Aggiungi...


Condividi questo articolo

lunedì 12 giugno 2017

IL MIO PUNTO DI VISTA SULLE ELEZIONI A BELLUNO



Le elezioni sono andate come dovevano andare. Già qualche settimana prima delle elezioni, non contento, pronosticavo che Belluno non aveva bisogno di un sindaco, perché i soli cittadini da una parte e la burocrazia comunale dall'altra, avevano raggiunto un equilibrio stabile: ad ognuno un minimo di dovere. E la comunità “senza lode e senza infamia” va avanti! La moltitudine dei non votanti lo conferma.



Ha votato, con qualche voto in più, il 50% degli aventi diritto. Gli altri sono rimasti a fare quello che fanno tutte le altre domeniche. Totale sfiducia ai partiti tradizionali e ai movimenti, con molto fai da te tra gli egoismi consolidati e il mascheramento “civico” sostenuti da numerosi gruppi di conservazione dello status quo. I partiti che ci hanno messo la faccia hanno raccolto quei risicati voti di fidelizzazione dei sostenitori. Che vuol dire questo?
Io provo a spiegarmelo con una riflessione che viene da lontano. Di solito i partiti tradizionali, nel passato, stavano tra la gente, raccoglievano ogni sorta di critica, meditavano, discutevano, si battevano per i principi del proprio partito. Oggi, la vita di partito si svolge nelle sole occasioni di assetto di partito (per pochi addetti) e nelle occasioni elettorali. La dialettica tra simpatizzanti e iscritti di partito non esiste. Passato uno di quei momenti celebrativi o di nomina, tutto viene archiviato. Il faldone elezioni, per esempio, si riprenderà, senza neanche spolverarlo, alle prossime, dopo un trascorso di silenzi, di scarse informazioni per la vita politica pubblica (esempio:cosa fanno i rappresentanti nelle istituzioni o ciò che discutono i consiglieri in Comune o in Provincia).
Insomma, per avere un'idea di quanto accennato, si può desumere da internet. La rete, in verità, non possiamo dire che viene usata al meglio da alcuni, il profilo è basso e utilitaristico. Nella rete però, che ha un uso consumistico di informazioni, chi si propone non può essere lì senza una costante e giornaliera presenza con idee, informazioni, opinioni, momenti culturali e tutto ciò che può far crescere l'interesse per collegare quel sito. E invece? Invece oltre a non trovare nulla di interessante nei siti di partito, ti accorgi che non aggiornano le loro pagine, se non in occasioni come dicevo, di nomine, spartizioni ed elezioni. Non solo, ma si barricano, si proteggono anche da partecipazioni esterne che dovrebbero essere il sale della discussione politica, del dibattito con la gente comune.

In buona sostanza, l'esito elettorale di Belluno non mi coglie di sorpresa. La disaffezione verso i partiti nazionali si trasferisce nei comuni e per quanto si tenta di mascherarla con le liste civiche, la crisi è manifesta lo stesso con il calo dei votanti. 

Giuseppe Cancemi

sabato 3 giugno 2017

ALLA RICERCA DELL'AMMINISTRAZIONE COMUNALE PROSSIMA VENTURA


Io, di Belluno, mi sono fatto un'opinione. Penso che un commissario prefettizio per governare la città basta. Amministrare secondo legge e lasciare svolgere tutto quanto alle persone preposte che operano in Comune è un'ordinarietà che regge. In fondo è un po' quello che abbiamo visto in questi anni. Il merito di una città con qualche lode e senza infamia appartiene ai cittadini. In fondo il tutto ha continuato a girare semplicemente perché il popolo bellunese recita senza alcuna sollecitazione il suo dovere civico. I primi posti conquistati in questi anni nella classifica nazionale di vivibilità per i parametri usati in base ai servizi, ben rappresentano lo stile di vita dei bellunesi. Anche una democrazia dell'istituzione che conduce la città, bisogna ammetterlo, formalmente c'è stata e si pratica, ma un solco politico di chi ha governato si fa fatica a riconoscerlo.

La democrazia a cui penso e propendo, viene da lontano. É ancora l'unica forma per amministrare una comunità, che dà il massimo protagonismo ai singoli cittadini. Tale sovranità del popolo, però, non può fare a meno di scelte nella conduzione di una città. Quelle scelte, sono il sale della politica che proviene dai gruppi che si ritrovano in un partito, in un movimento, luoghi di condivisione delle idee comuni, di parte.

Le elezioni amministrative che sono in corso d'opera, penso che debbano essere considerate un'opportunità più che una celebrazione di routine. Servono, per fare avanzare quelle scelte di necessario sviluppo a cui una città come Belluno deve tendere. C'è bisogno di una discontinuità, di un cambiamento nel vivere associato che, utopisticamente deve aspirare alla felicità. I nuovi canoni da considerare, non sono questa o quell'opera che la propaganda elettorale solitamente promette, ma piuttosto i principi fondanti come: quello di una città a misura di tutti che azzera le barriere architettoniche; la ricucitura degli insediamenti (centro storico e periferia) e le necessarie relazioni con lo spazio interconnesso; l'occuparsi di casa, lavoro, inclusione sociale dei più deboli, mobilità e servizi. Il tutto riconducibile ad un percorso di progetto globale di sviluppo locale, a partire dai reali bisogni del cittadino, dell'uomo.

Piazza Piloni o parco auto?
Per la verità i cittadini di Belluno, o meglio quelli che si ritengono i rappresentanti dell'urbe ma che sono solo i rappresentanti dei commercianti del centro storico, non perdono occasioni per la reiterazione delle solite richieste di natura lobbistica, che massimamente riguardano parcheggi e circolazione. Non rinunciano a questa bandiera, quasi un feticcio, per scongiurare la crisi che attraversano le attività del piccolo commercio di vicinato. Al Comune, viene richiesta ad ogni piè sospinto una partecipazione salvifica. L'Ente autarchico comunque, bisogna riconoscerlo, non è né responsabile né la panacea di tutto. Le difficoltà di ricollocazione dell'offerta commerciale e la sintonia con la domanda, vengono da lontano e semmai, nei confronti del Comune, le uniche cose che si possono rivendicare sono gli atti intesi a ridurre la burocrazia, un qualche incentivo e un certo appeal del centro storico.

Fondamentalmente in ambito locale, nuova amministrazione e cittadini dovrebbero accordarsi su un cambiamento culturale non occasionale ma profondo che avvicini i punti di vista di ciascuna delle parti. É impensabile che per il centro storico ci sia una diversità di vedute, per uso, mobilità e circolazione.
Piazza Duomo assediata dalle auto

L'umanità che è vissuta nel cuore di Belluno, con la sua stratificazione temporale dei manufatti, ha lasciato un suo schema viario ed una distribuzione spaziale più adatti ad una deambulazione pedonale che non ad una circolazione con mezzo meccanico. Dunque, ha configurato un luogo a sola misura d'uomo. E come tale andrebbe lasciato. Il ritrovarsi in spazi relazionali (piazze e vie), per vivere la città, fare acquisti, muoversi in sicurezza e a distanza dall'inquinamento atmosferico è un privilegio, un godimento e non uno svantaggio. Il centro storico nella sua identità storica e culturale, si diversifica, per natura, da gli altri luoghi della città più adatti ai mezzi a motore che comunque inquinano l'atmosfera e l'immagine degli stessi ambiti di vita associata. Persino la luce viene inquinata in centro. Basti pensare al calibro stradale limitato dalle vicine facciate degli edifici, e non è difficile osservare che anche la luce naturale con la presenza del variegato cromatismo delle auto e le quinte dei palazzi restituisce per riflessione una luce modificata.

Belluno è una città giardino, a sua insaputa, sì perché senza un progetto “suggerito” dal pensiero di Ebenezer Howard si ritrova in linea con i caratteri costitutivi del movimento utopista ottocentesco.
Governare questa città ma anche altre, in generale, lo so non è facile, specie se si rincorrono i problemi e si naviga a vista; se la politica non si assume le proprie responsabilità e non decide; se non si conosce l'umanità che popola il contesto urbano ed extraurbano; se non si ha contezza dei servizi e dell'economia nelle sue diversificazioni e, non ultimo, se non si ha cognizione delle risorse territoriali. Insomma, se non si ha una chiara visione della struttura socio-economica dei luoghi e quali prezzi bisogna pagare o meno, per uno sviluppo condizionato dal rapporto costi/benefici, non si potrà parlare di sviluppo sostenibile.

Scegliere votando, in conclusione, ciò che dovrebbe venirci dalla imminenti elezioni amministrative, vuol dire esercitare un diritto/dovere che ci fa assumere una responsabilità politica. Nella scelta, comunque, si corre il rischio di declassare il voto ad una formale delega, se ognuno crede che il tutto si esaurisce con le proprie preferenze elettorali. Diversamente si sappia, che al cittadino, sempre e comunque, spetta il diritto di esercitare una sua partecipazione alle decisioni nelle forme e nei modi previsti dalle leggi.

Giuseppe Cancemi


giovedì 1 giugno 2017

BENI CULTURALI, NON MUSEALI... MA PARLANTI!

 Le istituzioni scolastiche e quelle amministrative debbono, in un progetto condiviso, operare perché i Beni Culturali non restino "archiviati" o peggio "posteggiati" in costosi musei senza un uso che entri a far parte della crescita degli adolescenti e dei giovani.


Il tema dei beni culturali, va a braccetto con le risorse territoriali locali e con la loro valorizzazione. L'immaginario collettivo, in genere, ritiene e associa al patrimonio culturale, solo e sempre immagini di una certa esclusività, riferentesi ai manufatti storici più celebrati. Ma così non è! Le tracce storico-culturali e gli ambienti naturali rappresentano l'identità di un luogo, e non sono di serie A o di serie B. Voglio dire che, per una malformata accezione di bene culturale, la stratificazione storica e culturale, che appartiene alle trascorse generazioni dei nisseni, non viene riconosciuta e dunque, non valorizzata. Per molti nisseni ad esempio, i ritrovamenti archeologici ospitati a Caltanissetta, o non sono conosciuti, o ritenuti d'importanza minore, al confronto di altri più gettonati e più reclamizzati. Eppure, il centro storico con le sue case in via di degrado, quando non dirute, è luogo di altrettanti segni dell'umanità trascorsa, i cui reperti, hanno una propria dignità storica. Tutta l'Italia ha un passato storico più o meno ben conservato che forma l'insieme dei beni culturali, e la Sicilia di questi importanti segni, ne possiede un quarto. L' iniziativa 1ª Giornata Nazionale dei Beni Comuni di Italia Nostra”, in Sicilia, è un evento da sottolineare. Non si può continuare ad ignorare le nostre risorse territoriali abbandonate o consegnate all'ignavia perenne. Ma non basta celebrare, se ci si ferma al solo evento, tutto continuerà a restare come prima. Bisogna spendersi oltre, affinché ciascuno faccia la propria parte: dal singolo cittadino, alle più importanti istituzioni come per esempio la scuola. Gli adulti contemporanei, possono essere le avanguardie, ma è necessario puntare sulle nuove generazioni sin dalla scuola dell'obbligo. I bambini, gli adolescenti appartengono a quelle fasce d'età che debbono poter cominciare a “respirare” dentro e fuori la scuola aneddoti, ricordi, tradizioni, storia locale, piccoli brandelli di vissuto che possono o no raccordarsi con la storia formalizzata nei cosiddetti libri di testo. Insomma bisogna cominciare presto ad educare generazioni in crescita attraverso un percorso con la storicizzazione del vissuto locale come valore culturale.
L'offerta formativa delle scuole a tutti i livelli, programmi, non in solitudine, ma unitamente con le istituzioni locali. I percorsi formativi prevedano, all'interno delle attività culturali, impegni, nel corso dell'anno, che contemplino ricerche in: musei, biblioteche, archivio di stato, archivi di curia e chiese, e persino nelle interviste a privati che hanno memoria storica di eventi accaduti in città.
Le istituzioni locali, “battano un colpo”, nel senso di mettersi in gioco per una cultura partecipata e non passiva, soprattutto nella propositività e nelle soluzioni organizzative.
Impegnino e si impegnino per le nuove generazioni si da mettere in moto un circuito virtuoso verso beni culturali non più muti, museali, ma “parlanti”.

Giuseppe Cancemi