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martedì 29 luglio 2014

LIBERO CONSORZIO


La sensibilità verso i temi dell'ambiente che da anni mostra il Presidente di Italia Nostra Regionale arch. Lendro Jannì, ha fatto ancora centro con la tavola rotonda “Liberi consorzi e territorio. Focus su Sistema Sicilia Centrale”, mettendo cappello su un'importante problematica che riguarda l'istituzione dei liberi

consorzi. Le Province non ci sono più e la Sicilia autonomamente sta già muovendosi verso una riorganizzazione territoriale che dovrà aggregare più Comuni in una amministrazione intermedia tra il singolo “campanile” e la Regione. L'idea, di una nuova aggregazione comunque non è nuova, anzi. Già lo Statuto (1946) della Regione Siciliana all'art.15, comma 2 così recitava: “L'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”. Questa norma, per dirla tutta, non è mai stata attuata, pur trasformandosi nel 1955 nelle appena soppresse Province Regionali. Dunque, il dibattito si riapre, e Caltanissetta con Enna e Gela provano a dialogare mettendo in campo temi riguardanti le identità territoriali e culturali, arricchiti da stimoli sulla governance provenienti da docenti in rappresentanza degli atenei di Catania ed Enna. Non sono mancate neppure le proposte sulle significatività da dare al territorio da parte di tanti altri interventi. In verità, a mio modesto avviso, il confronto ricco non mi è sembrato però percorrere il solco che voleva e doveva avere una tavola rotonda, su un tema che andrebbe sviluppato più sul concreto, evitando confronti sul “si poteva fare” o ancora propedeutici alla politica o alla dottrina giurisprudenziale.
Provo allora a dire dal mio modesto punto di vista, come si può affrontare la questione a partire dal basso, dal cittadino utente della futura aggregazione comprensoriale. L'obiettivo primario che il mutamento dell'amministrazione intermedia deve affrontare, deve essere quello della “felicità” dell'amministrato. Felicità se non in senso psicologico, almeno in termini di tendenza alla massima soddisfazione nella fruizione complessiva del territorio e dei servizi in genere.
Se questo è l'obiettivo espresso in termini semplici, bisogna allora sapere di quale soggetto, di cittadino medio, non può fare a meno la nuova aggregazione di persone e territorio. La nuova forma amministrativa che deve mettere insieme vari comuni, nella sua dimensione “civica” con questo ambizioso obiettivo, deve sapere se esistono le condizioni per le quali il singolo intende mettere a disposizione degli altri un rinnovato rispetto per le regole di tutti, la sua partecipazione nella difesa del bene comune, la sua mutua scambievole solidarietà, etc.. Insomma, se al cambiamento intende partecipare e in quale misura.
Questo minimale approccio di civismo deve essere il minimo comun denominatore da cui muovere, perché basilare per un processo che dovrà rivoluzionare il modo di vivere associato delle generazioni attuali e future. É questa la proiezione d'identità del “campanile” e del suo appartenere ad una aggregazione più estesa che, come in un mantra, deve saldare i vari Comuni.
Riferendoci ora all'unione dei territori comunali per formare un libero consorzio, allegoricamente potremmo paragonarlo ad una società per azioni dove il prodotto è la vivibilità dei cittadini e ogni Comune partecipa con la proprie “azioni”. Il capitale umano, per primo ma anche il territorio fisico, i beni culturali e ambientali, le opportunità territoriali economiche (potenziali e in atto), le infrastrutture di collegamento (a rete e puntuali), le risorse idriche ed energetiche (elettriche e termiche), lo smaltimento dei rifiuti, nel loro insieme, dovranno costituire quel capitale comune utile per affrontare la sfida che attende le nuove aggregazioni di Comuni. Intendendo per sfida la pervicace voglia di fare da soli per una vivibilità al meglio dei cittadini che hanno deciso di unirsi in un'unica realtà territoriale, in sostituzione di una provincia obsoleta e stanca, mossa da automatismi oramai fiacchi non sempre rispondenti alle vere necessità della comunità amministrata.
Quale governo ipotizzare per i liberi consorzi comunali ci viene indicato dal dibattito cui siamo giunti in merito alle governance in genere. Gli italiani chiedono meno burocrazia, costi contenuti, sobrietà, funzionalità ed efficienza, nonché la separazione delle responsabilità politiche da quelle tecniche realizzative. Secondo questo orientamento generale si può pensare di individuare gli organi del nuovo Ente (meglio sarebbe chiamarlo comprensorio) a partire da un'Assemblea, composta dai sindaci dei comuni appartenenti al libero consorzio che elegge il Presidente, con un sistema di voto ponderato in rapporto alla popolazione di ciascun Comune. La stessa Assemblea esprime anche una Giunta composta da 3/5 componenti formata dagli x Comuni col maggior numero di abitanti che elegge un suo Presidente.
A governare l'attuazione delle scelte politiche dovrebbe essere delegato un City Manager assunto dal Consiglio di Giunta, strettamente in considerazione delle sue capacità manageriali escludendo dalla scelta ogni eventuale prevalenza per appartenenza politica. Questi, andrà assunto come realizzatore dell'espressione politica con contratto a tempo indeterminato ma con la facoltà per il Consiglio di Giunta di poterlo licenziare in ogni momento.
Strutturalmente, l'organizzazione del Libero Consorzio non può non partire da una composizione territoriale. Il punto di partenza di tutto deve essere rappresentato dal territorio in senso spaziale ed organizzativo sia di livello che di scala. I tempi di percorrenza, perché un servizio sia relativamente fruibile con il minor disagio possibile per l'utenza, per esempio, possono essere stabiliti mediante isocrone applicate ai servizi di base (sanità, istruzione e formazione, accesso ai beni territoriali in genere, etc.).
L'ottimizzazione, secondo gli esistenti punti fissi (l'attuale localizzazione, per esempio, dei servizi sanitari) e le variabili (nuovi servizi da ubicare) nonché i limiti (per esempio delle distanze) stabiliti non valicabili nel sistema dei servizi, per un'equa ridistribuzione, deve rappresentare il tracciato da cui muovere per meglio organizzare la base per le varie utenze.
Senza alcun indugio, l'esistente va esaltato, valorizzato ma anche razionalizzato. Il libero consorzio, dunque, dovrà disporre al meglio delle risorse umane, dei servizi di trasporto in termini di circolazione veicolare ma, soprattutto, delle informazioni (con cablatura in fibra ottica di ultima generazione) le quali riducono il traffico motoristico trasformandolo in traffico di rete (web). Sapendo, che è meglio far viaggiare le informazioni che non le persone. Ovviamente non basta razionalizzare uomini e mezzi, assumere nuove tecnologie se non si opera in maniera sistemica e sinergica. l'ammodernamento delle funzioni e dei servizi deve anche essere accompagnato da nuova linfa nelle varie istituzioni locali: Comuni in testa.
In termini economici vanno recuperate le dimenticate vocazioni territoriali come attrattive e occasioni di lavoro. Le produzioni in piccole serie di prodotti alimentari dei nostri Comuni tanto care a chi vive fuori dal proprio territorio di origine, possono diventare business con aree assai più lontane della stessa Europa. Il commercio, il turismo con un Libero Consorzio (smart) alle spalle possono migliorare e ampliare i propri circuiti e i consumatori/fruitori.

Al cittadino del nuovo consorzio spetta di scegliere. Sapendo che il destino di ciascuno dipende in massima parte da noi stessi. Alle amministrazioni locali, invece, compete la capacità di indurre partecipazione e responsabilizzazione nelle scelte, le quali debbono essere meno campanilistiche e più comunitarie.
Per concludere, qualche esempio per tutto la gestione dei rifiuti per prima. Nel principio per un'etica della responsabilità la produzione e lo smaltimento in termini morali debbono, senza se e senza ma, elidersi localmente.
L'approvvigionamento idrico, non può essere delegato ai privati e la restituzione delle acque reflue ai naturali alvei del suolo, deve essere depurata e ritardata al massimo; gli inquinamenti vari di suolo, acqua ed aria vanno abbattuti e combattuti.
Per concludere, il nuovo strumento di aggregazione territoriale ha due possibili sbocchi: quello dell'opportunità o quello della conservazione. Può rimanere una somma di comuni e delle loro popolazioni o diventare elemento di rilancio socio-economico tanto agognato, ma sempre rimandato o disatteso.

Giuseppe Cancemi

sabato 12 luglio 2014

Breve nota sulle nuove emergenze per Caltanissetta



 IL DISAGIO SOCIALE CRESCE
Facciamo tutti qualcosa!

A parte gli obiettivi a breve scadenza nei primi 100 giorni di una città più accogliente che la città si aspetta, le emergenze comunque non possono essere rinviate o disattese. Senza lasciarsi prendere dall'abbraccio mortale del rincorrere i problemi anziché gradatamente risolverli e prevenirli. Peggio ancora l'adagiarsi sul tirare a campare. Le realtà come i bisogni alimentari giornalieri, un tetto per i rifugiati e diseredati, i disagi abitativi gravi e la mancanza di lavoro rimangono una priorità non rinviabile. La città soffre mali endemici aggravati da ulteriori nuove emergenze che hanno bisogno dell'aiuto di tutti. Il volontariato cattolico e laico, i comitati di quartiere e le singole famiglie, persone che possono e vogliono partecipare alla rinascita di una comunità più solidale, hanno l'occasione per spendersi. In Europa, per semplice spirito di solidarietà tra persone che auspicano e agiscono per un mondo meno consumista, hanno cominciato a combattere, per esempio lo spreco, organizzandosi anche come rete, nella raccolta di quel cibo che quotidianamente si butta nella spazzatura per vari motivi. Le aziende di catering, i supermercati, i ristoranti, i panifici, i mercati di frutta e verdura, le mense, etc. sono luoghi che giornalmente smaltiscono cibo in ottime condizioni igieniche e nutrizionali, nella pattumiera. Ecco che una rete organizzata anche informaticamente con raccoglitori di questi avanzi di cibo può funzionare per aiutare le persone disagiate, le quali in città non mancano, e facilitare dall'altro uno smaltimento costoso e per alcuni casi anche inquinante. Di ruderi, di case abbandonate il territorio e la città stessa di Caltanissetta sicuramente ne dispone. Catalogando, organizzandosi e organizzando si possono creare occasioni di lavoro e di aiuto per gli anziani, i rifugiati e comunque per i disagiati in genere. Una pulizia, una rimozione e/o manutenzione degli orpelli infrastrutturali e di arredo, straordinarie, che possono ciclicamente è programmate diventare nel tempo ordinarie, sono uno start potenziale valido prima di tutto per le risorse umane, che può tramutarsi in sicuro volano per una riscossa della città. Un sistema di buoni-lavoro, voucher, può essere messo in atto per avviare un lavoro che non c'è. Piccole attività guidate anche semplici, brevi temporaneamente ma utili a cancellare il degrado più appariscente della città, si possono mettere in "cantiere" con la partecipazione anche di ragazzi over 15, ovviamente tutto, in ossequio alle leggi sul lavoro e particolarmente su quello minorile. Le risorse economiche impiegate in questo modo sono doppiamente utili: da un lato danno dignità, avviano al lavoro e dall'altro rendono consapevoli e partecipi molti di quegli utenti della città da sempre, diciamo, ignari della cosa pubblica e da ora in poi probabilmente sempre più rispettosi di ciò che è di tutti.

Giuseppe Cancemi