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lunedì 28 dicembre 2015

Caltanissetta e la miniera


IL MITO DELLE MINIERE


Molto ma molto in breve, delle miniere o meglio sull'industria dello zolfo che ha visto Caltanissetta in primo piano nel panorama mondiale, voglio aggiungere alcune cose, molto spesso dimenticate.
Dimora di un signore delle miniere nisseno
L'Ottocento, con le miniere ha fatto arricchire "i signori dello zolfo" quando anche il sottosuolo apparteneva al padrone della terra. Poco o niente hanno avuto i contadini, diventati minatori per necessità, che lavoravano alla "Ciaula" senza alcuna tutela, in cantieri sottoterra che si "coltivavano" con la tecnica di "camere e pilastri" (sic!). Gli incidenti e le malattie professionali accorciavano gli standard locali di vecchiaia, regalando così alla città vedove, orfani e una misera sopravvivenza ai superstiti.
I primi anni del Novecento hanno visto crescere un movimento sindacale dei lavoratori le cui giuste rivendicazioni hanno ridato dignità al lavoratore del sottosuolo e una forte coesione a tutto il mondo del lavoro nisseno.
La zolfara - R. Guttuso
Nel dopoguerra, con gli interventi di Stato e della Regione sono migliorate le condizioni di sicurezza e le pensioni dei minatori ma la produzione di zolfo già non serviva più. La chiusura conseguente delle miniere, in Sicilia, prevedeva il mantenimento delle più rappresentative per un uso turistico, e la occlusione degli accessi a tutte le altre rimanenti.
Nessuno si è ricordato però, che dintorni e piazzali delle miniere, da restituire alle contigue campagne, andavano bonificati.
Ciò che rimane da un punto di vista sociale è sotto gli occhi di tutti,  non è più riconoscibile una particolare connotazione di una “nissenità” riconducibile all'esercito di minatori che vi erano in città. Persino gli antichi oggetti più comuni usati per il lavoro del minatore, come la lampada a carburo, sono oramai una rarità da museo.  

Le "mitiche" miniere molto esaltate da tutti, un po' come l’eldorado di Caltanissetta, se ricordate immedesimandosi di chi vi ha lavorato, forse, non saranno più così mitiche. Anche i luoghi di quel duro e pericoloso lavoro, in un qualche modo così come si trovano sono solo non scelte, emblematiche del degrado e dell’incuria di cui vergognarsi. La cultura che potevano esprimere quei siti, invece, è più riconducibile ad un modello di civiltà del recupero dei luoghi da un punto di vista naturalistico che non ad un “muro del rin-pianto” per la scheletricità dei frammenti di un’archeoindustria oramai consegnata alla storia.

Giuseppe Cancemi

venerdì 18 dicembre 2015

Belluno e le "paline"

 LE INDICAZIONI TURISTICHE RICHIEDONO MAGGIORE ATTENZIONE NELLA COLLOCAZIONE E PRINCIPALMENTE IN QUELLO CHE VOGLIONO COMUNICARE

"Palina" assediata dagli sbarramenti
Nei regolamenti comunali, da tempo, esistono norme sull’ornato e sul decoro urbano, con il compito di difendere e/o mitigare il danno anche d'immagine che non di rado, edificato e arredo vario portano alla città costruita. In centro storico da qualche giorno, sono comparsi degli espositori a forma di parallelepipedo, in alluminio, tappezzati con cartine della città il cui scopo sembra essere quello di informare su alcuni precisi percorsi turistici i visitatori. A primo acchito c'è da dire che questi parallelepipedi - non si sa perché chiamati impropriamente paline - entrando a far parte integrante del già fragile sistema cittadino degli arredi, andavano collocati con una maggiore complessiva attenzione. Non male l'idea di guidare attraverso percorsi ben individuati chi vuole praticare un turismo, non troppo fai da te, affidandosi ad una visita del centro storico “confezionata”. Criticabile invece resta l'oggetto (bacheca e rappresentazione dei percorsi) che si è potuto intravedere in questa allocazione di segnaletica non certo guidata da una cultura di comunicazione visiva, diciamo, alla McLuhan.
Ricordo che ancor prima di questa collocazione di “paline” in centro storico, esistevano segni sui marciapiedi come frecce e cerchietti numerati, in vari colori, di dubbia utilità turistica allo scopo. Quest'ultima rappresentazione visiva ad altezza d'uomo, invece materializza, con il citato volume geometrico, la guida dei 5 percorsi diciamo: "consigliati". Obiettivamente non si può non dire che l'introduzione di queste “paline” confligge con l'estetica della città antica, per la foggia e per il suo stesso materiale. Non meno criticabili appaiono la collocazione che non è delle migliori ma, soprattutto, l'oggetto della comunicazione non semplice e ancor meno intuitivo. Vero è che tutto può essere opinabile, ma la forma, il materiale, le cartine topografiche e persino la collocazione non esprimono né un design ricercato del totem turistico (e non palina), né la sapiente collocazione, e neanche una facile lettura dei percorsi.
"Palina" bi-facciale poco distante dall'inferriata. 
Senza volere essere pignolo dico soltanto che, per esempio, in ogni postazione non è chiaro il punto dove si trova in quel momento chi legge. Bastava rifarsi al sistema usato dalla protezione civile: "tu sei qui" e il segno relativo. Per avvalorare ulteriormente quanto asserito, basta guardare anche alcune di queste “paline” per verticalità e orientamento della collocazione rispetto al contesto urbano che si vuole mostrare.
Insomma, penso che il centro storico di Belluno ha un suo genius loci che deve sempre essere rispettato. La progettualità, specie in detto luogo non può e non deve essere solo in funzione dell'oggetto fine a se stesso e basta. Ciò di cui deve principalmente occuparsi sono: la irrinunciabile funzionalità, una ricercata forma, l'opportuna scelta dei materiali, il luogo di posizionamento e le modalità di collocazione, infine per ultima, ma non l'ultima, dell'ambientazione. Solo così non si corre il rischio che con le introduzioni di nuovi arredi urbani si collochino eventuali non richiesti orpelli.


Giuseppe Cancemi


lunedì 7 dicembre 2015

Belluno - Natale 2015

I PENSIERI DI VIA ZUPPANI 2015


La religione è considerata dalla gente comune come vera, dai sapienti come falsa, e dai governanti come utile. 


(Seneca)



L'abitudine al lavoro modera ogni eccesso, induce il bisogno, il gusto dell'ordine; dall'ordine materiale si risale al morale:quindi può considerarsi il lavoro come uno dei migliori ausiliari dell'educazione.








Massimo d'Azeglio, I miei ricordi, 1867 

Il particolare 
Per conoscere bene le cose, bisogna conoscerne i particolari; e siccome questi sono quasi infiniti, le nostre conoscenze sono sempre superficiali e imperfette.
(François de La Rochefoucauld)


Quello che gli uomini chiamano l’ombra del corpo non è l’ombra del corpo, ma è il corpo dell’anima. 

(Oscar Wild)
L'autunno è una stagione saggia e di buoni consigli.




Félix-Antoine Savard,
 La Minuit, 1948
C'era una volta... un albero!
Acqua! Bene comune.
Quando un’alba o un tramonto non ci danno più emozioni, significa che l’anima è malata.




(Roberto Gervaso)

Foto di Giuseppe Cancemi



mercoledì 25 novembre 2015

Terminato il restauro di Palazzo Fulcis


PRESTO IL MUSEO CIVICO A PALAZZO FULCIS


Palazzo Fulcis, a giudicare dalla rimozione delle impalcature in atto, sta per essere restituito alla fruizione pubblica, dopo che in esso sarà trasferito il locale Museo Civico. L’edificio, d’impronta settecentesca,  potrà offrire finalmente un ampio spazio al ricco museo cittadino, preziosa risorsa locale che, assieme alle altre del territorio, può costituire un nuovo polo di eccellenza, nella catena museale veneta. Sui lavori di restauro, forse,  avanzerei un qualche rammarico per la sua conduzione un po’ troppo riservata. Tutte le problematiche scaturite dell’analisi strutturale, architettonica e artistica potevano veicolare conoscenze, scelte d’intervento e relative informazioni anche sotto gli occhi di quei cittadini che amano coltivare interessi amatoriali per la storia, l’arte e l’architettura, specie se locale. Per esempio, la trasparenza nella conduzione delle varie attività di restauro, pratiche e di studio, con semplici web-camere, poteva essere un mezzo per aiutare la condivisione e far seguire ogni azione con il massimo della partecipazione. Mettere a disposizione visivamente, in internet, tutto l’iter che ha accompagnato il restauro non avrebbe guastato.  Un’opera, un manufatto, un monumento accompagnato, vissuto da tanti occhi che lo seguono lo fa sentire di tutti e di ciascuno.
Purtroppo, non di rado  i restauri rimangono interventi per addetti ai lavori, per soloni che, nel merito di ogni intervento, non amano condividere e/o confrontarsi pubblicamente. Chi sceglie questo modo di operare si comporta secondo la logica: io so e voi non sapete un c…o!
Ciò detto, comunque, almeno per un rispetto ai cittadini bellunesi per primi, che sono i destinatari  di Palazzo Fulcis, la consegna del manufatto restaurato dovrebbe essere accompagnata, da un apposito volume cartaceo per la storicizzazione. Il testo, anche minimale, potrebbe essere formato dalla relazione generale e dalle eventuali relazioni specialistiche del progetto esecutivo, previsti dall’art. 35 della legge quadro in materia di lavori pubblici.  Ricordo per me stesso, che anche la Carta del Restauro prevede una relazione finale scaturente da un consigliato  “giornale” di cantiere.
Vista posteriore del Palazzo Fulcis
Dispiace, ma bisogna infine  ammettere che anche Palazzo Fulcis di cui stiamo parlando, a parte la visita concessa al FAI di qualche tempo fa, non  sembra che si sia distinto nella conduzione delle sue attività, a fini conservativi, per un eccesso di trasparenza. Allora, forse, dico foorse… dare l’opportunità di poter leggere come sono stati progettati e svolti i vari interventi, potrebbe risarcire la comunità locale, che è stata già privata in itinere del fruire di tutti i passaggi salienti di un restauro e, dunque, dell'esercizio del diritto di sapere, di conoscere e, in qualche caso, anche di condividere o meno.


Giuseppe Cancemi

REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE LEGGE N. 109/94

Art. 35 (Documenti componenti il progetto esecutivo)

1. Il progetto esecutivo costituisce la ingegnerizzazione di tutte le lavorazioni e, pertanto, definisce compiutamente ed in ogni particolare architettonico, strutturale ed impiantistico l'intervento da realizzare. Restano esclusi soltanto i piani operativi di cantiere, i piani di approvvigionamenti, nonché i calcoli e i grafici relativi alle opere provvisionali. Il progetto è redatto nel pieno rispetto del progetto definitivo nonché delle prescrizioni dettate in sede di rilascio della concessione edilizia o di accertamento di conformità urbanistica, o di conferenza di servizi o di pronuncia di compatibilità ambientale ovvero il provvedimento di esclusione delle procedure, ove previsti. Il progetto esecutivo è composto dai seguenti documenti:

a) relazione generale;

b) relazioni specialistiche;

c) elaborati grafici comprensivi anche di quelli delle strutture, degli impianti e di ripristino e miglioramento ambientale;

d) calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti;

e) piani di manutenzione dell'opera e delle sue parti;

f) piani di sicurezza e di coordinamento;

g) computo metrico estimativo definitivo e quadro economico;

h) cronoprogramma;

i) elenco dei prezzi unitari e eventuali analisi;

l) quadro dell'incidenza percentuale della quantità di manodopera per le diverse categorie di cui si compone l'opera o il lavoro;

m) schema di contratto e capitolato speciale di appalto.


AGGIORNAMENTO
Il giornale dei lavori è regolamentato dalle norme sugli appalti pubblici (art. 14, D.M. n. 49 del 2018) e in generale dal testo unico dell’edilizia (art. 66, D.P.R. n. 380 del 2001).

mercoledì 18 novembre 2015

Zona a Traffico Limitato o isola pedonale?


Un dilemma che non ammette soluzioni semplicistiche.


Da un po’ di anni a questa parte, nella nostra città, la chiusura del centro storico al traffico è diventata altalenante: una volta sì e l’altra no. Sempre lo stesso “leitmotiv” che si ripete nel tempo. I commercianti da una parte, incuranti dell’inevitabile inquinamento atmosferico, vogliono che le auto in piazza Garibaldi e dintorni circolino e le amministrazioni comunali che si susseguono, compresa l’attuale, invece, timidamente tentano di allontanare il traffico motoristico dal cuore della città con una striminzita isola pedonale. La convinzione che, anche una minima Zona a Traffico Limitato aiuti il commercio in centro storico, non fa rinunciare al rischio salute che gli esercenti sanno di correre.  è loro convinzione, che la circolazione automobilistica sia fattore di mantenimento delle attività commerciali. Comunque la questione ZTL  appartiene a tutte quelle città, come la nostra, che non hanno deciso cosa fare del centro sto
rico. Una latente tentazione per centri storici in abbandono però circola, si pensa di dare loro una continuità, tramutandoli in centri commerciali. Questa sottaciuta possibile trasformazione, voglio dirlo,  la trovo
inaccettabile. Temo che snaturi il vissuto del luogo, il suo “Geius loci”. Allora, forse bisognerebbe interrogarsi sul perché gli acquisti nelle principali vie del centro sono in calo o non ce ne sono affatto. Siamo sicuri che la causa è dovuta unicamente alla mancata circolazione di auto? Non sfiora l’idea che potrebbero essere altri, i motivi della crisi commerciale? Per esempio: le tipologie delle mercanzie offerte,  i prezzi, il rapporto tra tipologia dell’offerta e la sua domanda, l’ampiezza delle scelte, la qualità dei prodotti, la esclusività o la inflazione di quel prodotto, etc., sono o no elementi che influiscono sul successo o meno di vendita in un dato luogo? Insomma fattori come quelli accennati che nulla hanno a che vedere con le auto nel cuore della città, non potrebbero essere quelle le effettive ragioni di un allontanamento dal centro della clientela? Ecco, forse qualche dubbio in più dovrebbe fare riflettere gli operatori  commerciali i quali imputano quasi tutto al traffico.  Pensare ad una continuità che viene da lontano, con  il nonno prima e appresso il padre conduttori di attività economica che è andata sempre bene, quando circolavano liberamente le auto, non basta. Come non è sufficiente un inizio di attività commerciale sulla base di una semplice intuizione o convinzione che quel luogo continuerà ad accettare sempre le stesse condizioni e con la medesima tipologia di esercizio. Non è più tempo di empirismo. Gli operatori commerciali moderni oramai conoscono e si servono di strumenti come il business planning, per verificare o iniziare un’attività. Non si può più investire senza prima avere indagato il mercato, le sue potenzialità e gli elementi che ne determinano la fattibilità di quel dato commercio. Insomma è opinione diffusa che il pianificare prima di investire fa parte delle buone pratiche che ogni azienda dovrebbe sempre avere presente prima di agire.  Non meno importante da parte pubblica, per un corretto uso della città, il Comune dovrebbe avere nel “cassetto” un Piano Commerciale, e non solo quello, per dare risposte circostanziate agli operatori commerciali, prima di prendere ogni decisione.  La scelta di tornare ad utilizzare la  ristretta area, finora in uso come isola pedonale riproponendola coma ZTL, senza uno studio sociologico dei destinatari (residenti, commercianti e fruitori tutti di quel centro direzionale che è piazza Garibaldi e dintorni) è destinata a perpetuare un insuccesso già sperimentato. Caltanissetta, per dirla tutta,  non ha ancora capito, o non vuole capire, per esempio, che è, a “sua insaputa”, tra l’altro città multietnica e di frontiera. Il che aggiunge complessità alla complessità dell’organizzazione urbana.
La risposta che il Comune si è riservata di dare, per sciogliere il nodo del traffico in centro, dunque, se da sola, risulterà parziale e insufficiente. Una problematica come quella che presenta il centro storico di Caltanissetta non è semplice, investe  tutta la fruibilità comunale. Penso che, oltre agli strumenti canonici di urbanistica, come complemento, debbano essere coniugati assieme al Piano Commerciale sia il Piano del traffico che quello dell’inquinamento acustico. Pertanto, non sono ipotizzabili soluzioni singole a problemi complessi.
 Concludendo, voglio ricordare che per operare bene bisogna conoscere. Nel nostro caso le acquisizioni essenziali dovrebbero spaziare: dalle condizioni sociali ed economiche, alla mobilità, ai servizi essenziali dei cittadini, alle relazioni tra le parti della città (centro storico, aree periferiche, territorio). Dunque, Caltanissetta tiri fuori dai cassetti o prepari progetti e/o studi, dove il primato della politica, possa indicare le migliori soluzioni, alla luce delle conoscenze tecniche necessarie, per un contesto più complesso che si inquadri nel “sistema città”.
Giuseppe Cancemi

http://www.radiocl1.it/web/zona-a-traffico-limitato-o-isola-pedonale-un-dilemma-che-non-ammette-soluzioni-semplcistiche/


venerdì 6 novembre 2015

GIUSEPPE GABRIELLI, progettista aeronautico

Un monumento all'ingegno... ma con prudenza


Come si dice: "a bocce ferme", dopo che è passata la giornata dell'orgoglio nisseno nel ricordo dell'illustre cittadino Giuseppe Gabrielli, progettista FIAT di aerei e dell'aereo G91T in particolare, qualche riflessione forse sarebbe bene farla. Leggendo qua e là la sua biografia, il Gabrielli risulta nato sì a Caltanissetta ma vissuto da sempre altrove. La sua natività lo ha visto a Caltanissetta nella sola fanciullezza (fino a 7 anni) e poi è andato via. Questo è tutto sul vissuto nisseno
del progettista nato a Caltanissetta. Ma va bene così!
Il prof. ing. Giuseppe Gabrielli, progettista aeronautico, viene così ricordato: "Docente, manager, uomo di fiducia della famiglia Agnelli". Agli inizi degli anni Quaranta, trentottenne,  in piena seconda guerra mondiale, è progettista di macchine belliche e tra queste il caccia G. 55 del 1941 è una sua creatura. In quel tempo, la storia ci ricorda che la Germania nazista dominava l’alleata Italia fascista. E a pensarci bene, quello strumento di guerra non era certo un innocuo mezzo di trasporto aereo ma un aeromobile armato, in grado di seminare morte e distruzione dove passava. Inoltre, sempre dalla biografia di questo illustre cittadino nisseno, non risulta che abbia mai abiurato o “rinnegato” quel periodo o quella “creatura”. Neppure mi pare che si parli minimamente, nella sua storia di personaggio importante, per esempio, di obiezione di coscienza, ripensamento delle sue opere o crisi riconducibili al modo di essere luminare nel mondo delle scienze aeronautiche, che in qualche modo ripudia la guerra.

La città di Caltanissetta, da anni rincorre la possibilità di collocare un preciso residuato bellico dell’aeronautica che ricordi il progettista nisseno. L’evento si è realizzato, Caltanissetta ha potuto collocare il suo monumento in una apposita area. Non mi pare che altre città di altri progettisti, ideatori di prodotti bellici come, per esempio, Ferdinand Porsche (carro armato panzer), i generali Patton (carro armato patton) e  kalashnikov (mitra), per citarne solo alcuni noti, alla maniera di Caltanissetta, abbiano celebrato i propri progettisti ivi nati, con monumenti a quegli strumenti.
Mi viene voglia di ricordare che essendo cittadini italiani, pur in circostanze di un mondo sempre percepito come attraversato da perenni guerre, abbiamo una Costituzione che all’art. 11 così recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie …” e dunque, se si vuole, si mostri pure l’oggetto di una progettualità di alto ingegno a ricordo di un illustre cittadino ma si dica anche, almeno con una targa, che quel monumento vuole essere un monito per i posteri, i quali non debbono mai rinunciare alla pace.
Infine, se la storia è maestra di vita, allora il ricordo, la memoria di un illustre uomo non può essere riduttivamente  una espressione esteriore di semplice comunicazione visiva, magari suggestiva, o limitarsi al racconto di una superficiale verità. Credo invece, che bisogna andare al cuore delle storie e saper ricavare e diffondere anche una morale, che possa servire di  insegnamento alle generazioni future.  Altrimenti, i segni, rimangono pura comunicazione retorica fine a se stessa.

Giuseppe Cancemi


giovedì 5 novembre 2015

Caltanissetta: NUOVO ANNUNCIO DI RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI

Di annuncio in annuncio
Caltanissetta, 4/11/2015




Ma avete letto l'ordinanza? Trovate che ci sia una precisa data a partire da…. Sì mi informo con chi sa di diritto amministrativo e chiedo se un atto con data incompleta (cioè priva del giorno), che nella patologia degli atti amministrativi costituisce un vizio di forma, non creerà come minimo un inevitabile contenzioso a fronte di eventuali multe. E poi, quel documento avrebbe dovuto essere affiancato da un effettivo progetto di raccolta differenziata. Secondariamente, ma non come fatto secondario, penso chi si dovevano, preliminarmente, cioè prima di avviare una così importante svolta nella raccolta dei rifiuti, “istruire” i cittadini che debbono attuarla. Gli Amministratori di questa città mi scuseranno ma mi pare che tutto per gli ignari cittadini scenda dall’alto, altro che partecipazione, trasparenza ed altre simili amenità di linguaggio sparse a piene mani!

Giuseppe Cancemi


Testo pubblicato sul sito del Comune di Caltanissetta
http://www.comune.caltanissetta.it/ufficio-stampa/comunicati-stampa/1012-rifiuti,-caltanissetta-avvia-la-differenziata.html



martedì 20 ottobre 2015

CALTANISSETTA


Il Sindaco annuncia che la città passerà presto alla raccolta differenziata porta a porta


L'annunciata raccolta porta a porta, diventata un mantra ma che continua a rimanere sempre al punto di partenza, è una scelta importante della politica, diciamolo, di questa amministrazione. Peccato, che non è dato sapere, in particolare, come verrà o dovrà essere attuata. Si sa soltanto che comincerà da S. Barbara per prima e che ci saranno incentivi. Stop. La presentazione di una così importante inversione di tendenza della città nell’igiene urbana, riportata on line, è stata fatta "in famiglia". Se la cantano e se la suonano tra Sindaco, Assessori (non tutti), Comandante dei VV. UU. e rappresentanti di Caltambiente. Ma udite... udite cosa vogliono realizzare: "con una serie di misure e incentivi per gli utenti, opportune a fare aumentare in maniera decisa la percentuale di prodotti differenziati da conferire in discarica, in sintonia alle direttive del consiglio comunale”. Ma questi, o chi scrive per loro, non hanno capito o si sono espressi male. La differenziazione serve per ridurre al minimo lo scarto non riutilizzabile, escludendo cioè il riciclabile: plastica, lattine, etc. e il biodegradabile. Gli scarti differenziati non sono tutti uguali, la sola frazione inutilizzabile, ridotta al minimo, deve essere eliminata in qualche modo. Al momento, il famigerato, termovalorizzatore è la soluzione. Quelle che chiamano discariche, poi,  debbono accogliere solo la frazione umida che, "digerita", diventa concime organico.
Ammesso che la raccolta come prevista (sic!) cominci, mi viene una domanda spontanea: ma si continueranno a raccogliere metalli e plastica con i cassonetti in uso? Sì perche con questi cassonetti, come quello in figura, distribuiti in tutta la città non si invoglia la gente a differenziare. Vi spiego il perché. Una famiglia raccoglie e trattiene,  le frazioni riciclabili a casa anche per più giorni e quando decide di portarli nei cassonetti deve ad uno ad uno pendere la bottiglia o la lattina e farla passare a un o due pezzi per volta in un imbocco stretto che costringe a stare li: e uno e due e tre sino alla fine. Pensate che tutti sono così pazienti? 

Vi sbagliate! Non di rado, l’intera frazione differenziata finisce nel cassonetto dell’indifferenziata che basta semplicemente aprirlo e versare. Altre città, invece, che fanno veramente la raccolta differenziata, per agevolarla, hanno sostituito i cassonetti per lattine e plastica con degli altri del tutto simili per facilità di conferimento, a quello che Caltanissetta usa per la raccolta indifferenziata.
MORALE: se quella dichiarata sarà la raccolta porta a porta che si vuole fare… POVERI NOI!


Giuseppe Cancemi

martedì 13 ottobre 2015

CALTANISSETTA


SALVIAMO IL CENTRO STORICO

Mi rendo conto che dai messaggi che vengono dall'Amministrazione attiva, Caltanissetta è pubblicizzata come il mulino bianco ma, se ci si vuole risvegliare per casa, lavoro e centro storico, bisogna darsi da fare. Meno "Panem et Circenses" e più cura della città che, tra l'altro, rimane ancora sporca.


Promessa del Sindaco testuale


Sommessamente provo a suggerire:
Centro storico, al punto in cui siamo, tra demolito, caduto e cadente, consiglierei di fare subito nel quartiere "Provvidenza" una ripresa filmica aerea mediante drone come urgente, indispensabile, documento dello stato di fatto. Successivamente, nell'immediato, fare seguire delle strisciate fotogrammetriche aeree con relativa restituzione georeferenziata delle vaie aree di centro storico. Una lettura fisica dall'alto, contestualizzata, serve a documentare la base di confronto per ciò che si è pensato di fare finora ma anche per elaborare nuove proposte (in gazebo con i cittadini giorno per giorno), non escludendo l'opzione zero che potrebbe essere quella di "cristallizzare" i ruderi e le maglie viarie e proseguire con un restauro, vero, generalizzato ove possibile. Congelare la forma urbana con il diroccato in sicurezza può esprimere una scelta culturale (civiltà contadina e mineraria) destinata a tramandare un documento qual è la parte lasciata crollare di un centro storico abbandonato. Il resto, il recuperabile, può diventare opportunità e occasione per casa e lavoro di maestranze e lavoratori dell'edilizia, mediante un ufficio casa del Comune, come cabina di regia per l'operazione CS. Le tante necessarie risorse economiche, oltre ai vari finanziamenti nazionali ed europei, possono venire attinte dai buoni comunali di investimento e, perché no, dal mecenatismo. Avanti con la politica e, mi si permetta, meno propaganda fine a se stessa.


Giuseppe Cancemi 

domenica 4 ottobre 2015

CALTANISSETTA: LA CITTA' E IL BUON GOVERNO

Ovvero, lettera al Sindaco per un VADEMECUM circa le attività "on the road"



Gent.mo sig. Sindaco,

camminando spesso a piedi in lungo e largo per la città, mi sono ritrovato ad ammirare tutte quelle belle variopinte baracche, sparse in ogni dove che orgogliosamente simboleggiano lo status della città.
Tra un passo e l'altro, riflettendo sulla replicabilità di quel business e rimuginando, mi è venuta una bella idea: perché non fare crescere ancora questa imprenditoria così a buon mercato?
Dal momento che lei ha un grande rispetto per i suoi concittadini, si dice che risponde uno per uno a tutti, sicuramente mi risponderà per condividere e anzi si attiverà per quanto intendo sottoporre alla sua benevola attenzione. Penso che non sarebbe male, data la premessa intenzione di voler aiutare la crescita imprenditoriale, di permettere ad altri commercianti di proporsi come venditori lungo strade, marciapiedi, parcheggi etc. non fosse altro che per un atto riparatore, dovuto ad una giustizia a volte distratta. Non vorrà che continuino ad esserci privilegi, a spese della collettività solo per alcuni? Sarebbe la continuazione di una ingiustizia e non si spiegherebbe perché mai quelli che hanno già occupato del suolo pubblico possono restare e i nuovi eventuali richiedenti no. Certo, qualche dubbio mi è venuto, specie, sulla scelta del luogo dove fare impiantare altre nuove baracche. Mi è sembrato che, forse, occupare un marciapiede può costituire un grave disagio per i pedoni che lo dovessero attraversare. E non parliamo dei disabili? Prendersi tutta una aiuola? Chissà?  No! Verrebbe a limitare il verde di quartiere che già non è molto. Scegliere tutto o in parte un prezioso parcheggio? No! Non mi sembrerebbe il caso, data la endemica carenza di spazi per le soste e le già affollate strade anche con tre file di auto. E non è tutto, se penso ai bisogni igienici e le difficoltà per l'allaccio energetico di chi utilizzerà la baracca. E l'intralcio al traffico che ne potrebbe conseguire? E l’ornato della città non verrà deturpato? Mamma mia quante difficoltà per questa attività on the road!  A questo punto dai neuroni mi viene segnalato il limite dei miei fieri pensieri in soccorso dell’economia cittadina. E da inesperto giro a lei, da “addetto ai lavori”, le mie perplessità per sapere come si possono superare simili problematiche non infrangendo la legge. Anzi, giacché ci siamo, per essere sicuri che si possano continuare a promuovere simili attività, la pregherei di far preparare dai suoi efficienti uffici, per gli eventuali volenterosi nuovi investitori in baracche, un vademecum.
Una guida municipale su come impiantare baracche in città sarebbe il massimo della legittimità controllata! Sa, meglio non incorrere nel danno erariale che la Corte dei Conti potrebbe rilevare.
Vedrà che la città tutta, alla fine del suo mandato, le resterà grata per la continuità che ha saputo dare all'azione politica e amministrativa di altri illuminati suoi predecessori.

Giuseppe Cancemi

mercoledì 30 settembre 2015

AMMINISTRARE: SERVIRE I CITTADINI SENZA ARROGANZA


Umilmente mi permetto di chiosare su quanto ha pronunciato da un autorevole uomo di chiesa, in un momento solenne come la festa del Santo Patrono. Si è voluto ricordare alla comunità tutta, che amministrare significa servire i cittadini senza arroganza. Quasi un avvertimento sul bisogno di dialogo tra Amministrazione in carica e cittadini. Si è dunque voluto dire no alla continua  autocelebrazione del potere, non certo ben accetta a noi poveri amministrati. Insomma, non è passata inosservata, neanche per le alte sfere di solito impegnate per altri compiti,  la tronfiezza della compagine amministrativa che sembra muoversi (o forse rimanere immobile) con  un principale compito: la consegna del silenzio. Silenzio quasi offensivo che tende a snobbare le lamentele di una moltitudine di caltanissettesi, su ciò che fanno gli “addetti ai lavori”. Un atteggiamento che ricorda il marchese del grillo: io so’ io e voi non siete un c….o.
Il politically correct che viene ostentato nel linguaggio: partecipazione, condivisione, trasparenza, sono eufemismi che mascherano la pratica quotidiana tutt’altro che aperta e partecipata.



Chiudersi in una torre d’avorio, comunque, mentre i cittadini fanno salti mortali, non fa bene a nessuno. Allora, per brevità, chiedo al Sindaco ed alla Giunta, se hanno voglia di smentire quello che comincia a diventare un sentire comune,  di comunicare alla città quali azioni hanno in pectore per i prossimi tre anni e mezzo amministrativi per la città.
Per esempio, per l’acqua, il lavoro, il centro storico, la raccolta differenziata, etc.

Giuseppe Cancemi

sabato 26 settembre 2015

E I NISSENI RI-SCOPRIRONO CIÀULA


Ovvero: il povero ciàula scopritore della luna vuole essere brand o metafora del mondo minerario di cui il territorio nisseno è stato primo attore?

Risultati immagini per ciaulaNel titolo prescelto: «Ciàula scopre la luna», in un progetto locale per tre Comuni del nisseno (Caltanissetta, San Cataldo e Montedoro) si riprende un antica (di alcuni decenni) intuizione, nata per recuperare quella mancanza di reddito, dovuto alla perdita dei posti di lavoro in miniera, dopo la loro chiusura. L'idea era nata dopo una cocente delusione per una promessa industrializzazione compensativa nel cosiddetto (all'epoca) triangolo della miseria (Agrigento, Caltanissetta ed Enna). La proposta, dunque, non è nuova. Da decenni si assiste, con proclami, annunci e cose simili, al fatto che quasi tutti i Campanili in territori già legati all'archeoindustria siciliana, vorrebbero candidarsi a luoghi della memoria mineraria.
Stavolta, però, la nuova perorazione appare sì diversa ma dal titolo ambiguo, e fa sorgere spontaneo un interrogativo: ma la storia del povero Ciàula in compagnia di zì Scarda, vuole essere un brand o una metafora? E di cosa?

Un Ciàula che scopre la Luna, la quale forse mai, col suo animo semplice, aveva avuto tempo e modo

per percepirla come tutti gli altri esseri umani e un zì Scarda, tragicomico, nella rappresentazione del commediografo Pirandello, evocano un qualcosa che suscita nell'immaginario collettivo solo sentimenti di compassione. Con la novella di Ciàula, per sentito dire, si corre il rischio per le nuove generazioni, di ridurre questo accostamento da mesto ricordo a semplice "amarcord": tempo da rimpiangere, da ricordare con nostalgia. La luna, per Ciàula, era la scoperta di ciò che gli era stato da sempre negato: la comune conoscenza umana del ritmo circadiano. La lacrima che solcava un viso scavato dal dolore e dalla fatica di zì Scarda, raccolta con una smorfia della bocca quasi comica, non lasciano spazio ad un rimpianto per un mondo, molto vicino a noi, ma parecchio doloroso, che non c'è più. Questi personaggi di Pirandello, così per ricordarlo, appartengono anche al triste e doloroso affido del figlio adolescente («carusu») dal padre-padrone contadino poverissimo, in ostaggio al minatore anziano di ridotte attitudini lavorative, suo creditore. Situazione che difficilmente si concludeva con il riscatto dell'ostaggio.

Se vuole essere un marchio confesso che fa molta tristezza e se non erro è stato già adottato da altri e per altri scopi.

La metafora come effetto non sembra molto diversa, per quello che si vuole veicolare, ma forse vuole essere solo una suggestione, ma le suggestioni, come si sa, durano poco.

Giuseppe Cancemi