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mercoledì 12 novembre 2014

BELLUNO: PRG e Zone bianche

Inconciliabilità tra sicurezza del territorio e nuovo volume edilizio 

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Il mai sopito mercantilismo economicistico dell'Amministrazione cittadina, intende ancora prevalere sul buonsenso e su una inversione culturale che si affaccia alle diverse tendenze culturali urbanistiche. I danni del maltempo di questi giorni, imputati in parte alla tropicalizzazione del clima cui stiamo assistendo, dovrebbe insegnarci qualcosa? O no! Tutti i danni del territorio vengono sì anche da lontano, ma il lontano è l'accumulo degli errori che si sono commessi e si continuano a commettere, senza soluzione di
continuità, in una aberrante quotidiana gestione della città. Ma niente, imperterriti si vuole continuare a costruire e ad urbanizzare oltre ogni limite imposto dalla natura e così poi, essendo tutti colpevoli, nessun è colpevole e chi paga è sempre la collettività. Tutti riconoscono che i disastri del proprio territorio sono il risultato delle cementificazioni, spesso non necessarie, ma la eventuale responsabilità difficilmente è riconosciuta e imputabile a qualcuno. Al massimo, si attribuisce ad ignoti altri. Tutti, si stracciano le vesti per una mancata sicurezza del territorio in termini di prevenzione idraulica, geologica e idrogeologica. Infatti anche a Belluno si parla con lingua biforcuta: si vuole da una parte fermare il consumo di suolo e proteggere il territorio, dall'altra si continua a promuovere nuova urbanizzazione. E no! Non ci si può continuare a nascondere dietro un dito. Dovrebbe essere illuminante il fatto che le maggiori organizzazioni che raccolgono artigiani e imprenditori dell'edilizia hanno da tempo pubblicato un manifesto dove si esprimono per un freno assoluto alla cementificazione. Dicono basta al consumo di suolo! La legge regionale dietro cui si trincera il lassismo urbanistico cittadino, non va letta in chiave diversa da quello spirito che l'ha generata. Nel governo del territorio e del paesaggio non può essere implicita alcuna mano libera a coloro che vogliono nuove costruzioni. Di nuova edilizia, di case sfitte ve n'è sono abbastanza e comunque non certo in previsione di una soddisfazione del bisogno di abitazioni. Non c'è nello sbandierato disegno urbanistico (sic!) di volume che si sposta a una parte all'altra della città alcuna possibilità di smaterializzazione. Tutti capiscono che un volume che si aggiunge, resta tale anche se spostato da un luogo all'altro. E senza volere fare alcuna provocazione, credo che anziché aggiungere dovremmo pensare di sottrarre volume al territorio, se si vuole veramente fare prevenzione ai disastri.
Decostruire, non è più un astratto imperativo o un'eresia ma piuttosto una necessità se si vogliono sciogliere tutti i nodi dell'abitare nel nostro territorio che oramai sono giunti al pettine.

Giuseppe Cancemi 



martedì 11 novembre 2014

FORMAZIONE DEI PIANI DI RECUPERO DI CALTANISSETTA (2013)



(Nota di Giuseppe Cancemi)



Le esigenze di recuperare un centro storico, in generale, non sono nuove. Caltanissetta, per l'ennesima volta e con grande ritardo rispetto al contesto italiano, si cimenta con una nuova proposta progettuale di riutilizzo-rinnovo a partire dal quartiere “Provvidenza”. La premessa che muove il Piano di Recupero, cerca di giustificare le proprie scelte ritenendo di essere “ in linea con le direttive nazionali e comunitarie” e motivando un fine che è quello di “contenere il consumo del territorio”. Sostiene di adottare un criterio improntato all'ecocompatibilità, al recupero delle valenze architettoniche, e avanza anche, tra le “nuove esigenze” irrinunciabili dei luoghi, requisiti di “accessibilità - anche carrabile”, assai discutibili.

La relazione del nuovo Piano di recupero dopo 30 anni e alcuni passaggi oramai storicizzati, rivela un'unica tendenza: l'attesa ripagata dal tempo, dei prevedibili crolli per vetustà, che ripropone alla fine, un antico disegno di politica urbanistica orientato ad una edilizia, per il centro storico, sostitutiva dell'esistente. La nuova (si fa per dire) tendenza nelle scelte di quest'ultimo piano di recupero, a distanza di altri precedenti tentativi, fa emergere la pervicace volontà politica di volere a tutti i costi sostituire il «vecchio» col nuovo. Un passo della revisione del P.R.G. dell’anno 1982 riportata dalla relazione, a proposito dei passati Piani di Recupero ai sensi della L.N.457/78 usato a suffragio delle tesi sostenute dai redattori del PR così si esprime: ”Nelle more della redazione di tali Piani, gli unici interventi ammissibili potevano essere”, solo, “quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria e” di “risanamento conservativo”. Per inciso, termini corretti nel restauro dei centri storici sostenuti dalla cultura urbanistica corrente ma evidentemente non condivisi, poiché utilizzati in un ragionamento del tipo: prima non si poteva intervenire in modo diverso da quello prescritto, ora sì.

Il tempo, è stato galantuomo (sic!). I quartieri della Provvidenza man mano che crollano sono ora transennati per pericolosità e pronti a ogni soluzione di nuova edilizia.
Verrebbe da dire... ci siamo! Con l'emergenza sicurezza si può e si potrà giustificare tutto.
Il Comune nel timore che si verifichino crolli a danno degli abitanti del c.s. si attrezza per operare senza veti. Il passaggio è lineare: con il timore dei crolli, lo scopo preventivo del Comune consente di provvedere ad allontanare gli occupanti delle abitazioni pericolanti in c. s. e si barricano gli accessi al quartiere in attesa di potere intervenire secondo una logica prevalentemente «modernizzativa» a partire degli slarghi, alcuni già oggi diventati parcheggi per auto. Vedasi esempio in foto di immagine documentata nella relazione del Comune di Caltanissetta.




Foto di Leandro Jannì


Pericolosa tendenza annunciata: largo alle auto


In clima di emergenza scompare ogni precauzione e interesse per il destino dei nuovi sfollati (tali per condizioni economiche precarie) che per questa tendenza si candidano con molta probabilità a formare le baraccopoli nissene. Già in passato gli abitanti della Provvidenza erano degli invisibili, non venivano considerati nei cosiddetti piani di recupero, figurarsi ora che i crolli incombono.

La ricca documentazione fotografica del degrado nella formazione dei piani di recupero, riportata nella relazione dell'ufficio tecnico comunale, preconizza la “soluzione finale”.

Nella formazione del Piano, la relazione, com'era prevedibile nella logica delle città materiali, esamina la presenza degli abitanti - incidentalmente e senza dati recenti - evidenziando uno spopolamento del c. s. nella dinamica complessiva dell'occupazione degli immobili a fronte di ripopolamento con persone non italiane. Evitando di entrare, per esempio, nel merito della composizione della proprietà immobiliare e la tipologia degli attuali abitanti. In buona sostanza viene rafforzata la necessità di intervenire per motivi igienici, di decoro e di stabilità degli immobili. Nessuna relazione con le esigenze abitative dei nisseni e non.

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In sintesi

Dalla relazione emerge la logica dell'emergenza eletta a metodo. Aspettiamo... con i crolli la necessità di allontanare gli abitanti (prima più difficile) ora si fa cogente e si può anche diradare a misura (si fa per dire) d'auto. Si può costruire il nuovo. Manifestamente sembrerebbe l'unica possibilità. Con ruderi irriconoscibili la demolizione e ricostruzione con aumento della volumetria in verticale, il diradamento in orizzontale per parcheggi e l'allargamento di strade saranno accettati perché apparentemente indolori.

Se la partecipazione alla formazione dell'ennesimo piano serve a corresponsabilizzare una scelta non solo urbanisticamente da retrovia ma soprattutto etica, la risposta, a mio avviso, è no!

La sfida che si può lanciare, invece, deve puntare ad un recupero tendenzialmente conservativo e sostenibile. Si deve partire dalle esigenze dei futuri cittadini abitanti di un ambiente urbano storico a misura d'uomo com'era.
L'insediamento previsto, pur senza uno studio sociologico che doveva essere approntato, si può ipotizzare formato da anziani, giovani coppie, singoli, tra i quali nuclei familiari con poche risorse economiche.

Gestione

Con le strategie giuste e con un patto di solidarietà da inventare, si possono organizzare sistemi di partecipazione al restauro, affiancate da corsi di formazione professionale indirizzata al recupero edilizio per piccole imprese e lavoratori con contratti ad hoc sostenuti da Comune, IACP, cooperative, privati, cassa edili, sindacati, confindustria, imprenditori, lavoratori-corsisti, ecc.

Le risorse economiche dovranno essere reperite, tra finanziamenti agenda 2000, cassa depositi e prestiti, BOC, finanziamenti IACP e cooperative, finanziamenti prima casa, capitali d'investimento privati, nonché banche, specie le locali, attraverso le quali con garanzie pubbliche, dovranno essere indotte ad erogare anche piccoli prestiti. I cittadini tutti, gli interessati per primi, coinvolti nei vari passaggi: dal progetto ai finanziamenti alla realizzazione, assumeranno il ruolo di protagonisti del cambiamento. Il Comune dovrà fondare un ufficio casa perenne per seguire tutte le operazioni di recupero.
Le proprietà pubbliche recuperate per prime, dovranno servire da spore per innescare un processo virtuoso di parcheggio in attesa del restauro, formazione/collaborazione, restituzione e così via.
Quali agevolazioni si possono attivare riguardano: le facilitazioni burocratiche, la riduzione degli oneri di urbanizzazione, degli incentivi vari sui costi (cantiere, smaltimento sfabbricidi, ecc.) e sulle scelte di sostenibilità.

Quale restauro

In merito alla sostenibilità vanno orientate scelte di interventi che tengano conto della bioarchitettura (verifica della presenza del gas radon, basso in/out energetico, cappotto termico ecc.).
Risparmio idrico, con recupero delle acque piovane e/o ricircolo delle acque grige
Risparmio energetico (pannelli fotovoltaici, energia solare-termica) Eventuale sperimentazione di teleriscaldamento con TOTEM e/o geotermia
Efficienza energetica su tutto, elettrica e termica.

La vera sfida va concretizzata confutando la ricostruzione e/o diradamento (data per scontata per i ruderi) con il mantenimento del disegno urbanistico del luogo (es. della Provvidenza con caratteristiche ippodamiche). Cioè, mantenendo la maglia urbana del quartiere, scongiurando il preteso sacrificio della dimensione ad uomo per sostituirla con quella a misura di automobile (impossibile) per vari motivi. Non necessariamente costituzione di volumi in altezza consimili ai precedenti ma livellamento, eventualmente, in basso per lasciare passare la luce la dove si ricostruisce e liberazione da superfetazioni per spazi di preesistenti, cortili, giardini e slarghi interni con pozzi.


Tipi di intervento

Acquisizione (o intervento con partenariato Pubblico/privato) di immobili privati in centro storico per la loro valenza storico-urbanistica, da consolidare ristrutturare e restaurare e da destinare agli usi pubblici previsti dal piano particolareggiato o di comparto. Possono altresì, allo stesso scopo, essere acquisiti immobili diruti o non abitabili per essere destinati dopo la loro sistemazione ad edilizia residenziale pubblica (case parcheggio, alloggi, immobili di scambio).

Il recupero deve essere occasione di opportunità per crescere, non scusa per dare al centro storico un nuovo che modifica, cancella i segni del passato, mortifica l'immagine di Caltanissetta.

Belluno, 24/2/2013


Riqualificazione del centro storico


RIQUALIFICARE IL CENTRO STORICO Sì, MA CON QUALI RISORSE, QUALE PROGETTUALITA' DI RIFERIMENTO A BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE?

L'operazione "Riqualificazione del centro storico", è un atto di rilevante valenza politica per la sua ricaduta sull'assetto socio-economico della città di Caltanissetta. L'incidenza che avrà sul patrimonio immobiliare e sulla vita delle persone, abbraccia un lungo periodo che va al di là dei tempi amministrativi che possono gestire questo o quel partito favoriti o meno dalle elezioni prossime e future. Per tale motivo, trasparenza e partecipazione democratica alle scelte fatte e da fare non sono un optional e dunque necessarie per tutti.
Posto preliminarmente questo preambolo, si può tentare di avviare una iniziale ricognizione dei fatti, attraverso una dispersa documentazione, non semplice da reperire. L'annuncio, rilevabile dalla rivista Caltanissetta n. 54, è sì un primo approccio alla comunicazione di un evento urbanistico di rilievo ma non soddisfacente. Andando a cercare in altri documenti come il protocollo d'intesa tra Comune e IACP si apprende che nei comparti 128 e 129, attraverso linee ed azioni programmatiche di insieme definite di riqualificazione e statutarie d'Istituto Comune e IACP intendono lavorare in sinergia.. Per questa intesa di partenariato, del 3 febbraio 2013 tra i due enti, nel documento sottoscritto, muovono da una svolta "attività monitoraggio", successivamente "crono-organizzata", intervenuta da due direttive dell'assessore all'urbanistica.

Una successiva delibera, del Consiglio comunale citata, ha individuato quali azioni di riqualificazione si intendono fare in centro storico; quale gruppo di lavoro sarà incaricato e quali saranno "le forme di urbanistica partecipata”, prevedendo un “contributo volontario e gratuito” ai “professionisti per la redazione di iniziativa pubblica dei piani di recupero".
A volersi per un momento soffermare su questi atti, viene subito da chiedersi: si sono spiegati male o hanno sorvolato agli adempimenti che presiedono un simile impegno urbanistico?
L'azione di monitoraggio che ha impegnato i tecnici che significa? Non doveva essere organizzato il tutto con un quadro gestionale fatto di strumenti legislativi e di riferimento; un quadro finanziario di breve, medio e lungo periodo; con un esame del costruito e un'analisi sociologica?

Giuseppe Cancemi

lunedì 10 novembre 2014

PRESTAZIONE PROFESSIONALE

Può essere gratuita, in qualche caso, come nuova forma di libertà, solidale?



La diatriba che si è accesa non molto tempo fa, tra i pro, forse pochini, e i contro, per lo più gli ordini professionali, merita una riflessione perché, forse, in medio stat virtus. Mi riferisco alla ricerca di collaborazione professionale da parte del Comune “a gratis”, mediante un albo di volontari da utilizzare per occasionali prestazioni senza compenso. Il rifiuto netto degli ordini professionali è stato automatico e senza appello. Per loro, che hanno il compito di tutelare questa o quella determinata professione, le opere di ingegno non possono essere non retribuite. In effetti, se si escludono le questioni di principio, opinabili, giustamente tra una prestazione professionale ricompensata e una no, si
infrappongono ostacoli di ordine generale non trascurabili. Bisogna considerare che, per esempio, per il fisco, una prestazione, specie se ripetuta, può apparire come attività in nero e come tale, per principio, da respingere perché contraria ad ogni etica e onore del professionista. Non meno pesante si presenta, sotto altro profilo, un'attività priva di giusto compenso, potendo apparire perfino come concorrenza sleale se non come fattore che altera il mercato dell'offerta professionale. Il Comune, a mio modesto avviso, nel richiedere l'iscrizione volontaria ad un albo comunale, all'uopo preparato, non mi risulta che abbia stabilito alcun paletto limitativo, nell'eventuale svolgimento della prestazione professionale. Impensabile, dunque, un affido tecnico professionale per una totale partecipazione per impegno, responsabilità e tempi necessari per accompagnare, seguire un'attività, un processo, una progettazione, ecc. di media/alta responsabilità. In buona sostanza, bisognava evidenziare il limite e magari ci si doveva riferire allo spirito dell'art. 118 della Costituzione. Sì perché rifacendosi alla Costituzione con il suo principio di sussidiarietà, poteva meglio disporre la partecipazione e l'aiuto concorrente per fini e attività di interesse generale. A questo proposito qualche Comune in Italia, ha già fatto un proprio regolamento dove, al cittadino che vuole essere attivo, viene data la possibilità di collaborare per la cura e lo sviluppo dei beni comuni. In buona sostanza, al cittadino viene data la facoltà di esercitare una nuova forma di libertà, solidale.
Per concludere, penso, che con l'occasione del nuovo sito comunale in internet, archiviato il discusso albo di volontari, si potrebbe iniziare una nuova forma di collaborazione e partecipazione verso proposte e progetti che il Comune intende condividere. Uno spazio aperto alla consultazione e alla eventuale collaborazione progettuale, on-line, attraverso una semplice registrazione, può aprire per il Comune una varietà di collaborazioni i cui partecipanti non hanno bisogno di iscriversi a nessun albo. Agli uffici comunali e ai relativi professionisti responsabili del materiale messo a disposizione per la collaborazione, resterebbe la segnalazione o il contributo tecnico professionale ed ogni altra forma di espressione collaborativa, utilizzabile direttamente, da rielaborare, oppure da respingere in toto. Insomma, in democrazia e con i mezzi che si hanno a disposizione, la collaborazione dei cittadini-sovrani si può ottenere senza scomodare nessuno, basta solo sapersi organizzare.
Giuseppe Cancemi


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Il titolo dato dal giornale non rispecchia né il contenuto del testo né la volontà di chi scrive.
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Gli esperti si sono presentati. Vedremo come saranno impiegati.
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Nota: trovo interessante, comunque, che ci sia tanta voglia di fare, di dare una mano per migliorare le condizioni della città. Complimenti ai 37