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venerdì 16 novembre 2018

Caltanissetta II


Parte II


Urbanistica
Tratti socio-economici

Caltanissetta, città terziaria di lungo corso, transitata per i settori: primario e secondario, attualmente registra un'economia prevalentemente fatta di occupati nei servizi e nel commercio. La crisi economica che ancora dura, ha particolarmente colpito il settore delle costruzioni edilizie e fatto perdere non pochi pezzi all'imprenditoria di questo settore, che a fronte delle difficoltà, non ha approfittato per rinnovarsi, come in altre realtà territoriali.
Il morso della generale crisi economica, ha paralizzato un po' tutte le attività economiche, ma come per effetto domino, l'edilizia, ha trascinato anche il settore immobiliare e il suo indotto.
Le risorse economiche di provenienza europea e nazionale di questi anni, o sono state dissipate attraverso progetti incoerenti per i bisogni dei luoghi, o non sono state sufficientemente attenzionate, e quindi, sono state sperperate o lasciate sfuggire.
Gli effetti di questa economia asfittica, purtroppo si ritrovano nell'aumento d'incapienza di non pochi cittadini.
Complessivamente possiamo dire che l'economia del territorio, non fa vivere bene tutti gli insediati. La scarsità di lavoro ne è la causa principale. Il tessuto sociale autoctono, ai fini anagrafici è in decremento ma per gli effetti del noto fenomeno migratorio del Mediterraneo esiste un certo riequilibrio. In qualche modo una compensazione di segno positivo, nei confronti di un lento spopolamento, dà stabilità alla popolazione nissena.
Oltre alla degradazione dei quartieri periferici, un fenomeno del tutto nuovo di tendopoli e di alloggi di fortuna in estrema periferia e in centro storico ha fatto la sua comparsa e tenta di stabilizzarsi. Nei quartieri del centro, oltre alla comparsa di alloggi acconciati in edifici fatiscenti, si sono attivate anche piccole attività artigianali non nuove, ma che da tempo non erano più presenti in loco. Molti esercizi di vicinato, per la comparsa della grande distribuzione e dei vari centri commerciali, facendo fatica a resistere, sono del tutto spariti. La città comunque non si è completamente arresa. Qualche segnale da non sottovalutare è comparso. Nuove tendenze di business in centro, di ristorazione, di qualche attività di nicchia verso le risorse naturali e culturali in genere, iniziano a comparire.
In questo quadro socio-economico non certo esaltante, per una più che necessaria ripresa della Comunità nissena, la sfida è ardua e l'attesa di un finanziamento statale (tra 'altro sfumato, al momento) e la revisione del PRG, non bastano.
Bisogna convincersi e convincere che è più facile rimboccarsi le maniche.
Meglio cercare di inventarsi altre occasioni, magari pescando nelle risorse territoriali disponibili e nei punti di forza strategici del territorio, facendoli diventare opportunità.
Bisogna in altri termini, potenziare gli elementi di forza e neutralizzare quelli di debolezza.

L'insediamento

Uno degli aspetti che fa discutere, e non poco, in questo ultimo mezzo secolo, è il sovra-dimensionamento della città e la dispersione degli immobili sul territorio, in massima parte dovuto alla speculazione edilizia. Tale fenomeno con marcate periferie fatte di villettopoli, borghi e frazioni, ha comportato forti squilibri territoriali e nocumento ad alcuni servizi urbani, che sono diventati difficili, o quantomeno disagevoli se non scadenti nella loro fruizione.
Purtroppo, dopo la seconda guerra mondiale con la ricostruzione e successivamente col boom economico degli anni 60', lo sviluppo edilizio fortemente alimentato da interessi speculativi, ricordato anche come quello de: “le mani sulla città”, ha prodotto a Caltanissetta un'edilizia qualitativamente medio-bassa e di periferie disadorne.
I vari stock edilizi di queste zone cosiddette di espansione, come in centro, in assenza di interventi manutentivi, hanno subìto un degrado d'immagine che si va diffondendo. In una città di circa 60 mila abitanti sono state costruite abitazioni con un doppio numero di stanze rispetto a quello ritenuto ottimale dagli standard residenziali, di un abitante per vano.
Il risultato di una questione abitativa mai governata da tutte le amministrazioni Comunali passate nel tempo, ha lasciato in città un surplus di case sfitte, e un bisogno abitativo da compensare mai affrontato con un vero progetto di social house.
Il centro storico è l'altra dolente nota urbanistica.
Per qualche ignoto maleficio, a Caltanissetta il cuore della città non è molto amato. Un problema endemico mai risolto che viene ripreso ciclicamente, riguarda il suo abbandono inarrestabile. In vari anni si è sempre discusso e se ne continua a discutere di un suo recupero, ma mai convintamente è stata fatta qualcosa per salvarlo dai crolli e dal degrado. Un quinquennio fa, ancora un tentativo con apposito "programma costruttivo", doveva servire alla rigenerazione di un paio di abitazioni ma è stato fermato da un ricorso. Il cantiere è stato chiuso ma è rimasto un contenzioso che ancora non si è risolto.


Caltanissetta I


Parte I


Premessa

I temi del “campanile” non possono più essere affrontati solo in termini localistici. In tempi come quelli attuali, ci si confronta ormai con vaste aree, non ignorando i cambiamenti climatici e alla luce delle accelerate dinamiche di trasformazione del territorio.
Lo scenario fisico, in un quadro geopolitico ed economico di fondo, dove il territorio nisseno deve sviluppare i temi di una sua «felicità», utopistica s'intende, sempre promessa ai suoi abitanti, si ritiene che debba fare i conti con una realtà assai più complessa.
Nel nostro pianeta si sa già che il capitale naturale e gli equilibri del sistema ecologico, risultano ampiamente compromessi.
Per avere un'idea in termini concreti di come siamo messi, basta solo sapere che lo scorso 1° agosto 2018, abbiamo già consumato con un giorno di anticipo sul 2017, quelle risorse che la natura del globo terrestre è in grado di rigenerare.
Morale: abbiamo in questi mesi consumato parte del “capitale”.
L'antropizzazione ha superato il 50% della superficie terrestre del pianeta. Solo poco più del 13% degli Oceani può ritenersi incontaminato. La biodiversità va diminuendo e i rifiuti prodotti dalle città, dall'agricoltura e dai processi industriali intaccano sempre più quel processo di ricambio che la biodegradabilità naturale prima riusciva a smaltire con una semplice trasformazione rigenerativa.
Sappiamo anche, che l'eccessivo sfruttamento del nostro pianeta, inoltre , produce: siccità, deforestazione, scarsità di acqua dolce, erosione del suolo e accumulo di anidride carbonica nell'atmosfera. Proprio con l'eccesso di quest'ultima viene a determinarsi quel mutamento che abbiamo cominciato a conoscere nei nostri territori con le frequenti alluvioni, noto come effetto da clima tropicale.
Insomma, pur conoscendo quanto accade attorno a noi e sapendo che non ci promette un futuro di tranquillo scorrere della vita, stiamo continuando a “segare il ramo dove stiamo seduti”.




Al punto in cui siamo, invertire la tendenza è un obbligo inderogabile.
Il puntare sulla sostenibilità con i fatti e non con le parole, su varie scale di grandezza, sembra comunque essere cominciato. Per esempio, si è iniziato col porre sotto la lente d'ingrandimento, alcuni settori di materie ritenute "sensibili" come: cibo, città, popolazione ed energia.
Molto resta da mettere a punto sulle questioni geopolitiche. Troppi Stati hanno bassi livelli di democrazia e specialmente di riconoscimento/ attenzione verso i diritti universali dell'uomo.
La nostra condizione di benessere diffuso, la dobbiamo agli oltre 70 anni di pace che hanno fatto consolidare una convivenza pacifica degli Stati europei. Un dono, che non deve farci dimenticare quanti altri Continenti nel Mondo, non hanno raggiunto accettabili livelli di diritti e di benessere. Soprattutto, per il permanere di guerre. Per l'Occidente e in particolare per l'Europa, la tragicità e le devastazioni dei maggiori periodi bellici sono storia e memoria, per fortuna, rimasti sui libri e nei ricordi trasmessi dalle precedenti generazioni superstiti.
Il mondo contemporaneo moderno, vive in una economia globalizzata: un unico grande mercato, favorito da una rete di connessioni e informazioni dove scienza, tecnica e tecnologia si supportano e progrediscono.
Il benessere nella nostra Europa è per molti ma non per tutti. L'immediato contatto con i Paesi anche lontani sono un vantaggio per i Popoli, non altrettanto si può dire, però, per ciò che riguarda l’identità, la specificità culturale locale e una inevitabile omologazione. Tutti motivi che inducono a ricercare politiche per la salvaguardia delle caratteristiche comuni delle diverse aggregazioni sociali.
Il lavoro è la grande sfida del futuro. Robotizzazione e intelligenza artificiale sono le grandi conquiste dell'uomo contemporaneo, che hanno cambiato e continueranno a cambiare la vita delle future generazioni. In Europa per tale rivoluzione chiamata industriale, ma che dovrebbe oramai chiamarsi dell'intelletto umano, in alcuni Paesi, si è cominciato a produrre con tempi di lavoro sempre più brevi, pur aumentando la produzione.
Non tutto il progresso, però, con i suoi processi, è favorevole all'uomo.
Si usa dire in ecologia per capire ciò che accade oggi, che l'equilibrio del pianeta si può turbare dal semplice battere delle ali di una farfalla, il quale, può provocare un uragano in altra parte del pianeta.
Sommariamente, tutto quanto fin qui detto, non è un volere parlare dei “massimi sistemi” elusivo o fuorviante, ma un richiamo al quadro da tenere presente nella predisposizione di piani e progetti relativi ad ogni proprio territorio. Un promemoria, per selezionare quelle scelte, di compatibilità ambientale e di sostenibilità, non avulse da quella realtà allargata in cui viviamo.


TERRITORIO, STORIA E SOSTENIBILITA'

La pressione antropica, con le sue invadenti e non sempre sicure costruzioni edilizie, ha indebolito ogni parte del territorio italiano.
Pensare ad una più puntuale difesa delle persone con un territorio già fragile e ora maggiormente vulnerabile per le mutate condizioni climatiche, impegna tutti, a partire dal livello locale, a cimentarsi con la prevenzione.
Le nuove non più sporadiche condizioni climatiche e atmosferiche, non più di rado simili alle tropicali, hanno reso le comuni piogge sempre più tendenti alle alluvioni e agli uragani. Alla sorveglianza sismica che la geologia del territorio italiano ci impone, adesso si dovrà aggiungere anche una più attenta difesa del territorio per le nuove frequenti calamità naturali.
Il suolo urbanizzato e non, dovrà meglio essere attrezzato per tenere a bada i suoi sistemi idraulici di raccolta, regimazione e convogliamento delle acque pluviali.
Il sovradimensionamento delle città in questo ultimo oltre mezzo secolo, non si è molto preoccupato di una urbanizzazione primaria, risultata un po' avara nel dimensionamento e distratta nell'esecuzione delle opere a regola d'arte. I Piani urbanizzativi hanno solo inseguito il business, in una poco sensata dispersione degli immobili sul territorio, dettata in larga parte, dalla cosiddetta speculazione edilizia e di posizione.
Caltanissetta, spazialmente si colloca nell'area centrale della Sicilia.
Oggi, dopo un passato di Valle, Provincia e Provincia regionale si configura amministrativamente nella recente aggregazione denominata Libero Consorzio Comunale di Caltanissetta, pur permanendo nel medesimo raggruppamento dei precedenti 22 comuni.
L'altimetria dei luoghi, colloca il territorio tra quelli di collina. Il Fiume che l'attraversa è l'Imera Meridionale, il quale assieme con il Settentrionale solca la Sicilia da Nord a Sud. La Valle dell'Imera Meridionale più prossima al nisseno, ha sue impronte storiche di un tempo remoto, che oggi si raccontano come luogo di transito e stanzialità, di quelle generazioni che successivamente, dopo la colonizzazione delle coste, trasmigrarono.
Il territorio interno alla Sicilia, specie da qualche secolo in qua, ha offerto uno scenario socio-economico ed abitativo basato prevalentemente sull'economia contadina. Nel secolo della prima rivoluzione industriale ('800), Caltanissetta veniva ad assurgere al ruolo di “Capovalle”, da un aggregato territoriale al centro di tre antichi Valli, comprendenti i distretti di Piazza Armerina, Terranova (Gela), Girgenti (Agrigento) nel 1824 e Bivona.
Il Regno delle Due Sicilie, nel promuovere Caltanissetta Capovalle di quel territorio interno, diede l'occasione a quella Comunità, agricola-artigianale-commerciale, per trasformare la sua originaria economia, nel nascente sistema industriale già diffuso in Europa.
Il territorio dei nisseni, dall'economia agricola a pieno campo prevalentemente di grano, come percepita da Goethe qualche tempo prima, muta i suoi connotati econimici, a seguito della sua scoperta del minerale di zolfo, proiettandosi nei commerci ad ampia scala, fino a diventare capitale mondiale dello zolfo.
La storia politica che l'attraversa fino ai giorni nostri, passa dall'amministrazione monarchica alla dittatura per giungere alla odierna democrazia.
Caltanissetta, si può dire che negli ultimi tre secoli passati, ha un vissuto pre-ottocentesco, per dirla come Leonardo Benevolo, dove: “...ogni generazione tendeva ad occupare il posto delle precedenti e a ripeterne il destino”.
In quell'epoca, preindustriale e mercantile, il valore economico del suolo si riferiva alla sua sola capacità produttiva, essendo un mezzo di produzione e non altro.
Il capitalismo non si praticava ancora.
Eppure, la vita contadina doveva essere molto grama se le famiglie si allontanavano da Caltanissetta e la baronia dei Moncada con la richiesta della remissione dei debiti ai creditori, tentava di evitare lo spopolamento che c'era sia in città che in campagna.
Dal momento in cui la rendita di posizione dei terreni fa lievitare il loro valore economico e l'investimento di denaro produce altro denaro (capitalismo), iniziano tutte quelle attività di trasformazione e occupazione di suolo etichettate speculative e fino ad oggi inarrestabili. L'epoca industriale ad economia capitalistica, è anche storia corrente. L'accaparramento di suolo a fini economici ha finito per essere l'elemento dominante degli insediamenti umani. In linea generale, gli abitanti delle città, quelli che si sono potuti permettere e possono permettersi l'appropriazione di porzioni del suolo urbano a fini economici, hanno reso il territorio di ieri e di oggi, forse l'elemento più divisivo per l'umanità, e non certo favorevole alla convivenza e alla civiltà.
Il territorio di Caltanissetta, non diversamente dagli altri, rientra in questa problematica della proprietà, che pur nel suo piccolo incide come tutte le altre realtà territoriali. Avere coscienza di ciò, può significare l'inizio di un percorso virtuoso verso un'inversione di tendenza.
Pertanto, nello scenario che ci accomuna al nostro continente e al mondo intero, è lecito insistere sul recupero, per una sostenibilità ambientale diffusa. E provare sempre, come si dice nel mondo degli ambientalisti, a “pensare globalmente e agire localmente” non sottraendosi alle comuni responsabilità che sono tutte riconducibili alla sopravvivenza della specie nel nostro pianeta.


Dal Territorio Pane e Lavoro

Il territorio nisseno, ha un suo suolo agricolo esteso: tra incolto e colture prevalentemente di cereali, che resta sempre una risorsa negletta. Un suo studio per una riconsiderazione in termini moderni, diventa auspicabile al fine di ricercare diversificazioni in una possibile conversione.
Per esempio, logistica di collocazione, produzioni più intensive e/o specializzate, che si avvantaggiano dalla composizione dei terreni e/o dalle condizioni climatiche locali, spostano l'assicella dell'economia dei luoghi un po' più in alto.
Un'alternativa proponibile sta nelle condizioni che possono favorire una ripresa dell'agricoltura, per esempio, nell'organizzazione in termini produttivi e strutturali di tipo industriale, per dare risposta alla domanda sempre più frequente di prodotti biologici ma anche e soprattutto per quei prodotti tipici del clima mediterraneo. Trasporti, mercati ed energia rinnovabile, come elementi innovativi da inserire nel processo produttivo agricolo, potrebbero rinvigorire la produzione dell'agro nisseno sia in termini economici che occupazionali.
Il mantenimento al minimo della semplice vocazione agricola, senza investimenti in sperimentazioni, per esempio nella verticalizzazione dei prodotti e nella massimizzazione della produzione, entro limiti ecologici, possono rinvigorire e riequilibrare l'economia di centro Sicilia, da tempo fortemente indebolita nelle attività secondarie e terziarie.
L'attenzione sull'economia primaria, se si è accorti, può trovare un'alleanza nella vicinanza all'ambiente naturale della Riserva Naturale Orientata della Valle del Fiume Imera Meridionale come
brand di qualità per i prodotti biologici dell'area.
Dal mix risorsa naturale e territorio agricolo può venire fuori una rivalutazione di due condizioni che possono essere un vantaggio per l'economia: misconosciuta l'una (la Riserva N. O.) e negletta l'altra (agricoltura).
Nel nostro caso la Riserva non è solo natura ma è anche cultura e riferimento per le attività del tempo libero. Con il suo vasto campionario di biodiversità o le testimonianze di raro valore storico, rappresenta un altro punto di forza del nostro territorio che andrebbe messo in evidenza.
Il suo attraversare tutta la Sicilia da Nord a Sud e i ritrovamenti archeologici, sono elementi vivi che raccontano del tempo e delle generazioni vissute lungo le sue sponde. Le testimonianze museali ne sono il completamento culturale, purtroppo, non sufficientemente portato all'attenzione neanche nel contiguo mondo della scuola che opera nelle comunità del centro Sicilia.
La tutela della Valle dell'Imera Meridionale, sotto forma di Riserva Naturale Orientata, rimane un raro esempio di scelta illuminata nella conservazione di un ambiente naturale, che la città non considera.

Prima e dopo della seconda guerra mondiale, l'entroterra siciliano è tutto un pullulare, in tempi di latifondi e bonifiche, di insediamenti rurali in borghi, frazioni e masserie. Nel prosieguo, con la riforma agraria (una lotteria perdente), è tutto un volere dare peso ad una politica agricola rivolta a contadini e braccianti ma sempre tardivamente e senza mai giovare agli interessati. A quell'epoca, in centro Sicilia, con l'agricoltura sempre in crisi, l'avvento dell'industria estrattiva dello zolfo nel panorama di rivoluzione industriale, favoriva in un certo senso, l'esodo della manodopera contadina verso il lavoro in miniere.


Caltanissetta come capoluogo del più importante distretto minerario di fine Ottocento, in questa stessa Valle ha avuto anche il passaggio di un'umanità che ha fatto la storia delle miniere. Una borghesia che dai profitti dello zolfo ha tracciato un'urbanistica della città relativamente corrispondente ai tempi, e un proletariato che ha scelto di vivere pur nella paura dell'infortunio e della morte, per un salario relativamente più certo, abbandonando la più insicura (economicamente) misera vita contadina.

Da oltre metà dell' Ottocento e oltre mezzo secolo del Novecento Caltanissetta con l'estrazione e i commerci dello zolfo ci ha vissuto. I padroni dello zolfo latifondisti, prima che la legge sottraesse la proprietà del sottosuolo al latifondo, hanno sfruttato a piene mani il sottosuolo. I minatori in quel contesto senza diritti, hanno continuato ad essere schiavi, come erano prima nella condizione di contadini. I padroni di miniere che affiancarono e soppiantarono la borghesia e la superstite nobiltà, furono anche figure come il gabellotto, il campiere, il soprastante ecc. insomma rappresentanti di quella mafia che dalle campagne prendeva anche possesso e si allargava verso le miniere.
L'ultimo periodo di vita delle miniere, prima che lo zolfo perdesse la sua competitività sul mercato, venne gestito da Società minerarie e Istituzioni. Con queste gestioni, l'impiego della manodopera cominciò ad essere più attento alla condizione di lavoratore, ed i minatori poterono rivendicare i loro diritti.

La diversa conduzione delle miniere pur foriera di sperimentazioni nel settore estrattivo fu costretta a rinunciare alla produzione del minerale per la comparsa sul mercato dello zolfo a minor costo.
Di tutto questo, vi è un solo lascito per la memoria dei nisseni: una coesione dei minatori mai vista prima, nella precedente condizione di contadino. Gli zolfatai, in massima parte già braccianti agricoli, nella condizione di zolfatai, avevano trovato nella solidarietà un punto di forza nelle lotte sindacali sulle contrattazioni: spesso di rivendicazione salariale e di sicurezza in miniera.
Giuseppe Cancemi


Continua...