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martedì 22 gennaio 2019

GOVERNARE LE QUESTIONI AMBIENTALI



Può continuare una crescita economica all'infinito?

Non da ora le questioni ambientali per la politica, non solo in Italia, sono qualcosa di fastidioso e comunque un freno  per lo sviluppo. Fastidio sì ma di una minoranza inoffensiva, che non avendo peso politico può sbraitare quanto vuole. In Italia e in Europa i “verdi” come partito, non hanno mai attecchito come formazione con un suo peso specifico. I soli raggruppamenti di intellettuali ambientalisti, sotto le varie conosciute sigle, resistono ancora come meglio possono, allo scorrere 
 di una economia capitalista che nonostante gli avvertimenti  di una innaturale evoluzione climatica, pensa ancora di potere continuare a dissipare, senza soluzione di continuità, il capitale naturale della biosfera. L’economia lineare, praticata fin qui, tragicamente, ci porta ad aumentare i consumi, affinché si abbia un PIL tendenzialmente in crescita perché ci sia uno sviluppo. Ma di fronte a risorse limitate, come sono quelle del nostro pianeta (non infinito), bisogna pensare più al come invertire la tendenza che non a programmare crescite economiche all’insegna del consumo.



Il suolo, per esempio, da tempo ha bisogno di essere attenzionato nel suo consumo, perché da tempo non più realmente necessario a fini urbanizzativi, invece, continua ad essere un bene appetibile alla speculazione e per questo continua a permanere nella disponibilità dei consumi. Le “regole” urbanistiche italiane non riescono a mettere il suolo sotto controllo veramente. Sin dal 2009, per la verità, una flebile protezione incoraggiata dalla Comunità Europea è stata avanzata. Si limitava a raccomandare buone pratiche per evitare una ulteriore impermeabilizzazione del territorio, al fine di contrastare le sempre più innumerevoli alluvioni e non per affermare un sano principio di ecologia urbana. Al punto in cui siamo, timidamente, si è programmato per l’Europa una riduzione a zero del consumo di terreno entro il 2050. Ma una vera e propria presa di coscienza collettiva che la biosfera ci impone, specie per gli stili di vita e i comportamenti conseguenziali verso i limiti naturali, non è patrimonio di  tutti. 
Ecco, per concludere, direi che non è più tempo di provincialismi, di scelte approssimative e qualche volta arroganti, quando sappiamo che il battere d’ali di una farfalla può provocare un uragano in altra parte del pianeta.
Ed è per questo che le grandi opere infrastrutturali come TAP, TAV, l’uso del territorio e le eventuali scelte alternative, compresa l’opzione zero, non possono fare a meno di un pensiero globale per agire localmente come fanno spesso gli "sciocchi ambientalisti salottieri". 
Ma, per carità, non fate sapere di questo dettaglio ai governanti del nostro Paese. Potrebbero riflettere e anche pensare che nelle loro decisioni, forse, c’è o ci potrebbe essere qualcosa di sbagliato!

Giuseppe Cancemi

mercoledì 2 gennaio 2019

Salvare il centro storico di Caltanissetta



SENZA STARE AD ASPETTARE

I segnali di una certa vivacità urbana a Caltanissetta sono discreti. Iniziative culturali varie si moltiplicano, e girando si vedono alcune immagini accattivanti di volenterosi “graffitari”, che hanno lasciato il segno in luoghi degradati e non. Purtroppo però, l’immagine complessiva della città già da tempo, lascia trapelare anche un senso di degrado nelle aree più frequentate cosiddette direzionali (centro città e Palmintelli). Forse, è più l’area storica ridotta alle sole “quinte teatrali” dei due principali corsi che, pur mostrando un apparente minimo decoro urbano, turba in qualche modo chi si avventura oltre il “salotto buono”, che nasconde la proverbiale sabbia sotto il tappeto. Le stagioni della politica diventata come una religione, molto confessionale e poco laica, si susseguono e non finiscono mai. Si passa dalla propaganda agli annunci e non di rado agli insulti, ma in concreto si blatera soltanto e basta. L’intellighenzia nissena, prudentemente, non partecipa alla polemica politica, che rimane sottotono, ma se ne sta alla “finestra”. Qualche volta, di tanto in tanto, dispensa idee e iniziative unicamente attraverso un più facile e comodo PC o tablet. C’è comunque chi come me non s’arrende e nel bicchiere visto ostinatamente mezzo pieno, vuole ancora vedere nella vivacità mai sopita della città una speranza: che la Comunità nissena tutta si possa rimettere a “camminare”. E’ mia convinzione che mediante piccoli passi, a partire dalla degradata parte materiale della città, non sia difficile innescare un processo di semplice minima rigenerazione del tessuto urbano. A partire da selezionate risorse da rimettere in uso, che in città e nel territorio non mancano, si può con volontariato e piccola manutenzione concretizzare un mini percorso di riattazione.

Potenziali mecenati (forse!), sognatori e volontari non mancano e se il progetto è coinvolgente e l’amministrazione pubblica si fa carico dell’impegno, si può mettere in piedi un’immagine della città, sì povera ma decorosa. I social dove sono presenti i nisseni, pullulano di tali accostabili figure forse anche disponibili all’idea di voler recuperare una dignitosa immagine di parti del centro storico. Basta saper farle emergere. Io per primo, non volendo rinunciare all’idea che il centro storico è una delle risorse più importanti, vorrei ricordare agli amministratori della città, che l’abbandono all’oblio degli antichi quartieri, costa molto di più (in soldoni) che il non tentare di rivitalizzarli. Vale la pena di pensare, inizialmente, con qualcosa di semplice e poco costoso, che è possibile trasformare una risorsa trascurata, vissuta nell’economia generale della città come un punto debolezza, in un punto di forza. Insomma, la proposta vuole semplicemente essere alla stregua di una start-up (dei poveri), una spinta alla ripresa anche economica, che s’inventa aggiustamenti finalizzati all’immagine di città capoluogo, non dimentichiamolo, di una cosiddetta area vasta, qual è Caltanissetta in centro Sicilia. In mancanza di altro - penso al finanziato progetto nazionale di rigenerazione delle periferie arenatosi - si potrebbe tentare di trasformare, serialmente, le immagini di degrado di alcuni punti della città, di cui vergognarsi, in opportunità. Si può ricercare la via della “conciliazione” tra degrado senza soluzione di continuità e verde spontaneo pilotato con l’arte di strada dei writer solitamente bollata come opera di “imbratta muri”. Per esempio, si potrebbe mettere in “cantiere” un primo esperimento, di “riqualificazione” in economia, in centro storico nei luoghi più degradati, confidando in un buon avvio capace di innescare un circuito virtuoso di attività. I muri (già messi in sicurezza) decorati con immagini a tema realizzati dagli “street artist” possono già risolvere da soli lo squallore del monumentale rudere. Comunicano un diverso colpo d’occhio persino di tipo fantasioso che allontana l’idea della desolazione tipica dei luoghi abbandonati. I ruderi che segnano gli spazi già abitati, gli spiazzi e i muretti “orfani” si potrebbero rivestire con verde spontaneo, ad arte, facendo risaltare le parti murarie in pietra faccia a vista, che andrebbero ripulite e lasciate come sono. Più semplicemente, impegnandosi con poche risorse e buone idee, si può con la partecipazione degli utenti volontari della città, mettere in moto un processo coinvolgente di risveglio dell’orgoglio cittadino. L’amministrazione in carica, mediante bando pubblico,con un progetto minimale (in senso economico), penso, che possa affrontare una simile via del decoro urbano “povero” nell’immediato, non rimanendo a vita a girarsi i pollici aspettando per forza “Godot”. 

 Giuseppe Cancemi