Aggiungi...


Condividi questo articolo

martedì 8 maggio 2012

Caltanissetta tra Ottocento e Novecento (2)



Dinamica demografica nel Comune di Caltanissetta
(1640-1951)

I dati demografici dell'arco di tempo preso in considerazione(tab. 1) danno l'idea di quella che doveva essere la situazione nei vari anni della popolazione nissena, con la trasformazione delle attività rurali a seguito del capitalismo prima delle campagne e dopo industriale dovuto alle miniere di zolfo.

Anno
Abitanti
1640
10604
1748
14829
1861
23960
1871
26156
1881
30841
1901
43023
1911
40927
1921
60368
1931
43230
1936
50467
1951
60634
tab. 1

La figura 2, che illustra l'andamento demografico dal 1640 al 1951, ci permette di leggere meglio il fenomeno comune a tutta Europa di inurbamento della popolazione con una crescita quasi costante sino al 1901, un picco di aumento sino a poco più di 60.000 abitanti nel 1921, che alla fine corrispondera alla stabilizzazione della popolazione sino alla fine del XX secolo. Da notare come nel periodo di piena Rivoluzione Industriale, Caltanissetta seguendo l'andamento europeo, radoppia quasi la sua popolazione[1].
fig. 2


Anche se può sembrare strano la città offriva una possibilità di sopravvivenza maggiore, rispetto alla campagna, proprio per un suo sfruttamento intensivo che produceva surplus che compariva nei mercati delle città in cambio di altre prestazioni (artigianali, di servizio, etc.).
In città vengono realizzati i quartieri S. Rocco e S. Flavia, sopra e sotto corso Umberto I (già via Collegio degli studi) e Canalicchio (ora viale Testasecca).


S. Rocco si rivelerà come la zona privilegiata dalla borghesia nascente, con abitazioni signorili sulle strade  all'epoca più importanti (Cassarello, dell'Aquila Nera). L'edilizia è protesa verso la una ristrutturazione volta ad arricchire l'estetica.
Proprio in quell'epoca si può dire che a Caltanissetta viene sancito l'inizio dello sfruttamento edilizio e fondiario. L'edilizia dei nuovi quartieri (S. Rocco, S. Flavia e degli Zingari) con il loro crescere ne sono la testimonianza di uno sfruttamento razionale dello spazio, prima rurale ora urbano, per il disegno complessivo di tipo ippodamico. Lo spazio viene diviso e costruito non più casualmente ma attraverso maglie viarie e edificatorie di tipo geometrico.
La città comincia ad organizzarsi in funzione dello sviluppo che viene messo in moto dal capitale. Per Caltanissetta è il tempo per organizzare la vita di chi si è inurbato sotto il profilo igienico-sanitario, degli spostamenti di merci e di persone, delle scorte di merci, della gestione e distribuzione di risorse economiche, dello sfruttamento e utilizzazione dell'energia.
Nasce la necessità di migliorare le condizioni igieniche della città e Caltanissetta si attrezza con un ospedale (il Fatebenefratelli di S. Domenico)
Dopo il Settecento le pesanti ristrutturazioni che seguono non permettono di individuare quale fosse l'edilizia residenziale dove si allocava l'aristocrazia, però, è possibile interpretare le tendenze insediative annotando come S. Flavia non risulterà appetibile per l'edilizia residenziale fatta eccezione per via Maida e via Re d'Italia, mentre San Rocco si arricchirà di edifici apprezzabili per la loro fattura e per l'appetibilità del luogo.
I siti della città come si può rilevare dagli insediamenti, ma anche dalle chiese madri, muovono da Est prima verso Ovest e poi verso Nord. Dal Quartiere Angeli, al quartiere degli Zingari, a S. Rocco e poi verso S. Flavia.

In Europa nello stesso tempo è in atto una rivoluzione (che diventerà una pietra miliare nella storia dell'evoluzione del consorzio umano) mercantile, demografica, agricola, industriale, delle comunicazioni e dei trasporti, del mercato del lavoro, che pone grandi problemi sulla casa, il lavoro, la salute, nonchè sulla governabilità delle varie realtà politico-economiche.
Nel territorio di Caltanissetta nel 1827 ha luogo lo scioglimento degli usi promiscui tra:
il Comune di Delia e il Principe di Palagonia;
i Feudi di                      Diliella (Barone La Lomia)
                                           "       (eredi Baronessa Adamo)
                                      Grasta (Barone Bartoccelli)
                                      Draffù (eredi Baronessa Adamo)
                                      Ramilia (Principe Moncada)
Risale al 1754 la richiesta di demanializzazione di Caltanissetta, rivendicata dai nisseni con L. Barrile promotore, che durerà sino al 1812 prima dell'abolizione della feudalità nel regno di Sicilia voluta da Ferdinando III.
Nella stessa epoca si afferma l'industria mineraria oltre che in Sicilia (in cui rappresenta il 50% dell'industria italiana e 90% della produzione mondiale di zolfo) a Caltanissetta con ben 250 miniere. La città per questo fenomeno si attrezza e si organizza in funzione del nascente capitalismo con scorte di merci (magazzini), risorse economiche (banche), trasporti (ferrovia Palermo-Catania che attraversa il territorio di Caltanissetta), energia, illuminazione, relazioni burocratico-amministrative.
I prezzi sociali di questa industrializzazione furono altissimi tra gli operai, una grande quantità di morti e feriti nelle miniere (Gessolungo: 66 morti e 40 feriti gravi; Tumminelli: 13 morti, 80 feriti gravi) ma anche nel corso dei lavori per la ferrovia a Marianopoli ne sono la testimonianza.
Prima dell'avvento del capitalismo, essendo la ricchezza e la proprietà in mano a pochi nobili,  esistendo una, relativamente, bassa speculazione fondiaria e immobiliare, non essendovi una legge scritta di rispetto delle consuetudini e delle caste, era poco avvertita l'esigenza di una organizzazione della città secondo una gerarchia funzionale con rigida deputazione dei luoghi.
Con il capitalismo nasce l'emergenza città, nel senso che occorre una organizzazione del territorio e degli insediamenti più rispondente ai nuovi bisogni delle genti, ai problemi sanitari, ai trasporti. L'urbanistica diventa il tema dominante delle classi emergenti, che concepiscono l'esigenza come fatto tecnico: necessità di strade per gli spostamenti, case e impianti pubblici per il fenomeno dell'inurbamento delle popolazioni, tutto per la "solubrità degli abitati" e per una "dimora sana, comoda e gradevole" dei cittadini. Sono di fine Ottocento, grazie all'esperienza inglese e francese[2], le leggi: sulla distinzione dei fondi rustici[3] , urbani e sull'espropriazione per pubblica utilità e sulla formazione dei Piani Regolatori e di ampliamento (L. n. 2136/1865) nonché il Catasto Urbano del 1871.
Grazie alla nuova legislazione in materia urbanistica, Caltanissetta affronta il suo primo l'ampliamento della città (1878-81) con un progetto dell'ing. capo comunale A. La Barbera mentre è sindaco il cav. Giovanni Benintende. Il P. R. riguarda lo "... ingrandimento della città nelle terre contigue alla stazione".

Prima dell'Unità d'Italia, per la cronaca, esistevano 24 difformi catasti distribuiti in 9 compartimenti, le mappe erano "libri figurativi" con le planimetrie dei fondi disegnate a vista e da descrizione sommaria dei beni su un registro dove venivano annotati i trasferimenti di proprietà. Lo Stato Pontificio e lo Stato Lombardo - Veneto erano i soli provvisti di attendibili mappe che però non distinguevano i terreni dai fabbricati.
  

Caltanissetta tra Ottocento e Novecento (1)


Urbanesimo e stratificazione urbanistica a Caltanissetta tra civiltà contadina e civiltà dello zolfo
(Giuseppe Cancemi)

 Premessa
  Quale urbanistica si sia praticata a Caltanissetta fra le due civiltà (contadina e dello zolfo), che rappresentano la matrice culturale e sociale del cittadino nisseno, ancora oggi si può leggere nel prodotto urbano e nell'armatura strutturale ereditata dai secoli scorsi.
 Il quadro di riferimento  nei  secoli XVIII, XIX e XX, è dato dall'emergere di una classe sociale (la borghesia) in un contesto amministrativo prima liberale e poi neo-conservatore (o post-liberale), in cui, il potere, si trova a dover mediare, nello spazio urbano e territoriale, interessi contrastanti tra pubblico e privato.
Il territorio, prima che si instaurasse l'economia capitalistica, mostrava un rapporto città/campagna di tipo omeostatico, classico dell'economia pre-unitaria, ma man mano che i trasferimenti di risorse (forza lavoro e capitale) dalla campagna si spostavano verso la città, per effetto dell'accumulazione di surplus, si venivano a creare squilibri a cui il potere deve, ancora oggi, dare delle risposte.
Gli squilibri territoriali esistenti con aspetto duale: Nord/Sud,  Pianura/montagna, coste/interno, città/campagna sono i due volti della stessa medaglia (l'economia capitalistica) in cui finora si può dare per certo la funzionalità reciproca e l'interdipendenza. La questione meridionale sempre attuale ne è la prova.
Il meccanismo che si è innescato nelle trasformazioni delle città è tutt'oggi oggetto di studio e di interpretazioni, ed è per questo che un contributo per una lettura trasversale dei fenomeni urbani in un preciso luogo e in un periodo storico segnato può essere utile, per capire, per riflettere.
Il dato da tenere presente per orientarsi, è costituito dalla centralità della Rivoluzione industriale e il relativo panorama socio-economico europeo che caratterizzava il periodo considerato. La città moderna sotto il profilo dell'espansione, della localizzazione, della composizione sociale, del ruolo economico nasce nell'Ottocento quando si comincia a parlare di urbanistica[1] come risposta al caos delle città con l'avvento dell'industrializzazione. E ancora, il contesto politico-amministrativo ed economico a cui ci si deve riferire è costituito da un succedersi di amministrazioni, pre-unitaria: aristocratica[2], unitaria, liberal-conservatrice: aristocratica[3], social-nazionalista: totalitaria[4], post-unitaria: repubblicana e uno spazio economico pre-capitalistico in cui la città è chiusa spazialmente verso l'esterno, permeabile solo nel verso città-campagna, con prevalente economia rurale  e paleo-industriale[5] 


Rappresentazione schematica del contesto considerato

Il contesto politico amministrativo ed economico dove si evolve la trasformazione di Caltanissetta tra le due civiltà (contadina e dello zolfo) si può riassumere in:
pre-unitario  "Aristocratico",  con la dominazione della famiglia Borbone
Unitario "Liberal-conservatore", con la dominazione della famiglia Savoia
Totalitario "Fascista", un regime economico dominato dall'autarchia, con forti squilibri territoriali (città/campagna, Nord/Sud)
Democratico "Repubblicano" caratterizzato da boom economico, emergenza e sotto l'aspetto strettamente economico:
si svolge tra un modello pre-capitalistico: chiuso verso l'esterno ma permeabile tra la città e la campagna, con una economia prima prevalentemente rurale che si integra con una forma economica paleoindustriale[6] (legata alle risorse fisse del territorio) per poi approdare ad un modello capitalistico: un sistema città/campagna aperto arealmente verso l'esterno (ambiente) dove ha luogo una forte concentrazione fondiaria (enclosures) con un forte aumento della produttività e la comparsa di una figura sociale (Gabellotto), nuovo implacabile rentier  che con il subaffitto spinge alla super-produzione. Vengono meno gli usi civici[7] del pascolo e del legnatico (Jus pascendi), si passa dal regime dei campi aperti (Jus serendi) a quello degli appezzamenti chiusi (Jus coloniae), è anche l'epoca delle terre allodiali (terre possedute a titolo non feudale da borghesi e contadini)

Le città, per Leonardo Benevolo, prima dell' 800  erano dei contenitori dove: "ogni generazione tendeva ad occupare il posto delle precedenti e a ripeterne il destino".
Nel Settecento, l'economia di Caltanissetta risulta essere principalmente agricola, con una modesta concentrazione umana in una amplissima campagna. L'armatura urbana si conserva pressoché immutata già da qualche secolo ed è la baronia dei Moncada a dominare i rapporti della vita comunitaria[8]. La proprietà nel periodo considerato era di tipo feudale[9] con tutte le caratteristiche del feudalesimo: la proprietà della terra era sostanzialmente collettiva, era un attributo dell'autorità regale, in cui i feudatari esercitavano solo alcuni diritti (economici, giurisdizionali, etc.) come ricompensa dei favori dei doveri nei confronti del sovrano, ereditavano ma non divenivano proprietari delle terre.
fig. 1

In Europa il rapporto tra città e campagna (figura 1) aveva dappertutto un suo equilibrio di insieme (omeostasi) che stranamente era il mantenimento della differenziazione e dello squilibrio tra le parti. La città che esercitava un dominio sulla campagna estraendo un certo surplus produttivo di derrate e nello stesso tempo riusciva a mantenere rapporti ideologici, politici e giuridici, in un equilibrio complessivo che perpetuava i ruoli.
L. Di Sopra[10] individua due diversi ordini di scambi nel modello precapitalistico:
 “1) il drenaggio, della base verso il vertice dell'organizzazione, del surplus[11] prodotto dai substrati. Nella direzione opposta discendono rapporti ideologici e politico giuridici di dominazione. In termini spaziali il territorio è chiuso  al contorno ed è inoltre chiuso, in modo permeabile, tra città e campagna.
 2) lo scambio del surplus del livello superiore con le altre organizzazioni urbane, lungo canali di comunicazione (in taluni casi chiusi e protetti per evitare interferenze).
I livelli inferiori restano segregati nell'area ed esclusi da questo tipo di scambio.
La campagna nissena non diversamente da quella siciliana tutta, doveva essere monotonamente una distesa di grano se un accorto W. Goethe (1787) in una visione bucolica coglie non solo questo tipico paesaggio con una dominante coloristica giallo oro in una desolante e assolata distesa, nel suo viaggio da Agrigento a Caltanissetta, ma anche le attività umane: gli uomini che dormono nei giorni non festivi entro capanne di canne, le donne che filano e lavorano al telaio[12], l'abbondanza di animali nei campi (asini, muli, capre) nonchè le colture per la concimazione (fave e lenticchie). Ciò che si ricava dall'osservazione di Goethe è il segno di una iperattività delle campagne a testimonianza delle mutate condizioni della proprietà delle terre che, passate in mano borghese, cominciano ad essere gestite con criteri capitalistici, infatti, ciò che viene notato sono i segni di quello che dopo verrà definito capitalismo nelle campagne ed ha per segni: il miglioramento della produttività, la riduzione della mano d'opera e delle spese, i salari bassissimi e gli orari di lavoro lunghissimi, il lavoro femminile e quello minorile. Sono chiare le inevitabili conseguenze leggibili anche nei dati statistici, di impossibilità delle popolazioni rurali di vivere in campagna che si traduce in un inurbamento[13].
Proprio nel  XVIII secolo cominciava a manifestarsi per "l'odioso vincolo delle pubbliche servitù" - forti delle dottrine che volevano "intoccabile" la proprietà privata -  avversioni e insofferenze verso il collettivismo agrario, legato alla pratica degli usi civici. E` della stessa epoca l'importante riforma in Sicilia: "Istituzioni prudenziali per la censuazione dei feudi e tenute delle Università" del 1778. Si gettano le basi, in quel tempo, per la ridefinizione del rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, nella proprietà e nell' amministrazione della città.