Le centraline idroelettriche sono il
tormentone che assilla di tanto in tanto i bellunesi più accorti che
amano l'ambiente naturale. Qualcuno, in occasione delle prossime
elezioni amministrative ha già scritto ad un candidato sindaco per
avere l'opinione in merito ad una centralina (sottolineando) di
società altoatesina da realizzare sul Fiume Piave.
Nel merito mi permetto di chiosare su
quella domanda. Il cittadino pone un interrogativo in chiave
retorica, che preconizza una risposta di diniego e una condivisione
di tipo (nimby), acronimo che nel linguaggio anglosassone significa:
non nel mio giardino. A mio modesto parere le due cose non sono
scontate. Sappiamo che i richiedenti di centraline non sono
benefattori della comunità italica, ma imprenditori che tentano di
sfruttare gli incentivi economici per le energie rinnovabili, i cui
costi gravano su tutti gli italiani. Il no a prescindere, però, da
una qualsiasi più o meno ragionevole motivazione, non dovrebbe
appartenere ad una comunità politica riformista, che nelle proposte
e nell'agire, si pone obiettivi di sostenibilità. Penso che a simile
domanda bisogna articolare più che risposte elementi di riflessione.
Un primo punto di ponderazione e di
domanda verrebbe dal perché il bisogno di tutela ambientale nasce ed
è sostenuto dalle comunità prossime ai singoli habitat e non come azione di insieme per il medesimo ecosistema: Piave. Altra considerazione andrebbe
fatta sulla effettiva incidenza economica, in termini di potenza
elettrica, nel complesso generativo energetico nazionale.
Le cosiddette centraline (perché di
piccola potenza elettrica), nascono dalla necessità di diminuire i
costi d'importazione dell'energia, pensando ad uno sfruttamento
intensivo delle risorse naturali. La rimessa in campo di un così
irrisorio contributo al problema energetico, nasce, forse, da chi
negli incentivi pubblici, ci vede più il business e meno il danno
ambientale. Mentre una valutazione d'incidenza assieme a quella di
impatto dovevano già scongiurare a monte una simile scelta.
In termini politici la situazione
sembra essere questa: la Provincia nella sua debolezza politica non
sa difendere il territorio dagli assalti speculativi. La Regione
politicamente, di segno diverso dello Stato non difende il territorio
per attribuire la responsabilità a quest'ultimo e, come al solito
col: “piove? Governo ladro” il cerino acceso resta nelle mani del
partito di governo.
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Ma il governo già nel gennaio 2016
rifacendosi ad una direttiva europea sul tema dell'energia e del
clima si è attrezzato con le “Disposizioni in materia
ambientale per promuovere misure di green economy e per il
contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.”
dichiarando una sua strategia che si appoggia alla «crescita
blu» di lungo termine per una crescita sostenibile e
inclusiva per gli obiettivi di EUROPA 2020. La crescita blu si
rivolge al mare e al marittimo proprio per evitare ciò che
tardivamente ancora si sta tentando di fare.
In
buona sostanza, se si aggiunge ciò che esprime il punto d)
“favorire lo sviluppo di impianti di
microgenerazione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, in
particolare per gli impieghi agricoli e per le aree montane.”
dell'art. 43 del decreto n.
387/2003, e cioè che l'energia utilizzabile deve essere esclusivamente a fini
agricoli. E dato che, le richieste centraline tali non sono, forse si potrà vedere la totale incompatibilità di detti impianti con la legge e con lo sviluppo
eco-sostenibile.
Giuseppe Cancemi