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lunedì 25 febbraio 2013

Villa Zuppani, Sedico (BL)


Risorsa ambientale da valorizzare utilizzandola al meglio 
 
Il ricovero per la fauna selvatica di villa Zuppani a Sedico, tenuto in vita da tempo dalla Provincia, chiude. La notizia passa quasi inosservata, in sordina. Persino la sensibilità dell'associazionismo ambientale presente a Belluno, non sembra avere colto questo segno di poca attenzione a risorse ambientali preziose da conservare attivamente come questa.
Verrebbe da chiedersi: come mai?
La prospettiva di centro didattico per l'ambiente da tempo ipotizzato, cui associare in un futuro l'attuale centro di recupero della fauna selvatica, da un punto di vista formativo/educativo e non solo faunistico-ecologico, poteva e può essere uno sbocco relativamente condivisibile ma sembra naufragare per pochi spiccioli di bilancio. 


L'obiettivo di dare continuità alla struttura di questo “ospedale” per gli animali selvatici smarriti, feriti, impauriti, anche se esteso ad altro uso di tipo didattico, pur apprezzabile, rimane comunque assai riduttivo. La sua sorte incerta  ne rende ancora più problematico il suo mantenimento. Quasi una rinuncia ad una presiosa opportunità. Un'idea più articolata, potrebbe invece, ambire ad altro utilizzo più prestigioso nonché redditizio. Va bene che esiste un contenzioso sulla proprietà che forse ne limita la sua piena disponibilità, ma la villa Zuppani ricca dei suoi 150 mila mq di terreno, potenzialmente è in grado di produrre un suo reddito, fosse anche solo per potere mantenere, semplicemente, la sua propria autonomia economica senza incidere sulle casse della collettività. E' facile immaginare che un tradizionale sfruttamento con mezzadria, forse, saprebbe ricavare un utile controvalore per simile risorsa, finora, non sempre ricercato dal gestore pubblico nelle proprietà condotte. Si parla tanto in termini economici di spending review, di ecologia urbana e di responsabile uso delle risorse invocando sostenibilità, biodiversità e simili “parole d'ordine” per dire e dirci che dobbiamo spendere meglio, riutilizzare e valorizzare ciò che già abbiamo. Ma ancora non ci siamo. La recente timida tendenza di ritorno all'agricoltura e la green economy,comunque, possono essere di aiuto per mettere a frutto le energie rinnovabili e la riscoperta del suolo agrario nel primario come elementi “amici” del lavoro umano.
Un concorso di idee sull'uso produttivo della villa Zuppani non guasterebbe. Un simile bene economico locale, specie in tempi di  economia sempre più limitata nei mezzi, non può essere sottovalutato. A scopo propositivo si suggeriscono alcune alternative d'uso. Si potrebbe, per esempio, pensare di utilizzare la villa come luogo per: giardino botanico, fattoria didattica, centro studi ambientali, produzione di piante officinali, conservazione della biodiversità, banca del seme, coltivazione biologica etc. etc.. Il tutto affiancato da scelte energetiche rinnovabili.
La tanto vituperata politica, la locale specialmente, se vuole riscattarsi, riprendersi il primato delle scelte territoriali utili alla Comunità amministrata, non può far passare inosservata un'occasione di riutilizzo redditizio della prestigiosa villa Zuppani. Sappiamo tutti che la sfida che ci viene posta dallo sviluppo socio economico richiesto dai nostri tempi, deve essere affrontata a partire dalle risorse locali e attraverso processi innovativi, indirizzati verso una economia verde ecosostenibile.

Giuseppe Cancemi

Ennesimo piano di recupero per il Centro Storico


FORMAZIONE DEI PIANI DI RECUPERO DI CALTANISSETTA (2013)

(Nota di Giuseppe Cancemi)



Le esigenze di recuperare un centro storico, in generale, non sono nuove. Caltanissetta, per l'ennesima volta e con grande ritardo rispetto al contesto italiano, si cimenta con una nuova proposta progettuale di riutilizzo-rinnovo a partire dal quartiere “Provvidenza”. La premessa che muove il Piano di Recupero, cerca di giustificare le proprie scelte ritenendo di essere “ in linea con le direttive nazionali e comunitarie” e motivando un fine che è quello di “contenere il consumo del territorio”. Sostiene di adottare un criterio improntato all'ecocompatibilità, al recupero delle valenze architettoniche, e avanza anche, tra le “nuove esigenze” irrinunciabili dei luoghi, requisiti di “accessibilità - anche carrabile”, assai discutibili.

La relazione del nuovo Piano di recupero dopo 30 anni e alcuni passaggi oramai storicizzati, rivela un'unica tendenza: l'attesa ripagata dal tempo, dei prevedibili crolli per vetustà, che ripropone alla fine, un antico disegno di politica urbanistica orientato ad una edilizia, per il centro storico, sostitutiva dell'esistente. La nuova (si fa per dire) tendenza nelle scelte di quest'ultimo piano di recupero, a distanza di altri precedenti tentativi, fa emergere la pervicace volontà politica di volere a tutti i costi sostituire il «vecchio» col nuovo. Un passo della revisione del P.R.G. dell’anno 1982 riportata dalla relazione, a proposito dei passati Piani di Recupero ai sensi della L.N.457/78 usato a suffragio delle tesi sostenute dai redattori del PR così si esprime: ”Nelle more della redazione di tali Piani, gli unici interventi ammissibili potevano essere”, solo, “quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria e” di “risanamento conservativo”. Per inciso, termini corretti nel restauro dei centri storici sostenuti dalla cultura urbanistica corrente ma evidentemente non condivisi, poiché utilizzati in un ragionamento del tipo: prima non si poteva intervenire in modo diverso da quello prescritto, ora sì.

Il tempo, è stato galantuomo (sic!). I quartieri della Provvidenza man mano che crollano sono ora transennati per pericolosità e pronti a ogni soluzione di nuova edilizia.
Verrebbe da dire... ci siamo! Con l'emergenza sicurezza si può e si potrà giustificare tutto.
Il Comune nel timore che si verifichino crolli a danno degli abitanti del c.s. si attrezza per operare senza veti. Il passaggio è lineare: con il timore dei crolli, lo scopo preventivo del Comune consente di provvedere ad allontanare gli occupanti delle abitazioni pericolanti in c. s. e si barricano gli accessi al quartiere in attesa di potere intervenire secondo una logica prevalentemente «modernizzativa» a partire degli slarghi, alcuni già oggi diventati parcheggi per auto. Vedasi esempio in foto di immagine documentata nella relazione del Comune di Caltanissetta.

     Pericolosa tendenza annunciata: largo alle auto


In clima di emergenza scompare ogni precauzione e interesse per il destino dei nuovi sfollati (tali per condizioni economiche precarie) che per questa tendenza si candidano con molta probabilità a formare le baraccopoli nissene. Già in passato gli abitanti della Provvidenza erano degli invisibili, non venivano considerati nei cosiddetti piani di recupero, figurarsi ora che i crolli incombono.

La ricca documentazione fotografica del degrado nella formazione dei piani di recupero, riportata nella relazione dell'ufficio tecnico comunale, preconizza la “soluzione finale”.

Nella formazione del Piano, la relazione, com'era prevedibile nella logica delle città materiali, esamina la presenza degli abitanti - incidentalmente e senza dati recenti - evidenziando uno spopolamento del c. s. nella dinamica complessiva dell'occupazione degli immobili a fronte di ripopolamento con persone non italiane. Evitando di entrare, per esempio, nel merito della composizione della proprietà immobiliare e la tipologia degli attuali abitanti. In buona sostanza viene rafforzata la necessità di intervenire per motivi igienici, di decoro e di stabilità degli immobili. Nessuna relazione con le esigenze abitative dei nisseni e non. 


***

In sintesi

Dalla relazione emerge la logica dell'emergenza eletta a metodo. Aspettiamo... con i crolli la necessità di allontanare gli abitanti (prima più difficile) ora si fa cogente e si può anche diradare a misura (si fa per dire) d'auto. Si può costruire il nuovo. Manifestamente sembrerebbe l'unica possibilità. Con ruderi irriconoscibili la demolizione e ricostruzione con aumento della volumetria in verticale, il diradamento in orizzontale per parcheggi e l'allargamento di strade saranno accettati perché apparentemente indolori.

Se la partecipazione alla formazione dell'ennesimo piano serve a corresponsabilizzare una scelta non solo urbanisticamente da retrovia ma soprattutto etica, la risposta, a mio avviso, è no!

La sfida che si può lanciare, invece, deve puntare ad un recupero tendenzialmente conservativo e sostenibile. Si deve partire dalle esigenze dei futuri cittadini abitanti di un ambiente urbano storico a misura d'uomo com'era.
L'insediamento previsto, pur senza uno studio sociologico che doveva essere approntato, si può ipotizzare formato da anziani, giovani coppie, singoli, tra i quali nuclei familiari con poche risorse economiche.

Gestione

Con le strategie giuste e con un patto di solidarietà da inventare, si possono organizzare sistemi di partecipazione al restauro, affiancate da corsi di formazione professionale indirizzata al recupero edilizio per piccole imprese e lavoratori con contratti ad hoc sostenuti da Comune, IACP, cooperative, privati, cassa edili, sindacati, confindustria, imprenditori, lavoratori-corsisti, ecc.

Le risorse economiche dovranno essere reperite, tra finanziamenti agenda 2000, cassa depositi e prestiti, BOC, finanziamenti IACP e cooperative, finanziamenti prima casa, capitali d'investimento privati, nonché banche, specie le locali, attraverso le quali con garanzie pubbliche, dovranno essere indotte ad erogare anche piccoli prestiti. I cittadini tutti, gli interessati per primi, coinvolti nei vari passaggi: dal progetto ai finanziamenti alla realizzazione, assumeranno il ruolo di protagonisti del cambiamento. Il Comune dovrà fondare un ufficio casa perenne per seguire tutte le operazioni di recupero.
Le proprietà pubbliche recuperate per prime, dovranno servire da spore per innescare un processo virtuoso di parcheggio in attesa del restauro, formazione/collaborazione, restituzione e così via.
Quali agevolazioni si possono attivare riguardano: le facilitazioni burocratiche, la riduzione degli oneri di urbanizzazione, degli incentivi vari sui costi (cantiere, smaltimento sfabbricidi, ecc.) e sulle scelte di sostenibilità.

Quale restauro

In merito alla sostenibilità vanno orientate scelte di interventi che tengano conto della bioarchitettura (verifica della presenza del gas radon, basso in/out energetico, cappotto termico ecc.).
Risparmio idrico, con recupero delle acque piovane e/o ricircolo delle acque grige
Risparmio energetico (pannelli fotovoltaici, energia solare-termica) Eventuale sperimentazione di teleriscaldamento con TOTEM e/o geotermia
Efficienza energetica su tutto, elettrica e termica.

La vera sfida va concretizzata confutando la ricostruzione e/o diradamento (data per scontata per i ruderi) con il mantenimento del disegno urbanistico del luogo (es. della Provvidenza con caratteristiche ippodamiche). Cioè, mantenendo la maglia urbana del quartiere, scongiurando il preteso sacrificio della dimensione ad uomo per sostituirla con quella a misura di automobile (impossibile) per vari motivi. Non necessariamente costituzione di volumi in altezza consimili ai precedenti ma livellamento, eventualmente, in basso per lasciare passare la luce la dove si ricostruisce e liberazione da superfetazioni per spazi di preesistenti, cortili, giardini e slarghi interni con pozzi.


Tipi di intervento

Acquisizione (o intervento con partenariato Pubblico/privato) di immobili privati in centro storico per la loro valenza storico-urbanistica, da consolidare ristrutturare e restaurare e da destinare agli usi pubblici previsti dal piano particolareggiato o di comparto. Possono altresì, allo stesso scopo, essere acquisiti immobili diruti o non abitabili per essere destinati dopo la loro sistemazione ad edilizia residenziale pubblica (case parcheggio, alloggi, immobili di scambio).

Il recupero deve essere occasione di opportunità per crescere, non scusa per dare al centro storico un nuovo che modifica, cancella i segni del passato, mortifica l'immagine di Caltanissetta.