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lunedì 20 ottobre 2014

Caltanissetta

ENNESIMO STUDIO PER IL RECUPERO DEL CENTRO STORICO




Leggo, non senza un apprezzamento per la volontà della Giunta Ruvolo, che si sta per riprendere un nuovo corso, per il recupero del centro storico di Caltanissetta. Per questa attenzione che spero sia l'ultima, forse, per mia scarsa informazione, nutro, non da solo, qualche diffidenza e perplessità su un avvio che si annuncia, come altri nel passato recente, ancora una volta solo ed esclusivamente come espressione tecnica.. Forse però, questa volta si differenzia per tipologia del soggetto incaricato: l'ateneo ennese. Viene affidato lo studio, che vuole essere sperimentale, alla Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi Kore di Enna. Tale facoltà, incaricata della conduzione progettuale, ha dichiarato di volere affrontare il suo compito con un laboratorio di restauro, allo scopo di analizzare e classificare il tessuto edilizio e le relative implicazioni che hanno stratificato il nucleo storico di Caltanissetta. L'attività che detto corso si propone, comprende una sinergia con il Sistema Informativo Territoriale Regionale, passando per quella che è oramai l'imprescindibile georeferenziazione dei rilievi eseguiti. Nulla da eccepire, dunque, in quanto il Sindaco Ruvolo sta mettendo in moto per fare uscire dalla secca l'agognato avvio del recupero urbanistico in centro storico. Come accennato, però, mi resta un qualche timore, e cioè che si produca un grande progetto sotto il profilo accademico ma senza avere sciolto alcun nodo (di attuazione politica) di natura preliminare. Ciò posto, provo ad elencare brevemente quali sono le mie preoccupazioni.
Come primo elemento propedeutico, penso, e non da ora, che alla base di qualcosa da realizzare per qualcuno, si deve sapere da dove iniziare e per chi è, o chi sarà, quel qualcuno. In buona sostanza, quale centro storico e per quale città nel suo complesso, e chi sono ora, o chi saranno, gli abitanti nisseni da transitare nel futuro? Secondo, la vastità del c. s. fa pensare ad una operazione di recupero assai lunga nel tempo che impegna l'odierna generazione e, senza tema di smentita, anche qualche altra ancora da venire. Terzo, le risorse da utilizzare per il recupero oggi sono scarse e le previsioni per il futuro non sono certo rosee. Quarto, attualmente le aree del c. s. non sono appetibili per vari motivi, pregiudizi per primi (i cittadini non graditi, da tempi remoti, sono sempre stati confinati nelle stesse aree e, vedi caso, indovinate quali?). Ma gli interrogativi non finiscono qui. Il c. s., anche se non intensamente popolato, ha i suoi abitanti che non sono fantasmi e che nella complessità del piano, vanno considerati ai fini di un inevitabile trasferimento temporaneo (trasporto delle suppellettili, alloggio provvisorio, etc.) quando saranno raggiunti dai lavori di recupero. Eppoi, davvero si conoscono quali sono e saranno le dinamiche anagrafiche, economiche e spaziali attuali e future?
Ecco, credo che anche il migliore degli studi, se ancora una volta darà tutto per scontato e non prenderà, quindi, in considerazione i tratti socio-economici e spaziali di una comunità nei suoi bisogni di risiedere, spostarsi, lavorare, etc., rischia di essere sì un'ottima esercitazione accademica ma con effetti applicativi lontani o estranei ai reali bisogni del contesto urbano.
Spero, che riflettendo anche su queste brevi note, si possano prendere tutte quelle misure che servono per una città, che va vista, letta e progettata attraverso la sua complessità e interezza sistemica.
È convinzione, condivisibile, di J. J. Russeau che "la dove troviamo degli specialisti non troviamo dei cittadini". Si vuole che siano i politici e/o i tecnici a decidere, da soli, delle sorti di una città?
Buona fortuna!


Giuseppe Cancemi

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mercoledì 15 ottobre 2014

PRG BELLUNO

Urbanistica contrattata o furbata per fare cassa?

Con l'annuncio di stampa di qualche giorno fa, la Giunta Massaro, riscopre come processo evolutivo di un già vantato “programma costruttivo” per Col Cavalier, già foriero di nuovi volumi sul territorio, una nuova urbanistica contrattata (sic!) che richiama alla memoria l'imprenditore Berlusconi con le Milano 1 e 2. Una sorta di permuta già nota, apparentemente vantaggiosa per la comunità ma segno che ancora una volta il potere pubblico è favorevole a derogare sul rigore nel governo del territorio.
In effetti l'operazione, con una annunciata modificazione degli indici di edificabilità al Master plan di Cavarzano, intenderebbe spostare una certa quantità di volume edificabile facendolo “saltare” da un posto all'altro in cambio di cosiddette “opere di compensazione”, insomma, senza mezzi termini si vuole ulteriormente raschiare il fondo del barile. Si vogliono “smerciare” i vincoli scaduti di volume progettato per uso pubblico contro vil moneta. In termini molto più crudi, s'intende far ancora cassa a tutti i costi e in tutti i modi. Mi chiedo se quelle aree per opere pubbliche già titolate ora diventate (ritenute) “bianche” appartengono a calcolati rapporti tra standard residenziali e popolazione, o sopravanzano così perché i progettisti li hanno messi lì tanto per gradire, per impedire qua e là che i privati edificassero. Il dibattito urbanistico che non si è mai arreso alla cultura della speculazione edilizia, dilagante - fino a compromettere sempre più il territorio nella sua intrinseca fragilità geomorfologica - si ritrova ancora una volta a subire un arretramento, grazie ad una studiata furbata con la trovata del baratto. Tutto a posto con leggi, regolamenti, e cavilli vari ma come la mettiamo con una realtà fisica che impone sempre più attenzione per una urbanizzazione che sommata ad altra preesistente aumenta il rischio di frane alluvioni e disastri cosiddetti naturali ma che naturali poi non sono. Sa il Comune qual è il bisogno di nuove abitazioni o di nuovi volumi per il commercio e le attività economiche? Ha ipotizzato una qualche previsione di crescita socio-economica alla luce di una evolvente dinamica della popolazione, delle forze lavoro, dei settori economici, dei bisogni per fasce d'età al fine inquadrare e giustificare queste eventuali prefigurate domande di nuova edilizia su aree inedificate? Si è sicuri che le aree per le quali si vuole rinunciare al reitero del vincolo per opere pubbliche (già titolate) non sia più necessario? E le aree “sottratte” a Cavarzano non genereranno un qualche inevitabile contenzioso?
Sembra veramente molto riduttivo, mi perdonino Sindaco e Assessore, e quasi offensivo verso un dibattito sulla governace del territorio, lungo credo di decenni, liquidare in poche informazioni giornalistiche, un serio argomento che investe tutto l'assetto urbanistico della città di Belluno.
Soffermarsi su “incassi” per la vendita di volumetria traslata da altre aree, sia pure in cambio di opere pubbliche vagamente citate nel pezzo giornalistico, sembra quasi voler porre più un accento sull'aspetto economicistico che non sul volere agire con questa operazione “baratto”, in concorso con altre azioni, ad una risistemazione del più complessivo sistema città. L'operazione vendite, non sembra volere affrontare quella gestione urbanistica che proprio per salvaguardare e proteggere il territorio ha bisogno di un governo dei processi a prevalenza pubblica, senza deroghe o cedimenti alle privatizzazioni. Invece appare debole e deludente e di “scopo” l'annunciata speciosa permuta volumetrica. Richiama quasi l'idea immaginaria di un commercio da banchetto, dove le aree, prima riservate ad opere pubbliche, prossimamente, verranno vendute e/o “barattate” come ultimi “scampoli in liquidazione”.
Voglio ancora ricordare che il territorio, visto il repentino mutamento della meteorologia, di queste scelte solo economicistiche potrebbe in un futuro non più remoto pagarne le conseguenze. Riflettiamo... gente. Attenzione!

Giuseppe Cancemi


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Il testo giornalistico di riferimento...

BELLUNO. Le “aree bianche” diventano edificabili. Ma solo su richiesta del proprietario del terreno e sulla base di precisi paletti, che la giunta ha messo per evitare che in zone di pregio sorgano palazzine ingombranti. Inoltre, la volumetria che sarà sviluppata nelle aree bianche sarà “sottratta” a Cavarzano, nella zona destinata allo sviluppo del Master plan. In questo modo non aumenterà la cubatura prevista dal piano regolatore in vigore.
L'assessore Franco Frison sta lavorando da mesi a questo piano e nel prossimo consiglio comunale (e prima in commissione urbanistica) si discuterà della quantificazione economica di questi spazi. Le zone bianche sono aree del territorio comunale sul quale il Comune pensava di realizzare opere pubbliche (parcheggi, per esempio, ma anche piste ciclabili o parchi) e per questo, anni fa, vi ha messo un vincolo. Ai primi cinque anni ne sono seguiti altrettanti, poi la legge, con una sentenza della Corte Costituzionale, ha fatto decadere quei vincoli e le aree sono diventate “bianche”, cioè «prive di una pianificazione urbanistica», spiega l'assessore Frison. Ma sono anche bloccate, cioè il proprietario non le può usare. «Abbiamo alcune richieste da sistemare, per questo dobbiamo arrivare a una quantificazione economica, al metro cubo, di questi spazi».
In pratica, il proprietario del terreno “area bianca” che volesse costruirvi una casa, dovrà pagare una certa cifra al Comune (da stabilire). Solo chi presenterà apposita istanza avrà il terreno edificabile a disposizione, gli altri rimarranno come sono. Da un lato, dunque, ci sarà anche chi avrà un evidente beneficio, perché magari quel terreno 10 anni fa era agricolo e ora può diventare edificabile, ma anche il Comune avrà il suo vantaggio, economico. «In questo modo si trova un equilibrio fra due interessi», precisa il sindaco, Jacopo Massaro. «Quello del privato, che per anni ha avuto un vincolo su un terreno di sua proprietà, ma anche quello pubblico, sia perché è prevista una cifra per l'acquisto della volumetria, sia perché abbiamo posto precisi paletti all'edificazione».
L'acquisto di volumetria, infatti, sarà possibile solo in determinate zone, «ovvero in contesti già urbanizzati» e anche i metri cubi saranno limitati per evitare di veder sorgere condomini dove oggi ci sono prati.
Sono un centinaio le aree bianche in comune; per consentirne l’edificazione sarà tolta volumetria a Cavarzano, nell'ampia area dove da anni si parla del Master plan. Un bilanciamento per mantenere la stessa volumetria prevista nel Prg: «Avevamo la necessità di risolvere aspettative legittime di alcuni cittadini (una decina)», continua Frison.
I soldi che il Comune incasserà per la “vendita” della volumetria serviranno per fare qualche opera pubblica, come parcheggi e ciclabili: «È lo stesso lavoro», conclude Massaro, «che stiamo facendo con i Suap (via Agordo e la Carpenada per esempio): quando un privato ci chiede una variante al Prg, noi chiediamo opere di compensazione a beneficio della comunità. Con le aree bianche succederà lo stesso».
di Alessia Forzin
Corriere delle Alpi del 10 ottobre 2014


domenica 12 ottobre 2014

MOBILITA'

Perché la bicicletta no?



Il mio amico Oscar, inguaribile salutista e ambientalista, da tempo per me rappresenta l'ultimo “panda” deciso a perorare l'uso della bicicletta in città per spostarsi. La rarità di questo stile ecologista negli spostamenti individuali che il mio amico rappresenta, forse, trova una ragion d'essere in una scelta d'uso diffusa di questo mezzo che Caltanissetta non ha mai avuto. Questo inusitato esempio di convinto fruitore delle due ruote, mi rappresenta, come il grillo parlante ( in Pinocchio), quella coscienza che fa riflettere su quale potrebbe essere una possibile sostenibilità del traffico, attraverso una mobilità intelligente, incrementando l'uso delle due ruote. Proprio una riscoperta della bicicletta, mezzo semplice ed economico, potrebbe fare la differenza tra un trasporto stranamente smart e la mobilità attuale. Non siamo certo in Olanda per condizioni orografiche ma soprattutto per cultura cosmopolita per accettare facilmente un avvio o un ravvedimento nello spostarsi in città, avendo a cuore principalmente il bene di tutti.
È difficile nella realtà nissena trovare uno come Oscar, convinto per cultura, che anche nel piccolo di una città dall'assetto urbano non pianeggiante - con due centri direzionali (Piazza Garibaldi e Palmintelli) agli estremi di circa 1000 m di un asse Est /Ovest - esiste la possibilità di circolare con velocipede.
Certo una mobilità ciclistica tra due diverse tipologie di maglie stradali e pavimentazioni a dislivelli vari, fra spazi a misura d'uomo e vie più moderne, non può certo considerarsi di facile utilizzo e dunque per tutti.
In effetti, però, nulla è impossibile. Bisogna solo cominciare a pensare in grande, con visione europea. Non è recente nei trasporti l'idea della mobilità intermodale, che comprenda anche la bicicletta, ma è sempre attuale. Non a caso in altre realtà simili a quella nissena la bici, strategicamente nella mobilità urbana, viene fornita anche gratuitamente per spostarsi da un luogo all'altro in città. È facile immaginarsi allora, quali vantaggi offre una simile scelta a fronte di un investimento che rispetto a tutte le altre spese per il trasporto urbano rimane quello più esiguo. Ma forse, per i nisseni lo scoglio è solo di carattere più psicologico che orografico. Nell'immaginario collettivo, per tradizione, la percorribilità stradale ha troppe salite per muoversi in bicicletta. Si potrebbe argomentare a favore della mobilità ciclistica, che sì è vero che i dislivelli non sono superabili facilmente da tutti nelle condizioni attuali ma è anche facile pensare che esistono strategie di superamento dei dislivelli attraverso tecniche e/o tecnologiche attuabili per mitigare tali limitazioni. Nell'immaginario di Oscar, per esempio, i due centri direzionali già menzionati, possono essere visti come due realtà praticabili, ciascuno con un proprio livello di accessibilità. Un limite alla mobilità tra i due centri, che può sembrare più vistoso, resterebbe quello dello spostamento tra questi mediante la via Palmintelli. Non sto a ricordare che chi ama il mezzo a fini sportivi per una tale salita si farebbe una risata, specie di questi tempi che esistono i cambi di marcia anche nelle bici dei bambini. Ricordo anche che molti Comuni delle nostre Alpi che non sono certo solcati da vie pianeggianti, fanno largo uso delle biciclette per spostarsi, tutto a beneficio della salute e delle tasche.

Mi viene in mente a questo punto che tutto è cambiato, continua a cambiare e che Caltanissetta non può restare inchiodata ai suoi vecchi schemi di una città in cui gli spostamenti non possono annoverare anche le biciclette perché ci sono troppe salite. Scuse da immobilismo conservativo che alle nuove generazioni comincia a stare stretto. È tempo di pensare ad una vera sostenibilità trasporti compresi. Una riorganizzazione della mobilità non episodica o per settori ma con una logica di rapporto infrastrutturale sistemico. Approfittando, per esempio, della recente crisi ciclica dei trasporti urbani, si potrebbe immaginare per Caltanissetta anche l'adozione di un qualche collegamento mediante funivia (da non intendersi solo aerea) anche in funzione degli spostamenti con bici. Nel complesso, il pensare ad un trasporto ecologico, relativamente poco impattante e dai costi contenuti, significa non scartare a priori possibilità come quella citata che allarga gli orizzonti di scelta.
Ecco, una profonda revisione dei trasporti a Caltanissetta, può muovere i suoi passi da nuova cultura della mobilità più sobria. Meno auto private e più trasporto pubblico meno invasivo.
E quale mobilità se non quella a partire del mezzo di trasporto più semplice ed economico qual è la bicicletta?

Giuseppe Cancemi

Pubblicato su LA SICILIA...

CALTANISSETTA, MERCOLEDÌ 15 OTTOBRE 2014

mercoledì 8 ottobre 2014

CALTANISSETTA: Revisione PRG



LE SCELTE URBANISTICHE DEBBONO ESSERE POLITICHE


L'allegato documento che circola, circa una revisione del PRG di Caltanissetta, sembra essere un mix tra un flebile contenuto di scelta partecipata e una staccata burocratica applicazione esecutiva. Sembra marcare un annunciato assemblearismo che può scadere in partecipazionismo fine a se stesso. La riorganizzazione di una città dove i cittadini finora sono rimasti illustri sconosciuti ai cosiddetti piani da sempre studiati rigorosamente solo a tavolino, promuovere assemblee sia pure con la presenza di istituzioni, enti ed associazioni può sembrare “rivoluzionario”, ma tale non è. Enunciare vagamente una riqualificazione del centro storico, una
rivisitazione dell'espansione urbanistica o un'organizzazione viaria non ci entusiasma, anzi ci fa temere altri condivisi e non, prevedibili nuovi scempi. Per esempio, in una città come la nostra, persino semplicemente usare l'espressione espansione dovrebbe essere proibito. Le zone di una città che si è estesa eludendo gli standard residenziali e che ha edificato per oltre due vani per abitante (senza avere risposto alla domanda di casa e di vivibilità), sono sotto gli occhi di tutti.
Ancora una volta non si fa alcun cenno a come far fronte ai bisogni, pregressi e futuri, degli abitanti di risiedere, abitare, spostarsi e lavorare.
Le scelte per la città non sono un fatto tecnico ma solo ed esclusivamente espressioni di volontà politica in cui ai tecnici viene affidata l'interpretazione.

Si prende atto di questo documento che non dichiara una volontà di inversione di tendenza. Ci aspettiamo, comunque, un documento politico di intenzioni dell'Amministrazione circa il prossimo strumento urbanistico che si vuole sottoporre a revisione, avendo in mente un'idea di città come impianto sistemico per un progettato sviluppo prima sociale e poi economico. 

Giuseppe Cancemi 

Allegato: