Volentieri pubblico quanto già pubblicato in difesa dll'ambiente da Leandro Janni nei quotidiani
Ponte di Messina ed opere connesse. Le osservazioni degli ambientalisti
ROMA, 20 dicembre 2011
Ecco il sunto delle osservazioni presentate da Fai, Italia
Nostra, Legambiente, Man-Associazione mediterranea per la natura e Wwf sul
"progetto" di Ponte sullo Steretto di Messina, in tutto 245 pagine, elaborate da
un gruppo di lavoro di 30 esperti e docenti universitari nelle varie discipline,
nell'ambito della procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) sul
progetto definitivo:
La procedura di Via speciale per le infrastrutture
strategiche (artt. 182 e seguenti del Codice degli appalti, Dlgs n.
163/2006), a giudizio degli ambientalisti, non è stata
rispettata perché: non viene considerato l'impatto dell'opera ponte che nella
progettazione ha subito modifiche sostanziali sia per quanto riguarda
lo sviluppo verticale (le torri sono state rialzate sino a circa 400 metri,
rispetto ai 382,6 metri del progetto preliminare, ben più alti della Torre
Eiffel, che con la moderna antenna televisiva raggiunge i 324 metri), sia per
quanto riguarda l'orientamento lineare di un ponte sospeso ad unica campata
di 3,3 km di lunghezza (spostamento del blocco di ancoraggio di 10 metri e
conseguente spostamento delle fondazioni sui versanti siculo e calabro, con
conseguente rotazione dei pilastri e della struttura principale), sia per quanto
riguarda lo sviluppo orizzontale (modifica strutturale e dell'inclinazione
dell'impalcato);
Alcune delle opere connesse quale
l'importantissima nuova stazione di Messina (spostata di localizzazione rispetto
al progetto preliminare da via Santa Cecilia all'area di Gazzi), la variante
stradale della città universitaria di Messina in Sicilia e la cosiddetta "fascia
Bolano" di collegamento in Calabria con la prevista linea ferroviaria ad Alta
Velocità Salerno-Reggio Calabria sono a malapena alla fase di studio di
fattibilità e non di progetto definitivo;
Non è stata prodotta una Valutazione di incidenza
(nel rispetto della Direttiva comunitaria Habitat e delle norme
nazionali, Allegato G del DPR 357/1997 e smi) per un'opera principale che ha un
impatto rilevante sulla fauna e sugli habitat (il ponte presenta sui due lati
dell'impalcato circa 220 pendini - cavi verticali che si dipartono dai 4 cavi
principali che sorreggono il ponte sospeso - della lunghezza complessiva di
oltre 5 km e di un diametro di 1,24 metriciascuno, accesi la notte con 4 diversi
sistemi di illuminazione) e per opere connesse (20,3 km di strade su entrambi i
versanti - 10,4 lato Sicilia e 9,9 lato Calabria - e 20,2 km di linee
ferroviarie su entrambi i versanti - 17,5 lato Sicilia e 2,7 lato Calabria) che
vanno ad incidere in un'area, dai Peloritani all'Aspromonte, specchio di mare
dello Stretto di Messina compreso, che è interamente
localizzata nelle due Zone di Protezione Speciale- ZPS della
"Costa Viola" (Calabria) e dei "Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci,
Antennammare e Area marina dello Stretto" (Sicilia), dove si trova
l'importantissima zona umida "Laguna di Capo Peloro" e dove sono presenti
anche 11 Siti di Interesse Comunitario - Sic, sottoposti al regime di
particolare tutela dell'Unione Europea. L'intera area è nota per la sua
importanza su scala internazionale: costituisce, infatti, una delle rotte più
importanti del Paleartico occidentale per la migrazione degli uccelli (il 64%
degli uccelli presenti in Italia è stata osservata nell'area dello Stretto);
corridoio studiatissimo, usato per il passaggio anche dai cetacei (ad es.
capodoglio, stenella striata, balenottera comune) e da molte specie di pesci
pelagici;
Non vengono rispettate le misure di salvaguardia e le
prescrizioni paesaggistiche (con sospetta violazione del Codice dei
Beni Culturali, art. 146 e seguenti del Dlgs n. 42/2004). Si rilevano
alcune "decisive omissioni" rispetto alla versione finale del Piano Territoriale
di Coordinamento della Provincia di Reggio Calabria e della pianificazione
paesaggistica vigente nell'Ambito 9 del messinese. Viene
inoltre sottovalutato l'effetto barriera sullo Stretto di Messina derivante dai
quasi 1,5 milioni di metri quadri di paratia verticale costituita dal
ponte, da più di 40 km delle opere connesse (quali la nuova strada
panoramica di Messina) e da cosiddette opere
compensative assolutamente ingiustificate (quali il "Centro
direzionale" a Villa San Giovanni in Calabria, che va a ridisegnare il lungomare
della località Cannello) che si sviluppano sulle propaggini costiere dei due
massicci dell'Aspromonte (lato Calabria) e dei Peloritani (lato Sicilia), a
margine delle due aree densamente edificate della città di Messina e di Reggio
Calabria;
Non è chiaro dalla documentazione prodotta se siano
state rispettate le perimetrazioni e le misure di salvaguardia di aree a rischio
idrogeologico (ai sensi degli artt. 65 e 67 del Codice dell'Ambiente,
Dlgs n. 152/2006) dei Pai - Piani stralcio di distretto per l'assetto
idrogeologico sia in Calabria che in Sicilia;
Non è stato prodotto il Piano economico
finanziario, per stessa ammissione della Sdm SpA che ha inviato una
lettera l'8 novembre scorso in risposta ad una richiesta degli ambientalisti
(disattendendo quanto previsto dall'Allegato XXI, dal Codice degli Appalti, Dlgs
n. 163/2006, e dall'art. 4 della Legge Finanziaria 2004, legge n. 350/2003) per
un'opera che costerebbe 8,5 mld, pari a mezzo punto di PIL, a fronte di
una progressiva contrazione della mobilità nell'area dello Stretto di Messina,
documentata dagli stessi progettisti, che negli ultimi 15 anni (1995-2010) ha
avuto un tasso medio di decrescita del 2,6% l'anno (da 13,4 milioni a 9,9
milioni di unità l'anno) e di previsioni di traffico che, a regime, stimano un
utilizzo del ponte che si aggirerebbe attorno all'11% della capacità complessiva
(11,6 milioni di auto l'anno, a fronte di una capacità complessiva teorica
dell'opera di 105 milioni di auto l'anno nelle due direzioni).
Si aggiunga che la relazione trasportistica è carente e
incompleta, metodologicamente questionabile, contraddittoria, non
finalizzata a valutazioni costi-benefici (che il progetto definitivo non
produce) e non costituisce ottemperanza alla raccomandazione n. 1 con cui il
CIPE aveva approvato il progetto preliminare nell'agosto 2003. Nelle
osservazioni tra l'altro si rileva che: non viene considerato il calo dei
flussi di attraversamento dello Stretto; i tassi di crescita del PIL stimati per
la Sicilia e la Calabria vengono incrementati di quasi il doppio per 12 anni,
senza che sia prodotta una motivazione analitica di tale scelta; viene stimato
un sostanziale e ingiustificato raddoppio del tasso di crescita della domanda di
mobilità da/verso la Sicilia a partire già dal 2011. Inoltre si segnala che la
mancanza di analisi costi-benefici e di Piano Economico-Finanziario non consente
di intendere come, a fronte di un raddoppio dei costi monetari dell'opera (la
gara nel 2005 fu vinta da Impregilo sulla stima di un costo di 3,9 miliardi di
euro), un flusso di attraversamento identico alle precedenti stime possa
garantirne la sostenibilità finanziaria.
La relazione sulla salute pubblica non contiene alcun
elemento utile di conoscenza dell'impatto sanitario previsto della realizzazione
dell'opera e non è adeguata per essere considerata "Valutazione di Impatto
Sanitario" (Vis). Anche la descrizione della cantierizzazione (che
costruirebbe un pesantissimo vincolo sul territorio con i suoi 17 cantieri
operativi e i 9 siti di deposito dove saranno sistemati in via definitiva i
materiali e che complessivamente vengono localizzati sui due versanti, con i
relativi impatti su risorse idriche, atmosfera e consumo del suolo) è
estremamente lacunosa e costituisce una vera e propria beffa per il
delicatissimo assetto idrogeologico delle due aree costiere e montane dello
Stretto di Messina. I 14 milioni di metri cubi di terre e materiali da
scavo (9,715 milioni in Sicilia e 3,677 in Calabria) che verrebbero
movimentati (quasi il doppio di quanto previsto nel progetto preliminare, che
presentava una stima complessiva di 6,8 milioni di metri cubi), ben il
60,3% sul lato Sicilia (equivalenti a 5,859 milioni di metri cubi) e il 62,5%
sul lato Calabria (equivalenti a 2,299 mln di metri cubi), sarebbero destinati
ai cosiddetti Siti di recupero ambientale, che in realtà sono aree dove
vengono collocati in via definitiva le terre e rocce da scavo, spesso
localizzate a riempimento di aree di impluvio o comunque dal precario equilibrio
idrogeologico come segnalato per la Sicilia nel parere reso dal Genio Civile di
Messina.
Infine, le stesse descrizioni delle componenti
geosismotettoniche, in una delle aree a più elevato rischio del
Mediterraneo (dove nel 1908 si scatenò un terremoto di circa 7,1
magnitudo Richter che rase al suolo le città di Messina e Reggio Calabria) sono
molto carenti, come dimostra il caso della "faglia scomparsa" (con piano
immergente verso est, collocata subito fuori dell'abitato di Villa San Giovanni,
lungo la SS18), dimostrato dagli esperti del gruppo di lavoro degli
ambientalisti, non rilevata dagli estensori del progetto definitivo.
Ponte di Messina, gli ambientalisti scrivono a Monti: «Progetto irricevibile»
ROMA, 20 dicembre 2011
Fai, Italia Nostra, Legambiente, Man - Associazione
mediterranea per la natura e Wwf hanno chiesto oggi che «il Governo rigetti il
progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina, redatto dalla Stretto di
Messina SpA (concessionaria interamente pubblica) e da Eurolink (General
Contractor-GC, con a capofila Impregilo), che costa 66 milioni di euro di fondi
pubblici (come previsto nel contratto tra concessionaria e GC)», per degli
elaborati che, secondo le associazioni, «risultano essere estremamente carenti
sia dal punto di vista tecnico che dell'impatto ambientale, naturalistico,
paesaggistico ed idrogeologico, ed evitando così di superare il punto di non
ritorno che obbligherebbe lo Stato a versare altri 56 milioni di euro per il
progetto esecutivo e a pagare penali fino a 425 milioni di euro nel caso
dell'avvio anche di un solo cantiere per l'opera principale o delle opere
connesse.
Si eviti così di continuare a congelare ingenti risorse utili
per lo sviluppo del Mezzogiorno (il costo dell'intervento è salito dall'aprile
2010 al luglio 2011 da 6,3 ad 8,5 miliardi di euro: + 34%) che potrebbero essere
meglio impiegate per il risanamento del territorio e per interventi di
adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture esistenti, a cominciare dal
potenziamento delle ferrovie siciliane e dal completamento dei lavori dell'A3
Salerno-Reggio Calabria e della SS106 Ionica».
Le associazioni ambientaliste, durante una conferenza stampa a
Roma, hanno annunciato di aver inviato nei giorni scorsi una lettera al
presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, nella quale gli chiedono, in
quanto coordinatore del Comitato interministeriale per la programmazione
economica (Cipe) e in accordo con il ministro dello Sviluppo economico e delle
Infrastrutture e dei trasporti, «che il Comitato consideri il progetto
definitivo del ponte, a proprio insindacabile giudizio, non meritevole di
approvazione (...) senza che il Contraente generale possa avanzare richieste per
il riconoscimento di maggiori compensi e/o pretese, chiedendo, conseguentemente,
che la Stretto di Messina SpA receda dal contratto pagando solo le spese sino a
quel momento sostenute dal General Contractor (come scritto chiaramente nel
combinato disposto degli articoli 11.11 e 44.4 del Contratto firmato il
27/3/2006 da SDM SpA e da Eurolink e registrato il 6/4/2006)».
Le cinque associazioni ricordano a Monti ed al governo che «ci
troviamo di fronte ad un progetto di un'opera che è stata cancellata lo scorso
ottobre dal core network dei dieci corridoi delle Reti transeuropee (Ten-T) di
trasporto su cui punta l'Unione europea entro il 2030, che non è sostenibile per
l'elevatissimo impatto ambientale, sociale ed economico e che è inutile per la
mobilità del Paese: l'opera risulta essere straordinariamente sovradimensionata,
poiché sarà utilizzata a regime in una percentuale compresa tra il 10 e il 15%
della propria capacità».
Il 10 novembre le associazioni ambientaliste avevano già
mandato una diffida al ministero dell'Ambiente sul corretto perfezionamento
della Valutazione di impatto ambientale ed ora rivolgono il loro appello a
Monti, «sulla base delle valutazioni espresse in 245 pagine di osservazioni al
progetto definitivo, elaborate da un gruppo di lavoro di 30 esperti e docenti
universitari delle varie materie, inviate lo scorso 27 novembre, nell'ambito
della verifica di ottemperanza della procedura di Via speciale sulle
infrastrutture strategiche, aperta l'8 settembre scorso».
Le associazioni si appellano al presidente del Consiglio
«perché, come documentato nelle osservazioni (vedi altro articolo),
negli elaborati prodotti da Sdm SpA ed Eurolink, il progetto manca di un quadro
di dettaglio di opere connesse essenziali (quali la stazione di Messina,
raccordi ferroviari lato-Calabria), non viene presentato il Piano economico
finanziario, non viene prodotta un'analisi costi-benefici che giustifichi
l'utilità dell'intervento, non è svolta una corretta Valutazione di impatto
ambientale e non viene presentata la Valutazione di incidenza richiesta dalla
Comunità europea alla luce delle modifiche compiute, oltre che nelle opere
connesse, sulla stessa struttura del ponte tra il progetto preliminare e quello
definitivo, non si prendono in considerazione correttamente i vincoli
paesaggistici e quelli idrogeologici. In conclusione, un progetto così carente,
a giudizio delle associazioni ambientaliste, non può essere considerato
"definitivo" e deve pertanto essere considerato irricevibile». (vedi: http://www.italianostra.org/?p=17586)
Ponte sullo Stretto, da Italia Nostra “medaglia al disonore” per la
Soprintendenza
Leandro Janni_SICILIA, 20 dicembre 2011
Dunque, per la Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina,
diretta dall’architetto Salvatore Scuto (già soprintendente a Caltanissetta), il
progetto definitivo del Ponte sullo Stretto merita l'autorizzazione
paesaggistica e può, pertanto, approdare al successivo, ultimo stadio della
progettazione esecutiva.
“Naturalmente - puntualizza il soprintendente Scuto - a condizione che
ottenga il via libera da tutti gli altri enti nella speciale conferenza dei
servizi nazionale che esamina il progetto definitivo”. La nota, contenente il
dispositivo della approvazione paesaggistica, è giunta qualche giorno fa sul
tavolo del consorzio Eurolink, aggiudicatario della progettazione
definitiva-esecutiva e della costruzione della mega opera infrastrutturale, ed è
stata notificata al governatore Raffaele Lombardo, agli assessorati regionali al
Territorio e ai Beni culturali, al "Mibac" (Direzione generale per il Paesaggio,
le Belle arti e l'Architettura del ministero Beni culturali) e, a Messina, a
Comune e Provincia.
Va subito annotato il passaggio chiave, in quattro capoversi, che
considera "soddisfatte" le prescrizioni date dalla Soprintendenza 1'11 giugno
2003, all'interno del nulla osta al progetto preliminare, firmate dall'allora
soprintendente Gianfilippo Villari: “Osservato che le raccomandazioni
pro-gettuali avanzate da quest'ufficio nel disposto approvativo numero 5459 del
2003 - riassume Scuto - hanno trovato l'attenzione del procedente nella fase di
elaborazione definitiva, nell'ambito delle variazioni dei tracciati progettuali
e delle cantierizzazioni; Osservato che le risultanze progettuali, pur di
livello definitivo, contengono profili e soluzioni secondarie suscettibili di
miglioramento e implementazioni finalizzate al mantenimento dei livelli della
vivibilità delle popolazioni progressivamente raggiunte dalle cantierizzazioni;
Considerato che la complessità e specificità dell'elaborazione ingegneristica e
architettonica richiederà un confronto dinamico tra i soggetti attori a partire
dall'elaborazione del progetto esecutivo: Ciò visto e osservato, questa
Soprintendenza esprime parere di conformità del progetto ai contenuti normativi
ed ai principi di tutela paesaggistica e rilascia, ai sensi dell'articolo 146
del decreto legislativo 42 del 2004, la richiesta autorizzazione paesaggistica”.
A questo punto, serve un riepilogo delle prescrizioni che la
Soprintendenza, dopo una serie di perplessità sul rapporto tra la mega opera e
il paesaggio dello Stretto, diede nel 2003 all'interno del documento che
comunque accordò il "nulla osta". Si chiedevano, testualmente, “forme e modalità
più precise di mitigazione degli impatti”, ad esempio la necessità “di
distanziare i piloni lungo i viadotti Pace, Curcuraci, Ciccia e Annunziata per
ricondurla ai 73 metri delle pile del viadotto Pantano”. Chiarezza veniva
reclamata in merito alle conseguenze dell'opera sull'ecosistema lagunare di
Ganzirri, e sulle aree da utilizzare per cantieri, depositi di materiali, zone
di stoccaggio ed itinerari di servizio: “Occorre definire il programma
d'interventi di ripristino e di rinaturazione, finalizzandoli alla ricostruzione
del paesaggio”. E si sottolineava “l'opportunità di utilizzare il materiale di
risulta, proveniente da scavi e sbancamenti, per la realizzazione di una o più
grandi opere di particolare rilevanza ambientale a fruizione della città”. Cosa
ne è stato, dunque, delle prescrizioni di otto anni fa? “Sono state tutte
recepite nel progetto definitivo che, da parte nostra, può trasformarsi in
esecutivo ad eccezione delle opere compensative il cui quadro non è ancora noto
visto che l'apposita commissione non ha concluso i lavori” – ineffabilmente
risponde l’architetto Scuto. Soprintendente.
L’autorizzazione della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di
Messina si aggiunge a quella dell’Ufficio tecnico comunale. Con riferimento a tali autorizzazioni, Anna Giordano ha scritto di
recente su Centonove: “Per cortesia, fate altri mestieri che non abbiano la responsabilità della vita di migliaia di cittadini nelle
vostre mani”. Noi di Italia Nostra potremmo proporre la Soprintendenza di
Messina per una "medaglia al disonore". (vedi: http://www.italianostra.org/?p=17586)
Liberato dalle impalcature metalliche il Tempio C di Selinunte
Leandro Janni_SICILIA, 20 dicembre 2011
Noi
di Italia Nostra, lo scorso anno, lo inserimmo immediatamente nella
“Lista rossa” dei monumenti da salvare: il
tempio C di Selinunte (periptero dorico databile al 560-550 a.C., uno dei più
antichi templi siciliani dopo l'Apollonion di Siracusa), insieme al tempio E
(periptero proto-classico databile al periodo 470-460 a.C.).
Il
primo, nel 1926, è stato oggetto di un restauro con anastilosi parziale
dell'ambulacro nord della peristasi, e di un secondo restauro negli anni
1979-1980: a quest'ultimo intervento risalgono imperniature in ferro immesse nei
sommoscapi di alcuni capitelli, che hanno causato profonde fessurazioni e gravi
perdite dell'originaria materia lapidea. Il
tempio E, invece, il famoso Heraion da cui proviene il ciclo di metope in stile
severo conservate al Museo Archeologico Regionale di Palermo, è stato oggetto,
alla fine degli anni Cinquanta, di un restauro con anastilosi totale. Di recente
sono stati osservati distacchi di frammenti di cemento dall'epistilio del fronte
occidentale e nell'ambulacro settentrionale della peristasi, che hanno costretto
la direzione del Parco archeologico a chiudere l'opistodomo del tempio.
Per
gli interventi su entrambi i templi sono stati predisposti progetti proposti al
finanziamento su fondi europei: P.O. FESR 2007/2013, asse 3, misura 3.1.1.4. Per
il tempio C, ingabbiato da oltre un decennio in un ponteggio di sicurezza, è
stata predisposta una perizia di somma urgenza, che attende di essere approvata
dalla Soprintendenza di Trapani.
Questo
lo stato delle cose un anno fa, quando furono
stanziati
180 mila euro, resi disponibili dalla Protezione civile siciliana, per un primo
intervento sul colonnato del tempio C. Il nostro auspicio è che presto venga
finanziato, con risorse europee, il complesso progetto di “restauro del
restauro” dei templi C ed E.
Adesso (dicembre 2011), dopo dodici anni, sono stati smontati i ponteggi
che igabbiavano il tempio C di Selinunte. Dunque, torna finalmente visibile uno
dei templi meglio conservati e tra i più imponenti. Il tempio dedicato ad
Apollo.
"Le impalcature sono state smontate, vogliamo dare un segnale di
attenzione per luoghi così importanti. Il Parco ha la sua autonomia, sempre più
auspicabile, per riuscire a risolvere velocemente le questioni che lo
riguardano", afferma l'assessore
regionale dei Beni Culturali Sebastiano Missineo. La dott. Caterina Greco, responsabile del
Parco archeologico di Selinunte, descrive gli interventi effettuati: "Rimosse le
impalcature, sono stati condotti recuperi sul colonnato nord del tempio C,
specialmente su due capitelli per i quali erano necessari interventi di somma
urgenza. Il degrado era dovuto all'esposizione ad agenti atmosferici, ma
soprattutto ai pregressi interventi di restauro, che non avevano fatto altro che
aggravare la situazione". Nel 1926, l'intervento di Valenti, infatti, pose in
opera delle strutture di ferro, alle quali successivamente, tra gli anni
Settanta e Ottanta si aggiunsero le barre di acciaio inox collocate all'interno
delle colonne.
Aggiunge la dott. Greco: "Eliminati i ferri arrugginiti, sistemate le
parti mancanti e le lacune evidenti, le parti in inox sono state celate con
tappi di graniglia bianca legate a resina. Le strutture sono caratterizzate da
totale reversibilità, conservando quanto presente senza porre in atto soluzioni
che potrebbero limitare scelte future. E
comunque, accantonate, almeno per il momento, le polemiche sulla ricostruzione
del tempio G, progetto che ha scatenato commenti negativi da parte di studiosi
ed esperti, nel frattempo si è pensato a nuovi finanziamenti, con un progetto
sul Po Fesr per i templi C e E, per un importo di 2.685.000 euro. I nuovi lavori
che prenderanno il via il prossimo anno, la cui durata prevista è di due anni,
vedrà la presenza di nuovi ponteggi, che però questa volta, saranno resi
fruibili al pubblico. Faremo visite a cantiere aperto e ponteggi agibili per i
turisti, per poter vedere i capitelli e le colonne da vicino, da una prospettiva
totalmente inedita. E per poter ammirare un paesaggio che dall'alto è
straordinario”. (vedi: http://www.italianostra.org/?p=17601)