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mercoledì 30 settembre 2015

AMMINISTRARE: SERVIRE I CITTADINI SENZA ARROGANZA


Umilmente mi permetto di chiosare su quanto ha pronunciato da un autorevole uomo di chiesa, in un momento solenne come la festa del Santo Patrono. Si è voluto ricordare alla comunità tutta, che amministrare significa servire i cittadini senza arroganza. Quasi un avvertimento sul bisogno di dialogo tra Amministrazione in carica e cittadini. Si è dunque voluto dire no alla continua  autocelebrazione del potere, non certo ben accetta a noi poveri amministrati. Insomma, non è passata inosservata, neanche per le alte sfere di solito impegnate per altri compiti,  la tronfiezza della compagine amministrativa che sembra muoversi (o forse rimanere immobile) con  un principale compito: la consegna del silenzio. Silenzio quasi offensivo che tende a snobbare le lamentele di una moltitudine di caltanissettesi, su ciò che fanno gli “addetti ai lavori”. Un atteggiamento che ricorda il marchese del grillo: io so’ io e voi non siete un c….o.
Il politically correct che viene ostentato nel linguaggio: partecipazione, condivisione, trasparenza, sono eufemismi che mascherano la pratica quotidiana tutt’altro che aperta e partecipata.



Chiudersi in una torre d’avorio, comunque, mentre i cittadini fanno salti mortali, non fa bene a nessuno. Allora, per brevità, chiedo al Sindaco ed alla Giunta, se hanno voglia di smentire quello che comincia a diventare un sentire comune,  di comunicare alla città quali azioni hanno in pectore per i prossimi tre anni e mezzo amministrativi per la città.
Per esempio, per l’acqua, il lavoro, il centro storico, la raccolta differenziata, etc.

Giuseppe Cancemi

sabato 26 settembre 2015

E I NISSENI RI-SCOPRIRONO CIÀULA


Ovvero: il povero ciàula scopritore della luna vuole essere brand o metafora del mondo minerario di cui il territorio nisseno è stato primo attore?

Risultati immagini per ciaulaNel titolo prescelto: «Ciàula scopre la luna», in un progetto locale per tre Comuni del nisseno (Caltanissetta, San Cataldo e Montedoro) si riprende un antica (di alcuni decenni) intuizione, nata per recuperare quella mancanza di reddito, dovuto alla perdita dei posti di lavoro in miniera, dopo la loro chiusura. L'idea era nata dopo una cocente delusione per una promessa industrializzazione compensativa nel cosiddetto (all'epoca) triangolo della miseria (Agrigento, Caltanissetta ed Enna). La proposta, dunque, non è nuova. Da decenni si assiste, con proclami, annunci e cose simili, al fatto che quasi tutti i Campanili in territori già legati all'archeoindustria siciliana, vorrebbero candidarsi a luoghi della memoria mineraria.
Stavolta, però, la nuova perorazione appare sì diversa ma dal titolo ambiguo, e fa sorgere spontaneo un interrogativo: ma la storia del povero Ciàula in compagnia di zì Scarda, vuole essere un brand o una metafora? E di cosa?

Un Ciàula che scopre la Luna, la quale forse mai, col suo animo semplice, aveva avuto tempo e modo

per percepirla come tutti gli altri esseri umani e un zì Scarda, tragicomico, nella rappresentazione del commediografo Pirandello, evocano un qualcosa che suscita nell'immaginario collettivo solo sentimenti di compassione. Con la novella di Ciàula, per sentito dire, si corre il rischio per le nuove generazioni, di ridurre questo accostamento da mesto ricordo a semplice "amarcord": tempo da rimpiangere, da ricordare con nostalgia. La luna, per Ciàula, era la scoperta di ciò che gli era stato da sempre negato: la comune conoscenza umana del ritmo circadiano. La lacrima che solcava un viso scavato dal dolore e dalla fatica di zì Scarda, raccolta con una smorfia della bocca quasi comica, non lasciano spazio ad un rimpianto per un mondo, molto vicino a noi, ma parecchio doloroso, che non c'è più. Questi personaggi di Pirandello, così per ricordarlo, appartengono anche al triste e doloroso affido del figlio adolescente («carusu») dal padre-padrone contadino poverissimo, in ostaggio al minatore anziano di ridotte attitudini lavorative, suo creditore. Situazione che difficilmente si concludeva con il riscatto dell'ostaggio.

Se vuole essere un marchio confesso che fa molta tristezza e se non erro è stato già adottato da altri e per altri scopi.

La metafora come effetto non sembra molto diversa, per quello che si vuole veicolare, ma forse vuole essere solo una suggestione, ma le suggestioni, come si sa, durano poco.

Giuseppe Cancemi