Il
turista, il cittadino veneto, il viaggiatore occasionale che
transita, lavora o trascorre le vacanze nel bellunese, senza
preoccuparsi di chi è o non è la responsabilità del trasporto
ferroviario, certamente, percepisce in quella mobilità pubblica un
servizio assai carente per numero di corse, collegamenti
“frantumati”, puntualità, confort e forse anche per
pulizia. Il rimpallo e le varie scuse che adducono i ben individuati
responsabili (Trenitalia e Regione), alle proteste ed ai continui
mugugni, non alleviano il problema, anzi, lo rendono più fastidioso.
Ad onor del vero l'incertezza del quadro normativo nazionale, la
Legge di stabilità 2013, la scarsità di risorse e i tagli che
ricadono anche sui trasporti non agevolano una necessaria riforma
della mobilità, specie, nei territori di montagna dove è necessario
migliorare il trasporto pubblico e scoraggiare quello privato. Pur
tra tante difficoltà, per chi vuole trovare un sostegno per
migliorare il trasporto pubblico, un punto fermo esiste ed è nel
ricostituito Fondo Nazionale Trasporti, dove, confluisce il 90% delle
risorse assegnate ma viene riservato il rimanente 10% ai criteri
premiali (nel miglioramento nella produttività). Non va sottaciuto,
infine, il nodo irrisolto dell'assetto delle Province che con i
Comuni sono gli enti programmatori del servizio. Comunque, se si
guarda ai dati regionali confrontandoli con altre regioni ci si
accorge che il trasporto ferroviario può essere migliorato.
Alcuni
dei punti del trasporto ferroviario che sono confrontabili mettono in
luce l'arretratezza del trasporto veneto. Il Veneto con 13,8 treni
per 100 mila abitanti e una popolazione residente di 4,9 milioni ha
meno treni per 100 mila abitanti di Piemonte (19,7), Emilia Romagna
(18,7), Toscana (21,4) e Liguria (15,2). Altro esempio che si
differenzia in negativo per servizio è il contact center, che
la Toscana ha messo in essere per monitorare le lamentele e le
esigenze dei cittadini utenti e organizzare la risposta, mentre, in
Veneto, cresce la protesta per un servizio che perde pezzi e si
degrada, in un “brodo” politico da campagna elettorale.
Da Belluno, per spostarsi, bisogna armarsi di tanta pazienza per le
attese nelle stazioni intermedie e, affidandosi alla fortuna,
sperare che non ci siano soppressioni di treni all'ultimo momento.
In alternativa, diventata una costante, resta l'uso del mezzo
proprio.
Se
in Toscana con gli stessi problemi del Veneto e di tutte le altre
regioni, si riesce a mantenere uno standard
medio minimo di confort,
di puntualità, di certezza nel passaggio dei treni e comunque si
cerca di evitare ogni disagio ai fruitori del servizio ferroviario,
non si comprende qual è la politica dei trasporti della Regione
Veneto che non riesce ad assicurare altrettanti standard.
Nel
Piano Generale dei Trasporti il fulcro della mobilità veneta è
rappresentato dalla “mediopadana” e dal “corridoio
prealpino-padano”. Non compare nel sistema trasporti, una
altrettanto utile attenzione alla mobilità ferroviaria locale,
specie dell'alto Veneto: una rete di collegamenti essenziali tra la
gente delle Dolomiti e la pianura. Un'attenzione dovuta verso chi
preserva e custodisce un importante patrimonio dell'umanità. Una
considerazione allora, che deve fare riflettere, è d'obbligo. Non
investendo preminentemente sulla mobilità ferroviaria e favorendo,
anzi, il traffico su gomma, si rischia di compromettere con gli
inquinamenti in crescita, il capitale naturale da conservare,
rappresentato dalle Dolomiti. Si pratica, dunque, una politica fin
qui non certo in grado di fare affermare un trasporto sostenibile,
richiesto dai luoghi e non più rinviabile.
Giuseppe
Cancemi