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mercoledì 17 giugno 2020

Urbanistica in Veneto


  Progetto di legge N. 513






La semplificazione urbanistica del progetto di legge N. 513 presentata alla Regione Veneto, viene annunciata come una risposta alla crisi, dovuta alla pandemia da coronavirus. Con questa specifica nuova normativa, si vuole intervenire sulla rigenerazione delle città venete, fermo restando il contenimento del consumo di suolo.
Il testo presentato ha come obiettivo il rilancio del settore edilizio, in sofferenza già da tempo. Le altre ragioni conosciute ma non citate, dalla relazione di accompagnamento della normativa che s’intende proporre, non palesate, hanno lo scopo di facilitare tutti quegli interventi che dovranno precedere la nuova infrastrutturazione prevista per il Veneto negli anni a venire. Qualcosa come mezzo miliardo per le Olimpiadi del 2026 e tanti altri finanziamenti per Vaia e rigenerazioni varie.
O forse, anche per accreditarsi come fatto compiuto, una potestà legislativa non del tutto definita in materia di urbanistica ed edilizia, per quanto riguarda l’autonomia differenziata per regioni a statuto ordinario come il Veneto. L’urbanistica allo stato attuale, comunque resta ancora costituzionalmente una prerogativa della legislazione statale.
VENETO CANTIERE VELOCE” a chiusura della titolazione della proposta di legge 513 è ben chiara come parola d’ordine, per ciò vuole significare.
Preparazione ad un interventismo tutto edilizio e poco urbanistico senza se e senza ma.

Il mondo ambientalista, che si aspetta una “green economy” dal nuovo governo del territorio il quale, si spera, abbia imparato qualcosa dagli eventi degli ultimi tempi che hanno segnato l’assetto del nostro pianeta Terra, nutre, una qualche perplessità per questo progetto di legge che si annuncia non proprio come si dichiara. Si teme, che in Veneto possa avere luogo ciò che è accaduto in tempi delle mani sulla città. Ma soprattutto si paventa, una deregulation che metta in pericolo le immagini identitarie dei centri e la loro funzione storica. Pende sugli abitati, con questa nuova legge in itinere, la saturazione delle varie zonizzazioni delle città, che finora nel bene o nel male, il PRG ne ha limitato l’aumento di volume e dunque, in qualche modo, anche il consumo di suolo che si vuole, a parole, “contenere”.

Non è certo che questa proposta di legge passi, perché rischia di essere annullata per incostituzionalità. Ma comunque, la tendenza che attraverso l’ambiguità delle parole e la difficile lettura per richiami e rinvii ad altre leggi formino un corpus non univoco, va evitata. Una norma di legge dovrebbe poter evitare letture e/o interpretazioni diverse, le quali potrebbero anche dare luogo a conflittualità interpretativa.

I legislatori che hanno prodotto quell’articolato del progetto di legge n.513 assai favorevole alla cantierizzazione di qualsivoglia intervento edilizio e poco prudenti nei necessari controlli, dovrebbero avere l’umiltà di riformulare i vari articoli riscrivendoli senza rinvii ad altre norme, e nel periodare di una lingua italiana, inclusiva di univocità nella trasmissione del significato.
Nel merito del testo presentato, già a leggere l’art. 2, per esempio, i timori di interventi a briglia sciolta sono il primo pensiero che viene in mente, quando l’inizio dei lavori diventa un automatismo. Basta una semplice comunicazione d’inizio di attività (CILA) per qualsiasi lavoro, financo per quei lavori che necessitano di delicata attenzione nella progettazione e nell’esecuzione.
Magari a non pochi chilometri di distanza dalla più vicina Soprintendenza, può iniziare qualsiasi intervento di restauro e/o di ristrutturazione edilizia. Viene allora da chiedersi quale figura professionale, magari di un piccolo comune, sindacherà quella conduzione dei lavori, se mai vorrà farlo?
Quanti uffici di piccoli Comuni dispongono di un architetto?
Ecco, credo che basti questo esempio, per comprendere il significato della “semplificazione” nel disegno di legge 513. Non ci vuole molto per capire, che quanto si propone con l’articolato delle norme, non dà sufficienti garanzie di salvaguardia dei beni immobili storici da soli e/o insieme, ma anche della loro distribuzione spaziale e dello schema viario. Il tutto, comunque, di quello che può essere coinvolto in lavori di rigenerazione.
Con la legge in questione, il Codice dei beni culturali e del paesaggio si potrà mettere in soffitta!

Quanto altro volume con l’art. 3 potrà essere aggiunto alle cosiddette zone di completamento?
Con i nuovi volumi che fanno aumentare le persone residenti in una zona, saranno ancora soddisfatti i parametri stabiliti dal D. I. 1444, detto anche degli standard residenziali?
Non è tutto qui, ma tanto basta per dire che il nuovo progetto di legge può essere stato concepito con tutte le buone intenzioni che si vogliono, nel senso di migliorare la vita dei cittadini, ma per quello che mostra, appare più proteso a dare mano libera a nuovo cemento che non a fare stare meglio la gente.
I legislatori che lo sostengono ma anche gli altri, sono sicuri che è questo che vuole la gente del Veneto?

Giuseppe Cancemi