoledì 16 novembre 2011

Italia sott'acqua. DOCUMENTO

Pubblico volentieri un documento che spero non venga dimenticato. Purtroppo non possiamo dire, che i disastri del passato ci abbiano fatto cambiare atteggiamento verso la prevenzione.
Nell’area dello Stretto si impone il “principio di realtà”
Sicilia, 16 novembre 2011
Nell’ottobre del 2009, a proposito del faraonico Ponte sullo Stretto e a seguito delle tragiche alluvioni del Messinese (Giampilieri, Scaletta Zanclea e Itala), scrivemmo: “Nella mente dei nuovi tiranni tutto è certo, perentorio, inconfutabile. Nella mente dei nuovi tiranni tutto accade lontano dalla realtà. Nella mente dei nuovi tiranni tutto accade sulla pelle di uomini e donne che abitano povere case, poveri luoghi, poveri territori. Essi vanno proclamando che il ponte, il mega-ponte li nobiliterà. Darà loro un futuro. Forse, persino la felicità che non hanno mai posseduto”. A distanza di due anni, il “principio di realtà” si impone sui deliri e sulle mistificazioni. Sulle speculazioni. Inesorabilmente.


Messina, 13 novembre 2011. Sono diciotto gli avvisi di garanzia inviati dalla Procura della Repubblica di Messina ad amministratori e dirigenti, in ordine all’inchiesta sull’alluvione di Messina del 2009 dove persero la vita 37 persone. L'accusa è di omicidio plurimo e disastro colposo. Tra gli indagati il sindaco messinese Giuseppe Buzzanca, Mario Briguglio primo cittadino di Scaletta, Gaspare Sinatra già Commissario del Comune di Messina, Salvatore Cocina ex responsabile della Protezione civile regionale, Giovanni Arnone dirigente regionale. Avvisi di garanzia sono stati recapitati anche ai geologi Antonino Savoca, Alberto Pistorio, Tiziana Flora Lucchesi, Salvatore Cotone; Francesco Triolo, Salvatore Di Blasi, Stefano Bello, Giovanni Garufi, Carmelo Antonino Melato, Agatino Giuseppe Manganaro progettisti dei lavori eseguiti sui torrenti interessati dall'alluvione; Giuseppe Rago, Felice Grasso e Giovanni Randazzo tecnici. La Procura della Repubblica di Messina, che per le indagini si è avvalsa di diverse perizie, indaga sui ritardi per i soccorsi e sui mancati interventi di messa in sicurezza, dopo le precedenti alluvioni. Gli esperti hanno effettuato i sopralluoghi nelle zone dell'alluvione e hanno acquisito documenti nei vari uffici delle amministrazioni pubbliche. Ai periti si chiedeva quali fossero state le modalità dell'evento, gli effetti, i danni provocati e i tempi in cui si è verificato. E ancora: se si fosse trattato di inondazione o esondazione; quale fosse l'assetto del territorio prima del nubifragio e se lo stesso assetto fosse stato modificato dall'intervento dell'uomo. Un altro quesito riguardava la sicurezza del territorio e, soprattutto, se fossero stati realizzati i previsti interventi di prevenzione. I magistrati hanno anche voluto sapere quali fossero state le cause dell'inondazione e le eventuali concause, e se fossero ascrivibili ad azioni o omissioni da parte degli uomini.


“Se opere infrastrutturali dovranno realizzarsi nel nostro territorio, le stesse devono innanzitutto mitigare, attenuare, incrementare il grado di sicurezza dello stesso territorio e giammai aumentarne le criticità”. Con queste parole si chiude la nota del Genio Civile di Messina, indirizzata all’ufficio dei collaboratori del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, e da presentare al tavolo della Conferenza dei servizi – svoltasi, in prima seduta, lo scorso 10 novembre 2011, ed aggiornata, secondo indiscrezioni, a prima della fine del mese, per le determinazioni conclusive. Eurolink, general contractor per la progettazione e realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, aveva trasmesso il progetto definitivo dell’opera, pervenuto all’Ufficio di via Saffi, il 21 settembre scorso, affinché venisse esaminato, assegnando il termine perentorio di 60 giorni. Appare evidente, a questo punto, che alla già nota anticipazione della conferenza rispetto al termine fissato per la presentazione delle osservazioni da parte di privati ed associazioni, si debba aggiungere anche quella riguardante l’acquisizione dei pareri degli uffici competenti, tenendo conto che la nota, datata sul foglio 1 settembre 2011, era stata inviata a ben 20 indirizzi di enti e uffici affinché si esprimessero in merito. Tranne che, ad eccezione del Genio Civile, la stessa sia stata acquisita da questi ultimi a tempo di record. Ma al di là delle “premure” burocratiche di Roma (almeno fino all’insediamento del prossimo Governo e quindi del “rinnovato” CIPE), la circostanza che ci riguarda molto da vicino e che sgombera il campo da ogni dubbio (per chi ne avesse ancora o se mai ce ne fossero stati) sulle incidenze negative della mega opera infrastrutturale sul territorio di Messina, è sicuramente il parere espresso dal Genio Civile, a seguito dell’istruttoria eseguita al suo interno dal Coordinamento di Geologia ed Assetto Idrogeologico. Prima della Conferenza dei Servizi fissata a Roma per il 10 novembre, se ne era svolta un’altra a Palermo presso l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, alla presenza di rappresentanti di Eurolink e della Stretto di Messina S.p.a., proprio per raccogliere, in un’unica soluzione e nel più breve tempo possibile, tutti i pareri e le osservazioni da parte di uffici, amministrazioni ed enti regionali. Ed è proprio in quella sede che l’Ufficio messinese del Genio Civile, rappresentato dall’ingegnere capo Gaetano Sciacca, ha sollevato le questioni di propria competenza che, nella fattispecie, ruotano intorno a problematiche ben note ma che finora nessuno, evidentemente, aveva voluto mettere nero su bianco: l’andamento di una faglia pericolosa, gli attraversamenti delle fiumare, la prioritaria e indispensabile messa in sicurezza dei bacini idrografici con adeguate opere di presidio, la fragilità idrogeologica del territorio che registra eventi alluvionali ravvicinati, la consistenza dei terreni lungo i versanti interessati dai lavori, la non condivisione delle scelte circa la localizzazione dei “siti di recupero ambientale”, l’antropizzazione degli alvei ridotti a strade, e tanto altro ancora. “Vanno chiariti gli elementi che hanno permesso di determinare, in maniera esatta, l’andamento della faglia, diretta tangente il Pantano Grande, che interseca il viadotto Pantano in prossimità di una delle sue pile”, dice il Genio Civile, riguardo la problematica di natura geologica per eccellenza che investe la città dello Stretto. E’ dettagliata l’osservazione sulla previsione di specifiche infrastrutture correlate: “Non si tiene conto, nelle opere di attraversamento delle numerose fiumare, della particolare fragilità idrogeologica del Messinese, che è stato di recente (2007, 2008, 2009, 2010, 2011) più volte coinvolto da eventi alluvionali di eccezionale intensità e drammaticità con perdite di vite umane”. “Peraltro, tali interventi di attraversamento delle fiumare – prosegue il documento – risultano disgiunti da una complessiva, necessaria e indispensabile messa in sicurezza del sotteso bacino idrografico”, precisando che “nelle fiumare messinesi, tutte caratterizzate da elevata pendenza dell’alveo, (…) si sono registrati, in concomitanza dei citati eventi pluviometrici intensi e duraturi, notevoli quantitativi della portata solida, alimentata dalle centinaia di colate di fango e detriti, che si sono mobilizzate dai versanti (…) e successivamente confluite nelle principali aste torrentizie”. Per cui, vanno previste “adeguate opere di presidio e messa in sicurezza per ciascun bacino idrografico sotteso dalle fiumare attraversate”, con interventi, precisa il Genio Civile, “mirati alla mitigazione del rischio nelle aree, peraltro, classificate a pericolosità e a rischio idraulico riportate nel PAI”. Inoltre: nel progetto vengono definiti “siti di recupero ambientale”, ma all’atto di spiegare in cosa consistano realmente tali “siti”, è doveroso chiamarli col loro nome: discariche di inerti provenienti dagli sbancamenti. Il Genio Civile, ovviamente, nel rispetto del lessico specificatamente tecnico, sulla definizione non obietta nulla, semmai obietta in ordine alla scelta dei siti individuati “nell’ambito di strette ed incassate vallecole solcate da tratti stradali delle fiumare e costituite dai terreni che sono Formazione delle sabbie e ghiaie di Messina”. E qui, non occorre sfogliare alcun dizionario scientifico, ma basta ricordare cosa viene giù sulle strade e nei tombini, ogni volta che piove: si tratta di “terreni granulari non coesivi e quindi facilmente erodibili”. Non a caso, aggiunge l’ufficio, “i suddetti siti ricadono o su aree in cui a valle sono presenti arterie stradali (ad esempio la Panoramica dello Stretto) o aree in cui è presente un più o meno fitto grado di urbanizzazione con edifici e case”. E allora ci si chiede, viste le acclività, la natura del terreno e la conseguente, difficile viabilità, come si fa ad accedere a tali zone: “Non vengono indicate le piste di servizio che consentono, in sicurezza, il raggiungimento dei siti”, fa notare il Genio Civile. Tali siti, a loro volta, necessitano di accorgimenti riguardo il sistema di convogliamento e raccolta delle acque, il cui “recapito finale, avviene lungo i cosiddetti alvei - strada, che, come è stato anche di recente accertato, sono una delle principali cause di danni a persone e cose”. Questa è, sostanzialmente, la posizione del Genio Civile espressa in ambito regionale.



Ma il documento presentato a Palermo, già ricco di analisi e indicazioni che di fatto dovrebbero incidere in modo determinante sull’iter per la realizzazione del Ponte, nell’ambito del dibattito, si arricchisce di ulteriori elementi. Ed è così che il parere del Genio civile, trasmesso al Ministero delle Infrastrutture, riporta ulteriori dettagli che riguardano il rapporto tra torrenti e viabilità, in un quadro cittadino già fortemente problematico, e che, in virtù del Ponte si complica ulteriormente. “Lungo gli assi viari Annunziata, Papardo, ed Europa verranno indirizzati gran parte dei mezzi gommati pesanti di cantiere, e tali assi, essendo alvei tombinati, presentano due ordini di problemi, di cui uno di carattere prettamente strutturale,  il secondo idraulico: la capacità di contenere gli eventi di piena in caso di precipitazioni a carattere eccezionale quali bombe d’acqua”. Ed avverte ancora l’ufficio: “I torrenti da tempo coperti sono costituiti da impalcati che vanno preventivamente verificati ai fini statici, trattandosi, altresì, di infrastrutture strategiche ai fini di protezione civile”. Ma non basta, perché, prosegue “gli stessi sono da ritenere, già da ora, carenti dal punto di vista manutentivo, e conseguentemente, un loro ulteriore utilizzo, dovuto a incremento dei carichi dei mezzi pesanti dei cantieri, ne potrebbe irrimediabilmente compromettere la stabilità”. Ma per tali manufatti i problemi dal punto di vista statico, non sono, ovviamente, isolati, poiché sono contestuali a quelli di carattere idraulico ed idrogeologico: “In relazione alla valenza strategica che gli stessi assi rappresentano, e considerate le precarie condizioni dei bacini sottesi ai cosiddetti torrenti - strada, si ritiene indispensabile una loro complessiva messa in sicurezza”. Sono fin troppo chiari, dunque, gli intendimenti dell’ufficio, riguardo l’utilizzo viario dei torrenti coperti cittadini. In coda alla nota, il Genio Civile giudica “una scelta inopportuna e peraltro in evidente contrasto con una sensibilità ambientale che si è oramai consolidata”, la prassi di “cementificare ulteriormente il territorio, e nel caso specifico di coprire i torrenti Papardo e Annunziata, ritenendo in tal modo di risolvere i problemi viari che affliggono la città”. A questo punto, se è vero che il Ponte sullo Stretto rientra tra le “opere strategiche” regolamentate dalla Legge obiettivo, è altrettanto vero che il Genio Civile di Messina – tra l’altro dal gennaio del 2010 è tra i soggetti attuatori degli interventi finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico nelle zone colpite dall’alluvione del 1° ottobre 2009 – rileva giorno per giorno realtà e criticità del territorio che, di certo, non possono essere trascurate, ignorate.  


Leandro Janni
Consigliere nazionale di Italia Nostra

venerdì 11 novembre 2011

LEONARDO, continua... a stupirci

La bicicletta


Leonardo
"Genio nell’arte antica e moderna"
" Mito nell’arte contemporanea"
LE MACCHINE DI LEONARDO

Modelli, che riproducono alcune macchine di Leonardo.


                                                                          L'organo di cannoni






























 Ogni singola macchina è stata costruita assemblando appositi pezzi pretagliati. Il montaggio è stato effettuato con la collaborazione
dei miei nipoti (Gianluca e Stefano). 
Consta di dieci pezzi.








La gru




L'escavatrice

Il carro da combattimento

Il maglio
L'elicottero

Al momento le ultime due sono in fase di costruzione


 Belluno, novembre 2011

Nuove su LEONARDO
(Da La Nazione-Firenze)
Firenze, 3 dicembre 2011 - La scoperta di una nuova intercapedine alimenta la speranza di ritrovare il leggendario affresco di Leonardo. Continuano le ricerche dietro una parete del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio dove, con una sonda si cerca laBattaglia di Anghiari.
Nelle ultime due notti la microcamera usata per studiare l'interno del muro ha evidenziato altri tre vuoti, di un'ampiezza apparente tra uno e due centimetri, dando così altre conferme - dopo il primo saggio positivo del 29 novembre scorso - alla teoria di Maurizio Seracini circa l'esistenza di uno spazio lasciato da Giorgio Vasari proprio per salvare l'affresco di Leonardo.

''Sono stati esplorati punti situati nella parte centrale dell'affresco di Vasari che vediamo oggi; sono antiche stuccature, fessure naturali del muro, perdite di colore, fenditure millimetriche da cui la sonda può passare senza problemi per la conservazione del dipinto'', ha spiegato Marco Ciatti dell'Opificio delle Pietre dure, istituto che affianca lo staff di Seracini. In totale, dopo il primo saggio, ora sono diventati quattro i punti di 'attacco', dei sette autorizzati dal ministero e dalla soprintendenza, dove la sonda mostra che c'è un vuoto tra la parete più recente e quella precedente. La ricerca prevede che la notte prossima la sonda 'esplorera' altre due fessure; successivamente l'ultima.

giovedì 10 novembre 2011

Riporto volentieri quanto ha già pubblicato attraverso la stampa l'amico Leandro, in merito alla fragilità del territorio italiano e alla non "sostenibile" condotta di chi lo ha amministrato
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
1 / Leandro Janni / SICILIA, 5/10/2009
 
    



  
Ha senso parlare di “tragedie annunciate” in un paese come l’Italia che, negli ultimi novant’anni, ha registrato oltre 5.000 grandi alluvioni e 12.000 frane? In media, un episodio ogni giorno e mezzo. In soli cinquant’anni, i fenomeni naturali hanno provocato circa 3.500 morti, mediamente 7 morti al mese. Così stima una recente ricerca dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni. In Sicilia, il 70 per cento del territorio è ad alto rischio. Certo è che la prima e più importante opera da realizzare per il Paese, per l’Isola, è la messa in sicurezza del territorio. E invece, si continuano a concepire e a realizzare opere faraoniche e insostenibili. Spesso inutili. Si concepiscono e si tramutano in legge sconcertanti “piani casa”. Proprio in questi giorni l’Assemblea regionale sta esaminando il testo del Piano casa siciliano proposto dal Governo. In conseguenza di quanto accaduto, non possiamo non chiedere al Governo regionale un atto di responsabilità. La Sicilia rinunci ad approvare una norma che prevede un rilevante aumento delle cubature edilizie e di consumo di suolo in una realtà già pesantemente pregiudicata. Una realtà in cui l’80 per cento dei comuni è a rischio di dissesto idrogeologico. La Sicilia, invece, decida di trasformare il Piano casa in un grande progetto di riqualificazione del territorio. Ad esempio, liberando le aste fluviali e le foci dal troppo cemento che le ha invase, delocalizzando gli edifici e le infrastrutture dalle aree più vulnerabili, consolidando i versanti delle montagne e delle colline con interventi di rinaturazione e rimboschimento.
A Giampilieri (Messina) si è ripetuto in modo più eclatante, con risultati più tragici di quello che era accaduto due anni fa, quando, fortunatamente, non ci furono morti. Inesorabilmente, alla prime piogge autunnali di quest’anno, il territorio messinese ha mostrato tutta la sua fragilità con conseguenze pesantissime, stavolta anche in termini di vite umane. Negli ultimi anni questo territorio è stato offeso, violentato da un’urbanizzazione aggressiva e dissennata, che ha stravolto i delicati equilibri ambientali e paesaggistici. Numerose sono le inchieste della magistratura che riguardano abusi e speculazioni edilizie perpetrate in aree torrentizie. Ribadisco quanto detto in altre occasioni. È necessaria una svolta seria, concreta, efficace nella gestione del territorio, che ridia ruolo e valore agli strumenti di pianificazione urbanistica e paesaggistica e li impronti a criteri di tutela, equilibrio, sostenibilità ambientale. E’ necessaria una svolta anche nelle politiche di protezione civile, che devono prevedere anche efficaci e tempestive azioni di prevenzione, laddove è necessario.
Infine, sento di esprimere viva approvazione alle parole semplici e nettissime, pronunciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, subito dopo la tragedia di Giampilieri: “O si avvia un piano serio che investa, piuttosto che su opere faraoniche, sulla garanzia e la sicurezza, oppure queste zone del paese potranno essere afflitte da altre sciagure”. Di contro, le immediate, ineffabili affermazioni del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli a proposito del ponte sullo Stretto: “Spero che al massimo per gennaio i primi lavori a terra possano partire, spero anzi che il via possa esserci già a dicembre”.  

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Opere faraoniche e tragedie annunciate
   2 / Leandro Janni / SICILIA, 12/10/2009
L’ennesimo, tragico, paradossale gioco delle parti. Alle prime dichiarazioni dei sopravvissuti della frana che tutto ha travolto, portandosi dietro fango e distruzione lungo le fiumare dei centri abitati del Messinese, di quei poveri sopravvissuti che parlavano di “disastro annunciato”, si sono, ora dopo ora, aggiunte quelle di politici, amministratori e tecnici che ripropongono lo stesso tema: “Si sapeva, la strage si poteva evitare”. Lo confermano i resoconti che, dopo l’alluvione di due anni fa, passata senza vittime, i tecnici della protezione civile avevano presentato alla Procura della Repubblica: “La causa scatenante le forti alluvioni è stata certamente l’elevata intensità di eventi meteorici, ma non può non essere presa in considerazione la leggerezza di alcune scelte territoriali, che si sono rilevate determinanti negli effetti provocati dal dissesto idrogeologico. Scelte che hanno fatto sì che il degrado dei corsi idrici del Messinese diventasse un fenomeno ormai generalizzato e diffuso, capace di provocare un vero e proprio disastro”. Ciò che sconcerta, allora, è il fatto che gli stessi artefici e in qualche modo responsabili di questo disastro annunciato, scarichino adesso le responsabilità l’un l’altro, come se nel frattempo fossero stati da qualche altra parte a fare altro, anziché gli amministratori. Il sindaco dei Messina, Giuseppe Buzzanca, che ricorda di essere da appena quindici mesi a capo dell’Amministrazione comunale, e dimentica che per dieci anni ha ricoperto la poltrona di presidente della Provincia. Il governatore della Regione, Raffaele Lombardo, che soltanto ora parla di “crimini per demolizioni mancate” e che è il primo firmatario di uno sconcertante disegno di legge sul Piano casa siciliano, adesso velocemente ritirato, “congelato”. Non un “piano casa”, ma un “condono preventivo” – diciamo noi di Italia Nostra – che viola il diritto comunitario ed è costituzionalmente illegittimo. Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che lamenta il ricorso ai condoni edilizi e i tagli ai fondi per la difesa del suolo, avendo in entrambi i casi preso parte alle riunioni di Consiglio dei ministri che li ha permessi. Sino ad arrivare al premier Silvio Berlusconi che, scaricando di fatto la responsabilità su chi non ha agito di conseguenza, candidamente ammette: “Era stato previsto con anticipo: tutto era stato previsto, era stato previsto che si sarebbero verificate delle situazioni critiche in queste zone. Avevamo dato avviso per tempo”. Tutte affermazioni che, in un Paese normale, sarebbero seguite da immediate dimissioni da parte dei responsabili. A tutti i livelli.
Ma, noi non abitiamo in un Paese normale: tanto che, nonostante vi siano ancora alcuni dispersi sotto il fango e le macerie, si afferma senza alcun pudore che, nonostante sia nota la situazione di gravità che affligge non solo la Sicilia ma tutto il territorio italiano, non ci sono risorse economico-finanziarie per metterlo in sicurezza. Mentre non mancano, a quanto pare, risorse economico-finanziarie, per mandare avanti opere faraoniche come il ponte sullo Stretto. Lo ha affermato il ministro delle Infrastrutture e trasporti, Altero Matteoli: “Conosco abbastanza bene il problema dell’assetto idrogeologico del nostro Paese – ha detto Matteoli. “Per metterlo in sicurezza ci vogliono 35 miliardi, ma non ce li abbiamo”. Però, ha assicurato che il ponte sullo Stretto si farà, asserendo che se le opere collaterali alla realizzazione del ponte vero e proprio fossero già avviate, con le “migliorie al territorio previste” forse “il disastro del Messinese sarebbe stato inferiore”. Una dichiarazione, quella del ministro Matteoli, seguita alle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che aveva sollecitato “un piano serio che investa, piuttosto che su opere faraoniche, sulla garanzia e sicurezza”, rilevando come vi sia “una situazione di diffuso disseto idrogeologico in parte causato dall’abusivismo, a Messina e in molte altre parti d’Italia”. L’attuale ministro delle Infrastrutture ha ineffabilmente commentato, dicendo: “Io non mi permetto di polemizzare col capo dello Stato, però voglio chiedere: cosa c’entra il ponte di Messina?”. Certo è – diciamo noi – che di vero e di concreto, per la realizzazione di questa inutile e faraonica opera, ci sono solo i finanziamenti pubblici di 1,3 miliardi di euro stanziati dal Cipe. Fondi che, invece, dovrebbero immediatamente essere destinati alle necessarie opere di messa in sicurezza delle due aree dello Stretto. Così come altre risorse dello Stato destinate ad opere infrastrutturali, considerate prioritarie, potrebbero andare a costituire un fondo per mettere mano a quella che si palesa davvero come la vera priorità del Paese: la tutela, la messa in sicurezza del territorio. Forse non si arriverà ai 35 miliardi ritenuti necessari da Matteoli, o ai 25 richiesti da Guido Bertolaso (considerati una “provocazione” dal premier Berlusconi) ma, senza dubbio, saranno meno dello “zero euro in cassa”, che ha confermato il ministro Prestigiacomo per il 2010. Tra l’altro, il parere che il ponte sullo Stretto rimanga una priorità, sembra sostenuto ormai dal solo ministro Matteoli, considerato che anche da Confindustria arriva un ulteriore no alla mega infrastruttura: “Secondo noi non è la priorità” – ha dichiarato la presidente Emma Marcegaglia. “Abbiamo bisogno prima di tutto di mettere in sicurezza il territorio – ha osservato la Marcegaglia a margine dell'Assemblea annuale degli industriali di Pavia – perché ci sono continui e preoccupanti casi ambientali, ma occorrono anche piccole opere, necessarie per dare più efficienza al sistema infrastrutturale e logistico italiano”.
Ci chiediamo: ha senso parlare di “tragedie annunciate” in un Paese come l’Italia che, negli ultimi novant’anni, ha registrato oltre 5.000 grandi alluvioni e 12.000 frane? In media, un episodio ogni giorno e mezzo. In soli cinquant’anni, i fenomeni naturali hanno provocato circa 3.500 morti, mediamente 7 morti al mese. Così stima una recente ricerca dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni. In Sicilia, il 70 per cento del territorio è ad alto rischio. Il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, a seguito dei drammatici eventi dei giorni scorsi, ha espresso l’intenzione di adottare un atteggiamento intransigente verso l’abusivismo e di porre in essere interventi seri ed efficaci per ridurre il dissesto idrogeologico. Lombardo ha anche proclamato che intende “congelare” il Piano casa siciliano. Ma che vuol dire “congelare”? La consueta, sconcertante ambiguità del potere politico, in attesa di tempi migliori? E comunque, non pochi malumori hanno manifestato i deputati regionali di Palazzo dei Normanni, a seguito delle recenti dichiarazioni del governatore della Sicilia. Noi, in conseguenza di quanto accaduto, non solo di recente, non possiamo non chiedere al Governo regionale un atto di responsabilità: la Sicilia rinunci ad approvare un Piano casa che prevede un rilevantissimo e scriteriato aumento delle cubature edilizie e di consumo di suolo, in una realtà già pesantemente pregiudicata. Una realtà in cui l’80 per cento dei comuni è a rischio di dissesto idrogeologico. La Sicilia non ha certo bisogno di un ulteriori costruzioni, ma di un grande progetto di riqualificazione del territorio, che preveda la liberazione delle aste e delle foci fluviali dal troppo cemento che le ha invase, delocalizzando – laddove è necessario – gli edifici e le infrastrutture dalle aree più vulnerabili, consolidando i versanti delle montagne e delle colline con interventi di rinaturazione e rimboschimento. Tutto questo si può fare. Deve essere fatto. Senza perdere altro tempo.
A Giampilieri (Messina) si è ripetuto – in modo più eclatante, con risultati più tragici – quello che era accaduto due anni fa, quando, fortunatamente, non ci furono morti. Inesorabilmente, alla prime piogge autunnali di quest’anno, il territorio messinese ha mostrato tutta la sua fragilità con conseguenze pesantissime, stavolta anche in termini di vite umane. Negli ultimi anni questo territorio è stato offeso, violentato da un’urbanizzazione aggressiva e dissennata, che ha stravolto i delicati equilibri ambientali e paesaggistici. Numerose sono le inchieste della magistratura che riguardano abusi e speculazioni edilizie perpetrate in aree torrentizie. Noi di Italia Nostra ribadiamo quanto detto in altre occasioni. È necessaria una svolta – seria, concreta, efficace – nella gestione del territorio, che ridia ruolo e valore agli strumenti di pianificazione urbanistica e paesaggistica e li impronti a criteri di tutela, equilibrio, sostenibilità ambientale. E’ necessaria una svolta anche nelle politiche di protezione civile, che devono prevedere anche efficaci e tempestive azioni di prevenzione. Ovviamente, per realizzare tutto questo, occorrono politici e amministratori seri e responsabili, capaci di gestire, governare la complessità. Capaci di pensare, programmare e attuare uno sviluppo equo e sostenibile dell’Isola. Politici e amministratori capaci di coniugare passato, presente e futuro; tutela e innovazione.
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 
Ovvero: nella mente dei nuovi tiranni

 3 / Leandro Janni / SICILIA, 19/10/2009
                                                                                               
Sicilia. Piove e fa freddo. Continua a piovere, in questo autunno grigio e minaccioso. In questo autunno confuso e paradossale. Sconcertante. La terra continua a sbriciolarsi, a liquefarsi: nel Messinese, nel Catanese, nel Palermitano, nell’Agrigentino, nel Nisseno, nel Siracusano. Insomma: una situazione assai preoccupante, grave. Una stato di cose che desta angoscia e avvilimento nelle popolazioni già colpite, nelle popolazioni più a rischio. Nei cittadini più consapevoli.
Una situazione evidentissima, chiarissima. Uno stato di cose a cui bisognerebbe porre rimedio. Subito. Con interventi adeguati, efficaci. Senza perdere altro tempo.
Ma, agli italici mestieranti del facile ottimismo non interessa tutto questo. Non può interessare tutto questo. Anzi! Essi hanno ben altro per la testa.
E poi, questo sciagurato, implacabile riferimento alla terra, ai luoghi, alle storie di uomini e donne in carne e ossa, non è proprio il loro campo di azione, di movimento. Non è il loro spazio di consenso. E poi, ci sono cose ben più importanti, più eclatanti, irrinunciabili: le grandi opere infrastrutturali, il famoso ponte sullo Stretto. La Banca del Meridione.
Dunque, è chiaro. Deve essere chiaro, come un ordine, come un comandamento: la realizzazione del ponte sullo Stretto non è più rinviabile, procrastinabile. E poi, sarebbe una deleteria dimostrazione di debolezza. Forse, persino la dimostrazione di umano, ragionevole sentire. No, non è possibile: “Il ponte ha da farsi e si farà”. Subito. A cominciare dal prossimo dicembre 2009.
Che si debba costruire in zona sismica, che si preveda di poggiare i due piloni portanti e la campata centrale di 3.300 metri su faglie mobili, non è importante. Che l’eventuale realizzazione della mega-infrastruttura andrà a sconvolgere il paesaggio di uno dei luoghi più belli e delicati del nostro Paese, non è considerato degno di attenzione. Che ci sia, o no, uno studio vero, fondato, un progetto esecutivo non è cosa rilevante. E d’altronde, questi sono soltanto i soliti, vacui intellettualismi dei soliti oppositori al governo. Ai quali si risponde affermando – con faraonica faccia tosta – che “la realizzazione del ponte servirà anche a mettere in sicurezza le due sponde dello Stretto”.
Nella mente dei nuovi tiranni tutto è certo, perentorio, inconfutabile. Nella mente dei nuovi tiranni tutto accade lontano dalla realtà. Nella mente dei nuovi tiranni tutto accade sulla pelle di uomini e donne che abitano povere case, poveri luoghi, poveri territori. Essi vanno proclamando che il ponte, il mega-ponte li nobiliterà. Darà loro un futuro. Forse, persino la felicità che non hanno mai posseduto.

 

lunedì 7 novembre 2011

Piazza dei Martiri, il silenzio degli Amministratori sul progetto di rinnovo

 I cittadini, diversamente, sono per il restauro


Piazza dei Martiri
Il silenzio “assordante” delle istituzioni proponenti il progetto di nuova Piazza dei Martiri, alla levata di scudi dei cittadini contrari agli interventi strutturali prospettati, non lascia presagire alcun ripensamento per quello che sarà il futuro della proposta da realizzare. Come cittadino, tra quelli che hanno espresso un’opinione a titolo personale,  speravo in un dialogo che coinvolgesse ordini professionali, organizzazioni, associazioni, etc. ma mi rendo conto che… il silenzio è d’oro!  Si sa, la tecnica di fare decantare le proteste come sfogo di primo momento, aiuta a superare le contestazioni fino a lasciare poi mano libera ai cosiddetti esperti.
 La questione comunque, per i cittadini che si sono espressi nel merito, ha fatto emergere la necessità di restaurare prima la scuola elementare “Gabelli” pur propendendo per una soluzione di natura conservativa della piazza. L’organizzazione spaziale del luogo, la sua storia, il suo modo di essere spazio vissuto da tramandare, in una parola il “Genius Loci” che rappresenta la piazza, non trova al momento alcuna controvoce di confronto nelle istituzioni autarchiche, se non quella dell’originale progetto in discussione.  In fatto di metodo il concepimento di questo progetto, anche se affidato ad un “nobilissimo” concorso di idee, soffre di un difetto di democrazia e di una debordante autonomia progettuale: mette in luce un poco pregevole metodo decisionale che i rappresentanti dei cittadini si  "arrogano" nell’esercizio di un diritto da condividere con la parte interessata (la comunità locale), e una delega con pochi o senza vincoli ai progettisti “traduttori” di scelte che sono politiche.
Il copione è un classico che si ripete per le opere pubbliche di un certo rilievo.
La democrazia "dal basso"  vorrebbe invece che, nella conduzione di un progetto impegnativo, specialmente quando incrocia la storia, la cultura o comunque la sensibilità di una comunità, le scelte debbano essere "costruite" con la collettività, in incontri dove la progettazione va fatta evolvere tra proposte e alternative sostenibili.  
Così non sembra essere stato. Il timore che in sordina inizino i lavori e ci si trovi di fronte al fatto compiuto non è remota.
L’altro aspetto che emerge, nella scelta progettuale della piazza, su cui il silenzio istituzionale pesa, riguarda la questione dell’ordine prioritario delle opere pubbliche. La scuola elementare “Gabelli”, in attesa di restauro, per una moltitudine di cittadini viene prima della piazza.  Nessuno degli “addetti” ha per questa “precedenza corale” sentito il dovere di informare che i finanziamenti dei rispettivi interventi hanno due diversi percorsi.
E’ pur vero  che per essere informati basta poco, ma qualche informazione istituzionale in più attraverso la stampa, se non altro, potrebbe servire per avvicinare il potere ai cittadini.
Piazza dei Martiri - Illuminazione
Collegandosi comunque via internet con il sito Comunale, chi vuole può leggere che  il Piano triennale delle OO. PP. prevede lavori per la “Gabelli” in due lotti di 800.000 e 1.500.000 euro per gli anni 2012 e 2013, con finanziamento da  “apporto di capitale privato” e una collocazione nelle priorità in graduatoria al 6° e 7°posto nelle “articolazione della copertura finanziaria”,  a differenza di Piazza dei Martiri che rientra in un finanziamento europeo ad hoc, in un articolato progetto complessivo denominato: “Drava Piave Fiumi e Architetture".

A mio modesto avviso, per concludere, senza confondere le due cose, resta il fatto che la scuola “Gabelli” è stata inserita come opera da finanziare in un processo non semplice di ricerca, per una sinergia tra pubblico e privato tutto da sperimentare, mentre il progetto di Piazza dei Martiri calato dall’alto, permane, e gli addetti tacciono.

domenica 6 novembre 2011

giovedì 3 novembre 2011

Da una mail inviatami da un amico che pubblico volentieri. 
Per non dimenticare...
 Irena Sendler 
 

Poco tempo fa è venuta a mancare una signora di 98 anni di nome Irena.
Durante la seconda guerra mondiale, Irena, ha ottenuto il permesso di lavorare nel ghetto di Varsavia.
Aveva un "ulteriore motivo". Era al corrente dei piani che i nazisti avevano per gli ebrei.
Irena portò in salvo migliaia di neonati nascondendoli nel fondo della sua cassetta degli attrezzi che portava nel retro di un'ambulanza. I bambini più grandi li nascondeva un sacco di iuta ...
Teneva anche un cane, che aveva addestrato ad abbaiare quando i soldati nazisti si avvicinavano.
I soldati, naturalmente, temevano il cane e il suo latrato copriva il pianto dei bambini.
Durante tutto questo tempo, è riuscita a salvare circa 2500 tra bambini e neonati.
Fu catturata, e i nazisti, le ruppero entrambe le gambe e le braccia picchiandola selvaggiamente.
Irena tenne un registro dei nomi di tutti i ragazzi che clandestinamente aveva portato fuori dai confini e lo teneva in un barattolo di vetro, sepolto nel suo cortile.
Dopo la guerra, cercò di rintracciare tutti i genitori che potessero essere sopravvissuti per riunire le famiglie.
La maggior parte di loro erano stati gasati. Irena ha continuato a prendersi cura di questi ragazzi, mettendoli in case famiglia o trovando loro famiglie affidatarie o adottive.
Irena è stata proposta per il Premio Nobel della Pace.

Non è stata nominata.

In memoria dei sei milioni di ebrei, 20 milioni di russi, 10 milioni di Cristiani e 1900 preti cattolici che sono stati assassinati, massacrati, violentati, bruciati,
morti di stenti e umiliati!