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venerdì 4 maggio 2012

dal mio amico VITTORIO (I0VBR) ricevo e volentieri pubblico



GILDO - I3PVE
 Giuseppe Biagi
 Roma: gennaio 1960
(nato a Medicina BO il 2 febbraio 1897 e deceduto a Roma il 1° novembre 1965)
 I giornali di tutta Italia diedero, il 2 novembre 1965, la notizia della morte di Giuseppe Biagi, il valoroso marconista che visse la tragica avventura della spedizione del dirigibile « Italia » al Polo Nord nel 1928.
 « Baciccia », come lo chiamavano gli amici, aveva 68 anni e dal dopoguerra fino a poco prima di morire era addetto ad una stazione di rifornimento benzina alla periferia di Roma.
 Qualche settimanale illustrato, infatti, pubblicò delle fotografie dove si vedeva l'eroe della banchisa polare fare il pieno alle macchine dei gitanti domenicali sulla via Ostiense. E’ meglio non indagare, se non altro per carità di patria, dei motivi per i quali il valoroso ufficiale marconista Biagi, dopo aver indossata con onore la divisa della gloriosa Marina italiana sia stato costretto, per mantenere la famiglia, a fare il benzinaio vestendo la tuta ed il berretto a visiera con il fregio della petrolifera conchiglia. Una Patria matrigna e dalla memoria corta che meriterebbe ben altre considerazioni, noi radioamatori ricordiamo Biagi come il marconista che salvò i resti della spedizione Nobile utilizzando un primitivo ricetrasmettitore “Ondina” frutto della più grande invenzione della storia, quella della radio di Guglielmo Marconi.
Conclusioni
In tutte le fasi della spedizione dell’Italia al Polo Nord la radio rivestì costantemente un ruolo fondamentale: svolse una molteplicità di compiti primari durante la navigazione (trasmissione di coordinate e ricezione di bollettini del tempo) e nella ricerca tecnico-scientifica (collegamento dalla verticale del Polo) e, soprattutto, consentì il salvataggio dei superstiti del disastro, prima rendendo possibile la scoperta del pack sul quale si trovavano i naufraghi, e poi guidando diligentemente i soccorsi sino al loro recupero. Protagonista assieme alla radio di tutte queste operazioni fu indubbiamente Giuseppe Biagi, del quale tutti i compagni ricordarono nelle loro memorie il carattere allegro e generoso, da buon bolognese sanguigno e infaticabile, che durante le tempeste sul pack ingiuriava il vento «ignorante», cambiava le fasciature al Generale, descriveva i pranzi succulenti che avrebbe servito in una locanda che progettava di aprire una volta rimpatriato, e che dal Krassin comunicava informazioni riservate al capitano Baccarani in dialetto bolognese. Quando rientrò in Patria, Biagi ebbe la soddisfazione di vedere la bambina nata durante la sua lontananza, e alla quale aveva telegrafato di mettere il nome Italia; fu invitato da Guglielmo Marconi a bordo della nave Elettra a Viareggio; rilasciò interviste; ebbe l’onore di qualche copertina e di un busto a opera dello scultore Mario Sarto.

La prima istituzione a tributargli pubblici riconoscimenti fu l’Associazione dei Radioamatori Italiani, che nel Congresso nazionale a Torino il 23 settembre 1928 gli offrì una medaglia d’oro coniata appositamente, e nel corso dei decenni successivi non lo dimenticò mai, onorandone tenacemente la memoria quale simbolo di tutti i radiotelegrafisti sacrificatisi per la salvezza dei propri compagni, e al tempo stesso come luminosa espressione di quei valori di fratellanza e amicizia che l’invenzione marconiana racchiude. Alla sua morte, avvenuta nel novembre 1965 dopo alcuni anni trascorsi in penose ristrettezze economiche, tra i tanti articoli che ne ricordavano l’eroismo ve ne fu uno dell’ammiraglio Viglieri, il quale si meravigliava di come Biagi non avesse avuto i riconoscimenti dovuti, e che erano stati invece concessi ad altri «che non avevano certo fatto più di lui il proprio dovere».
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