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giovedì 28 febbraio 2013

Sanità da ottimizzare

Belluno, 28-2-2013

Lettera aperta

Al Direttore Generale
ULSS1 Belluno

Non molti giorni fa nella stampa, non solo locale, è stato riportato il suo primo nobile gesto di insediamento, dando un segnale di buona amministrazione della cosa pubblica, mettendo in vendita l'auto blu. Ora che avrà preso “confidenza” con gli altri problemi del servizio sanitario locale, sarà stato messo al corrente, a parte della qualità della struttura sanitaria, delle disfunzioni organizzative di cui soffre. Tra le più eclatanti e significative anomalie del sistema informativo prestazionale dell'ULSS. si collocano le prenotazioni i cui tempi di attesa non coincidono con quelli stabiliti dal protocollo ma soprattutto in contrasto con la necessità effettiva degli utenti e l'efficienza dell'erogazione. Per fare un esempio, le prenotazioni di controllo per patologie croniche hanno un iter assurdo. Il clinico che ha visitato dispone di una nuova visita di controllo a sei /dodici mesi e prescrive degli esami. Il paziente deve, successivamente, recarsi dal medico di famiglia e farsi autorizzare questo, temporizzato, prescritto controllo. Sempre il paziente o un suo familiare, deve ulteriormente presentarsi allo sportello delle prenotazioni o telefonare per sapere quando si potranno fare esami e visita. Le prenotazioni, comunque, non sono una conclusione certa o sempre riferibile ai tempi ufficiali o all'ordine logico delle sequenze (esami prima e non dopo la visita di controllo) ma aleatori e a volte incoerenti con lo scopo. A meno che... gli esami o la visita non si facciano in maniera mista (privato /istituzionale) o totalmente a regime privato.

Posto brevemente un problema fondamentale che a lei dovrebbe già essere noto, per non iscrivermi tra quelli che si lamentano e basta, vorrei sommessamente consigliare di concentrare i suoi sforzi oltre che sull'assillante problema (quanto importante) dei conti economici anche un minimo di attenzione a quanto mi permetto di suggerire come argomenti per riflettere. Per prima cosa, penso che una diversa più razionale organizzazione dei servizi, costituisca un economia di sistema che ha influenza, anche, sia sui risparmi che sugli investimenti. Non conoscendo il sistema USSL che lei gestisce, a costo di fare una domanda da “Pierino” chiederei: ma l'Azienda sanitaria di Belluno, ha personale e/o ufficio ad hoc che si occupano della gestione? E penso ad uno o più ingegneri (informatico, gestionale) o simili figure professionali.
Nel merito delle disfunzioni, riallacciandomi a quanto detto prima, domando ancora: ma non sarebbe il caso che in presenza di patologie croniche le prenotazioni avvenissero, per così dire, d'ufficio? Non tornerebbe utile razionalizzare tutti i servizi e reparti, da un punto di vista informatico (cloud computing), per non ripetere molte situazioni informative?
Infine, dal momento che i costi degli ecografi portatili non sono poi così elevati ( meno di 1000€) e le richieste di esami con detti strumenti in aumemento, non sarebbe il caso di far dotare i medici di famiglia di tali strumenti e farli abilitare all'uso con gran risparmio, in tutti i sensi, ed efficienza del sistema sanitario?
Mi fermo, per non rubare ulteriore tempo al suo lavoro, ma penso che il mio modesto contributo le potrà dare modo di riflettere. E chissà se la sua buona volontà, già dimostrata, si potrà estendere di più ai bisogni cogenti dei cittadini.

Giuseppe Cancemi

lunedì 25 febbraio 2013

Villa Zuppani, Sedico (BL)


Risorsa ambientale da valorizzare utilizzandola al meglio 
 
Il ricovero per la fauna selvatica di villa Zuppani a Sedico, tenuto in vita da tempo dalla Provincia, chiude. La notizia passa quasi inosservata, in sordina. Persino la sensibilità dell'associazionismo ambientale presente a Belluno, non sembra avere colto questo segno di poca attenzione a risorse ambientali preziose da conservare attivamente come questa.
Verrebbe da chiedersi: come mai?
La prospettiva di centro didattico per l'ambiente da tempo ipotizzato, cui associare in un futuro l'attuale centro di recupero della fauna selvatica, da un punto di vista formativo/educativo e non solo faunistico-ecologico, poteva e può essere uno sbocco relativamente condivisibile ma sembra naufragare per pochi spiccioli di bilancio. 


L'obiettivo di dare continuità alla struttura di questo “ospedale” per gli animali selvatici smarriti, feriti, impauriti, anche se esteso ad altro uso di tipo didattico, pur apprezzabile, rimane comunque assai riduttivo. La sua sorte incerta  ne rende ancora più problematico il suo mantenimento. Quasi una rinuncia ad una presiosa opportunità. Un'idea più articolata, potrebbe invece, ambire ad altro utilizzo più prestigioso nonché redditizio. Va bene che esiste un contenzioso sulla proprietà che forse ne limita la sua piena disponibilità, ma la villa Zuppani ricca dei suoi 150 mila mq di terreno, potenzialmente è in grado di produrre un suo reddito, fosse anche solo per potere mantenere, semplicemente, la sua propria autonomia economica senza incidere sulle casse della collettività. E' facile immaginare che un tradizionale sfruttamento con mezzadria, forse, saprebbe ricavare un utile controvalore per simile risorsa, finora, non sempre ricercato dal gestore pubblico nelle proprietà condotte. Si parla tanto in termini economici di spending review, di ecologia urbana e di responsabile uso delle risorse invocando sostenibilità, biodiversità e simili “parole d'ordine” per dire e dirci che dobbiamo spendere meglio, riutilizzare e valorizzare ciò che già abbiamo. Ma ancora non ci siamo. La recente timida tendenza di ritorno all'agricoltura e la green economy,comunque, possono essere di aiuto per mettere a frutto le energie rinnovabili e la riscoperta del suolo agrario nel primario come elementi “amici” del lavoro umano.
Un concorso di idee sull'uso produttivo della villa Zuppani non guasterebbe. Un simile bene economico locale, specie in tempi di  economia sempre più limitata nei mezzi, non può essere sottovalutato. A scopo propositivo si suggeriscono alcune alternative d'uso. Si potrebbe, per esempio, pensare di utilizzare la villa come luogo per: giardino botanico, fattoria didattica, centro studi ambientali, produzione di piante officinali, conservazione della biodiversità, banca del seme, coltivazione biologica etc. etc.. Il tutto affiancato da scelte energetiche rinnovabili.
La tanto vituperata politica, la locale specialmente, se vuole riscattarsi, riprendersi il primato delle scelte territoriali utili alla Comunità amministrata, non può far passare inosservata un'occasione di riutilizzo redditizio della prestigiosa villa Zuppani. Sappiamo tutti che la sfida che ci viene posta dallo sviluppo socio economico richiesto dai nostri tempi, deve essere affrontata a partire dalle risorse locali e attraverso processi innovativi, indirizzati verso una economia verde ecosostenibile.

Giuseppe Cancemi

Ennesimo piano di recupero per il Centro Storico


FORMAZIONE DEI PIANI DI RECUPERO DI CALTANISSETTA (2013)

(Nota di Giuseppe Cancemi)



Le esigenze di recuperare un centro storico, in generale, non sono nuove. Caltanissetta, per l'ennesima volta e con grande ritardo rispetto al contesto italiano, si cimenta con una nuova proposta progettuale di riutilizzo-rinnovo a partire dal quartiere “Provvidenza”. La premessa che muove il Piano di Recupero, cerca di giustificare le proprie scelte ritenendo di essere “ in linea con le direttive nazionali e comunitarie” e motivando un fine che è quello di “contenere il consumo del territorio”. Sostiene di adottare un criterio improntato all'ecocompatibilità, al recupero delle valenze architettoniche, e avanza anche, tra le “nuove esigenze” irrinunciabili dei luoghi, requisiti di “accessibilità - anche carrabile”, assai discutibili.

La relazione del nuovo Piano di recupero dopo 30 anni e alcuni passaggi oramai storicizzati, rivela un'unica tendenza: l'attesa ripagata dal tempo, dei prevedibili crolli per vetustà, che ripropone alla fine, un antico disegno di politica urbanistica orientato ad una edilizia, per il centro storico, sostitutiva dell'esistente. La nuova (si fa per dire) tendenza nelle scelte di quest'ultimo piano di recupero, a distanza di altri precedenti tentativi, fa emergere la pervicace volontà politica di volere a tutti i costi sostituire il «vecchio» col nuovo. Un passo della revisione del P.R.G. dell’anno 1982 riportata dalla relazione, a proposito dei passati Piani di Recupero ai sensi della L.N.457/78 usato a suffragio delle tesi sostenute dai redattori del PR così si esprime: ”Nelle more della redazione di tali Piani, gli unici interventi ammissibili potevano essere”, solo, “quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria e” di “risanamento conservativo”. Per inciso, termini corretti nel restauro dei centri storici sostenuti dalla cultura urbanistica corrente ma evidentemente non condivisi, poiché utilizzati in un ragionamento del tipo: prima non si poteva intervenire in modo diverso da quello prescritto, ora sì.

Il tempo, è stato galantuomo (sic!). I quartieri della Provvidenza man mano che crollano sono ora transennati per pericolosità e pronti a ogni soluzione di nuova edilizia.
Verrebbe da dire... ci siamo! Con l'emergenza sicurezza si può e si potrà giustificare tutto.
Il Comune nel timore che si verifichino crolli a danno degli abitanti del c.s. si attrezza per operare senza veti. Il passaggio è lineare: con il timore dei crolli, lo scopo preventivo del Comune consente di provvedere ad allontanare gli occupanti delle abitazioni pericolanti in c. s. e si barricano gli accessi al quartiere in attesa di potere intervenire secondo una logica prevalentemente «modernizzativa» a partire degli slarghi, alcuni già oggi diventati parcheggi per auto. Vedasi esempio in foto di immagine documentata nella relazione del Comune di Caltanissetta.

     Pericolosa tendenza annunciata: largo alle auto


In clima di emergenza scompare ogni precauzione e interesse per il destino dei nuovi sfollati (tali per condizioni economiche precarie) che per questa tendenza si candidano con molta probabilità a formare le baraccopoli nissene. Già in passato gli abitanti della Provvidenza erano degli invisibili, non venivano considerati nei cosiddetti piani di recupero, figurarsi ora che i crolli incombono.

La ricca documentazione fotografica del degrado nella formazione dei piani di recupero, riportata nella relazione dell'ufficio tecnico comunale, preconizza la “soluzione finale”.

Nella formazione del Piano, la relazione, com'era prevedibile nella logica delle città materiali, esamina la presenza degli abitanti - incidentalmente e senza dati recenti - evidenziando uno spopolamento del c. s. nella dinamica complessiva dell'occupazione degli immobili a fronte di ripopolamento con persone non italiane. Evitando di entrare, per esempio, nel merito della composizione della proprietà immobiliare e la tipologia degli attuali abitanti. In buona sostanza viene rafforzata la necessità di intervenire per motivi igienici, di decoro e di stabilità degli immobili. Nessuna relazione con le esigenze abitative dei nisseni e non. 


***

In sintesi

Dalla relazione emerge la logica dell'emergenza eletta a metodo. Aspettiamo... con i crolli la necessità di allontanare gli abitanti (prima più difficile) ora si fa cogente e si può anche diradare a misura (si fa per dire) d'auto. Si può costruire il nuovo. Manifestamente sembrerebbe l'unica possibilità. Con ruderi irriconoscibili la demolizione e ricostruzione con aumento della volumetria in verticale, il diradamento in orizzontale per parcheggi e l'allargamento di strade saranno accettati perché apparentemente indolori.

Se la partecipazione alla formazione dell'ennesimo piano serve a corresponsabilizzare una scelta non solo urbanisticamente da retrovia ma soprattutto etica, la risposta, a mio avviso, è no!

La sfida che si può lanciare, invece, deve puntare ad un recupero tendenzialmente conservativo e sostenibile. Si deve partire dalle esigenze dei futuri cittadini abitanti di un ambiente urbano storico a misura d'uomo com'era.
L'insediamento previsto, pur senza uno studio sociologico che doveva essere approntato, si può ipotizzare formato da anziani, giovani coppie, singoli, tra i quali nuclei familiari con poche risorse economiche.

Gestione

Con le strategie giuste e con un patto di solidarietà da inventare, si possono organizzare sistemi di partecipazione al restauro, affiancate da corsi di formazione professionale indirizzata al recupero edilizio per piccole imprese e lavoratori con contratti ad hoc sostenuti da Comune, IACP, cooperative, privati, cassa edili, sindacati, confindustria, imprenditori, lavoratori-corsisti, ecc.

Le risorse economiche dovranno essere reperite, tra finanziamenti agenda 2000, cassa depositi e prestiti, BOC, finanziamenti IACP e cooperative, finanziamenti prima casa, capitali d'investimento privati, nonché banche, specie le locali, attraverso le quali con garanzie pubbliche, dovranno essere indotte ad erogare anche piccoli prestiti. I cittadini tutti, gli interessati per primi, coinvolti nei vari passaggi: dal progetto ai finanziamenti alla realizzazione, assumeranno il ruolo di protagonisti del cambiamento. Il Comune dovrà fondare un ufficio casa perenne per seguire tutte le operazioni di recupero.
Le proprietà pubbliche recuperate per prime, dovranno servire da spore per innescare un processo virtuoso di parcheggio in attesa del restauro, formazione/collaborazione, restituzione e così via.
Quali agevolazioni si possono attivare riguardano: le facilitazioni burocratiche, la riduzione degli oneri di urbanizzazione, degli incentivi vari sui costi (cantiere, smaltimento sfabbricidi, ecc.) e sulle scelte di sostenibilità.

Quale restauro

In merito alla sostenibilità vanno orientate scelte di interventi che tengano conto della bioarchitettura (verifica della presenza del gas radon, basso in/out energetico, cappotto termico ecc.).
Risparmio idrico, con recupero delle acque piovane e/o ricircolo delle acque grige
Risparmio energetico (pannelli fotovoltaici, energia solare-termica) Eventuale sperimentazione di teleriscaldamento con TOTEM e/o geotermia
Efficienza energetica su tutto, elettrica e termica.

La vera sfida va concretizzata confutando la ricostruzione e/o diradamento (data per scontata per i ruderi) con il mantenimento del disegno urbanistico del luogo (es. della Provvidenza con caratteristiche ippodamiche). Cioè, mantenendo la maglia urbana del quartiere, scongiurando il preteso sacrificio della dimensione ad uomo per sostituirla con quella a misura di automobile (impossibile) per vari motivi. Non necessariamente costituzione di volumi in altezza consimili ai precedenti ma livellamento, eventualmente, in basso per lasciare passare la luce la dove si ricostruisce e liberazione da superfetazioni per spazi di preesistenti, cortili, giardini e slarghi interni con pozzi.


Tipi di intervento

Acquisizione (o intervento con partenariato Pubblico/privato) di immobili privati in centro storico per la loro valenza storico-urbanistica, da consolidare ristrutturare e restaurare e da destinare agli usi pubblici previsti dal piano particolareggiato o di comparto. Possono altresì, allo stesso scopo, essere acquisiti immobili diruti o non abitabili per essere destinati dopo la loro sistemazione ad edilizia residenziale pubblica (case parcheggio, alloggi, immobili di scambio).

Il recupero deve essere occasione di opportunità per crescere, non scusa per dare al centro storico un nuovo che modifica, cancella i segni del passato, mortifica l'immagine di Caltanissetta.

venerdì 22 febbraio 2013

SMART CITY

La sfida dei giardini verticali alle foreste di cemento urbane





Il pioniere dei Giardini verticali è stato Patrick Blanc, un botanico e studioso parigino che con i suoi spettacolari giardini verticali ha rivestito facciate ed aree, sia pubbliche che private, non solo della capitale francese (dal primo muro presso la Villette fino ai 15.000 metri quadrati in Rue d’Alsace, passando per il museo di Quai Branly) ma di Londra (Hotel Athenaeum), Madrid (Caixa Forum), Bangkok (Emporium Shopping Mall), New Delhi (ambasciata di Francia), Taipei (Concert Hall) e anche Milano (Caffè Trussardi) solo per citare gli esempi più noti.”
Termini come sostenibilità, smart city,green economy, bioarchitettura sono entrate nel vocabolario della moderna cultura urbanistica....

Sono praticabili nelle città questi giardini ?

Purtroppo questa non è un'immagine di giardino verticale ma... il risultato di incuria 

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

 QUESTI TRALICCI  S'HANNO DA FARE... O NO!

Fermento a Belluno per il progetto che prevede il passaggio dell'elettrodotto della soc. TERNA nel territorio bellunese. I rappresentanti di alcuni schieramenti politici si rimpallano responsabilità di scelta, si tira in ballo anche l'assenza degli ambientalisti per questa levata di scudi avverso detto attraversamento. Tutti si agitano per una giusta difesa della salute pubblica. Sicuramente, una nuova fonte  di inquinamento elettromagnetico che viene a sommarsi alle varie emissioni elettro-radio-magnetiche esistenti, sempre più copiose. Trovo giusto democraticamente che i cittadini si interessino e partecipino alle scelte. Mi permetto però di dire, solo per ricordarlo, che siamo immersi in una quantità enorme di radiazioni anche non ionizzanti provenienti dall'uso del nostro, apparentemente innocuo “gioiellino” (il cellulare per chi non lo avesse capito), sempre più  utilizzato e per lungo tempo vicino al nostro cervello. Inoltre, forse non tutti sanno che asciugacapelli, rasoio elettrico, frigorifero, lavatrice, etc. etc. sono altrettante fonti di inquinamento da radiazioni, in questo caso ELF (Extremely Low Frequency), che possono essere correlate, per alcuni ricercatori, con patologie tumorali a causa della loro influenza sulle cellule. Morale: il trasporto di energia elettrica sopra la testa dei cittadini è un ennesimo rischio incombente, che va giustamente valutato.
Perché si abbia consapevolezza di ciò che parliamo, va ancora detto che le radiazioni non ionizzanti, come quelle del nostro caso, diversamente dalle ionizzanti (cosmiche, nucleari) non si accumulano nelle cellule viventi. Spiegandole con un paragone possiamo dire che: se l'essere umano si espone al sole in tempi relativamente brevi e intermittenti non corre il rischio di scottarsi. Ovviamente, conta anche l'intensità delle radiazioni che sempre con il paragone delle scottature possiamo accostare al diverso effetto nell'esporsi al sole nei vari mesi dell'anno.
Il limite di legge per l'esposizione verso l'elettrosmog in Italia, stabilito in 6v/m e 0,20 microtesla rispettivamente per radiofrequenze ed ELF ci mette al sicuro ma le applicazioni della sicurezza comportano realizzazioni non sempre possibili. Un traliccio, per esempio, con la sua linea di  380mila volt,  per essere sicuro, dovrebbe passare oltre la nostra testa alla distanza di 300 metri (la torre di Eiffel).
Tornando ai nostri elettrodotti, il problema a mio sommesso avviso, ha un duplice aspetto: di protezione verso l'esposizione alle radiazione ed estetico dato il pregevole ambiente da attraversare.  Per superare la questione come “inquinamento” ottico, basterebbe ricorrere ad un ridisegno del  traliccio solitamente di serie,“compatibile” con l'ambiente,  mentre, per garantire la salute pubblica, andrebbero  ricercate alternative sicure fattibili. Le soluzioni dovrebbero spaziare: dal passaggio negato ad altro percorso lontano dagli abitati, al passaggio in prossimità delle zone abitate, interrato, non senza una schermatura con efficacia da verificare a regime, strumentalmente, con l'ARPAV.  Certo, il vero ostacolo da superare, non nascondiamocelo, è la costosità delle scelte diverse dal consolidato meno oneroso, tradizionale attraversamento mediante tralicci. E questo, in periodo di “vacche magre” specialmente, fa la differenza tra sicuro e meno sicuro, accettabile o meno nel panorama.

Giuseppe Cancemi

lunedì 11 febbraio 2013

Legge sulla difesa dell'albero


 IL MINISTRO DELL'AMBIENTE, CORRADO CLINI, RISPOLVERA LA TRADIZIONALE "FESTA DEGLI ALBERI" E LA LEGGE RUTELLI IN UNA RECENTE LEGGE DEFINENDOLA "UN PASSO IMPORTANTE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE CITTÀ ITALIANE E PER DIFFONDERE LA CULTURA DEL VERDE"

 

Entra in vigore tra qualche giorno (il 16/02/2013) la legge 14 gennaio 2013, n. 10 pubblicata nella G. U. n. 27 del 1-2-2013. E' una legge sugli spazi verdi urbani che ufficializza la Giornata Nazionale degli Alberi il 21 novembre e tutte le iniziative ad essa legate. Istituisce il "catasto" degli alberi nelle grandi città, e l'obbligo, per i comuni sopra i 15.000 abitanti di porre a dimora un albero per ogni neonato e "ogni bimbo adottato". Il censimento riguarderà anche gli alberi "monumentali" e storici della città: l’eventuale danneggiamento o abbattimento sarà punito. Ogni sindaco, alla scadenza dell'incarico, dovrà rendere pubblico il bilancio arboreo affinché i cittadini possano verificare l'impegno "verde" del suo mandato.  Regioni, le Province e i Comuni, nell’ambito delle proprie competenze, sono tenute a promuovere l’incremento degli spazi verdi urbani e, al tempo stesso, debbono favorire il risparmio e l’efficienza energetica e l’assorbimento delle polveri sottili, con strumenti come il rinverdimento delle pareti degli edifici. Con questo provvedimento si mira a conservare la biodiversità afferma il ministro Clini al fine di ridurre l’inquinamento, proteggere il territorio dal dissesto e stimolare comportamenti quotidiani virtuosi.


Locandina M'illumino di meno 15 - 2 - 2013