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sabato 24 aprile 2021

MOBILITA' SOSTENIBILE NON A PAROLE

 


BELLUNO: Strada Cucciolo-Marisiga


Tutto è cominciato in tempo di covid-19. L’amministrazione attiva di questa città, per una disposizione di legge regionale che prevede un Piano di Assetto del Territorio, ha riesumato il solito PRG visitato e rivisitato con un patetico ennesimo maquillage da vecchio signore. Ulteriore proposta tra le “perle”, del “progetto Belluno” che ha già animato mugugni vari. Due nuove strade per un quotiano ingorgo, in prossimità del Ponte degli Alpini (La Cerva), che potremmo definire “pedo el tacon del bus”. Due strade come bypass della S.S. 50: uno attraverso Cavarzano e l’altro, nei dintorni di Mier, conosciuto come Cucciolo-Marisiga. Per fortuna, pare che il passaggio per Cavarzano, sia stato scongiurato per il suo inopportuno tracciato all’interno del polo scolastico di quel quartiere. Numerosi cittadini con le loro firme ne hanno scoraggiato la realizzazione. Resta però ancora in piedi la Cucciolo-Marisiga nonostante, anche qui non manchi la contrarietà di tanti altri cittadini.





Che dire! Possibile che ancora non si sia capito che l’accelerata crescita della mobilità non si può continuare ad assecondarla all’infinito? Siamo tutti in un’astronave chiamata Terra, e dobbiamo renderci conto che è giunto il momento di cambiare i nostri paradigmi, di vita individuale e collettiva.

Gli scienziati del clima dicono che ci avviciniamo sempre più ad un punto di non ritorno per quel fenomeno seguito dai grandi della terra che si chiama riscaldamento globale.

Consumo di suolo, impermeabilizzazione e degrado del territorio tra le cause del cambiamento climatico (tropicalizzazione) anche delle nostre zone, vanno anche contro la vocazione turistica della montagna. Il brand del turismo di montagna, all’insegna della natura, è il canonico vivere nella lentezza. Assaporando nelle tradizioni e nei cibi locali il godere di una natura incontaminata. Un vivere salutista che si conserva, non senza difficoltà, tra l’orografia bella ma limitante negli spostamenti e con un’economia agricolo-forestale di difficile conduzione.

E qui mi sento di dire che la mobilità sostenibile non può essere quella che propone nuove strade di sicuro impatto per un ambiente naturale particolarmente fragile come quello di montagna.

 La ripresa di questa idea di nuove strade con facilità, ha dato il via ad antiche proposte di assetto stradale che non hanno più senso. Dobbiamo pensare che in Italia si sta varando il Piano Nazionale di Ripresa Resilienza nel quadro degli impegni, anche a livello locale con agenda 30 e 50, di rilevanza europea e mondiale. La riduzione dell’anidride carbonica che è richiesta, serve per tenere bassa la temperatura media globale del nostro pianeta, al di sotto della soglia dei 2°C.

 Belluno non ha bisogno di nuove strade. La sua mobilità ha necessità solo di potenziare il trasporto pubblico, principalmente su rotaia. Esiste parallelamente alla statale n. 50 un tratto di ferrovia utilizzabile come metropolitana di superficie. Per il resto, basta razionalizzare: la logistica (orari e mezzi di piccole dimensioni e che non inquinano); gli orari di accesso e transito (ingressi scolastici e di lavoro); gli attraversamenti e l’uso di mezzi individuali (monopattini e bici), etc.. Insomma, una alternativa alle strade proposte esiste. La strategia consiste nell’organizzare un Piano per la Mobilità Sostenibile con quell’insieme di soluzioni che possano dare nuova vita ad una mobilità, dianzi accennata, di sicuro vantaggio per l’ambiente, ma anche e soprattutto per le persone.

Giuseppe Cancemi


domenica 18 aprile 2021

VIA DANTE E' MEGLIO LASCIARLA COM'E'

 


Il piazzale della stazione ferroviaria ha una sua immagine storica che rischia di essere cancellata

Con lo spirito di rinnovo (sic!) che contraddistingue la città di Belluno, poco tempo fa è stato annunciato che la città avrà prossimamente una via Dante più larga.

La città legale (Provincia e Comune) in accordo con Dolomitibus intende modificare l'originario progetto relativo alla stazione ferroviaria, ne “i dettagli del progetto di rigenerazione urbana che interesserà il piazzale della stazione. Ma neanche a dirlo, sappiamo che anche in questo caso come tanti altri, anche in questa parte della città alcuni alberi cadranno.




Da qualcosa come da quattro lustri ad oggi, Belluno sembra seguire una tendenza. Ma più evidentemente una controtendenza al Green Deal europeo.

Disfa in città l’assetto materiale esistente, con tutta la sua logica sistemica assestata nel corso degli anni per, eufemisticamente,rigenerare” un qualcosa che rientra in un discutibile Progetto Belluno. Quello che fa più inquietare i cittadini, in queste trasformazioni è la restituzione di questi frammenti di ambiente urbano, sempre più priva degli alberi preesistenti. Una assurdità, che collide con la politica europea, orientata verso un uso efficiente delle risorse, mediante un'economia pulita e circolare.

Il Progetto Belluno, per capire, merita una qualche nota. Nel suo insieme, si presenta come si direbbe in chimica, più un miscuglio che non una combinazione. Tanti sottoprogetti che non dialogano perché più fine a se stessi che non parti dell’insieme sistema città.

Il progetto del piazzale della stazione che comprende anche la via Dante, è l’esempio classico di un intervento che poteva rappresentare un’opportunità. Bastava saper cogliere quel nesso che lo lega ad una visione integrata tra il vicino parco, il Metropolis, la ex caserma militare e la scuola “Gabelli”. Un unicum, con valenza nazionale dove potere ospitare, formare e aggiornare, periodicamente in ambito delle scienze dell’educazione, un laboratorio per i docenti di tutta Italia. Invece, ecco un progetto di corto respiro che affastella quattro carabattole, tra arredi urbani da alienare e sostituire, pensiline e delineatori di corsia e altre modifiche riservate ai bus, con spazi recuperati nelle vie adiacenti alla piazza della stazione e una segnaletica orizzontale rinnovata che completerà la tanta, ma tanta, “rigenerazione” (sic!).



E come se non bastasse, ecco che la Dolomitibus con un recente atto: Accordo di programma” assieme alla Provincia presenta con una integrazione di programma che modifica l’area Metropolis e alcune adiacenti strade.

U annuncio ultim’ora di stampa, che con una “...via Dante più largadel progetto Stazione ferroviaria pone, la classica ciliegina sulla torta. Per la cronaca, una via lunga poco più di 100 passi e larga 50 che perderà alcuni alberi, in compenso sarà complementare ad un’autostazione per pullman più che invasiva.

Qualcuno degli addetti, per questa recente nuova integrazione del progetto, si è compiaciuto ritenendo che la:riqualificazione dell'area della stazione servirà a garantire maggiore sicurezza”. Al contrario, dei pochi cittadini, che vedendo qualche tavola di progetto e l’ultimo allegato che intende sacrificare alcuni alberi, hanno già detto che quel piazzale e i suoi dintorni sarebbe meglio lasciarlo comè.

Non ci vuole molto, comunque, per capire che al centro del progetto non c’è l’uomo ma il singolo interesse su come sistemare i mezzi di trasporto su gomma e la sua stretta attività. Viene quasi ignorato il trasporto ferroviario principale stanziale di quel luogo, che con i suoi servizi telematici ristrutturati, da tempo dispone di locali oggi ad uso anche per altre attività.

Le stesse tavole planimetriche, che indicano la prima e l’ultima sistemazione nella divisione di aree per stazionamento e viabilità differiscono, non poco, anche nei colori. Nella prima, una parvenza di spazi verdi esiste, mentre nella stesura finale di cui parliamo, domina il rosso delle linee e il grigio degli spazi riservati ai mezzi circolanti. A parte il contenuto tecnico è anche chiara nei colori la rappresentazione valoriale.

Per l’accoglienza dei passeggeri e il loro stazionamento, non risulta alcuna attenzione o menzione.

Sono ignorati anche, servizi igienici, stalli per portatori di handicap nonché abbattimento delle barriere architettoniche per il transito. Per non parlare dei percorsi di un qualsiasi comune cittadino che deve raggiungere il mezzo gommato. Le zone pedonali di attraversamento non mostrano una continuità. Si ignorano i percorsi pedonali svincolati dalla via carreggiabile e di schermatura delle siepi, aiuole spartitraffico e alberature che migliorano la qualità ambientale non se ne parla nemmeno. Insomma chi dovrà raggiungere il suo mezzo di trasporto, dovrà fare parecchi slalom attraverso il traffico, anche se con strisce pedonali. Ecco svelato perché anche il taglio di pochi alberi si può fare a cuor leggero.

Insomma il progetto di un nodo fondamentale di scambio intermodale trasportistico è svilito a luogo dove allocare dei pullman. Come se dovessero dimorare tutti negli stalli previsti giorno e notte. Questo per la sola parte materiale. L’immateriale che avrebbe dovuto ispirare il progetto è ancora peggio. Non esiste un’analisi dei flussi e della domanda di spostamento di persone e cose in tutte le sue forme: per lavoro, studio, consegna di merci, etc.

Tutto qui!

Ma penso che su questo poco bisognerà riflettere, in vista delle prossime elezioni che incalzano.

Giuseppe Cancemi








venerdì 16 aprile 2021

LA SCUOLA “ARISTIDE GABELLI” SI RINNOVA

 

Perplessità sull'intervento...


Il Restauro in corso della scuola elementare Gabelli, credo che meriti più attenzione. Quella scuola, nata con i crismi delle opere di regime, nel ventennio, è un esempio di architettura razionalista, che ha rappresentato un pezzo dell’italica storia. Uno stile, che rappresenta una qualità estetica ritenuta di rilievo.

Ne sono autori, due ingegneri (Agostino e Guglielmo Zadra) che realizzano un manufatto in chiave ambientale di ricercata sintonia con la pedagogia e la didattica, sostenuti dalla Montessori e dalla Pizzigoni, di quel periodo storico.

La scuola ha avuto anche nell’avvio, un’autorevole direzione della nota pedagogista locale Pierina Boranga.

Il tempo trascorso della scuola, fino ai nostri giorni, ci ha consegnato un complesso edilizio con i suoi connotati di vissuto, che ha accompagnato la fanciullezza di moltissimi noti e meno noti bellunesi. Ora in tempo di restauro, vale la pena di fare qualche annotazione sull’aspetto e il rispetto che va tributato all’immagine storica della scuola.

Gli attuali lavori, abbastanza lenti, hanno cominciato a fare emergere qualche elemento di riflessione. Guardando verso il materiale di risulta accumulato nel giardino, in attesa di essere portato al riciclaggio, risalta, la gran massa di infissi in alluminio anodizzato, non certamente dell’epoca. Per molti anni, ha rappresentato una non notata ferita all’immagine di quell’edificio.

In quella scelta impropria di finestre, non certo di stile, fatta nel tempo intermedio, in un territorio dove il legno è di casa e la sua naturale magnificenza è a tutti nota, appare proprio come un oltraggio al buon gusto e alla storia.

Il nuovo che va emergendo, non di meno, attira anch’esso una certa curiosità. Si vede in quelle finestre oramai sostituite, nel loro insieme un’immagine “discreta”, ma con un un qualcosa che attira l’attenzione. Ciò che appare guardando con attenzione, non è il solito legno che contorna i vetri, ma una sottile cornice che appare di un colore ruggine che fa ricordare il materiale di qualche arredo urbano presente in città. Una similitudine che fa pensare al perseverare delle scelte alloctone, pur sapendo che in “casa propria” esiste un materiale vivo (il legno) con qualità tecniche, meccaniche ed estetiche eccellenti, e sostenibile.

Forse chi governa questo territorio, non si è ancora accorto delle risorse di qualità che il territorio offre, persino dopo un disastro epocale. La tempesta Vaia, nei suoi danni creati nel bellunese, ha infatti regalato tanto legno che è stato poco considerato e anzi lasciato marcire. Eppure, si poteva intervenire con un progetto di recupero del legno ed un rilancio nel suo uso.



Oltre all’utilità come isolante termico e per tutte quelle varietà d’uso che si conoscono, si presentava anche l’opportunità per l’istituzione di un polo accademico del legno. Un luogo di ricerca per migliori applicazioni di quel materiale, la cui resilienza, elasticità e meccanica, sappiamo consentono adeguate strutture per una protezione sismica degli edifici.

Nella “capitale del legno” che ha fatto la storia delle imbarcazioni della Serenissima si sostituiscono gli infissi osceni precedenti (in alluminio) con altri non certo nostrani e per giunta con un materiale d’oltre Oceano. Il brevettato acciaio COR-TEN americano. Un materiale anche in contrasto con l’economia circolare ricercata dalla moderna cultura nell’uso dei materiali.

C’è da aspettarsi, che i bellunesi ancora non hanno visto bene, ma che comunque non faranno una piega come per i precedenti infissi.

Ci si augura soltanto che chi fa scelte per la comunità, possa riflettere sull’uso dei materiali estranei al contesto storico e culturale del bellunese. Per questo acciaio usato nelle nuove finestre non sappiamo quanto possa essere affidabile nella durata e quanto gradito sia nella fruizione della sua immagine. Il legno non si capisce perché, si cerca di “archiviarlo” e di ignorarlo, nonostante le sue ben note qualità.

Una raccomandazione per quanto detto, comunque, va fatta: attenzione a tutto quello che fa tendenza, anche nell’arredo urbano e persino nel restauro di antichi reperti. La sostituzione dei materiali, deve avere una giustificazione. Ricordiamoci che il significato di restauro è quello di assicurare la conservazione. La speranza che resta, è quella che la modernità a tutti i costi, non prenda la mano sulle opere in corso e quelle progettate da realizzare.

Giuseppe Cancemi