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sabato 16 settembre 2017

Belluno e la riqualificazione 2


↙LA GIUNTA MASSARO 2.0 PONTIFICA... E GLI ALTRI STANNO A GUARDARE


La Giunta Massaro 2.0 sa spendersi bene, specie nei passaggi frequenti che fa attraverso i media. Anche stamattina sul Corriere delle Alpi si parla di una nuova piazza e tre palazzine dell'immobiliare Filù in uno spazio del vecchio ospedale. La propaganda di “regime” si inserisce in quella che sembra una, diciamo, più “speculazione immobiliare” che non una riqualificazione. Il Comune, da quella stampa, viene inserito come “partner” con il suo “Progetto Belluno”, il quale, quest'ultimo, sembra essere diventato come le vacche di Mussolini. Ad ogni occasione di tipo edilizio, entra come progetto di 


riqualificazione e si attribuisce una spesa facente parte degli sbandierati 18 milioni della riqualificazione urbana. Anche qui si fa intendere che gli euro sono quasi in arrivo ma si tace il fatto che nella graduatoria dei cosiddetti vincitori, Belluno occupa il 50° posto. Il finanziamento non è così vicino come si vuol fare credere, a marzo di quest'anno sono stati finanziati solo 24 Comuni, mentre per gli altri si dice che: Gli ulteriori progetti saranno finanziati con le risorse che saranno successivamente disponibili. Ma a parte ciò, a giudicare da qualche servizio e/o spazio che sarà riservato per il Comune, l'operazione “filù” si presenta più come edilizia contrattata che non come “riqualificazione”.Infatti, viene da domandarsi ma gli standard residenziali del D. I. n. 1444/1968, da parte del Comune, sono stati verificati?E per lo zoning del PRG quell'area non è zona A? La soprintendenza cosa dice?
E come la mettiamo con l'ultima legge regionale n.14/2017 sul consumo di suolo?

Giuseppe Cancemi

giovedì 7 settembre 2017

Belluno e la riqualificazione 1


PIAZZA CASTELLO: I SEGNI DELLA RIQUALIFICAZIONE

Dei lavori di Piazza Castello che sono stati discussi giorni fa, non vi è stata eco, come solitamente accade non appena si manifestano i segni di un cambiamento in città. Da un rigoglioso giardino, anche se un po' trascurato, siamo passati ad uno spoglio anonimo angolo in piazza Castello, dal terreno circostante incolto, al momento, e un tratto di marciapiede in terra battuta (dai cittadini in transito!). Quel cantiere a cielo aperto e non altro ha destato un qualche disappunto che si è smorzato presto. Chi non ha trovato apprezzabile quel lavoro, citando lo spirito dell'originario progetto dell’architetto bellunese Alpago Novello è stata una nota associazione nazionale. Chi, invece, ha provato a difendere la nuova immagine è stato un altrettanto noto, localmente, ex consigliere comunale di passate amministrazioni. Ma in ogni caso stiamo parlando di un'opera di "riqualificazione del centro urbano" con finanziamento comunitario.

Effettivamente, l'immagine che ha adesso quella piazza delude la fondante idea progettuale d'insieme che intendeva fondere compositivamente, l'immagine dei resti dell'antico castello animata da un giardino, con il palazzo delle poste, espressione della cultura architettonica del razionalismo italiano del ventennio fascista.
La cosiddetta riqualificazione non è certo il massimo, e con l'attuale aspetto spoglio non sembra rafforzare la qualità delle funzioni, come promette il cartello di cantiere, con in bella mostra la scritta Regione Veneto e a seguire: l'Unione Montana e poi i comuni di Belluno, Ponte nelle Alpi e Tambre tutto a spese di un cofinanziamento europeo. Insomma, sembrerebbe che l'opera per il largo coinvolgimento della committenza e dei tecnici realizzatori debba rappresentare il risultato di un impegnativo progetto condiviso e partecipato. I dati però, nessuno me ne voglia, non sembrano accordarsi con le premesse.
In meno di 100 mq di superficie, con dei ruderi che occupano un terzo dello spazio e due terzi sono di nudo terreno, udite... udite sono impegnati 10 diversi fior di professionisti (tra architetti, ingegneri e un geologo). Il budget per i lavori è di 773 mila euro come dire 8-12 mila euro per mq.




L'opera, sorprende anche, per la sospettosa "scacchiera" in ferro arrugginito prospiciente il rudere, comparsa in questi giorni, che sembra già degradata prima del tempo. Ma nessun patema, tutto sotto controllo. Trattasi di un materiale di moda che alcune città mostrano già da qualche tempo (Spagna, per esempio) per fioriere, opere d'arte e altri oggetti che si pensa debbano durare nel tempo. In fondo questo materiale, può sembrare discutibile, forse, per un nostro retaggio da immaginario collettivo che in tutti questi anni ci ha fatto percepire la ruggine come indiscutibile segno di decadimento dei metalli ferrosi. Ma questo Cor-Ten (così si chiama) è un metallo brevettato per resistenza meccanica e durabilità nel tempo. L'ossido temuto, in questo materiale, si arresta in superficie e ne impedisce la conosciuta corrosione del ferro.
Comunque, l'immagine di un piccolo gradevole giardino, che a distanza di un anno dall'inizio dei lavori, con quello che costerà alla collettività, nel suo apparire un cantiere fantasma che si trasforma lentamente, senza lasciare trasparire dove sta la “riqualificazione degli spazi urbani”, non  si può sottacere.

Giuseppe Cancemi




martedì 5 settembre 2017

Caltanissetta e le facili demolizioni

ATTENZIONE ALLE DEMOLIZIONI FACILI!
Mi chiedo e chiedo, che fine farà l'ex distributore di via Sallemi (incrocio "Grazia") la cui forma architettonica, da non sottovalutare, ricorda opere importanti come la stazione Termini di Roma o lo stadio di Padova e altri ancora sempre per l'ardita pensilina?
Non potrebbe essere restaurato e reso fruibile, per esempio, per la pro loco di Caltanissetta, come reception?







E LE ISTITUZIONI STANNO A GUARDARE

Ecco che ancora una volta si presenta alla comunità nissena un altro immobile che nell'immaginario collettivo rappresenta un pezzo di storia della Città. Gli anni cinquanta di quel distributore, sono per la città quelli che oggi si ricordano come gli


anni del boom economico. Peggio ricordati, più tardi, come quelli de "le mani sulla città", mutuando il titolo del noto film di Francesco Rosi. A quel tempo la Soprintendenza non esisteva e i primi scempi si sono fatti nella via delle Medaglie D'Oro, a scendere verso il cimitero, e in via Re d'Italia, con insensati diradamenti. L'istituzione della Soprintendenza, fortemente richiesta da Italia Nostra, di qualche decennio fa, è servita sì a disciplinare (molto moderatamente) gli interventi sul centro storico degli anni a seguire, ma non li ha arrestati. Nel frattempo il Comune, con il suo immobilismo proverbiale ha lasciato che il cuore della città si degradasse giorno dopo giorno.
Siamo oramai agli scampoli. Le ultime tracce, di un vissuto che racconta, vengono facilmente cancellate e mentre si compiono gli ultimi scempi le istituzioni stanno a guardare. Il Comune non esercita il suo potere di discernimento e la soprintendenza, nel silenzio ufficiale, lascia solo trapelare un "vorrei ma non posso".
Un occhio al PRG vigente per conoscere se il "casotto" è compreso in zona A, diventa un'impresa impossibile. Le planimetrie sono illeggibili. Non posso fare a meno di notare che la trasparenza dei rispettivi siti di Comune e Soprintendenza ha un basso livello. Non a caso "la Bussola", che non è quella nota dove cantavano le star degli anni '60, ma quella della trasparenza dei siti web delle PA per entrambe le istituzioni: una non la conosce e l'altra quasi. Per il Comune diciamo che la trasparenza, ai fini del Decreto legislativo n.33/2013, è al 5% degli adempimenti di rispondenza, pari a 4 su un totale di 68, mentre la Soprintendenza è totalmente sconosciuta. Entrambi i siti, in perfetta sintonia di disprezzo per l'utente della città: "io so io e voi non siete un c...o".
Chi si dovrebbe occupare della tutela delle cose immobili, compreso l'esame di tutte le questioni urbanistiche relative ai piani regolatori, facendo trapelare che non sono trascorsi i canonici 50 anni per potere vincolare il bene, dice il vero. Trascura però, l'istituto del vincolo indiretto che tutela anche i caratteri del contesto.
Infatti, assicurando attraverso le prescrizioni anche le aree e/o gli edifici circostanti, che possono non essere necessariamente confinanti, si mantiene quell'integrità, quella prospettiva, quella luce che unitamente alle condizioni d'ambiente tutelano il complessivo decoro di un luogo che ha carattere storico.
Il Comune, la cui attività non sembra essere quella di motu proprio ma sempre per iniziative di altri, nel nostro caso un decreto ministeriale che intima la bonifica di un sito, non sembra volersi assumere alcuna responsabilità del soprassuolo.

Due istituzioni, stessa voglia di non impelagarsi in qualcosa che poi, alla fine, potrebbe dare alla città un segno di speranza. 

Giuseppe Cancemi