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lunedì 12 marzo 2012

BELLUNO: Crisi idrica e "Patto dei Sindaci"


Finora i problemi della siccità, del cambiamento climatico il territorio bellunese non se l’era mai posti, appartenevano ad altri, al Sud nella fattispecie. Per il passato la meteorologia è sempre stata più o meno generosa. Quasi ogni anno, con le sue precipitazioni  ha consentito senza tanti problemi al turismo bianco di svolgere le sue attività ed ha regolarmente fatto accumulare le acque nelle  falde e in superficie. Quest’anno l’inverno non è stato generoso. In molti Comuni, dall’agordino in giù, ha messo in crisi sia la stagione turistica che l’approvvigionamento idrico. Per quest’ultimo, si sono dovuti attivare interventi d’emergenza per la gestione della crisi, che appare non facile, specie per la stagione estiva, se le precipitazioni continueranno ad essere scarse.

Bisogna rendersi conto che questa crisi è un campanello d’allarme che deve farci andare ben oltre gli interventi tampone.  Pur sapendo che la difficoltà, in un territorio dove l’abbondanza idrica da sempre ha impresso una “cultura” del consumo illimitato, non è facilmente superabile.

Un evento apparentemente sporadico di siccità imputabile ai cambiamenti climatici, effettivamente, non si riconosce semplicemente se non  viene inquadrato in una cultura stocastica degli eventi.

Eppure, il lento cambiamento climatico con la diminuzione di neve e acqua, la siccità e  le alluvioni da precipitazioni copiose fuori dalle medie annuali, avrebbero dovuto insegnarci qualcosa in termini economici e di disastri. Predisporre una risposta anche di medio e lungo termine diventa allora cogente, specie per quei Comuni che stanno affrontando la crisi in questo periodo, i quali hanno un qualche motivo in più per riflettere a partire dall’uso del prezioso liquido come motivo di opportunità. Non è fuori luogo il cominciare a pensare che l’occasione è buona per aderire all' ambizioso progetto europeo in tema di emissioni, clima ed energia mediante il “pacchetto:  20-20-20”. Per la cronaca, 20-20-20 significa impegnarsi per raggiungere nell’anno 2020   il 20%  in più di efficienza energetica, il 20% di riduzione delle emissioni di  CO2 e il 20%  d’incremento nell’utilizzo di energia rinnovabile. Trattasi del “Patto dei Sindaci” che in Europa e in Italia sta raccogliendo varie adesioni tra i singoli Comuni.

Inoltre, localmente è possibile rivisitare da una parte quali prospettive progettuali e di  gestione ha il bacino idrico del territorio, e dall’altra, iniziare a porre in essere tutte quelle misure che orientino al risparmio idrico. Va rivisto il bilancio idrico di bacino. Tutte le incisioni che convogliano le acque territoriali verso i grandi affluenti del Piave e il Piave stesso possono essere occasione di occupazione per quei lavori di ingegneria naturalistica necessari per la messa in sicurezza da eventi calamitosi di precipitazioni eccezionali e per mantenere il più a lungo possibile le acque sulla terraferma.

Anche gli abitanti dei vari Comuni bellunesi possono cominciare a recitare la loro piccola parte. Una diffusa campagna di sensibilizzazione del problema idrico può avviare semplici contributi a livello familiare. I riduttori di flusso e le buone pratiche per un consumo consapevole possono propagarsi senza l’impiego di grandi mezzi.
 I Comuni dovranno cominciare ad attrezzarsi con  norme incentivanti per un uso differenziato dell’acqua (agricolo, industriale e civile) dunque distinguendo gli usi non potabili da quelli potabili.
 Nell’approvvigionamento idrico si dovrà avviare anche la raccolta e l’uso delle acque meteoriche e il riciclaggio delle acque grigie. I tempi per muoversi in questa direzione potranno essere lunghi ma bisogna pur incominciare, sapendo che acquisire un know how in materia di risparmio idrico, se in tempi relativamente brevi,  può essere utile come abilità, business da esportare a tutto vantaggio dell’occupazione e dello sviluppo.