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domenica 17 dicembre 2017

ALTA BUROCRAZIA, SPAZI INDECISI e DECISI DIRADAMENTI IN CENTRO STORICO





L'OCCASIONE DI UNA DIRIGENZA CHE SI RINNOVA

Leggo di una “dirigenza”, nel Comune di Caltanissetta, che sta cambiando, ma mi sembra che nella stipula contrattuale ci si stia orientando secondo un contratto già visto. Mi sbaglierò, ma non vi sono articoli che in qualche modo richiamino il cosiddetto “decreto Brunetta” il quale, introduce una nuova disciplina negli incarichi dirigenziali degli enti locali. Tale normativa, ripresa relativamente recentemente, prevede in ordine a indirizzo politico-amministrativo (raggiungimento degli obiettivi) e nelle funzioni (responsabilità dirigenziale), la possibilità che gli incarichi dirigenziali possono essere revocati. Motivazioni assai importanti perché stabiliscono una responsabilità oltre che per riflesso esecutivo politico-amministrativo anche e complessivamente dirigenziale. In buona sostanza il Comune, in questo momento di nomine, ha una buona occasione per migliorare i servizi comunali per la cittadinanza. Ebbene, la sfrutti!
Giuseppe Cancemi


Così, tanto per capire, proverei non con “i conti della spesa” ma con “i conti della serva”.Di 500 mila euro (100% della spesa) concessi dalla Regione si sono spesi: il 72% per espropri; il 14% per demolizione e il rimanente 14% per la progettazione. Non sono stati completati i lavori, si dice, per mancanza di denari. Ora, tralasciando la demolizione che quando necessaria ha un suo costo, dunque relativamente insindacabile, meritano una qualche riflessione gli espropri e la progettazione. L'uomo della strada direbbe subito che con 430 mila euro degli espropri si potevano fare tante altre cose, ma questa potrebbe essere tutta un'altra storia. L'appendice dei 70 mila euro attribuiti alla progettazione sono quelli che potrebbero interessare di più, visto che non sono bruscolini.  
A volere guardare meglio al perché “... il Comune non ha le somme necessarie per finanziare i lavori necessari”, si potrebbe dire che sorgono spontanee più domande. 
Ma scusate, nel progetto non c'erano un calcolo sommario di spesa, un computo metrico estimativo, un quadro economico, un piano economico e finanziario di massima, un cronoprogramma, etc. etc.? 
Si sapeva o no che sarebbero mancati i denari per completare il lavoro? 
E se si sapeva, perché precipitarsi alla demolizione senza un futuro per quel diradamento?
A volere guardare meglio al perché “... il Comune non ha le somme necessarie per finanziare i lavori necessari”, si potrebbe dire che sorgono spontanee più domande. Ma scusate, nel progetto non c'erano un calcolo sommario di spesa, un computo metrico estimativo, un quadro economico, un piano economico e finanziario di massima, un cronoprogramma, etc. etc.? Si sapeva o no che sarebbero mancati i denari per completare il lavoro? E se si sapeva, perché precipitarsi alla demolizione senza un futuro per quel diradamento?A volere guardare meglio al perché “... il Comune non ha le somme necessarie per finanziare i lavori necessari”, si potrebbe dire che sorgono spontanee più domande. Ma scusate, nel progetto non c'erano un calcolo sommario di spesa, un computo metrico estimativo, un quadro economico, un piano economico e finanziario di massima, un cronoprogramma, etc. etc.? Si sapeva o no che sarebbero mancati i denari per completare il lavoro? E se si sapeva, perché precipitarsi alla demolizione senza un futuro per quel diradamento?

Giuseppe Cancemi


BANDO RIQUALIFICAZIONE ...


Ai sensi dell’art. 1 del citato DPCM, i progetti dal numero 1 al numero 24 sono finanziati con le risorse di cui all’art. 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, mentre gli altri ulteriori progetti, quindi anche quello del Comune di Caltanissetta, 49° posto su 120, saranno finanziati con le risorse che saranno successivamente disponibili.
Il 2/01/2017 è stata inviata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ai Comuni la comunicazione del finanziamento dei progetti candidati al “Bando per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie...”.
Quel Bando Periferie, lanciato dal Governo nel maggio 2016 con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro, ha potuto finanziare tutti i 120 progetti presentati, a seguito di una aggiunta di finanziamento di 2,1 miliardi di euro pervenuti dalla Legge di Bilancio 2017.
I Comuni hanno avuto tempo fino al 28 febbraio 2017 per presentare i progetti esecutivi.
Caltanissetta, l'ha fatto?
Giuseppe Cancemi


SPAZI INDECISI !
L'esercizio distruttivo che in questi ultimi tempi ha caratterizzato l'amministrazione attiva, solleva l'antica questione di un potere arrogante e di un popolo che lo sfida in punta di "penna". La satira è la sola arma letale che al potere brucia. Ma purtroppo però, questa, per i nostri eroi di palazzo del Carmine, non sembra essere più il mezzo che possa scalfirli.
Ma non è questo che interessa!
Basta che, forse, siamo anche in presenza di una nuova specie di politici, un po' in ritardo per la verità, e al contrario, rispetto a quelli che nel 2010 hanno cominciato ad occuparsi di spazi indecisi, quali i luoghi abbandonati, disabitati, dismessi o de-antropizzati. Ecco, chi ha cominciato con questi siti da rigenerare si ponevano interrogativi sul passato, sul presente e sul futuro, abbracciando gli aspetti sia fisici che della mente. Ai nostri amministratori, invece, è bastato e basta solo il dover cancellare ogni traccia dei luoghi dove si è intervenuto, così, tanto per creare nuovi SPAZI INDECISI che non hanno voluto o saputo ricercare nel nostro territorio.
Giuseppe Cancemi

 

domenica 26 novembre 2017

La via dell'autonomia...


VIVA SAPPADA !

La vicenda di Sappada, che da Comune appartenente alla regione Veneto passa con il Friuli Venezia Giulia, potrebbe essere un precedente che può innescare un processo di riorganizzazione territoriale assai complesso, e dunque difficile da gestire, in una Italia che ha ben altre difficoltà da affrontare e superare. Attenzione però, a non dimenticare il fermo principio dello Stato unitario sancito dall'art. 5 della Costituzione, la cui impronta non è e non può essere negoziabile.


Per restare all'evento locale, preliminarmente trovo che il programmato incontro in casa bellunese, si presenta con un linguaggio non consono ad un partito non certo “populista”. Persino i termini virgolettati di fuso hanno uno stilema che non appartiene alla sinistra. L'interrogativo: “Provincia di Belluno: Una polveriera pronta ad esplodere?” poi, appare persino un eccesso nel richiamare a raccolta quella Comunità che forse, alla fine si è sentita tradita da un gioco delle parti. Una contesa che ha fatto una qualche confusione tra due distinte funzioni come autonomia e decentramento che possono essere esercitate dai territori.

Non dimentichiamo che lo spirito secessionista che aleggia sul Veneto, è sempre presente e può avere spinto anche gli animi di chi, per appartenenza partitica, faceva argine ma in fondo condivideva lo scisma vagheggiato per anni, da un egoismo quasi tribale mai tramontato. Lo spartiacque tra l'affidamento delle decisioni legislative dello Stato alla P. A. locale e la potestà legislativa di alcune materie che si sposta nel potere locale è molto sottile, e per questo si è creato un facile terreno per un sentimento su cui ha avuto gioco l'equivoco. Ma è bene dirselo, la vera differenza che ha scaldato l'anima dei “traslocatori” possiamo ascriverla alle aspettative economiche del Comune di Sappada e della regione Friuli Venezia Giulia. Più che un matrimonio di amore, bisogna riconoscerlo, sembra essere stato un matrimonio di interesse. Si aspettano entrambi più risorse economiche. Ma a danno di chi?


Evviva la solidarietà nazionale e la sussidiarietà!

Giuseppe Cancemi 

martedì 24 ottobre 2017


LA POLITICA NON SEMPRE DEVE ASSECONDARE IL "POPOLO"



Mi pare che una parte del popolo bellunese incarni il detto e il significato de:"l'erba del vicino è sempre più verde", non sa e non riesce ad apprezzare quello che ha. Testardamente e in modo miope guarda il modello di altre parti del territorio italiano vicino e pensa che basti l'accodarsi alla comunità di quell'area per averne i vantaggi, che secondo il suo punto di vista vede e che ritieni di non avere. Mi chiedo se chi guida questa “ambizione” conosce bene il suo territorio e ciò che offre, se non fa un calcolo sbagliato che potrà incidere sulla nuova etichetta di appartenenza, ma non sappiamo quanto sulla sostanza.


Eppure, la provincia bellunese, se guarda nel “suo giardino” con maggiore attenzione, potrebbe notare che, per esempio, nell'area agordina esiste un modello di economia che, forse, solo chi non è veneto, apprezza moltissimo. Basta soffermare l'attenzione su una industria locale di quell'area che è un esempio, il quale, per le sue scelte, ricorda il noto e decantato modello Olivetti. Un'esperienza importante di organizzazione aziendale per il suo articolato sistema sociale che si narra ogni volta che si parla di sostenibilità e welfare aziendale.

La politica locale, prima di affrontare inconsapevolmente fuori dal “proprio giardino” soluzioni di sviluppo economico, da ricercare negli altri, deve sapere meglio di quali risorse locali dispone. Anche il solo modello di sviluppo di un'area già sviluppata e l'indotto che ha generato, sono elementi culturali che hanno un peso maggiore, di una semplice rivendicazione riconducibile ad una appartenenza territoriale, ritenuta più “ricca”. Non sono solo i mezzi finanziari che fanno la ricchezza di una Comunità se non c'è cultura, se non c'è sapere.

Belluno e la sua provincia hanno tutto. Si tratta solo di avere maggiore stima di quello che si ha e di saperlo gestire.

Giuseppe Cancemi

NUOVE CASE POPOLARI E REVISIONE DEL PRG


Social housing: autocostruzione edilizia assistita a Caltanissetta. 
Si può fare?

Case a 15 euro al mese. Solo propaganda? No verità! Dirò dopo chi sta realizzando case, dove, come e con questi costi.

Intanto, penso che con i metodi fin qui adottati per costruire case popolari, non si è avuta una risposta vera al bisogno di alloggio. Risorse sottratte ai lavoratori non bastevoli e gestione degli immobili realizzati utile a mantenere in vita solo gli stessi uffici preposti all'edilizia popolare. L'idea dell'autocostruzione come risposta alla casa in Italia, al Nord qualcuno ha provato a sperimentarla. Sono stati anche scritti libri in materia, per esempio quello di M. Bertoni, “Autocostruzione associata ed assistita in Italia” come modello di housing sociale. Ma la sperimentazione ancora non risulta replicata in altre realtà. Chi ci ha provato e ci prova ancora comunque, resta ancora un'élite tutta di professionisti e di associazioni ambientaliste. Anch'io, nel mio piccolo ho provato, in passato, a pensare che è possibile costruire case a basso prezzo con il duplice obiettivo di soddisfare un bisogno primario abitativo e di creare lavoro, oggi più che mai, necessari e urgenti per Caltanissetta. Ma la pre-condizione da me pensata, rimaneva sempre quella di un'amministrazione della città che se ne facesse carico. La mia idea, in poche parole, era quella che il Comune istituisse un ufficio casa, per gestire terreni, aree e costruito a partire del pur piccolo patrimonio comunale al fine di avviare un circolo virtuoso di lavoro, recupero, riuso a guida tecnica e maestranze fornite dal Comune. Da noi non è accaduto e non accade niente di tutto questo. In Spagna invece qualcosa di simile lo ha messo già in atto un piccolo Comune: Marinelda (nella figura in basso) in Andalusia con 2.708 abitanti nel 2008.


Il loro schema operativo si fonda sempre sulla proprietà comunale, che viene ceduta gratuitamente all'autocostruttore. Una convezione con il governo regionale, permette di fornire il materiale acquistato, occorrente per la costruzione e consegnarlo a chi autocostruisce. Una guida con maestranze e consulenze tecniche aiuta, orienta e segue il progetto della casa, anche questo offerto gratuitamente; gli stessi autocostruttori, determinano in assemblea la quota mensile da pagare, per diventare proprietari dell'abitazione che stanno costruendo.
E se Caltanissetta provasse a mutuare qualcosa di simile?
L'occasione della revisione del Piano Regolatore è una opportunità che non bisogna disperdere. Certo a leggere ciò che dichiarano gli “addetti” (politici e tecnici) come anteprima per il PRG è scoraggiante. Partire dalle “attività edilizie pianificate e realizzate” come dichiarato dall'Assessore alla vivibilità e alla viabilità non fa ben sperare. Si ricomincia a ragionare ancora dalle “cose” e non dalle “persone”. 

 Una città di frontiera come adesso è Caltanissetta, per prima cosa andrebbe sondata nella sua popolazione in termini sociologici per poi stabilire senza tentennamenti che bisogna recuperare, risanare, ricucire e rigenerare ma senza consumo di suolo.
L'Amministrazione in carica, avrà il coraggio e la forza di invertire le tendenze replicanti di ciò che si è fatto e si vuole continuare a fare, noncuranti che la cultura cambia, il mondo cambia mentre noi continuiamo a collocarci sempre fuori dall'orbita?

Giuseppe Cancemi


sabato 16 settembre 2017

Belluno e la riqualificazione 2


↙LA GIUNTA MASSARO 2.0 PONTIFICA... E GLI ALTRI STANNO A GUARDARE


La Giunta Massaro 2.0 sa spendersi bene, specie nei passaggi frequenti che fa attraverso i media. Anche stamattina sul Corriere delle Alpi si parla di una nuova piazza e tre palazzine dell'immobiliare Filù in uno spazio del vecchio ospedale. La propaganda di “regime” si inserisce in quella che sembra una, diciamo, più “speculazione immobiliare” che non una riqualificazione. Il Comune, da quella stampa, viene inserito come “partner” con il suo “Progetto Belluno”, il quale, quest'ultimo, sembra essere diventato come le vacche di Mussolini. Ad ogni occasione di tipo edilizio, entra come progetto di 


riqualificazione e si attribuisce una spesa facente parte degli sbandierati 18 milioni della riqualificazione urbana. Anche qui si fa intendere che gli euro sono quasi in arrivo ma si tace il fatto che nella graduatoria dei cosiddetti vincitori, Belluno occupa il 50° posto. Il finanziamento non è così vicino come si vuol fare credere, a marzo di quest'anno sono stati finanziati solo 24 Comuni, mentre per gli altri si dice che: Gli ulteriori progetti saranno finanziati con le risorse che saranno successivamente disponibili. Ma a parte ciò, a giudicare da qualche servizio e/o spazio che sarà riservato per il Comune, l'operazione “filù” si presenta più come edilizia contrattata che non come “riqualificazione”.Infatti, viene da domandarsi ma gli standard residenziali del D. I. n. 1444/1968, da parte del Comune, sono stati verificati?E per lo zoning del PRG quell'area non è zona A? La soprintendenza cosa dice?
E come la mettiamo con l'ultima legge regionale n.14/2017 sul consumo di suolo?

Giuseppe Cancemi

giovedì 7 settembre 2017

Belluno e la riqualificazione 1


PIAZZA CASTELLO: I SEGNI DELLA RIQUALIFICAZIONE

Dei lavori di Piazza Castello che sono stati discussi giorni fa, non vi è stata eco, come solitamente accade non appena si manifestano i segni di un cambiamento in città. Da un rigoglioso giardino, anche se un po' trascurato, siamo passati ad uno spoglio anonimo angolo in piazza Castello, dal terreno circostante incolto, al momento, e un tratto di marciapiede in terra battuta (dai cittadini in transito!). Quel cantiere a cielo aperto e non altro ha destato un qualche disappunto che si è smorzato presto. Chi non ha trovato apprezzabile quel lavoro, citando lo spirito dell'originario progetto dell’architetto bellunese Alpago Novello è stata una nota associazione nazionale. Chi, invece, ha provato a difendere la nuova immagine è stato un altrettanto noto, localmente, ex consigliere comunale di passate amministrazioni. Ma in ogni caso stiamo parlando di un'opera di "riqualificazione del centro urbano" con finanziamento comunitario.

Effettivamente, l'immagine che ha adesso quella piazza delude la fondante idea progettuale d'insieme che intendeva fondere compositivamente, l'immagine dei resti dell'antico castello animata da un giardino, con il palazzo delle poste, espressione della cultura architettonica del razionalismo italiano del ventennio fascista.
La cosiddetta riqualificazione non è certo il massimo, e con l'attuale aspetto spoglio non sembra rafforzare la qualità delle funzioni, come promette il cartello di cantiere, con in bella mostra la scritta Regione Veneto e a seguire: l'Unione Montana e poi i comuni di Belluno, Ponte nelle Alpi e Tambre tutto a spese di un cofinanziamento europeo. Insomma, sembrerebbe che l'opera per il largo coinvolgimento della committenza e dei tecnici realizzatori debba rappresentare il risultato di un impegnativo progetto condiviso e partecipato. I dati però, nessuno me ne voglia, non sembrano accordarsi con le premesse.
In meno di 100 mq di superficie, con dei ruderi che occupano un terzo dello spazio e due terzi sono di nudo terreno, udite... udite sono impegnati 10 diversi fior di professionisti (tra architetti, ingegneri e un geologo). Il budget per i lavori è di 773 mila euro come dire 8-12 mila euro per mq.




L'opera, sorprende anche, per la sospettosa "scacchiera" in ferro arrugginito prospiciente il rudere, comparsa in questi giorni, che sembra già degradata prima del tempo. Ma nessun patema, tutto sotto controllo. Trattasi di un materiale di moda che alcune città mostrano già da qualche tempo (Spagna, per esempio) per fioriere, opere d'arte e altri oggetti che si pensa debbano durare nel tempo. In fondo questo materiale, può sembrare discutibile, forse, per un nostro retaggio da immaginario collettivo che in tutti questi anni ci ha fatto percepire la ruggine come indiscutibile segno di decadimento dei metalli ferrosi. Ma questo Cor-Ten (così si chiama) è un metallo brevettato per resistenza meccanica e durabilità nel tempo. L'ossido temuto, in questo materiale, si arresta in superficie e ne impedisce la conosciuta corrosione del ferro.
Comunque, l'immagine di un piccolo gradevole giardino, che a distanza di un anno dall'inizio dei lavori, con quello che costerà alla collettività, nel suo apparire un cantiere fantasma che si trasforma lentamente, senza lasciare trasparire dove sta la “riqualificazione degli spazi urbani”, non  si può sottacere.

Giuseppe Cancemi




martedì 5 settembre 2017

Caltanissetta e le facili demolizioni

ATTENZIONE ALLE DEMOLIZIONI FACILI!
Mi chiedo e chiedo, che fine farà l'ex distributore di via Sallemi (incrocio "Grazia") la cui forma architettonica, da non sottovalutare, ricorda opere importanti come la stazione Termini di Roma o lo stadio di Padova e altri ancora sempre per l'ardita pensilina?
Non potrebbe essere restaurato e reso fruibile, per esempio, per la pro loco di Caltanissetta, come reception?







E LE ISTITUZIONI STANNO A GUARDARE

Ecco che ancora una volta si presenta alla comunità nissena un altro immobile che nell'immaginario collettivo rappresenta un pezzo di storia della Città. Gli anni cinquanta di quel distributore, sono per la città quelli che oggi si ricordano come gli


anni del boom economico. Peggio ricordati, più tardi, come quelli de "le mani sulla città", mutuando il titolo del noto film di Francesco Rosi. A quel tempo la Soprintendenza non esisteva e i primi scempi si sono fatti nella via delle Medaglie D'Oro, a scendere verso il cimitero, e in via Re d'Italia, con insensati diradamenti. L'istituzione della Soprintendenza, fortemente richiesta da Italia Nostra, di qualche decennio fa, è servita sì a disciplinare (molto moderatamente) gli interventi sul centro storico degli anni a seguire, ma non li ha arrestati. Nel frattempo il Comune, con il suo immobilismo proverbiale ha lasciato che il cuore della città si degradasse giorno dopo giorno.
Siamo oramai agli scampoli. Le ultime tracce, di un vissuto che racconta, vengono facilmente cancellate e mentre si compiono gli ultimi scempi le istituzioni stanno a guardare. Il Comune non esercita il suo potere di discernimento e la soprintendenza, nel silenzio ufficiale, lascia solo trapelare un "vorrei ma non posso".
Un occhio al PRG vigente per conoscere se il "casotto" è compreso in zona A, diventa un'impresa impossibile. Le planimetrie sono illeggibili. Non posso fare a meno di notare che la trasparenza dei rispettivi siti di Comune e Soprintendenza ha un basso livello. Non a caso "la Bussola", che non è quella nota dove cantavano le star degli anni '60, ma quella della trasparenza dei siti web delle PA per entrambe le istituzioni: una non la conosce e l'altra quasi. Per il Comune diciamo che la trasparenza, ai fini del Decreto legislativo n.33/2013, è al 5% degli adempimenti di rispondenza, pari a 4 su un totale di 68, mentre la Soprintendenza è totalmente sconosciuta. Entrambi i siti, in perfetta sintonia di disprezzo per l'utente della città: "io so io e voi non siete un c...o".
Chi si dovrebbe occupare della tutela delle cose immobili, compreso l'esame di tutte le questioni urbanistiche relative ai piani regolatori, facendo trapelare che non sono trascorsi i canonici 50 anni per potere vincolare il bene, dice il vero. Trascura però, l'istituto del vincolo indiretto che tutela anche i caratteri del contesto.
Infatti, assicurando attraverso le prescrizioni anche le aree e/o gli edifici circostanti, che possono non essere necessariamente confinanti, si mantiene quell'integrità, quella prospettiva, quella luce che unitamente alle condizioni d'ambiente tutelano il complessivo decoro di un luogo che ha carattere storico.
Il Comune, la cui attività non sembra essere quella di motu proprio ma sempre per iniziative di altri, nel nostro caso un decreto ministeriale che intima la bonifica di un sito, non sembra volersi assumere alcuna responsabilità del soprassuolo.

Due istituzioni, stessa voglia di non impelagarsi in qualcosa che poi, alla fine, potrebbe dare alla città un segno di speranza. 

Giuseppe Cancemi

venerdì 28 luglio 2017

Belluno, quale buon governo

LA GIUNTA MASSARO 2.0 AI BLOCCHI DI PARTENZA

Ad esser sincero c'è poco o nulla da dire all'Amministrazione Massaro 2.0, per come si presenta. Le sue linee programmatiche per il prossimo governo della città, non fanno una grinza. Il Consiglio tutto, a parte due speciosi voti contrari, ha riconosciuto i buoni propositi del Sindaco per il futuro della città. Le premesse, insomma, per una città più moderna, più attenta ai bisogni del cittadino ci sono tutte sì, ma per un sindaco che si mostra, per la prima volta, dal più alto scranno comunale. Ma così non è per Massaro. Ha già amministrato la città, con un precedente altrettanto intenso programma di buone intenzioni, ma dimostrando una realizzazione assai lacunosa. Nella passata amministrazione, si sono fatte poche scelte e si è lasciata scorrere quella che può dirsi l'ordinaria amministrazione: i cittadini chi più e chi meno hanno fatto il loro quotidiano dovere e la burocrazia comunale pure.

In una favola si potrebbe concludere: e tutti vissero felici e contenti!
Mediocrità a parte, di un'ordinaria amministrazione e di una vivibilità apparente, non tutti forse hanno notato che la città possiede una promettente vocazione turistica, soprattutto per il suo centro storico. Nel corso del quinquennio, l'identità di Belluno per scelte di utilizzo del centro storico, ha perduto quell'appeal di luogo della memoria, per fare posto a continue sagre paesane di dubbio gusto e sempre più invadenti. L'inquinamento acustico e atmosferico in centro storico è di casa. Alla faccia di un piano di classificazione acustica del 2007 e di due centraline che misurano "la febbre" senza mai occuparsi della causa. Inquinamenti vari, writer, scorribande notturne corroborate dall'alcol, hanno scacciato il silenzio notturno, la buona educazione e mortificato il luogo dove aleggia il "genius loci" lasciato dal vissuto delle passate generazioni. Tutto materializzato, degradato, volgarizzato per "schèi ", a favore di pochi commercianti del salotto buono di città. In quel salotto, per chi non lo sapesse, ci vivono maggiormente gli ultimi resistenti, che non hanno spostato la propria residenza in periferia, per motivi anagrafici. Quegli anziani, che con un centro storico a misura d'uomo, meglio si ritrovano per i loro limitati spostamenti. E invece ecco, che nel corso di quest'ultimo quinquennio, si sono fatte ritornare le auto, si fanno raduni motoristici con auto e moto, molto inquinanti, si lascia spazio ai vandali, si fa occupare sempre più spazio pubblico per pochi spiccioli. Per non parlare degli abbattimenti di alberi in via d'Incà e in ogni dove per pochi stalli. Il Sindaco, grazie al suo trascorso politico, si presenta bene anche nelle scelte che promette di fare. Ma il suo ultimo mandato, che lo ha visto protagonista di cose importanti come la firma del cosiddetto patto dei Sindaci 20_20_20, che in soldoni significava contribuire su scala mondiale all'abbattimento di CO2, responsabile del clima di cui ci lamentiamo, non sembra avere avuto un seguito. Ma forse, non è passato il messaggio di ciò che è stato fatto in proposito. Male! Se non si conoscono tali importanti realizzazioni, dove stanno trasparenza e partecipazione tanto decantate? Per un democratico, lo ricordo per me stesso, trasparenza e partecipazione non sono le pubbliche affissioni nell'albo del sito o nella bacheca comunale, come atto formale, ma un vis à vis più diretto con i cittadini.
Anche i 18 milioni sbandierati per la rigenerazione urbana, sono ancora solo uno spot pubblicitario. Hanno però il merito, di avere attinto un finanziamento fino all'ultimo centesimo del tetto massimo di bando. Ma sono ancora una promessa. Il primo finanziamento si è fermato al 24° posto e Belluno si trova al 50°. Eppoi, i progetti relativi a questo finanziamento considerano l'opportunità di un rinnovo sia sociale che urbano tipo social housing?
Un'ultima cosa, ma non l'ultima, nella presentazione del documento d'insediamento, a proposito di inclusività, è l'accessibilità per tutti in città che sembra mancare. Nell'idea di città di questo secondo mandato non si vede proprio quell'accessibilità integrata che inizia dalle barriere architettoniche.
Non è pensabile, infatti, che Belluno sia in grado di ospitare, in occasione dei suoi consigli comunali, dei circa 37 mila cittadini, solo un millesimo di essi. Ma il peggio è che chi ha problemi, per patologie varie, viene escluso. La chiamata che esiste, per superare il dislivello tra la strada e la sala consiliare, serve a poco. Nessuno, per esempio, per patologie cardiache si farebbe trasportare su in braccio.

Per chiudere, rivolgerei al Sindaco una sommessa mia valutazione del suo target, che è questa: i suoi obiettivi, per un nuovo governo della città sono buoni, ma per meglio concretizzarli dev'essere scelta la via della condivisione, ricercata. Solo così le sue scelte politiche potranno restituire alla città, a partire dal centro storico, quell'immagine identitaria che nel comune intendere è: la bellezza.

Giuseppe Cancemi

domenica 16 luglio 2017

Belluno e il dopo elezioni comunali 2017


 Prospettive per una città che ha imparato a camminare da sola

Io, di Belluno, mi sono fatto un'opinione. Penso che un commissario prefettizio per governare la città basta. Amministrare secondo legge e lasciare svolgere tutto quanto alle persone preposte che operano in Comune è un'ordinarietà che regge. In fondo è un po' quello che abbiamo visto in questi anni. Il merito di una città con qualche lode e senza infamia appartiene ai cittadini. In fondo il tutto ha continuato a girare semplicemente perché il popolo bellunese recita senza alcuna sollecitazione il suo dovere civico. I primi posti conquistati in questi anni nella classifica nazionale di vivibilità per i parametri usati in base ai servizi, ben rappresentano lo stile di vita dei bellunesi. Anche una democrazia dell'istituzione che conduce la città, bisogna ammetterlo, formalmente c'è stata e si pratica, ma un solco politico di chi ha governato si fa fatica a riconoscerlo.
La democrazia a cui penso e propendo, viene da lontano. É ancora l'unica forma per amministrare una comunità, che dà il massimo protagonismo ai singoli cittadini. Tale sovranità del popolo, però, non può fare a meno di scelte nella conduzione di una città. Quelle scelte, sono il sale della politica che proviene dai gruppi che si ritrovano in un partito, in un movimento, luoghi di condivisione delle idee comuni, di parte.
Le concluse elezioni amministrative, penso che offrano un nuovo terreno di confronto serrato per non lasciare un continuum che perpetui l'ordinaria amministrazione. C'è bisogno di una discontinuità, di un cambiamento nel vivere associato che, utopisticamente deve aspirare alla felicità dei bellunesi. I nuovi canoni da considerare, non sono questa o quell'opera da realizzare che la propaganda elettorale ha promesso, ma piuttosto i principi fondanti come: quello di una città a misura di tutti che azzera le barriere architettoniche; avvia una ricucitura degli insediamenti (centro storico e periferia) e le necessarie relazioni con lo spazio interconnesso; si occupa di casa, lavoro, inclusione sociale dei più deboli, mobilità e best practice nei servizi. Il tutto riconducibile ad un percorso di progetto globale di sviluppo locale, a partire dai reali bisogni del cittadino, dell'uomo.
Per la verità i cittadini più noti di Belluno, o meglio quelli che si ritengono i rappresentanti dell'urbe ma che forse sono solo i rappresentanti dei commercianti del centro storico, non perdono occasioni per la reiterazione delle solite richieste di natura lobbistica, che massimamente riguardano parcheggi e circolazione. Non rinunciano a questa bandiera quasi un feticcio, lo sappiamo, per scongiurare la crisi che attraversano da qualche tempo le attività di piccolo commercio e/o di vicinato. Al Comune, viene richiesta ad ogni piè sospinto una partecipazione salvifica. L'Ente autarchico comunque, bisogna riconoscerlo, non è né responsabile né la panacea di tutto. Le difficoltà di ricollocazione dell'offerta commerciale e la relativa sintonia con la domanda, vengono da lontano e semmai, nei confronti del Comune, le uniche cose che si possono rivendicare sono gli atti intesi a ridurre la burocrazia, un qualche incentivo e un certo appeal del centro storico.
Fondamentalmente in ambito locale, nuova amministrazione e cittadini dovrebbero accordarsi su un cambiamento culturale non occasionale ma profondo che avvicini i punti di vista di ciascuna delle parti. É impensabile che per il centro storico ci sia una diversità di veduta, per uso, mobilità e circolazione.

L'umanità che è vissuta nel cuore di Belluno, con la sua stratificazione temporale dei manufatti, ha lasciato un suo schema viario ed una distribuzione spaziale più adatti ad una deambulazione pedonale che non ad una circolazione con mezzo meccanico. Dunque, ha configurato un luogo a misura d'uomo. E come tale andrebbe lasciato.
 Il ritrovarsi in spazi relazionali (piazze e vie), per vivere la città, fare acquisti, muoversi in sicurezza e a distanza dall'inquinamento atmosferico è un privilegio, un godimento e non uno svantaggio. Il centro storico nella sua identità storica e culturale, si diversifica, per natura, dagli altri luoghi della città più adatti ai mezzi a motore che comunque inquinano l'atmosfera e l'immagine degli stessi ambiti di vita associata. Persino la luce  viene inquinata con la presenza delle auto in centro. Basti pensare al calibro stradale limitato dalle vicine facciate degli edifici, e non è difficile osservare che anche l'illuminazione naturale con la presenza del variegato cromatismo delle auto tra i palazzi, restituisce per riflessione, una luminosità alterata delle facciate.
Belluno è una città giardino a sua insaputa, sì perché senza un progetto urbanistico “suggerito” dal pensiero di Ebenezer Howard mutua, per una sua logica di piccoli agglomerati agricoli distribuiti nel territorio, i caratteri costitutivi di quel movimento utopista ottocentesco.
Governare questa città ma anche altre, in generale, lo so non è facile, specie se si rincorrono i problemi e si naviga a vista; se la politica non si assume le proprie responsabilità e non decide; se non conosce l'umanità che popola il contesto urbano ed extraurbano; se non ha contezza dei servizi e dell'economia nelle sue diversificazioni e, non ultimo, se non ha cognizione delle risorse territoriali. Insomma, se non ha una chiara visione della struttura socio-economica dei luoghi e quali prezzi pagare o meno, per uno sviluppo condizionato dal rapporto costi/benefici, non potrà parlare di sviluppo sostenibile.
La scelta di chi deve amministrare per i prossimi 5 anni è fatta. Chi ha votato la formazione politica in carica, esercitando il suo diritto/dovere, si è assunto l'onere politico di quella che sarà la gestione della città. I cittadini tutti però sappiano, che il governo della città è affidato sì alla a maggioranza, ma il Consiglio dall'interno e la Società Civile dall'esterno non sono ininfluenti nella pratica politica. Anzi. La loro partecipazione mediante i partiti, i movimenti o anche i semplici raggruppamenti nelle scelte urbane, arricchiscono il confronto delle parti e, soprattutto, sublimano il ruolo del cittadino che in democrazia è sovrano.

Giuseppe Cancemi

sabato 1 luglio 2017

Il PIAVE MORMORO'...


Per tutti in Italia, appena minimamente si accenna al Piave, per riflesso condizionato, la mente corre al Fiume Piave e al breve motivetto di un canto, che tutti conosciamo,Il Piave mormorò: Non passa lo straniero!”. Ma di questi tempi, nel bellunese, non è il ricordo nostalgico di una storica rimembranza, che i quotidiani locali rimbalzano, ma piuttosto l'assurdo ulteriore sfruttamento del Piave e dei suoi affluenti. Non utile, ma molto più facilmente dannoso. Siamo all'ennesima notizia che vuole l'ecosistema Fiume Piave trascurato dalla politica e usato in dispregio della storia e dell'ecologia.
Il Piave, non diversamente degli altri fiumi italiani, con il suo insieme di biocenosi e biotopi, è una preziosa risorsa naturale di biodiversità. Lo testimoniano la moltitudine di Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS) di Rete Natura 2000.

Monumento al Fiume sacro della Patria
Non di meno, così per ricordare, è anche luogo e memoria storica di battaglie della Grande Guerra, combattute sulle sue sponde che lo consacrano come: “Fiume sacro della Patria”.

Insomma, siamo in presenza di un grande Fiume italiano la cui labile tutela apposta dalla legislazione ordinaria è stata travolta da un Decreto Lgv. (387/2003) di recepimento della direttiva 2001/77/CE, mosso da fini di importanza planetaria (diminuzione delle emissioni di CO2) ma insignificante per il contributo alla nobile causa e pericoloso come deroga, che può agire in dispregio delle tutele per l'ambiente faticosamente prima conseguite.
Il citato decreto, nelle sue finalità, raschiando il barile, per potere recuperare ancora un po' di energia da fonti rinnovabili: “favorisce”, nei fiumi, la “microgenerazione elettrica... per gli impieghi agricoli e per le aree montane”. E siccome è accompagnato da incentivi economici, diventa un'attrazione “predatoria” per l'ecosistema Fiume, svalutandolo ulteriormente e smarrendo l'utilità del “Pacchetto Clima-Energia” alla base dell'utilizzo delle energie rinnovabili.
Fiume Piave
Chi si è accorto del problema, che si stava cioè esagerando nello stressare l'ecosistema Piave è stato, nel nostro caso, il movimento Acqua Bene Comune. Un largo strato della società civile, con numerose sigle di adesione dell'area bellunese e 7000 firme, sollecitato dal solito impulso NIMBY (not in my back yard) che in italiano vuol dire: “non a casa mia”.

Il Comitato ABC, non ha mancato di ingaggiare una lotta con il potere costituito mediante vari ricorsi di cui anche uno a livello di Commissione europea, non trovando negli enti autarchici, per primi, una risposta soddisfacente e risolutoria che arrestasse l'assalto alla diligenza. Insomma, ha cercato di affrontare la questione in termini politici, giurisprudenziali e di diritto, a mio modesto giudizio, però il problema per la sua complessità mi fa propendere maggiormente e soprattutto per la questione politica che nasce dalle scelte energetiche per un futuro CO2 free.
Ma allora cosa è possibile fare per non arrivare a lotte lunghe che si possono radicalizzare o fare ignorare i più elementari rapporti di democrazia/dissenso?
Credo che si debbano investire le parti politiche che possono incidere nelle decisioni di Governo e comunque arrivare a decisioni che ascoltino il territorio.
In primis, per non sottrarsi ad un impegno come il post Kyoto, che obbliga moralmente e non solo moralmente a contrastare le emissioni di gas serra, ma anche per rimuovere il sottile ma continuo danno ambientale che incombe sul Piave, il quale può diventare un detrimento irreversibile.
Il Pensare globale e agire locale” in un così vasto interesse d'area diventa un obbligo. Il Piave, assaltato da impieghi non compatibili, con il suo ecosistema va difeso e non solo per interessi locali ma soprattutto per interesse collettivo: italiano.
Le motivazioni da spendere per confutare la scelta di utilizzare le cosiddette centraline nel Piave per ridurre le emissioni di CO2, complessivamente, stanno nella Strategia Energetica Nazionale (SEN 2017) del 12/6/2017, e nella sperimentazione di due progetti (Politecnico di Torino ed ENEA), in termini applicativi, per lo sfruttamento energetico delle onde marine.
Mezzo di sperimentazione - Politecnico di Torino ed  ENEA

Le tecnologie del pendolo e del giroscopio (Iswec e Pewec) sono pronte per le turbine che possono sviluppare potenze idroelettriche dai 17 a 2 kilowatt nei nostri mari più vicini. Con le onde della costa di Alghero, per esempio, in un'area di un kmq, si può ricavare un'energia per 42 mila abitanti. Il potenziale di 8000 km di coste italiane non è male per un futuro che punta a nuove e più economiche energie rinnovabili.
Basta fare notare alla politica che queste altre soluzioni, più importanti, riconosciute come energia blu del mare, anche dal punto di vista dell'economia e dell'occupazione, sono il futuro.
Altro motivo che rende inutile l'incentivare le discutibili centraline sono i dati. L'Italia nel suo SEN 2017 rivendica, rispetto ad altri Stati europei, di avere raggiunto l'obiettivo 20-20-20, previsto per l'anno 2020, già nel 2015.

Forse un'autorità di bacino autonoma che si occupi del solo Piave è richiesta. Un approccio integrato per l'ambiente antropizzato, e non, del Piave, dovrebbe poter ricomporre la moltitudine di competenze e di frammentazioni in quell'unicum del paesaggio fluviale che compone il solco naturale del Piave.
La politica dunque, quella locale prima, per essere più presente nella società, si deve adoperare nell'intento di creare condizioni e strumenti, per evitare che i conflitti diventino un fine.
Nel nostro caso, prioritariamente, si può e si deve chiedere presto al Governo, la rettifica del DLgs 387/2003, strumento che rappresenta il vero motivo della corsa alle famigerate centraline, affrontando nel contempo, i temi della tutela dell'ambiente e della promozione culturale del sistema fluviale Piave.

Giuseppe Cancemi 

lunedì 12 giugno 2017

IL MIO PUNTO DI VISTA SULLE ELEZIONI A BELLUNO



Le elezioni sono andate come dovevano andare. Già qualche settimana prima delle elezioni, non contento, pronosticavo che Belluno non aveva bisogno di un sindaco, perché i soli cittadini da una parte e la burocrazia comunale dall'altra, avevano raggiunto un equilibrio stabile: ad ognuno un minimo di dovere. E la comunità “senza lode e senza infamia” va avanti! La moltitudine dei non votanti lo conferma.



Ha votato, con qualche voto in più, il 50% degli aventi diritto. Gli altri sono rimasti a fare quello che fanno tutte le altre domeniche. Totale sfiducia ai partiti tradizionali e ai movimenti, con molto fai da te tra gli egoismi consolidati e il mascheramento “civico” sostenuti da numerosi gruppi di conservazione dello status quo. I partiti che ci hanno messo la faccia hanno raccolto quei risicati voti di fidelizzazione dei sostenitori. Che vuol dire questo?
Io provo a spiegarmelo con una riflessione che viene da lontano. Di solito i partiti tradizionali, nel passato, stavano tra la gente, raccoglievano ogni sorta di critica, meditavano, discutevano, si battevano per i principi del proprio partito. Oggi, la vita di partito si svolge nelle sole occasioni di assetto di partito (per pochi addetti) e nelle occasioni elettorali. La dialettica tra simpatizzanti e iscritti di partito non esiste. Passato uno di quei momenti celebrativi o di nomina, tutto viene archiviato. Il faldone elezioni, per esempio, si riprenderà, senza neanche spolverarlo, alle prossime, dopo un trascorso di silenzi, di scarse informazioni per la vita politica pubblica (esempio:cosa fanno i rappresentanti nelle istituzioni o ciò che discutono i consiglieri in Comune o in Provincia).
Insomma, per avere un'idea di quanto accennato, si può desumere da internet. La rete, in verità, non possiamo dire che viene usata al meglio da alcuni, il profilo è basso e utilitaristico. Nella rete però, che ha un uso consumistico di informazioni, chi si propone non può essere lì senza una costante e giornaliera presenza con idee, informazioni, opinioni, momenti culturali e tutto ciò che può far crescere l'interesse per collegare quel sito. E invece? Invece oltre a non trovare nulla di interessante nei siti di partito, ti accorgi che non aggiornano le loro pagine, se non in occasioni come dicevo, di nomine, spartizioni ed elezioni. Non solo, ma si barricano, si proteggono anche da partecipazioni esterne che dovrebbero essere il sale della discussione politica, del dibattito con la gente comune.

In buona sostanza, l'esito elettorale di Belluno non mi coglie di sorpresa. La disaffezione verso i partiti nazionali si trasferisce nei comuni e per quanto si tenta di mascherarla con le liste civiche, la crisi è manifesta lo stesso con il calo dei votanti. 

Giuseppe Cancemi

sabato 3 giugno 2017

ALLA RICERCA DELL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE PROSSIMA VENTURA


Io, di Belluno, mi sono fatto un'opinione. Penso che un commissario prefettizio per governare la città basta. Amministrare secondo legge e lasciare svolgere tutto quanto alle persone preposte che operano in Comune è un'ordinarietà che regge. In fondo è un po' quello che abbiamo visto in questi anni. Il merito di una città con qualche lode e senza infamia appartiene ai cittadini. In fondo il tutto ha continuato a girare semplicemente perché il popolo bellunese recita senza alcuna sollecitazione il suo dovere civico. I primi posti conquistati in questi anni nella classifica nazionale di vivibilità per i parametri usati in base ai servizi, ben rappresentano lo stile di vita dei bellunesi. Anche una democrazia dell'istituzione che conduce la città, bisogna ammetterlo, formalmente c'è stata e si pratica, ma un solco politico di chi ha governato si fa fatica a riconoscerlo.

La democrazia a cui penso e propendo, viene da lontano. É ancora l'unica forma per amministrare una comunità, che dà il massimo protagonismo ai singoli cittadini. Tale sovranità del popolo, però, non può fare a meno di scelte nella conduzione di una città. Quelle scelte, sono il sale della politica che proviene dai gruppi che si ritrovano in un partito, in un movimento, luoghi di condivisione delle idee comuni, di parte.

Le elezioni amministrative che sono in corso d'opera, penso che debbano essere considerate un'opportunità più che una celebrazione di routine. Servono, per fare avanzare quelle scelte di necessario sviluppo a cui una città come Belluno deve tendere. C'è bisogno di una discontinuità, di un cambiamento nel vivere associato che, utopisticamente deve aspirare alla felicità. I nuovi canoni da considerare, non sono questa o quell'opera che la propaganda elettorale solitamente promette, ma piuttosto i principi fondanti come: quello di una città a misura di tutti che azzera le barriere architettoniche; la ricucitura degli insediamenti (centro storico e periferia) e le necessarie relazioni con lo spazio interconnesso; l'occuparsi di casa, lavoro, inclusione sociale dei più deboli, mobilità e servizi. Il tutto riconducibile ad un percorso di progetto globale di sviluppo locale, a partire dai reali bisogni del cittadino, dell'uomo.

Piazza Piloni o parco auto?
Per la verità i cittadini di Belluno, o meglio quelli che si ritengono i rappresentanti dell'urbe ma che sono solo i rappresentanti dei commercianti del centro storico, non perdono occasioni per la reiterazione delle solite richieste di natura lobbistica, che massimamente riguardano parcheggi e circolazione. Non rinunciano a questa bandiera, quasi un feticcio, per scongiurare la crisi che attraversano le attività del piccolo commercio di vicinato. Al Comune, viene richiesta ad ogni piè sospinto una partecipazione salvifica. L'Ente autarchico comunque, bisogna riconoscerlo, non è né responsabile né la panacea di tutto. Le difficoltà di ricollocazione dell'offerta commerciale e la sintonia con la domanda, vengono da lontano e semmai, nei confronti del Comune, le uniche cose che si possono rivendicare sono gli atti intesi a ridurre la burocrazia, un qualche incentivo e un certo appeal del centro storico.

Fondamentalmente in ambito locale, nuova amministrazione e cittadini dovrebbero accordarsi su un cambiamento culturale non occasionale ma profondo che avvicini i punti di vista di ciascuna delle parti. É impensabile che per il centro storico ci sia una diversità di vedute, per uso, mobilità e circolazione.
Piazza Duomo assediata dalle auto

L'umanità che è vissuta nel cuore di Belluno, con la sua stratificazione temporale dei manufatti, ha lasciato un suo schema viario ed una distribuzione spaziale più adatti ad una deambulazione pedonale che non ad una circolazione con mezzo meccanico. Dunque, ha configurato un luogo a sola misura d'uomo. E come tale andrebbe lasciato. Il ritrovarsi in spazi relazionali (piazze e vie), per vivere la città, fare acquisti, muoversi in sicurezza e a distanza dall'inquinamento atmosferico è un privilegio, un godimento e non uno svantaggio. Il centro storico nella sua identità storica e culturale, si diversifica, per natura, da gli altri luoghi della città più adatti ai mezzi a motore che comunque inquinano l'atmosfera e l'immagine degli stessi ambiti di vita associata. Persino la luce viene inquinata in centro. Basti pensare al calibro stradale limitato dalle vicine facciate degli edifici, e non è difficile osservare che anche la luce naturale con la presenza del variegato cromatismo delle auto e le quinte dei palazzi restituisce per riflessione una luce modificata.

Belluno è una città giardino, a sua insaputa, sì perché senza un progetto “suggerito” dal pensiero di Ebenezer Howard si ritrova in linea con i caratteri costitutivi del movimento utopista ottocentesco.
Governare questa città ma anche altre, in generale, lo so non è facile, specie se si rincorrono i problemi e si naviga a vista; se la politica non si assume le proprie responsabilità e non decide; se non si conosce l'umanità che popola il contesto urbano ed extraurbano; se non si ha contezza dei servizi e dell'economia nelle sue diversificazioni e, non ultimo, se non si ha cognizione delle risorse territoriali. Insomma, se non si ha una chiara visione della struttura socio-economica dei luoghi e quali prezzi bisogna pagare o meno, per uno sviluppo condizionato dal rapporto costi/benefici, non si potrà parlare di sviluppo sostenibile.

Scegliere votando, in conclusione, ciò che dovrebbe venirci dalla imminenti elezioni amministrative, vuol dire esercitare un diritto/dovere che ci fa assumere una responsabilità politica. Nella scelta, comunque, si corre il rischio di declassare il voto ad una formale delega, se ognuno crede che il tutto si esaurisce con le proprie preferenze elettorali. Diversamente si sappia, che al cittadino, sempre e comunque, spetta il diritto di esercitare una sua partecipazione alle decisioni nelle forme e nei modi previsti dalle leggi.

Giuseppe Cancemi


giovedì 1 giugno 2017

BENI CULTURALI, NON MUSEALI... MA PARLANTI!

 Le istituzioni scolastiche e quelle amministrative debbono, in un progetto condiviso, operare perché i Beni Culturali non restino "archiviati" o peggio "posteggiati" in costosi musei senza un uso che entri a far parte della crescita degli adolescenti e dei giovani.


Il tema dei beni culturali, va a braccetto con le risorse territoriali locali e con la loro valorizzazione. L'immaginario collettivo, in genere, ritiene e associa al patrimonio culturale, solo e sempre immagini di una certa esclusività, riferentesi ai manufatti storici più celebrati. Ma così non è! Le tracce storico-culturali e gli ambienti naturali rappresentano l'identità di un luogo, e non sono di serie A o di serie B. Voglio dire che, per una malformata accezione di bene culturale, la stratificazione storica e culturale, che appartiene alle trascorse generazioni dei nisseni, non viene riconosciuta e dunque, non valorizzata. Per molti nisseni ad esempio, i ritrovamenti archeologici ospitati a Caltanissetta, o non sono conosciuti, o ritenuti d'importanza minore, al confronto di altri più gettonati e più reclamizzati. Eppure, il centro storico con le sue case in via di degrado, quando non dirute, è luogo di altrettanti segni dell'umanità trascorsa, i cui reperti, hanno una propria dignità storica. Tutta l'Italia ha un passato storico più o meno ben conservato che forma l'insieme dei beni culturali, e la Sicilia di questi importanti segni, ne possiede un quarto. L' iniziativa 1ª Giornata Nazionale dei Beni Comuni di Italia Nostra”, in Sicilia, è un evento da sottolineare. Non si può continuare ad ignorare le nostre risorse territoriali abbandonate o consegnate all'ignavia perenne. Ma non basta celebrare, se ci si ferma al solo evento, tutto continuerà a restare come prima. Bisogna spendersi oltre, affinché ciascuno faccia la propria parte: dal singolo cittadino, alle più importanti istituzioni come per esempio la scuola. Gli adulti contemporanei, possono essere le avanguardie, ma è necessario puntare sulle nuove generazioni sin dalla scuola dell'obbligo. I bambini, gli adolescenti appartengono a quelle fasce d'età che debbono poter cominciare a “respirare” dentro e fuori la scuola aneddoti, ricordi, tradizioni, storia locale, piccoli brandelli di vissuto che possono o no raccordarsi con la storia formalizzata nei cosiddetti libri di testo. Insomma bisogna cominciare presto ad educare generazioni in crescita attraverso un percorso con la storicizzazione del vissuto locale come valore culturale.
L'offerta formativa delle scuole a tutti i livelli, programmi, non in solitudine, ma unitamente con le istituzioni locali. I percorsi formativi prevedano, all'interno delle attività culturali, impegni, nel corso dell'anno, che contemplino ricerche in: musei, biblioteche, archivio di stato, archivi di curia e chiese, e persino nelle interviste a privati che hanno memoria storica di eventi accaduti in città.
Le istituzioni locali, “battano un colpo”, nel senso di mettersi in gioco per una cultura partecipata e non passiva, soprattutto nella propositività e nelle soluzioni organizzative.
Impegnino e si impegnino per le nuove generazioni si da mettere in moto un circuito virtuoso verso beni culturali non più muti, museali, ma “parlanti”.

Giuseppe Cancemi