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martedì 12 aprile 2016

LA COERENZA umana


NON CAPISCO ...


NON CAPISCO! La Sicilia ha estratto petrolio con varie compagnie in anni remoti ('50 e seguenti) e nessuno fino ad oggi si è accorto che inquinava e continua ad inquinare;

non capisco, perché tutte le volte che qualcuno prova a usare energie alternative pulite e rinnovabili, come per esempio quelle idriche, eoliche o fotovoltaiche l'alzata di scudi avviene come per le energie fossili;

non capisco, come mai in Europa l'Italia non rappresenti, come altri partner, un rischio per il nucleare e però paghi a caro prezzo l'energia prodotta dagli stati comunitari la cui propria vulnerabilità al disastro atomico la estende anche al nostro Paese;

non capisco, quelli che giustamente pretendono dalle comunità locali, dallo Stato servizi migliori, strade, trasporti, energia, internet, comunicazione individuale, etc. ma protestano od ogni minimo segnale di intervento, di ampliamento, di ammodernamento per le stesse rivendicate;

non capisco, quel coacervo di bandiere di strane “tifoserie”, quando si agitano per ogni “venticello” di lato, di centro, di sopra o di sotto pronte alla “baruffa” di tutti contro tutti e tutto, specie quando una qualsiasi iniziativa nuova compare all'orizzonte in qualcuno degli italici “orticelli”;

non capisco, le rivendicazioni, la opposizione a tutto o a quasi tutto dalla modernità, pur usando individualmente a piene mani ogni prodotto delle moderne tecnologie;

non capisco, la doppiezza di ognuno nei temi di interesse generale a seconda se siamo nel campo dei fornitori o dei fruitori di un servizio, di un bene;

riconosco benissimo, però, l'antico vezzo che opponiamo al “disturbo” quando qualcosa ci tocca da vicino, ci “inc....mo” e facciamo scattare sempre: Not In My Back Yard (pressappoco, non nel mio giardino!).


Giuseppe Cancemi

domenica 10 aprile 2016

CALTANISSETTA E UNA DELLE SUE RISORSE




MUSEO DELLA ZOLFARA


Tra sei mesi o più, poco importa, avremo il museo della zolfara. Leggo che la struttura ospiterà una importante museo mineralogico, paleontologico e della zolfara con un’esposizione permanente dedicata alla tecnologia mineraria per l’estrazione dello zolfo in Sicilia. Una struttura la cui impronta che si vuole ripercorrere resterebbe di tipo scientifico-geologica, tecnica e tecnologica. A parer mio limitare il museo agli aspetti dichiarati mi sembrerebbe assai riduttivo nei confronti dell'umanità e del fare della stessa che ha attraversato quel periodo. Penso, particolarmente al ruolo dell'industrialismo ottocentesco siciliano e nisseno in particolare, il quale, con la sua economia non più solo primaria, o comunque legata all'energia al territorio (idrica) proiettava anche nella nostra città nuova luce. La parte materiale sintetizzava nel centro storico la cultura mittel europea dell’abitare (spazi di vita collettiva, palazzi e arredi urbani), delle prime conquiste nei diritti dei lavoratori ma, soprattutto, per la parte spirituale, esprimeva una forte vocazione che trovava nei  riti religiosi e negli oggetti di devozione un culto unico. Insomma, ritengo che in una storicizzazione museale si debba ospitare una ricostruzione il più possibile a 360 gradi.


Giuseppe Cancemi


Belluno, Piazza Duomo

MOSTRA PENSATA O MOSTRA IMPROVVISATA?


Passando e ripassando per Piazza Duomo, mi sono più volte soffermato a guardare la mostra di “Barbara Cappochin”. Cinque Tavoli appositamente progettati per esporre le immagini dei vincitori del Premio Internazionale di Architettura. Dunque, se ho ben capito, gli oggetti della mostra sono due: copie di una scelta di alcuni degli elaborati riferiti ai vincitori del Premio e 5 tavoli, diciamo, “contenitori” progettati appositamente per rappresentare la “Mostra”. Confesso che non è stato comunicativamente intuitivo (ma forse questo è un mio limite) accorgermi che la mostra aveva un duplice scopo. O no?!!


Ciò premesso, mi permetto di rilevare quanto, a parer mio, mi è sembrato di osservare.
Inizio con la comunicazione della mostra che non può non essere stata pensata e soppesata. Eppure, per come appare, mi ha dato una prima impressione di un evento affidato, semplicemente, alla bontà dei contenuti del premio e dei contenitori appositamente progettati e realizzati. L'immagine complessiva che ho ricavato, mi è sembrata, priva di una progettualità espositiva, di un approccio, di un raccordo comunicativo nonché di un tramite  tra l'oggetto mostra e il fruitore. Il sociologo McLuhan, e non io, dà un'alta valenza alla struttura comunicativa, ritiene che debba incidere sui modi di pensare, di osservare e di comportarsi di ogni fruitore/visitatore. Insomma deve indurre qualcosa di più al semplice guardare e tutt'al più, semplicisticamente, ricavare un giudizio di bello/brutto. La spiegazione dell'intera mostra era contenuta in un foglio formato A2 (credo) e il carattere mi ricordo doveva essere corpo 14 o forse 12. Poco più evidente che una comunicazione burocratica, un contenuto di caratteri alfanumerici d i sommessa visibilità che non dava un risalto orientativo alla comunicazione. Nel merito delle immagini nulla da dire, ovviamente, ma non ho trovato alcun aiuto alla lettura. Cioè, non c'era un percorso di lettura, una guida, un commento, nulla. Forse, la comunicazione voleva essere sottintesa. Voleva probabilmente lasciare spazio alla comprensione del tutto, mediante il libero arbitrio del “lettore”, immaginandolo solo un “addetto ai lavori”.  Ma la mostra non serve a veicolare, amplificare gli effetti di un evento culturale, nonché a socializzare ed eventualmente a far condividere o meno i contenuti mostrati?

Nel merito della realizzazioni dei “Tavoli” mi permetto di far notare che una, non solo mia, personale constatazione portava ad avere qualche perplessità nei confronti, specialmente, di uno dei tavoli che rendeva difficoltosa la lettura del contenuto mostrato. Forma del tavolo e posizione delle immagini mostrate non consentivano un'agevole lettura. Suggestivo, forse anche esclusivo ma che fa pensare al rapporto proprio tra utilità e design di un progetto.
La funzione in un oggetto da progettare o progettato non è un optional.
E visto che si trattava di una mostra del “Premio Internazionale di Architettura” le poche osservazioni da me fatte dovrebbero fare riflettere gli organizzatori.
Due partecipazioni alla condivisione col grande pubblico dei visitatori, mi sono sembratati quanto meno fuorvianti. Si sono voluti mostrare due insiemi diversi per progettualità, per ambiti (locale e internazionale) e per fattualità. Un intreccio tra rappresentato e realizzato, segnato da una subalternità.
In conclusione, ad esser sincero, confesso che l'evento di grande spessore di un ambito culturale, come quello di architettura mostrato in Piazza Duomo, ripensato nei miei ultimi passaggi mi è apparso, a rifletterci, più figlio di una casualità distratta, sicuramente e forse involontariamente banalizzato che non altro.


Giuseppe Cancemi

Le "AREE VASTE" in Sicilia




CONSORZIO DI COMUNI: con quale il criterio s'intende fare l'aggregazione?
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L'Italia delle Province si trasforma. La Sicilia comincia sostituendo le 9 Province con i Liberi Consorzi.




L'esempio di alcune aree interne.


Ma dove stanno i criteri d'aggregazione dei liberi consorzi delle cosiddette aree vaste?



Non mi sembra che i consorzi debbano essere ridotti ad un'aggregazione di Comuni, sommando in modo aritmetico le singole popolazioni degli aderenti. Mi spiace dirlo, ma così come si presenta, sembra mancare proprio della base di tutto: un progetto aggregante, elaborato “a più mani” e condiviso dai Comuni che hanno scelto di aderirvi. Per grandi linee, credo che un insieme disomogeneo di comunità locali, debba ricercare in un progetto comune, quei punti unificanti che comprendano, tra le aspettative, una strategia di politica favorevole allo sviluppo. L'appartenenza territoriale maggiormente allargata, voluta dai cittadini per libera scelta, deve nascere da una fusione del singolo campanile nel crogiolo di un nuovo modo di sentire, di essere.
La ratio che dovrebbe muovere la nuova aggregazione, non può non partire dai servizi da consorziare per ridurre gli sprechi e dalle risorse da mettere insieme per affrontare una nuova sfida che coinvolge per “aree” il futuro sviluppo socio-economico della Sicilia.

Giuseppe Cancemi

venerdì 8 aprile 2016

BELLUNO, gli alberi di Via Cavour

ALBERI, tagli annunciati


Di alberi dal 2012 a Belluno ne sono stati abbattuti abbastanza. Sono cadute piante ornamentali che, oltre a svolgere il loro ruolo più elementare di mitigazione del clima estivo e di conversione dell'anidride carbonica in prezioso ossigeno, “arredavano” e segnavano il riconoscimento dei luoghi. Alle lamentele di qualche cittadino per una “moria” arborea spinta, apparentemente inspiegabile, veniva data una giustificazione “tecnica” di opportunità e prevenzione per malattia delle piante e/o rimozione del pericolo per pubblica incolumità. Tutto normale. Chi amministra la città sa e fa e gli amministrati non sanno e debbono solo condividere obtorto collo. Da qualche giorno sono iniziati lavori di straordinaria manutenzione dei marciapiedi e si è iniziato con l'abbattimento di alberi. Il Sindaco, giustamente, mette le mani avanti e a mezzo stampa fa sapere che l'abbattimento delle piante, appena iniziato in via Cavour, rientra nella necessità di eliminare l'invasivo apparato radicale, presente su tutto il marciapiede, e dunque causa della sua sconnessione. 
A spanna quell'alberatura di via Cavour deve avere superato una trentina di anni o poco più. Questa datazione mi induce una semplice osservazione: quelle essenze arboree con quale criterio sono state messe? Sono state piantate mediante un progetto firmato da accreditato professionista o sono il risultato di una piantumazione così tanto per mettere degli alberi? Comunque, anche un semplice giardiniere avrebbe saputo che un albero per il luogo di impianto va scelto anche in base all'apparato radicale. Sappiamo tutti che nei marciapiedi e nei cimiteri, per esempio, vanno evitati alberi con radici fascicolate. Di solito, infatti, sono le essenze con radici fittonanti le più utilizzate nei viali alberati a scopo decorativo, architettonico, ecc.. 
E' il caso di dire: alberi sì ma non a c...o

E' strano come sia accaduto che solo oggi ci si accorge degli alberi non idonei al marciapiede di via Cavour impiantati in un periodo in cui la pratica urbanistica sarebbe dovuta essere quella tecnica prima e contrattata dopo, dunque sottratta all'empirismo delle opere pubbliche del capo mastro. Ma si vede che così non è stato e il tempo lontano (relativamente) forse, non ci permette di conoscere le eventuali responsabilità. Viene da chiedersi: ma il danno dell'abbattimento di alberi maturi, del marciapiedi da rifare e dell'impianto di nuove essenze arboree è o non è un danno erariale?
Il Sindaco promette il reintegro delle piante con il rifacimento del marciapiede e va bene. Ma questa volta, esiste un progetto dettagliato di opera stradale che comprende la piantumazione di alberi secondo criteri tecnico-scientifici o/e se si vuole estetico-architettonici o siamo alle solite riparazioni casarecce che ci faranno in un futuro prossimo malignamente dire: “pedo el taccon chel bus”?

A parte la facile battuta, il Comune, pur nelle mille difficoltà che incontra per la gestione della città, però, non può e non deve solo inseguire alla bisogna i guasti. Dedicare alla manutenzione anziché al nuovo parte delle previste risorse di bilancio è più saggio. Prevenire con una puntuale manutenzione programmata riduce i costi e mantiene i servizi sempre in piena efficienza. I cittadini si fidano, ma questa volta in tempi di internet, il primo cittadino faccia in modo che tutti possano vedere i progetti a partire da questo di via Cavour. Con l'occasione, il Sindaco, faccia anche sapere, visto che la sua amministrazione volge alla scadenza, quanti alberi sono stati messi a dimora per ogni nuovo nato o adottato durante il suo mandato. I bellunesi apprezzeranno sicuramente. 

Giuseppe Cancemi



APPENDICE DEL GIORNO DOPO (11 aprile 2016)

Dai lavori che prevedono l'abbattimento degli alberi in via Cavour, a giudicare dai luoghi, i conti non tornano. Lo scenario che attualmente si presenta appare con alberi abbattuti alternativamente, con una logica distributiva quasi geometrica, che lascia intuire più a un diradamento che non ad una soluzione, alla lettera, radicale. Si è scelto di eliminarli, uno sì e uno no, tutti in fioritura, e non senza abbondare sui sì. Sembrerebbe, che gli alberi graziati hanno un qualche merito per essere stati risparmiati. In compenso, è stata regalata ai ceppi rimasti una rifinitura da “figaro”. 



Eppure ricordo di avere letto che le piante da eliminare, causa del dissesto rilevato, rientravano in un “progetto di rifacimento”. Bene! Allora perché il taglio assomiglia più ad un diradamento che non ad una radicale sostituzione delle attuali piante con altre a radici fittonanti? Si vuole, forse, mascherare un'ennesima azione demolitrice di piante a Belluno, che sembra appartenere ad un ragioneristico disegno di riduzione delle spese nella voce a bilancio destinata alla manutenzione?


UDITE, UDITE... cosa dice il Dirigente comunale in merito alla questione verde pubblico






mercoledì 6 aprile 2016

BELLUNO: via San Lucano perde un altro albero, in silenzio ...ssst!

Fine di un albero che segnava un orizzonte patrimonio dell'immaginario collettivo


Un albero che “cade” in città, dovrebbe fare più rumore di una foglia. È invece no!
A Belluno il maestoso albero affacciato sul Piave che faceva da sfondo alla via San Lucano è sparito in perfetto silenzio, senza fare alcun "rumore". Nessuno si è chiesto o ha chiesto alla proprietà legittima il perché di questo abbattimento. Eppure quell'albero arcinoto nella memoria dell'immaginario collettivo ma anche nelle foto ricordo e nelle cartoline, è ancora vivo.

La cosa strana è che non sappiamo se residenti e autorità cittadine si sono accorti o si sono girati dall'altra parte ovvero, eventualmente, perché non sono intervenuti, chiedendo almeno alla proprietà l'impianto di una nuova essenza in compensazione di quella eliminata.

Non si spiega neanche come mai anche le associazioni ambientaliste, così tanto attente per altro, in questo caso hanno taciuto e tacciono.

Così, tanto per capire, ma il Comune - pur non esercitando, relativamente, alcuna potestà sugli alberi, fosse anche per quell'orizzonte verso il Piave, oggi impoverito - non aveva voce in capitolo per impedire o condizionare quella grave perdita?

Viene da chiedersi quali altre autorità locali e non, con compiti di tutela, potevano intervenire per quella drastica soluzione di taglio radicale, senza appello, e almeno pretendere il ripristino dello “skyline” con pari essenza già adulta?
Precedente visione
La situazione attuale













Albero abbattuto
Sicuramente ciascuna delle autorità preposte alla salvaguardia del nostro patrimonio dei beni culturale, che si occupano territorio e ambiente, hanno fatto il proprio dovere. Il silenzio però assordante di questa eliminazione non può farci rassegnare al “vuoto paesaggistico”che si è determinato e viene spontaneo domandarsi: dov'erano quando è stato abbattuto l'albero di via San Lucano? Un albero paesaggisticamente significativo, la cui immagine appartiene a tutti meritava almeno un minimo di trasparenza comunicativa ai cittadini bellunesi.

Per ultimo, appare sicuramente almeno curioso che nelle riprese di Google presenti in internet il luogo è visibile chiaramente senza quell'albero (abbattuto solo qualche mese fa) e dunque viene da pensare com'è possibile un simile tempismo di cancellazione della memoria visiva e rappresentativa in un'Italia dove i tempi di recepimento delle modifiche territoriali sono ben altri?

Provare a guardare su Google Maps per credere!

Giuseppe Cancemi