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mercoledì 21 ottobre 2020

PIANO DI ASSETTO TERRITORIALE

P.A.T. - Atto secondo

Infrastrutture fisiche e digitali per la MOBILITÀ 

La Consultazione pubblica come parte del “percorso partecipativo” prevista per l’adozione dello strumento urbanistico P.A.T. del 19 ottobre c. m., ha messo in luce una volontà, direi quasi, di stanca continuità. Una logica di sviluppo, che non contempla appropriati elementi di novità al passo coi tempi.


Le aspirazioni degli amministratori del territorio bellunese, emerse dalla consultazione, semplificando, hanno dato l’impressione di confermare un preconcetto bisogno, orientato verso un‘espansione di infrastrutture trasportistiche su gomma, come previsione predominante per il prossimo futuro. Rotatorie, raccordi, tangenziale, parcheggi e autostrada A27 e quant’altro, a beneficio dell’auto come totem, non sono sembrate “sconvolgenti” alle persone che partecipando all’incontro, hanno aderito a questa nuova forma di audizione pubblica, rivolta per teleconferenza agli stockholder del territorio. Qualcuno a proposito della mobilità, che da qui al 2050 continuerà ad essere inquinante, ha rivendicato un’attenzione, anche, verso i velocipedi o mezzi di trasporto individuale con velocità massima 30 km/h, reclamata in tutta Europa. Non sembra essersi evidenziata negli interventi alcuna volontà di scoraggiamento per il traffico su gomma, a favore di spostamenti della popolazione circolante in area montana su mezzi ferroviari.

I nuovi paradigmi della mobilità, che con il progetto green europeo rivoluzioneranno anche il trasporto, non hanno sfiorato minimamente, nel dibattito in teleconferenza, l’idea dei partecipanti, amministratori pubblici compresi. La politica dei trasporti in Unione Europea, mira a soluzioni di mobilità e logistica efficienti, sicure e rispettose dell’ambiente. Concretamente si fa promotrice di azioni per creare condizioni idonee per un’industria competitiva e capace di generare crescita e occupazione.
Nel territorio di Belluno, sappiamo, che di tanto in tanto a seguito di qualche piovasco, negli ultimi tempi, il suolo mostra sempre più la sua vulnerabilità. L'addebito per questi, a volte disastri, viene attribuito alla crisi climatica. Ma ad amplificare il danno invece, non di rado, concorre il ritardo della manutenzione o la sua totale assenza.

L’infrastruttura stradale, per l’alta diffusione della sua rete, e a causa della sua impermeabilizzazione di suolo diffusa, ne paga sovente le conseguenze. Segno, che una spinta antropizzazione non si concilia con gli ambienti naturali delle valli, che solcano il territorio.
Frazioni e Comuni, per questo, rincorrono sempre più gli eventi calamitosi ma non sempre praticando una prevenzione manutentiva puntuale. Forse, per questioni economiche, mancano di una cultura della manutenzione programmata.

A cominciare dalle novità come smart working, industria 0.4, banda larga, etc. ci si dovrà muovere molto meno e fare viaggiare di più le informazioni. L’industria dovrà anche rivedere il tempo di lavoro nelle fabbriche. Insomma possiamo dire che, per gli eventi che si preparano per il territorio bellunese, il futuro è già cominciato. La mobilità a scopo di lavoro e per altre esigenze, ha già fatto diminuire i suoi spostamenti. Si pronostica anche una revisione del tempo di non lavoro, in aumento. Tutto questo per la montagna può avere un significato, che non può essere trascurato.
Il dibattito, non ha evidenziato alcun accenno, alle risposte da dare nel merito degli spostamenti, ma neanche alla ricucitura da dare alla dispersione della popolazione nel territorio, e ai suoi raccordi con tutta la provincia bellunese. Un enorme numero di frazioni (33) formano la città e ben 61 Comuni caratterizzano il territorio provinciale, con una popolazione residente la cui età media avanza, mantenendo una sua stanzialità.
Un ulteriore allungamento dell’autostrada fin oltre il territorio di Belluno non fa bene né alla natura né al territorio.

Gli abitanti della montagna da tempo sono abituati a condividere con chi frequenta i luoghi o transita, quella “lentezza” e contemplazione della natura che chi vive o frequenta la montagna apprezza, sapendo anche che ritempra l’uomo.
Un transito su gomma che bypassa il territorio bellunese velocizzando l’attraversamento, non è un beneficio ma un danno alle Comunità locali oltre che all’ambiente. Sarebbe auspicabile un potenziamento del trasporto pubblico, prevalentemente su rotaia, che permette di servire meglio le Comunità locali, favorendo anche la distribuzione degli occasionali visitatori della montagna.
Una situazione vantaggiosa anche per i valligiani, per preservare il loro buon livello di autonomia personale, e non indebolire quel tessuto sociale che vive in centro e in periferia.
Si vuole significare con i precedenti accenni alla popolazione e ai luoghi -riferimenti assai importanti - che il Piano di Assetto del Territorio, deve potersi sintonizzare con il vissuto dei luoghi, prima di essere coniugato con la mobilità e i trasporti.

Si eviti di cristallizzare lo strumento urbanistico, a puro e staccato riferimento teorico della realtà esistente. In buona sostanza, si dia al P.A.T. il compito di cogliere l’essenza dei nuovi bisogni in tempi di transizione, per una realtà territoriale che può collocarsi tra le città territorio intese come Smart city.

Giuseppe Cancemi


venerdì 16 ottobre 2020

RIPENSARE IL FUTURO DELLA MONTAGNA

 


Turismo bianco o futuro nero ?

Premesso che tutti vorremmo un Nevegal risorto o comunque in grado di continuare con le proprie forze, ma non è difficile comprendere che siamo fuori da ogni ragionevole aspettativa. Qualche tempo fa, già si pronosticava un turismo bianco da un futuro nero per le quote più basse dell’arco alpino.

A tutti, dovrebbe essere noto che sulle Alpi, al di sotto dei 2000 metri, sempre con meno neve, non è più possibile sciare con piste naturalmente innevate. I cambiamenti climatici fanno sentire il loro effetto e molti comprensori, sappiamo, ne soffrono le conseguenze. La gestione degli impianti ha costi non più sostenibili da tempo. La stagione sciistica si è accorciata, e per necessità di sopravvivenza degli operatori in servizio, si è arrivati ad aperture di stagione ritardate ma con piste dove compare anche l’erba. Gradatamente, si è passati verso un più diffuso innevamento artificiale sostenuto da cannoni sparaneve che economicamente aggravano il mantenimento dell’impianto.

La questione Nevegal è politica, e non può essere affrontata in termini demagogici o superficiali, perché è un problema economico, prima di tutto con riflessi sulla vita delle persone: chi vi lavora. Tutti si prodigano per il Nevegal (a parole) ma non mi sembra che alcuno abbia presentato, per la sua continuazione nella gestione degli impianti, uno straccio di “business plan”. In semplici parole, quell’idea imprenditoriale che riesce a spiegare una fattibilità nella continuazione che sia competitiva e sostenibile.



Purtroppo, s
i discute da anni come se fosse un fatto a sé stante e non come tema di interesse territoriale per Belluno. Tutto tra l’altro avviene, tralasciando quello che è l’impasse principale: il cambiamento climatico di questi ultimi anni.

La recessione del 2007, oltre al cambiamento climatico, è il punto d’inizio della crisi che avrebbe colpito i comprensori sciistici. LOCSE (Organizzazione Cooperazione Sviluppo Economico) in una sua ricerca, se ne occupa facendo notare che per il mantenimento di un comprensorio occorre un innevamento della durata di 100 giorni all’anno e un’altezza della neve di almeno 30 centimetri. Altro dato non trascurabile nella complessiva crisi determinata dal clima in montagna, riguarda la temperatura media, la quale per ogni grado in più fa alzare il livello sciabile di 300 metri.

E’ un fatto, che per i comprensori sciistici sono in atto un certo numero di chiusure verso fondo valle di chi dichiara fallimento e di altri che fanno proposte di salvataggio con ricorso ai fondi pubblici.

Volere ancora insistere nella priorità turistica delle piste da sci, può sembrare più un “accanimento terapeutico” che non altro.

La montagna ha tanto da dare e non testardamente per forza un’offerta turistica in perdita puntando quasi esclusivamente su un’attività monocorde. In tempi di transizione sarebbe bene riprendere con maggiore orgoglio le offerte di eccellenza che offre la natura dei luoghi. Insomma non sarebbe poi così difficile orientarsi verso approcci di più basso impatto ambientale.

Vengono in mente: l’accoglienza, l’ospitalità, la vendita di prodotti locali e i servizi per il tempo libero per la bellezza dei luoghi.

E  il territorio di Belluno, di risorse come quelle accennate, ne ha di primati da offrire.

Giuseppe Cancemi


Vedi anche: https://gcancemi.blogspot.com/2023/02/nevegal-riqualificazione.html