Negli insediamenti
storici e non, il decoro urbano nel
rispetto di una tradizione coloristica giustificata dalla storia e dalla
cultura, sono quel quid che crea un valore aggiunto al luogo. Spesso, il
degrado degli immobili, fa da distrattore nell’immagine coloristica che colpisce nell’insieme
un impianto storico della città.
Le città, per questa sensibilità verso un’immagine urbana,
in cui i colori vanno raccordati con la storia e la cultura, viaggiano un po’ in ordine sparso. Tentano autonomamente
di darsi delle regole, allo scopo di impedire nei centri storici e zone limitrofe,
preferenze e accostamenti cromatici temerari e/o arbitrari nonché scelte ampiamente
discrezionali.
In Italia di
pianificazione del colore urbano se nei parla sin dalla fine dagli anni ’70,
con il piano di Torino di G. Brino che però, nel tempo a seguire, non ha
prodotto molti adepti. Nel Veneto, in
assenza di un indirizzo normativo regionale in materia, qualche amministrazione
locale come Padova e Castelfranco e forse qualche altro Comune ,senza parlare
formalmente di piano, si sono dati delle
regole in merito. Anche Belluno, mi
risulta, che il Comune, in centro storico, esercita un certo controllo, con
apposita rappresentanza in cantiere, al momento della scelta coloristica. Come
casuale ed episodico testimone in un
cantiere del centro storico, però, non mi sono apparse chiare a quali regole
riferisse la sua alta sorveglianza. Nel caso, le più visite in cantiere in questi
giorni, fatte dal tecnico comunale, sono
servite per raggiungere, mediante provini, un accordo su quel punto di giusto
di grigio (non color cemento) ricercato da questo pubblico funzionario. Argomenterei, a proposito di tale richiesta, che la piccola questione, ha tutto l’atteggiamento
di altri tempi. Da “commissione di
ornato” . Per la cronaca, l’edificio oggetto della sottigliezza cromatica, è
una costruzione degli anni ’50, realizzato in centro storico. Quando in Italia
il cemento “faccia a vista” andava di moda.
Comunque, credo che le regole in questo caso e sempre,
servano a non stravolgere la storia che accompagna ogni manufatto. Le stratificazioni edilizie sono pagine di storia urbana e non sarà il
grigio cemento, se ben dosato nei ritmi del contrasto cromatico, a mutare
l’ornato di quell’ambito cittadino.
Giustamente gli
architetti veneti, in un atto di indirizzo, hanno posto alcuni paletti
per gli ordini, sulle “radici nella storia” e sulle “tracce cromatiche-decorative di particolare
interesse presenti sul territorio” come punto di avvio delle scelte cromatiche
in città.
Personalmente
aggiungerei che le regole vengono concepite per ridurre al minimo la
discrezionalità e per avvicinarsi all’oggettività e alla condivisione.
Giuseppe
Cancemi