Aggiungi...


Condividi questo articolo

venerdì 12 maggio 2017

FIUME PIAVE. CHI VUOLE LE CENTRALINE?


Le centraline idroelettriche sono il tormentone che assilla di tanto in tanto i bellunesi più accorti che amano l'ambiente naturale. Qualcuno, in occasione delle prossime elezioni amministrative ha già scritto ad un candidato sindaco per avere l'opinione in merito ad una centralina (sottolineando) di società altoatesina da realizzare sul Fiume Piave.
Nel merito mi permetto di chiosare su quella domanda. Il cittadino pone un interrogativo in chiave retorica, che preconizza una risposta di diniego e una condivisione di tipo (nimby), acronimo che nel linguaggio anglosassone significa: non nel mio giardino. A mio modesto parere le due cose non sono scontate. Sappiamo che i richiedenti di centraline non sono benefattori della comunità italica, ma imprenditori che tentano di sfruttare gli incentivi economici per le energie rinnovabili, i cui costi gravano su tutti gli italiani. Il no a prescindere, però, da una qualsiasi più o meno ragionevole motivazione, non dovrebbe appartenere ad una comunità politica riformista, che nelle proposte e nell'agire, si pone obiettivi di sostenibilità. Penso che a simile domanda bisogna articolare più che risposte elementi di riflessione.
Un primo punto di ponderazione e di domanda verrebbe dal perché il bisogno di tutela ambientale nasce ed è sostenuto dalle comunità prossime ai singoli habitat e non come azione di insieme per il medesimo ecosistema: Piave. Altra considerazione andrebbe fatta sulla effettiva incidenza economica, in termini di potenza elettrica, nel complesso generativo energetico nazionale.
Le cosiddette centraline (perché di piccola potenza elettrica), nascono dalla necessità di diminuire i costi d'importazione dell'energia, pensando ad uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali. La rimessa in campo di un così irrisorio contributo al problema energetico, nasce, forse, da chi negli incentivi pubblici, ci vede più il business e meno il danno ambientale. Mentre una valutazione d'incidenza assieme a quella di impatto dovevano già scongiurare a monte una simile scelta.
In termini politici la situazione sembra essere questa: la Provincia nella sua debolezza politica non sa difendere il territorio dagli assalti speculativi. La Regione politicamente, di segno diverso dello Stato non difende il territorio per attribuire la responsabilità a quest'ultimo e, come al solito col: “piove? Governo ladro” il cerino acceso resta nelle mani del partito di governo.


Ma il governo già nel gennaio 2016 rifacendosi ad una direttiva europea sul tema dell'energia e del clima si è attrezzato con le “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.” dichiarando una sua strategia che si appoggia alla «crescita blu» di lungo termine per una crescita sostenibile e inclusiva per gli obiettivi di EUROPA 2020. La crescita blu si rivolge al mare e al marittimo proprio per evitare ciò che tardivamente ancora si sta tentando di fare.


In termini concreti basta guardare l'immagine riportata per capire che l'apporto di una o più centraline, qualche megawatt in più, per rispondere al bisogno di contribuire al risparmio energetico italiano ed europeo sarebbe ridicolo (una goccia nel mare).

In buona sostanza, se si aggiunge ciò che esprime il punto d) “favorire lo sviluppo di impianti di microgenerazione elettrica alimentati da fonti rinnovabili, in particolare per gli impieghi agricoli e per le aree montane. dell'art. 43 del decreto n. 387/2003, e cioè che l'energia utilizzabile deve essere esclusivamente a fini agricoli. E dato che, le richieste centraline tali non sono, forse si potrà vedere la totale incompatibilità di detti impianti  con la legge e con lo sviluppo eco-sostenibile.

Giuseppe Cancemi