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domenica 22 dicembre 2013

PROGETTO PILOTA



EMERGENZA CENTRO STORICO


L'esposto presentato dai professionisti, che si erano già opposti al cosiddetto “progetto pilota” redatto dall'Ufficio Tecnico Comunale, mette sul tavolo di un confronto, mai cercato o accettato dall'Amministrazione in carica, la carta pesante della richiesta d'intervento delle autorità giudiziarie e contabili. Per la verità l'Assessore all'Urbanistica a febbraio del c. a. aveva annunciato di dover gestire il recupero del centro storico mediante l'urban center (termine di origine anglosassone), volendo significare un percorso di processi decisionali nelle politiche urbane, al fine di migliorare il livello d’informazione, la conoscenza, la trasparenza, la partecipazione e la effettiva condivisione. Ma così non è stato. Con arroganza, il Comune ha fatto tutto da solo. Ostinatamente, ogni decisione e tutte le operazione che conducono alla strombazzata “posa della prima pietra” hanno escluso ogni pur minima partecipazione. Ironicamente, questo reclamizzatissimo atto simbolico della prima pietra è stato ribattezzato da qualcuno, come “ingresso della prima ruspa”, dati i presupposti del progetto.

Adesso l'oggetto del confronto si è spostato su un altro piano: quello del rispetto delle leggi. Nell'esposto, al di là delle diversità intepretative, nel modo di intendere l'azione di recupero in centro storico, già trattato dai professionisti in altro documento, ora, a fatto compiuto, con la consegna dei lavori, si evidenzia una misura colma per una discutibile osservanza procedurale, al limite della legittimità. La progettazione, nel segmento documentale che compete alla “conferenza dei servizi”, in merito alle autorizzazioni e alle conformità appare carente, come prima cosa per l'assenza di una approvazione paesaggistica. Se poi si prova a leggere l'approvazione del Soprintendente e del coadiuvante Responsabile di settore, le cosiddette prescrizioni sono generiche (appaiono più raccomandazioni che non precetti). Le prescrizioni, nella lingua italiana, vogliono significare precise imposizioni ai sensi di legge o da consolidati orientamenti e tendenze tecniche, architettoniche, culturali, etc. e non ambigue indicazioni generiche.
La “demolizione e arbitraria ricostruzione di due isolati del Quartiere Provvidenza” accusata dai professionisti che si oppongono al Progetto Pilota comunale, non può non fare ricordare a me stesso, per un verso, ma soprattutto per chi ha la responsabilità del progetto e della sua esecutività, le raccomandazioni della carta del restauro del 1987, la quale a chiare lettere re-spin-ge sin dallo stato di progettazione proprio le “rimozioni e demolizioni che cancellano il passaggio dell'opera attraverso il tempo”. Non è un caso che anche Leonardo Benevolo, membro della commissione che nel 1978 si è occupata della legge n. 457, trova discutibile persino “la parte che mette insieme restauro e risanamento conservativo” che a suo autorevole dire, parafrasando, quei tipi di intervento vengono interpretati come due gradi di tutela. ma che tali non sono, aggiungo io. Insomma, questo contenzioso che fa temere l'incognita di un futuro di “centro commerciale” (?) o di ghetto (?) e non di centro storico, appare, anzitutto, come il risultato di un “progetto pilota” privo di una ricognizione scientifica che è la base per una vera tutela della città antica e la “cura”, attraverso “la rigenerazione”,fa temere per la “morte biologica” del malato.

Giuseppe Cancemi