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domenica 27 novembre 2016

ENNESIMO CONVEGNO SUI CENTRI STORICI SICILIANI


A PROPOSITO DEL CONVEGNO SUI CENTRI STORICI DI SICILIA


Il convegno sui centri storici di Sicilia che si è consumato a Palermo, appartiene all'ennesimo tentativo di stimolare una politica che in Sicilia per i centri storici non c'è, così come assente resta un vero interesse dei cittadini. Da noi manca la cultura del recupero. Amiamo le nostre città solo a parole. Siamo ancora attaccati al “nuovo è bello”. Perché quest'ultimo convegno non resti un semplice esercizio della parola dotta, accademica o una passerella per gli ospiti politici e non, dovrebbe convincere con i suoi argomenti che recuperare i centri storici è un'operazione possibile e dovuta. Resta la consapevolezza che i poteri politici autarchici per queste aree poco “appetibili” si muovono con lentezza e non concludono. Manca una vera volontà politica e progettuale con orizzonti temporali di lungo periodo. Anche più lustri amministrativi non bastano per la complessità dei problemi urbanistici e per la reperibilità delle risorse economiche occorrenti.Per intervenire sul territorio per restaurare, recuperare, prima di tutto, bisogna sapere dove trovare, attingere in tempi lunghi una gran quantità di risorse che non di rado proprio la nostra cara Sicilia si è lasciata sfuggire dai finanziamenti europei. Sul tema, non mancano pregressi convegni che si sono estinti nel giro dello stretto tempo del suo stesso svolgimento. Insomma mi sia consentito di chiosare sull'ennesimo evento culturale non senza un minimo di scetticismo. Vogliamo Recuperare i centri storici? Benissimo.La prima cosa che vorrei dire in merito è quella che osservo da tempo e mi sono posto: ma i Comuni hanno indagato quale gruppo sociale, massimamente, è andato formandosi e occupa i centri storici? La Regione ha il polso di quella che è la domanda di casa nel territorio?Ecco queste le propedeutiche osservazioni che dovrebbero orientare ogni eventuale intervento nella moltitudine di bisogni che il panorama dello stock edilizio in sfacelo presenta in Sicilia. Per citare un esempio della nostra terra pirandelliana, Caltanissetta anni addietro ha cercato di iniziare un recupero del suo centro con un intervento definito “pilota”, è stato avversato per le scelte poco di restauro e più di sostituzione, si è fermato, e ancora oggi si attende una soluzione. Nel frattempo, quell'area continua a degradarsi e a trasformarsi in un insieme di ruderi e cumuli di macerie. Ecco questo succede alle amministrazioni locali come quella nissena che sembra tirare a campare mentre i cittadini aspettano che, come diceva il celebre Eduardo: “a dda passà 'a nuttata”.Il centro storico per la cultura è il luogo della memoria che permette di leggere le stratificazioni nelle tipologie e nell'ordine entropico che l'umanità ha lasciato nel corso dei decenni, dei secoli. A questo punto cercare ancora di porsi come obiettivo la modifica (pur necessaria) di un testo di legge, forse ampiamente discutibile, non mi sembra un obiettivo attuale e cogente. Piuttosto, forse ciò che serve, alla maniera di un crono-programma, sono un circostanziato elenco (luogo, area, tempo, risorse) degli interventi in un lungo arco temporale, con scadenze e risorse precise da rivendicare, in contrasto con le proiezioni a breve termine della produzione normativa i cui effetti la politica è solita praticare. Ma forse quanto detto è inutile e tempo perso se non si cercano le opportune condivisioni (tra pubblico e privato), non si mettono in atto incentivi e strategie per rendere “appetibili” gli interventi di recupero in centro storico.

Giuseppe Cancemi

sabato 19 novembre 2016

STEFANO DIPRIMA

A PERENNE RICORDO DI UN INDIMENTICABILE AMICO







BELLUNO e la moria degli alberi


INARRESTABILE TENDENZA ALLA DECIMAZIONE DEGLI ALBERI DEL CENTRO STORICO

  Abbattuti gli ultimi tre alberi superstiti di Piazza Piloni/via d'Incà. Due appena all'ingresso del Parco città di Bologna e l''ultimo appartenente all'alberatura ornamentale che affianca l'Ufficio delle entrate già Convento dei serviti.

Via d'Incà: albero superstite prima del taglio

Anche questo abbattimento fa parte di una discutibile scelta politica, che da un paio di lustri a questa parte, con motivazioni pretestuose, caratterizza una “mano pesante” sulla manutenzione degli alberi. Quel filare di essenze che costeggiava un antico reperto storico oltre ad essere un ornamento, svolgeva alcune importanti funzioni come la riduzione dell'inquinamento acustico e atmosferico e una contribuzione al risparmio energetico con il suo raffrescamento passivo contro la calura estiva, facendo da schermo all'irraggiamento solare.  Può darsi che nella manutenzione del verde pubblico, qualche albero debba essere per necessità tagliato, ma è molto strano che in una città come Belluno, un centro città giardino, in poco tempo venga privato, sistematicamente, di parte del suo patrimonio verde accumulato in non pochi anni. 

Albero di via San Lucano prima della sparizione
 silenziosa

Solo quest'anno, la città ha visto sparire, in silenzio, uno storico maestoso albero come quello di via San Lucano, che faceva da immagine di primo piano all'orizzonte sul Piave. Altri in via Cavour, allineati lungo il marciapiede, uno sì e uno no, sono stati anch'essi tagliati non senza un qualche altro ritocchino arboreo eliminativo nella piazzetta della Fontana di via Santa Maria dei Battuti. 





Coppia di alberi presenti in
 Piazza Piloni  prima del taglio


Noto una grande contraddizione tra la cultura bellunese dal pollice verde, di lunga tradizione, per mantenimento e sviluppo del patrimonio naturale verde  e l'attuale tendenza a diminuire drasticamente tale eredità.  Non sembri strano, ma anche la recente legge nazionale n. 10/2013, coincide con la vivibilità degli insediamenti segnati dal verde, così come mostra l'eredità urbana bellunese. Per la verità non sappiamo cosa finora ha fatto anche il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico presso il Ministero dell'ambiente, che avrebbe dovuto monitorare l'attuazione della legge.

Registro anche un grande silenzio per questo scempio di immagine urbana oltre che di depauperamento, ma non mi stupisce. Già altre occasioni di attacco ai diritti di cittadinanza come salute o perdita costante di identità del centro storico, fanno girare dall'altra parte organizzazioni, partiti e habitué locali della protesta fine a se stessa.

Eppure, una controtendenza pervicace, forse per motivi che non sappiamo, si ostina ad avversare perfino gli obblighi di legge come quello di mettere a dimora un albero (dal 2014 in poi) per ogni, anagraficamente, nuovo nato o adottato.

Il fine mandato amministrativo di Belluno per scadenza naturale, comunque,  è prossimo, e un paio di mesi prima sapremo meglio e di più, anche su tutto il bilancio arboreo come atto dovuto verso i cittadini al termine di mandato. 

Resta in ogni caso l'amaro in bocca, per questa tendenza che sembra inarrestabile a Belluno. Si eliminano sistematicamente, con protervia quegli alberi che da sempre hanno fatto parte del patrimonio naturale e dell'immaginario collettivo di verde urbano in un tutt'uno con la città storica.


Giuseppe Cancemi


IL GAZZETTINO

pagina di Belluno


Rilevo che l'essenza Paulownia tormentosa in media vive 150-200 anni. 
E la vista sul Piave, come skyline visto dalla via San Lucano, non rimane come una tesserina mancante  dal puzzle che riguarda l'identità di Belluno?


sabato 12 novembre 2016

Belluno e l'inquinamento acustico delle feste paesane


MA LA SALUTE DEL CITTADINO, CHI LA DIFENDE?

Egregio signor Sindaco, sicuramente Lei e altre personalità della città non abitate in centro storico. Altrimenti, avreste “beneficiato” come me e tanti altri sfortunati abitanti del centro, delle assordanti ripetitive note di bassa frequenza che sono semplicemente ossessive. Lo dico con cognizione di causa perché da tempo sono costretto a subire le  insistenti “torture” acustiche delle feste strapaesane. Feste, nelle principali piazze, che provocano più volte all'anno un inquinamento acustico in barba alla normativa italiana e al Suo, locale, “REGOLAMENTO DELLE ATTIVITA’ RUMOROSE” (sic!).

 Della salute dei cittadini vessati da tali abusi tollerati o anche autorizzati dall'autorità comunale, poco interessa. Eppure l'ordinanza del 4 ottobre 2004, del Tribunale di Venezia precisava, tra l'altro, “come le immissioni sonore che superano di almeno tre decibel il livello del rumore di fondo in una determinata zona ed eccedono, quindi, la normale tollerabilità, siano idonee a ledere, di per sé, il diritto alla salute, potendo determinare delle limitazioni funzionali – pur anche soltanto temporanee – dell’integrità psicofisica degli esseri umani, a prescindere dalla dimostrazione concreta di una vera e propria invalidità permanente“. Il centro storico di per sé meriterebbe rispetto, e il silenzio ne fa parte. Purtroppo, però, questo resta ancora componente sconosciuta da parecchi.  La città storica, stratificatasi nel tempo, che ospita gli ultimi resistenti ai maltrattamenti delle amministrazioni urbane, ha fin qui dovuto subire obtorto collo il continuo deteriorarsi di una condizione di forzatura del centro storico, luogo di idoneità senza compromessi a misura d'uomo. Le tre principali piazze, sono utilizzate come bancomat e dunque tolleranza e autorizzazioni per ogni manifestazione inquinante o meno dell'aria: con parcheggi, raduni di mezzi meccanici, “cicchet” notturni, presenze di balordi rumorosi, writers e vendita indiscriminata di ogni sorta di mercanzia. Il giorno dopo, di San Martino, per citare un esempio, assillato da un assordante musica tump... tump... ho provato a telefonare ai vigili urbani per denunciare l'assurdo inquinamento diffuso a tutta birra in Piazza Piloni e dall'altro capo una voce femminile, con nonchalance, mi ha risposto che avrebbe mandato un vigile. Tutto è continuato come prima. E anzi debbo ringraziare che stavolta mi ha risposto qualcuno, anche se inutilmente. In altri anni, per l'inquinamento acustico di un vicino bar, non trovando alcuno in Comune, ho dovuto chiamare il 112 e anche il 113, intervenuti, ma sempre senza alcun esito. Insomma, il povero cittadino appartenente, massimamente, a una delle fasce deboli della società che ha scelto di vivere in centro storico, deve fare le sue brave deduzioni e pensare di trasferirsi in altra zona, rinunciando alle congeniali condizioni di vita che offre il centro storico in quanto da sempre considerato a misura d'uomo. Alla faccia dell'agognato ripopolamento in centro di questa Giunta comunale. A questo punto viene da chiedersi: chi, quando e dove si fanno controlli di inquinamento sulle manifestazioni a forte componente inquinante? Ma anche gli schieramenti partitici dove sono e di cosa si occupano? Possibile che se la maggioranza, diciamo, sbaglia, l'opposizione non si fa sentire, specie in fatto di diritto alla salute? O, forse, oramai il tirare a campare fa vivere meglio tutti?

Concludendo, signor Sindaco, a Lei primo cittadino di Belluno e alla Giunta, suggerisco, sommessamente, di passare un pomeriggio e notte in una piazza del centro, mentre impazza una delle tante feste bellunesi, specie di quelle estive da godere con le finestre aperte. Vedrà che l'ospitalità di una qualsiasi abitazione delle tante sfitte in centro storico e l'effetto presenza Vi potranno essere di aiuto per comprendere quello che ogni singola empatia, forse, non consente. 


Giuseppe Cancemi