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sabato 29 marzo 2014

Caltanissetta: Santa Maria la Vetere


IL RESTAURO DI UN BENE ARCHITETTONICO NON DEVE ESSERE FATTO IN SOLITUDINE



Una nota pubblicata su LA SICILIA qualche giorno fa, in merito al restauro di Santa Maria la Vetere, mi suggerisce una riflessione che vorrei girare al Soprintendente.
I giudizi più o meno avventati sull'operato di una istituzione preposta alla conservazione dei Beni Culturali, a mio modesto avviso, nascono quando la Comunità che ha ereditato e custodisce uno specifico Bene, non viene informata/coinvolta, in itinere, delle scelte preordinate a l restauro di quell'opera. Ancora non è una conquista di tutti, la partecipazione e la condivisione di un così importante rapporto tra la parte che ha in affido il Bene e quella che è stata delegata alla sua custodia, alla sua conservazione e mantenimento, il più a lungo possibile.
Non a caso, in Italia e in Europa, è stato avvertito il bisogno di una cosiddetta “Carta del Restauro”. Le linee guida che suggerisce la “carta” sono il risultato di accese e sempre attuali discussioni in merito al modo di intervenire.
Se non ricordo male, il punto fermo che rimane sulle opere di restauro di interesse architettonico, in linea generale, con eccezioni ovviamente, riguarda il rifuggire da completamenti in stile o analogici, alterazioni o rimozioni, aggiunte, etc.. Insomma, nell'intervento, deve sempre essere tenuta presente l'accezione “conservativa”, nel senso dell'integrità della lettura di quel “documento” e della sua più fedele possibile trasmissività ai posteri. Comunque, ogni lecita critica che può sorgere intorno ad un restauro, se a posteriori, può apparire come sterile confronto ma non lo è. Semmai, mette in evidenza quei nodi che ci indicano come si può evitare un semplicistico giudizio in un rapporto complesso e, a volte, conflittuale.
Le nuove tecnologie a disposizione, possono fare cadere quel diaframma che esiste tra la P. A. (in questo caso la Soprintendenza) e la Comunità. La pubblicazione in un apposito sito di tutto il materiale che riguarda, per esempio, un restauro, può diventare “valore aggiunto” che amplia la storia nella storia dell'opera, e non rimanere oscuro lavoro, in polverosi archivi, di “soloni” che decidono per tutto e per tutti con una delega che non può più essere in bianco.
Si sa che tra i documenti suggeriti dalla “Carta del Restauro”, solitamente le Soprintendenze annoverano una relazione preliminare sullo stato di fatto iniziale, sulle vicissitudini conservative e una progettualità di quanti e quali interventi debbono preservare e conservare il Bene Architettonico. Tutto, con un corredo di foto del prima e del dopo, le tecniche di intervento, nonché le relative implicazioni di carattere fisico, chimico, ambientale e antropologico richiesto come dossier che deve accompagnare l'opera.
Bene! La Soprintendenza di Caltanissetta, cominci con Santa Maria la Vetere ad inaugurare un New Dial della Cultura. Pubblichi in rete, tutto il materiale di studio e di progettazione che ci ha consegnato quel restauro.

Giuseppe Cancemi


giovedì 27 marzo 2014

LAVORI PUBBLICI


BELLUNO, 

VIA MEZZATERRA:

 I LAVORI PROCEDONO


Un dubbio sul modo con cui sta realizzando il selciato fa riflettere sull'assorbimento e sulla velocizzazione delle acque meteoriche che scorreranno a seguito delle precipitazioni.
Bitumano prima del letto di sabbia che precede la posa del pavè.
E' sicuramente una tipologia di pavimentazione a regola d'arte ma che provoca qualche perplessità. Spiego meglio qual è il dubbio. Se si mette il bitume al posto del geotessuto il comportamento delle acque pluviali è diverso. Un mancato assorbimento del sottosuolo provoca un totale mantenimento in superficie delle acque e una

velocizzazione delle stesse. Diversamente, con un pavè che assorbe in parte le piogge, viene limitata la quantità e la velocità delle acque che si ritroveranno a valle della via Mezzaterra. Domanda: tutto calcolato?

Giuseppe Cancemi


mercoledì 26 marzo 2014

Il Comune di Caltanissetta vuole formare 15 esperti per europrogetti


EUROESPERTI O SPOT ELETTORALE?

Leggere, qualche giorno fa, che il Comune si ripromette di formare 15 esperti in “euro-progettazione” per la mia città mi rende contento, ma solo per qualche istante. Quasi subito, in effetti, ho sentore che qualcosa non funziona. L'ateneo LUSPIO è una Libera Università degli Studi, privata, nata nel 1996 a Roma, ufficialmente con tre facoltà (Interpretariato e Traduzione, Scienze politiche ed Economia) e 5 corsi di laurea in tutto. E subito penso, cosa mai c'entrerà una simile università con l'europrogettazione. O meglio, se un simile ateneo è capace di formare “esperti” per attingere finanziamenti in Europa - perché di questo si dovrebbe trattare - come mai il deputato che con ogni probabilità ha suggerito al Comune una così brillante idea non lo ha già fatto prima a livello nazionale? Egli sa e anche noi sappiamo, che tanti


finanziamenti europei, anche di recente, sono stati persi per l'Italia e nessuno se ne è mai accorto o preoccupato. Forse, si poteva cominciare proprio dall'alto, per così dire. Sì perché per il livello locale qualche dubbio sull'utilità viene, specie se mettiamo in fila alcune cose: siamo sotto elezioni; un corso dal costo di 10 mila euro dovrebbe durare come un comune corso di laurea; gli “esperti” si potranno vedere solo alla fine di un triennio/quinquennio. Insomma, è il caso di dire “campa cavallo che l'erba cresce”. A dire il vero sorge anche un ragionevole dubbio che fa pensare più ad uno spot elettorale che non ad una proposta seria fatta per il bene di Caltanissetta. Un mandato amministrativo quasi scaduto, un tempo di formazione non immediato e con utilizzo, non prossimo, d'incidere sulla problematica dei finanziamenti, confermano che la proposta dovrebbe riguardare la futura amministrazione comunale. E questo la dice lunga.
Infine, anche il suggerimento di accedere ai finanziamenti Horizon 2020 come “Mission” di “battesimo”, per il comune di Caltanissetta con i nuovi esperti su proposta dello stesso deputato, ci sembra proprio indicato per le vocazioni del nostro territorio.
Infatti, si tratta di finanziamenti da erogare per il quinquennio 2015-2020 tutti dedicati alla ricerca scientifica. E come è noto, Caltanissetta è quasi come la Silicon Valley!

Giuseppe Cancemi 

giovedì 20 marzo 2014

STOP AL CONSUMO DI SUOLO AGRICOLO



BELLUNO: COL CAVALIER


Espansione edilizia. Per la Giunta 
comunale,

si può fare!



Le diatribe tra parti (rappresentanti di partito e non) di diversa opinione, classificate non di rado con un eufemismo: confronto politico, da tempo, non muovono più da una oggettività del contendere, ragionata e pacata, ma piuttosto da una più generale pregiudiziale divergenza dei contendenti. Anche nelle contese locali, Belluno nel nostro caso, si scimmiottano le artificiose polemiche offerte della cosiddetta “casta”, cui assistiamo quotidianamente nei media. Purtroppo, anche gli amministratori locali di lungo corso e “tecnici”, oramai, si sono omologati ai politici nazionali. Sono sempre acidi alle domande e rispondono in maniera anche indispettita e piccata o si rifugiano in evasive risposte, forse sapendo di non essere più tollerati, perché assimilati alla casta. La pregressa critica sull'edificazione a Col Cavalier riaccesasi per l'ok al recente intervento edilizio, si rinfocola in questi giorni, per le risposte dell'assessore all'urbanistica, a dir poco ingenue per uno del mestiere (già presidente dell'ordine degli architetti di BL), e del Sindaco più stizzita. Basti pensare che l'Assessore all'urbanistica, le osservazioni e le opposizioni fatte da Italia Nostra (associazione nazionale di lunga esperienza e competenza) e dal Comitato civico Col Cavalier, le liquida come “generali” e “non puntuali”. Che dire da amministrato della superficialità che traspare dalla laconica risposta verso le competenti osservazioni fatte da Italia Nostra? Per l'Assessore, sono considerate osservazioni generali e non puntuali le segnalazioni che esprimono grosse perplessità sulla fragilità di carattere geotecnico e idrogeologico dell'area interessata. L'osservazione di contrarietà ad una nuova edificazione in un'area catalogata di pericolosità limitata, ma posta in prossimità di un territorio gravemente instabile” non basta! Per non parlare del pregio paesaggistico che si andrà a compromettere o dell'invasione urbanizzativa dell'area a destinazione e vocazione agricola. Poca cosa per l'Assessore. In compenso, il Sindaco in persona, ad altra critica mossa da un Consigliere comunale, risponde divagando e burocraticamente arroccandosi all'impossibilità, per legge, di negare l'intervento edilizio in Col Cavalier. Ne fa una questione burocratica e di osservanza della legge urbanistica, dimenticando che in zona agricola vige sempre, al di sopra della norma regionale, la regola nazionale, per le costruzioni a destinazione agricola, dello 0,03mc/mq. E comunque, il contenimento o meglio stop al consumo di suolo, riconosciuto anche da organizzazioni come la Confedilizia e altri Enti simili, non è uno slogan vuoto. Sappiamo bene che un'antropizzazione a tutti i costi non è più né utile né necessaria, specie dove le peculiarità idrogeologiche e l'assetto paesistico, se violati, i danni, si ritorcono anche su coloro che li hanno causati.
Senza volermi associare a chi ne fa del caso, una “questione di lana caprina”, vorrei semplicemente e solo, rammentare, che basta la fragilità del territorio di montagna a giustificare – a garanzia di tutti - le limitazioni e i dinieghi che si impongono in simili situazioni, utili a prevenire concause nei dissesti della montagna.
Una diversa decisione deve fare riflettere sulla palese contraddizione che si instaura tra il volere costruire a tutti i costi e la messa in sicurezza del territorio, se non si vuole piangerne le conseguenze in tempi, che possono reputarsi anche remoti, ma che arrivano... arrivano!

Belluno, 21/03/2013



Giuseppe Cancemi

domenica 16 marzo 2014

Caltanissetta nella storia otto-novecentesca


Evoluzione dello stradone dei Cappuccini Nella “Fedelissima Capovalle” Caltanissetta


Lo scenario politico, economico e sociale

In Europa, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, vi è stata una rivoluzione mercantile, demografica, agricola, industriale, delle comunicazioni, dei trasporti e del mercato del lavoro che diventerà una pietra miliare nella storia dell’evoluzione del consorzio umano per i segni profondi che ha impresso in economia, in politica e nella società.

Lo spazio politico, amministrativo ed economico nel quale, anche Caltanissetta, urbanisticamente, con il suo evolversi tra due civiltà (contadina e dello zolfo) appartiene ad un dato periodo storico, caratterizzato da un solo emergente e dirompente fenomeno: la Rivoluzione industriale.
Un fenomeno che trasforma tutto in poco tempo, nell’economia, nei trasporti, nella produzione, nella finanza, nelle innovazioni e nelle scoperte tecniche e tecnologiche, insomma qualcosa i cui effetti provocano un cambiamento così repentino e straordinario tale che l’affermarsi, dà inizio ad nuova società.

Nel periodo di amministrazione pre-unitaria dominato dalla famiglia Borbone, Caltanissetta, per la sua fedeltà ma anche perché produttrice di zolfo necessario come merce da esportazione nella bilancia del commercio con altri stati fuori dal regno delle due sicilie, diventa una delle 7 capovalli di Sicilia e sede di Tribunale Civile e Gran Corte Criminale, con i distretti di Piazza Armerina e Terranova (Gela). Per questa elevazione di rango della città i nisseni riconoscenti, non parteciperanno ai moti rivoluzionari contro la famiglia Borbone (nel 1820) subendo, per questo, stragi e saccheggi dai comuni del suo entroterra (San Cataldo, Villalba, etc.) che da questa dominazione si sentivano oppressi.

Dopo l’Unità d’Italia il capitalismo nelle campagne in Sicilia è oramai affermato e le miniere, nuova rendita per i signori dello zolfo, “tirano”. La crescita della popolazione in città avviene per una necessaria “terziarizzazione” e per esigenza di mano d’opera richiesta dalle miniere. Nel primo ventennio del secolo XX la popolazione si stabilizza sui quarantamila abitanti del primo decennio e nonostante il manifestarsi della crisi dello zolfo la città cresce del cinquanta per cento.

Anche a Caltanissetta con il diffondersi dell’industrialismo, viene superata la produzione diffusa e si sancisce la stretta unità tra industria e città. Ne è conseguenza l’emergenza città, nel senso che occorre una organizzazione del territorio e degli insediamenti più rispondente ai nuovi bisogni dell’imprenditoria. Viabilità e trasporti, ordine pubblico, problemi sanitari, residenza agevole per i nuovi signori delle terre e delle miniere sono i nuovi termini dell’abitare in città.

Caltanissetta ha il suo boulevard (Viale Regina Margherita) nel corso di un mutare di eventi storici e politici, in un arco di tempo che è attraversato dalla storia italiana di oltre due secoli: iniziata con uno Stato pre-unitario "aristocratico", dominato dalla famiglia Borbone, seguito dall’unitario "liberal-conservatore", con la famiglia Savoia egemone, proseguito in un ventennio di monarchia e totalitarismo "fascista" per approdare al democratico "repubblicano" vigente.

La trasformazione urbana

Le città, per dirla con Benevolo, prima dell' 800 erano dei contenitori dove: "ogni generazione tendeva ad occupare il posto delle precedenti e a ripeterne il destino".
Nel Settecento, l'economia di Caltanissetta era principalmente agricola, con una modesta concentrazione umana in una amplissima campagna. L'armatura urbana si conserva pressoché immutata già da qualche secolo ed è la baronia dei Moncada a dominare i rapporti della vita comunitaria1. La proprietà nel periodo considerato era di tipo feudale2 con tutte le caratteristiche del feudalesimo: la proprietà della terra era sostanzialmente collettiva, era un attributo dell'autorità regale, in cui i feudatari esercitavano solo alcuni diritti (economici, giurisdizionali, etc.) come ricompensa dei favori dei doveri nei confronti del sovrano, ereditavano ma non divenivano proprietari delle terre.

La città di Caltanissetta, secondo L. Barrile3, nel XVIII secolo risultava formata da quattro quartieri (San Rocco, Santa Flavia, San Francesco e Zingari4) separati da due strade: i due tronconi via del Collegio degli studi e via dei Cappuccini o via Grande (attualmente denominato tutto corso Umberto I) e l’altra strada che s’incrocia in piazza Garibaldi, costituita dai tratti via Fondachi o dell’Albergheria e via Monastero di Santa Croce (oggi interamente via Vittorio Emanuele II).

In questo tessuto vengono realizzati i quartieri San Rocco e Santa Flavia, sopra e sotto corso Umberto I (già via Collegio degli studi) e Canalicchio (ora viale Testasecca). San Rocco si rivelerà come la zona privilegiata dalla borghesia nascente, con abitazioni signorili sulle strade all’epoca più importanti (Cassarello, dell’Aquila Nera), in cui si nota che l’edilizia è protesa verso una ristrutturazione volta ad arricchire l’estetica.

Proprio in quell’epoca si può dire che a Caltanissetta viene sancito l’inizio dello sfruttamento edilizio e fondiario. L’edilizia regolare dei nuovi quartieri (San Rocco, Santa Flavia e degli Zingari) con il loro crescere ne sono una testimonianza di sfruttamento razionale dello spazio, prima rurale ora urbano, per il disegno complessivo di tipo quasi ippodamico. Lo spazio viene diviso e costruito non più casualmente ma attraverso maglie viarie e edificatorie di tipo geometrico.
Dopo il Settecento le pesanti ristrutturazioni che seguono non permettono di individuare quale fosse l’edilizia residenziale dove si trovava l’aristocrazia, però, è possibile interpretare alcune tendenze insediative, annotando come il quartiere Santa Flavia risulterà poco appetibile per l’edilizia residenziale, se si fa eccezione per via Maida e via Re d’Italia, mentre il quartiere San Rocco, si distinguerà come luogo, per il fatto che per un certo tempo si arricchisce di edifici apprezzabili nella loro fattura.
Il capitalismo a Caltanissetta oramai è presente non solo nelle campagne e nelle zolfare con la figura del gabellotto, ma comincia a comparire anche in città. È un’imprenditoria di città che si annuncia con contese di risorse e di diritti, in opposizione alla sfera del diritto pubblico, costringendo sul terreno del confronto una legislazione garantista in materia di proprietà e l’insorgente necessità per pubblica utilità.

A Caltanissetta nel 1821 si iniziano i lavori per realizzare la villa comunale “Isabella” (oggi villa Amedeo). È la scelta politica dei grandi lavori pubblici che in ogni epoca compare per diminuire disoccupazione, miseria e tensione sociale. Non a caso avviene dopo i saccheggi operati dei moti anti-borbonici guidati dal principe Galletti della vicina S. Cataldo.
Si comincia con questa opera importante ad occupare quell’estremo lembo della città lungo lo stradone, oltre le “mura”, che porta ai Cappuccini, ove già sono schierati quasi frontalmente il convento omonimo e la chiesa di S. Giuseppe.
La villa ispirata ai giardini all’italiana e impiantata su un’area pianeggiante verrà ingrandita a valle e completata nei primi del ‘900 su progetto dell’ing. P. Saetta.
Viale Regina Margherita, un “boulevard” largo 30 mt., esiste in tutta la sua lunghezza, grazie ad un Ottocento che sulle orme di un’Europa in espansione ad imitazione (nel suo piccolo) ha voluto sacrificare un caseggiato esistente nella collinetta, denominata Isola Tondo, in prossimità di uno spiazzo detto largo delle Botteghelle (all’altezza dell’attuale scuola elementare “San Giusto”) nel bel mezzo di un asse che dalla “Rotonda” congiunge il c.so vitt. Emanuele, all’altezza della via XX settembre.
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Note 

1 Contenzioso per la demanialità del feudo Moncada che dura dal 1754 al 1812.

2 Feudalesimo in senso economico per W. Kula significa: "Sistema socioeconomico prevalentemente agrario, caratterizzato da un basso livello delle forze produttive e della commercializzazione, corporativo, in cui l'unità produttiva di base è costituita da una grande proprietà terriera circondata da piccoli poderi contadini, che dipendono da essa sul piano economico e su quello giuridico, devono fruirle varie prestazioni e si trovano sotto il suo potere."

3 Barrile L., Caltanissetta città dell'isola e regno di Sicilia. In C. Orlandi, Delle città d'Italia e sue isole adiacenti…, Perugia, 1789

4 A differenza degli altri quartieri che riportano il nome delle chiese ad essi limitrofe, il quartiere degli Zingari deve, forse, il nome ad un antico, ma sempre in voga, razzismo, che discrimina prima gli antichi immigrati delle terre d'India e successivamente gli ebrei e i protestanti (Il canonico Pulci, proprio per questi ultimi, nel suo libro: lavori di storia ecclesiastica di Caltanissetta, narra di una diatriba tra mons. Guttadauro, vescovo della città, e il ministro evangelico G. Troni, della Società biblica di Firenze, in merito all'apertura di una cappella Valdese nel quartiere). A distanza di secoli ancora oggi questo quartiere, popolato dal proletariato, non viene considerato arealmente come appetibile per l'edilizia residenziale.


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Alcune foto che ricordano il passato della Scuola Elementare "S. Giusto" di Viale Regina Margherita. Scuola che ha alfabetizzato non pochi nisseni.