Urbanesimo e stratificazione urbanistica a
Caltanissetta tra civiltà contadina e civiltà dello zolfo
(Giuseppe Cancemi)
Premessa
Quale
urbanistica si sia praticata a Caltanissetta fra le due civiltà (contadina e
dello zolfo), che rappresentano la matrice culturale e sociale del cittadino
nisseno, ancora oggi si può leggere nel prodotto urbano e nell'armatura
strutturale ereditata dai secoli scorsi.
Il quadro
di riferimento nei secoli XVIII, XIX e XX, è dato dall'emergere
di una classe sociale (la borghesia) in un contesto amministrativo prima
liberale e poi neo-conservatore (o post-liberale), in cui, il potere, si trova
a dover mediare, nello spazio urbano e territoriale, interessi contrastanti tra
pubblico e privato.
Il territorio, prima che si instaurasse l'economia
capitalistica, mostrava un rapporto città/campagna di tipo omeostatico,
classico dell'economia pre-unitaria, ma man mano che i trasferimenti di risorse
(forza lavoro e capitale) dalla campagna si spostavano verso la città, per
effetto dell'accumulazione di surplus, si venivano a creare squilibri a cui il
potere deve, ancora oggi, dare delle risposte.
Gli squilibri territoriali esistenti con aspetto
duale: Nord/Sud, Pianura/montagna,
coste/interno, città/campagna sono i due volti della stessa medaglia
(l'economia capitalistica) in cui finora si può dare per certo la funzionalità
reciproca e l'interdipendenza. La questione meridionale sempre attuale ne è la
prova.
Il meccanismo che si è innescato nelle
trasformazioni delle città è tutt'oggi oggetto di studio e di interpretazioni,
ed è per questo che un contributo per una lettura trasversale dei fenomeni
urbani in un preciso luogo e in un periodo storico segnato può essere utile,
per capire, per riflettere.
Il dato da tenere presente per orientarsi, è
costituito dalla centralità della Rivoluzione industriale e il relativo
panorama socio-economico europeo che caratterizzava il periodo considerato. La
città moderna sotto il profilo dell'espansione, della localizzazione, della
composizione sociale, del ruolo economico nasce nell'Ottocento quando si
comincia a parlare di urbanistica[1] come
risposta al caos delle città con l'avvento dell'industrializzazione. E ancora,
il contesto politico-amministrativo ed economico a cui ci si deve riferire è
costituito da un succedersi di amministrazioni, pre-unitaria: aristocratica[2], unitaria, liberal-conservatrice: aristocratica[3], social-nazionalista: totalitaria[4], post-unitaria: repubblicana e uno spazio economico pre-capitalistico in cui la città è chiusa spazialmente verso
l'esterno, permeabile solo nel verso città-campagna, con prevalente economia rurale
e paleo-industriale[5]
Rappresentazione
schematica del contesto considerato
Il contesto politico amministrativo ed economico
dove si evolve la trasformazione di Caltanissetta tra le due civiltà (contadina
e dello zolfo) si può riassumere in:
pre-unitario "Aristocratico", con la dominazione della famiglia Borbone
Unitario "Liberal-conservatore", con la
dominazione della famiglia Savoia
Totalitario "Fascista", un regime economico
dominato dall'autarchia, con forti squilibri territoriali (città/campagna,
Nord/Sud)
Democratico "Repubblicano" caratterizzato da boom
economico, emergenza e sotto l'aspetto strettamente economico:
Le città, per Leonardo Benevolo, prima dell'
800 erano dei contenitori dove: "ogni generazione tendeva ad occupare il
posto delle precedenti e a ripeterne il destino".
Nel Settecento, l'economia di Caltanissetta risulta
essere principalmente agricola, con una modesta concentrazione umana in una
amplissima campagna. L'armatura urbana si conserva pressoché immutata già da
qualche secolo ed è la baronia dei Moncada a dominare i rapporti della vita
comunitaria[8]. La proprietà nel periodo considerato era di tipo
feudale[9] con tutte
le caratteristiche del feudalesimo: la proprietà della terra era
sostanzialmente collettiva, era un attributo dell'autorità regale, in cui i
feudatari esercitavano solo alcuni diritti (economici, giurisdizionali, etc.)
come ricompensa dei favori dei doveri nei confronti del sovrano, ereditavano ma
non divenivano proprietari delle terre.
fig. 1
In Europa il rapporto tra città e campagna (figura
1) aveva dappertutto un suo equilibrio di insieme
(omeostasi) che stranamente era il mantenimento della differenziazione e dello
squilibrio tra le parti. La città che esercitava un dominio sulla campagna
estraendo un certo surplus produttivo di derrate e nello stesso tempo riusciva
a mantenere rapporti ideologici, politici e giuridici, in un equilibrio
complessivo che perpetuava i ruoli.
L. Di Sopra[10] individua
due diversi ordini di scambi nel modello precapitalistico:
“1) il
drenaggio, della base verso il vertice dell'organizzazione, del surplus[11] prodotto
dai substrati. Nella direzione opposta discendono rapporti ideologici e
politico giuridici di dominazione. In termini spaziali il territorio è
chiuso al contorno ed è inoltre chiuso,
in modo permeabile, tra città e campagna.
2) lo
scambio del surplus del livello superiore con le altre organizzazioni urbane,
lungo canali di comunicazione (in taluni casi chiusi e protetti per evitare
interferenze).
I livelli inferiori restano segregati nell'area ed
esclusi da questo tipo di scambio.
La campagna nissena non diversamente da quella
siciliana tutta, doveva essere monotonamente una distesa di grano se un accorto
W. Goethe (1787) in una visione bucolica coglie non solo questo tipico
paesaggio con una dominante coloristica giallo oro in una desolante e assolata
distesa, nel suo viaggio da Agrigento a Caltanissetta, ma anche le attività
umane: gli uomini che dormono nei giorni non festivi entro capanne di canne, le
donne che filano e lavorano al telaio[12], l'abbondanza di animali nei campi (asini, muli,
capre) nonchè le colture per la concimazione (fave e lenticchie). Ciò che si
ricava dall'osservazione di Goethe è il segno di una iperattività delle
campagne a testimonianza delle mutate condizioni della proprietà delle terre
che, passate in mano borghese, cominciano ad essere gestite con criteri
capitalistici, infatti, ciò che viene notato sono i segni di quello che dopo
verrà definito capitalismo nelle campagne ed ha per segni: il miglioramento
della produttività, la riduzione della mano d'opera e delle spese, i salari
bassissimi e gli orari di lavoro lunghissimi, il lavoro femminile e quello
minorile. Sono chiare le inevitabili conseguenze leggibili anche nei dati
statistici, di impossibilità delle popolazioni rurali di vivere in campagna che
si traduce in un inurbamento[13].
Proprio nel
XVIII secolo cominciava a manifestarsi per "l'odioso vincolo delle
pubbliche servitù" - forti delle dottrine che volevano
"intoccabile" la proprietà privata -
avversioni e insofferenze verso il collettivismo
agrario, legato alla pratica degli usi
civici. E` della stessa epoca l'importante riforma in Sicilia:
"Istituzioni prudenziali per la censuazione dei feudi e tenute delle
Università" del 1778. Si gettano le basi, in quel tempo, per la
ridefinizione del rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, nella proprietà
e nell' amministrazione della città.
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