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sabato 26 maggio 2012

Caltanissetta tra Ottocento e Novecento (4)


La pratica urbanistica del XX secolo

   Il capitalismo siciliano, con l'industrialesimo, ha rivolto i suoi interessi anche alla città. La borghesia delle campagne e degli zolfi, unitamente a quella di origine mercantile, ha scoperto che nella terra c'è maggiore remunerazione quando si trova in prossimità dell’abitato, per gli effetti di una cosiddetta rendita  di posizione.

La rendita fondiaria urbana  si afferma come remunerazione anomala persino nella logica capitalistica. Essa, pur facendo parte dei fattori produttivi, lucra incrementi di valore dovuti all’espansione urbana senza che per questo vi siano investimenti produttivi.

Si giunge così alle scelte di localizzazione urbanistica con l'intento di lucrare il più possibile. A Caltanissetta si vedono sorgere, in epoca fascista, il villaggio dei minatori a Terrapelata (ora  anche Santa Barbara), le case popolari di Santa Flavia per il proletariato urbano, le case INCIS per gli impiegati, che sicuramente spianano il terreno a quella che oggi si chiama speculazione edilizia. Infatti, si tratta di strutture realizzate con finanza pubblica a distanza del centro abitato, con la intuibile formazione di rendita di posizione. Ai terreni interposti tra la città e le nuove urbanizzazioni — e non solo a quelli ma anche agli altri nelle immediate vicinanze  — viene mutata la destinazione  da zona agricola a zona edificabile. Si regalano, cioé, con questa operazione, alle proprietà private, i costi dell’urbanizzazione. Per dirla con una frase fatta: "si socializzano i costi e si privatizzano i guadagni". Forse, però, i motivi che hanno fatto fare tale scelta, non tutti erano ascrivibili all'intento di creare rendite di posizione. Il regime, per i minatori, aveva una preoccupazione prioritataria, che era quella di controllare l’eversione, o almeno tale riteneva l’animosità degli zolfatai perennemente in lotta per le loro condizioni economiche e di lavoro. Dunque "Terrapelata", offrendo il vantaggio di una separazione tra minatori e cittadini, offriva un luogo dove raccogliere (isolandoli) i minatori, facilitando per il regime il controllo. Per altro, il valore del terreno, in quanto agricolo, in prossimità delle maccalube e distante dalla città, non doveva essere alto. 

L’altra scelta di case popolari, a monte della via Redentore in prossimità delle grotte di Sant' Anna, fatta in zona di valore agricolo non diversa dalla precedente, probabilmente, aveva lo scopo di non "mescolare" le classi sociali del ventennio. Per gli impiegati, infatti, si era scelto certamente un sito migliore, un po’ fuori, ma non tanto, dalle parti della via Salvati.

Anche a Caltanissetta è presente l’anti-bolscevismo che ha un suo martire locale nella contrapposizione tra il nascente fascismo e i comunisti. La città all’interno del suo territorio da un punto di vista sociale appare più disgregata che mai: contadini e "burgisi", proletariato cittadino più zolfatai e yuppies dell’ èlite urbana sono la miscela di un coacervo di  interessi che trova il  nascente fascismo. La città per quasi un lustro viene gestita da funzionari ministeriali i quali tenteranno di amministrare anche le opere di regime al fine di combattere la crisi occupazionale ma che si riveleranno poca cosa. I 60.000 abitanti presenti nel 1921,  nel corso di un decennio, spopoleranno di circa 20.000 persone. Non mancano gli scandali dell’amministrazione comunale per nepotismo e per interessi privati: prese abusive d’acqua per l’imprenditoria sullo già scarso approvvigionamento idrico della città, progettazione e direzione dei lavori per le case INCIS affidato all’ assessore ai lavori pubblici, etc.

 Le opere pubbliche che si realizzeranno nel ventennio, oltre a quelle viste, sono: il monumento ai caduti, il palazzo “Infortuni” (INAIL), il basamento dell’attuale palazzo degli uffici finanziari, il campo sportivo "Palmintelli", il sanatorio (ospedale “Dubini”), il palazzo della GIL (in prossimità della stazione ferroviaria), il completamento dell’acquedotto Madonie Est.

  Il successivo sviluppo urbanistico che riguarda il dopoguerra (2^ guerra mondiale) è quasi cronaca e meriterebbe un’attenzione particolare per lo stravolgimento che ha prodotto. La città che si costruisce dopo l’evento bellico, è tutta una città fatta di periferia, dove l’intervento pubblico traccia le linee di espansione, o meglio si carica degli oneri di urbanizzazione e il privato lucra su questa nuova rendita (edilizia e fondiaria), che diventerà la molla dell’economia contemporanea. Ricordiamo, una volta per tutte, ciò che ha messo in moto l’intervento pubblico. A Caltanissetta,  sull’onda dell’edilizia economica e popolare (villaggio U.N.R.R.A. CASAS, case popolari di via Messina, di via De’ Cosmi, etc.) nascono, a partire dagli anni cinquanta, viale Trieste, viale Sicilia,  la via Palmintelli, etc. e tutti gli anonimi palazzi che hanno saturato gli spazi che si frapponevano tra l’intervento pubblico e la città costruita. Si inizia così quella che si chiama espansione della città a macchia d’olio, in cui la vivibilità e le emergenze: traffico, inquinamento, sono i termini della nuova questione urbana.

 

Alla fine di tutto, possiamo dire che Caltanissetta dal XVIII secolo ha  ereditato un’armatura urbana, immutata da almeno quattro secoli per un perpetuarsi del destino nella sostituzione delle generazioni nel loro succedersi, il XIX secolo l’ha modificata profondamente ridefinendo caratteristiche politiche, economiche e strutturali,  asservendola all’economia capitalistica, il  XX secolo l’ha contornata di periferia.

Anche se può sembrare poca cosa, basta fare mente locale a quelle che sono vie e piazze del centro storico con la relativa toponomastica risorgimentale, per avere una conferma che la città rappresentativa conserva un assetto urbanistico tutto ottocentesco, punteggiato da un’architettura eclettica nonostante i pesanti interventi, effettuati dopo la seconda metà del XX secolo.  

Concludendo possiamo concordare che, ancora ai giorni nostri, la struttura urbana coincide con quella ottocentesca, non solo spazialmente ma anche amministrativamente, e che tutto il resto è periferia.