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lunedì 5 settembre 2011

Urbanistica a Caltanissetta


L’ex mulino Salvati? … Nuovo volume da riempire!


Sono cominciati i lavori che preludono ad una nuova costruzione edilizia nel sito dove prima, al tempo della Rivoluzione Industriale, esisteva un mulino a vapore: il “Salvati”. Questo mulino viene annoverato, dallo storico e giornalista Walter Gruttadauria, tra quelli azionati dall’energia sviluppata dal vapore, scoperta e impiegata dall’industria dell’Ottocento. Nel territorio di Caltanissetta prima del Salvati altri mulini puntigliosamente annotati dal Gruttadauria nel suo articolo pubblicato su: La Sicilia del 29 marzo 2009, venivano  azionati dallo scorrere dell’acqua come fonte energetica.  Questi mulini idraulici in voga sin dal Medioevo, nel tempo, per scarsità pluviale nei nostri  territori,  lasciarono il passo all’impiego del vapore. Caltanissetta a quel tempo aveva una sua archeoindustria. Le miniere e i mulini ad acqua. Le modernità urbanistiche dell’epoca,  un po’ in ritardo per la verità,  apparvero in momenti di crisi occupazionale della città con il Viale Regina Margherita (alla maniera dei Bulevard), la Villa Isabella (oggi  villa Amedeo), il palazzo provinciale e il nosocomio.
Il mulino in causa, come è facile intuire, appartiene al contesto industriale che utilizza vapore ed energia elettrica all’insegna del progresso e rappresenta un segno importante nell’evoluzione ottocentesca di Caltanissetta. Il proprietario dell’omonimo mulino viene ricordato come uno scienziato che ha introdotto  in città un primo studio di radiologia. Insomma, tra le coordinate che segnano la storia evolutiva di Caltanissetta il toponimo “Salvati” è sinonimo di reperto collegato con la Rivoluzione Industriale il quale, però, con la nuova costruzione, rischia di essere cancellato.


Tubi in terracotta per lo smaltimento delle acque pluviali

Purtroppo, la delimitazione del centro storico di Caltanissetta, nei piani comunali, non comprende il caseggiato ex mulino “Salvati” e l’attribuzione di zona B del PRG a quest’area, consente ogni possibile stravolgimento di  natura storica dei luoghi.
Tutti sanno, al di là delle “carte” dove  a volte si stabiliscono cose assurde, che esiste un  modo diverso di “sentire”, di  “vedere”, di “presentare” la propria città. Un nuovo volume che sostituisce uno caseggiato preesistente che testimonia una tappa storica della città, “taglia” importanti radici della comunità locale.
 E anche se per alcuni con la cultura “non si mangia” (sbagliato!), una comunità che cancella le tracce della propria storia risulta per altre realtà anonima, non produce cultura, non concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino. Ricordo a mo’ di esempio che Firenze per l’alluvione del 4 novembre 1966 segnò sui muri una linea con la scritta: qui arrivò l’Arno l’anno 1966.
Invece da noi, sotto gli occhi distratti dei nisseni,  ci si accinge a cancellare un segno urbanistico di passaggio storico, senza che alcuno (preposto e no a preservare la storia, la cultura, l’interesse generale) se ne preoccupi. Una domanda allora sorge spontanea: il divario socio-economico-culturale  tra una città del Nord grossomodo simile per popolazione e territorio a Caltanissetta  e quest’ultima,  non vorrà significare qualcosa?