“Il
colore della città” è il tema che le Associazioni Italia Nostra e
“Dante Alighieri” hanno affrontato nel lontano1996, quando la
Soprintendenza aveva esordito con i “Sette restauri” (di chiese)
in centro storico, non accettati da tutti per il metodo adottato e
per le varietà coloristiche imposte alla città. Il timore che era
emerso, riguardava un cromatismo definito alla “disneyland” che
poteva innescarsi nel rifacimento di altri prospetti, proprio nel
cuore della città, calato dall'alto e senza regole. Era il tempo che
la città soffriva degli stessi mali di oggi: disoccupazione, degrado
urbano, traffico caotico, ecc. che preconizzavano urgenti interventi
di recupero nel centro storico, rivitalizzazione, acquisizione di
verde pubblico e soluzioni per mobilità e traffico. Insomma,
interventi di politica locale socio-economica di lungo respiro e non
di breve termine.
Sono
passati 17 anni e siamo ancora in attesa che cambi il metodo,
stavolta da parte di Comune e IACP, che in tema di recupero
presentano ai cittadini un “fatto compiuto”. Un progetto già
“confezionato”, non certo ispirato dalla “Carta del restauro”,
non secondo i canoni affermati di metodi afferenti il restauro e
ignorando, in materia di bioedilizia, il protocollo “Itaca”.
Il
protocollo “Itaca”, lo ricordo, ha lo scopo di stimare il livello
di qualità ambientale di un edificio proprio in fase di progetto,
in un quadro di sostenibilità energetica oltre che ambientale.
La
crisi urbana oramai endemica, che attanaglia la città, va affrontata
nella sua globalità. Strutture e forme di un organismo finito qual è
la città storica, vanno pensate in un quadro di interventi che si
intersecano e interagiscono. Il colore della città per esempio è un
elemento fondamentale per quell'armonia prospettica che il luogo
storico mostra di sé. Per restare in tema di modifiche che rischiano
di compromettere definitivamente anche l'immagine del centro storico,
provo a fare riflettere ricordando che la Piazza Garibaldi, da quando
è stata cambiata, non conserva più la sua “anima” di luogo
della memoria in quanti riconoscevano, pur nelle stratificazioni,
l'impianto risorgimentale. Con il rinnovo appena fatto, lo stesso
lambire della luce tra facciate di edifici e pavimentazione, arredi,
e ogni oggetto fisso o in transito lungo le superfici orizzontali, ha
alterato la percezione cromatica d'insieme. I nostri processi
mentali di riconoscimento che si legano con l'immaginario
individuale, non senza coinvolgere la sfera emotiva, nella lettura
della “Grande Piazza”, sono cambiati.
Caltanissetta
ha una sua storia legata a un suo genius loci: nel suo cielo,
nella sua vegetazione delle assolate campagne, nella sua roccia
calcarenitica da cui ha ottenuto una sua impronta per opere uniche e
riconoscibili, nell'argilla della terracotta, nel gesso dei leganti,
nei ciottoli del suo fiume, insomma, in tutto quello che ha
significato e depositato un valore riassuntivo che rende un luogo
particolare e diverso da ogni altro.
Non
è effimero pensare, a questo punto, anche ad un “Piano del colore”
della città, prima di iniziare un progetto episodico di recupero del
centro storico, che non sembra essere inquadrato in un complessivo
progettato piano di sviluppo della città. Come necessario sarebbe,
e anche utile nel quadro degli interventi, introdurre il protocollo
“Itaca”, per allinearsi alle direttive europee di ecologia
urbana.
Per
la cronaca, gli edifici green
che si ottengono da detto protocollo, rappresentano una nuova
edilizia che può essere certificata LEED (Leadership
Energy Environmental Design),
ed hanno grandi vantaggi rispetto all'edilizia tradizionale per
proprietari, inquilini ed ambiente.
Ecco,
a partire da questi pochi elementi di riflessione, la sfida che ci
attende nella proposta di riqualificazione del centro storico, può
avere un'alternativa di conservazione attiva attenta alla storia e
alla cultura, e può essere innovatrice, cioè in grado di attrarre
nuova vita in centro storico già a misura d'uomo. Oppure, illusoria
ricostruzione edilizia in maniera moderna (si fa per dire!), con
calibri stradali riformati e parcheggi mai sufficienti per auto
sempre in crescita, in un centro magari caotico di giorno e deserto
di sera.
Concludendo,
ancora una volta vorrei ricordare a quanti si accingono ad
avventurarsi in un processo di trasformazione del centro storico,
senza prendere in considerazione gli elementi che mi sono permesso
appena di accennare, senza cogliere l'opportunità del momento, è
bene ricordarlo, rischia di produrre un danno alla città, permanente
ed irrecuperabile.
Giuseppe
Cancemi
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