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venerdì 5 luglio 2013

Centro storico di Caltanissetta

Piano per il colore, ... e non solo

Il colore della città” è il tema che le Associazioni Italia Nostra e “Dante Alighieri” hanno affrontato nel lontano1996, quando la Soprintendenza aveva esordito con i “Sette restauri” (di chiese) in centro storico, non accettati da tutti per il metodo adottato e per le varietà coloristiche imposte alla città. Il timore che era emerso, riguardava un cromatismo definito alla “disneyland” che poteva innescarsi nel rifacimento di altri prospetti, proprio nel cuore della città, calato dall'alto e senza regole. Era il tempo che la città soffriva degli stessi mali di oggi: disoccupazione, degrado urbano, traffico caotico, ecc. che preconizzavano urgenti interventi di recupero nel centro storico, rivitalizzazione, acquisizione di verde pubblico e soluzioni per mobilità e traffico. Insomma, interventi di politica locale socio-economica di lungo respiro e non di breve termine.
Sono passati 17 anni e siamo ancora in attesa che cambi il metodo, stavolta da parte di Comune e IACP, che in tema di recupero presentano ai cittadini un “fatto compiuto”. Un progetto già “confezionato”, non certo ispirato dalla “Carta del restauro”, non secondo i canoni affermati di metodi afferenti il restauro e ignorando, in materia di bioedilizia, il protocollo “Itaca”.
Il protocollo “Itaca”, lo ricordo, ha lo scopo di stimare il livello di qualità ambientale di un edificio proprio in fase di progetto, in un quadro di sostenibilità energetica oltre che ambientale.
La crisi urbana oramai endemica, che attanaglia la città, va affrontata nella sua globalità. Strutture e forme di un organismo finito qual è la città storica, vanno pensate in un quadro di interventi che si intersecano e interagiscono. Il colore della città per esempio è un elemento fondamentale per quell'armonia prospettica che il luogo storico mostra di sé. Per restare in tema di modifiche che rischiano di compromettere definitivamente anche l'immagine del centro storico, provo a fare riflettere ricordando che la Piazza Garibaldi, da quando è stata cambiata, non conserva più la sua “anima” di luogo della memoria in quanti riconoscevano, pur nelle stratificazioni, l'impianto risorgimentale. Con il rinnovo appena fatto, lo stesso lambire della luce tra facciate di edifici e pavimentazione, arredi, e ogni oggetto fisso o in transito lungo le superfici orizzontali, ha alterato la percezione cromatica d'insieme. I nostri processi mentali di riconoscimento che si legano con l'immaginario individuale, non senza coinvolgere la sfera emotiva, nella lettura della “Grande Piazza”, sono cambiati.
Caltanissetta ha una sua storia legata a un suo genius loci: nel suo cielo, nella sua vegetazione delle assolate campagne, nella sua roccia calcarenitica da cui ha ottenuto una sua impronta per opere uniche e riconoscibili, nell'argilla della terracotta, nel gesso dei leganti, nei ciottoli del suo fiume, insomma, in tutto quello che ha significato e depositato un valore riassuntivo che rende un luogo particolare e diverso da ogni altro.
Non è effimero pensare, a questo punto, anche ad un “Piano del colore” della città, prima di iniziare un progetto episodico di recupero del centro storico, che non sembra essere inquadrato in un complessivo progettato piano di sviluppo della città. Come necessario sarebbe, e anche utile nel quadro degli interventi, introdurre il protocollo “Itaca”, per allinearsi alle direttive europee di ecologia urbana.
Per la cronaca, gli edifici green che si ottengono da detto protocollo, rappresentano una nuova edilizia che può essere certificata LEED (Leadership Energy Environmental Design), ed hanno grandi vantaggi rispetto all'edilizia tradizionale per proprietari, inquilini ed ambiente.
Ecco, a partire da questi pochi elementi di riflessione, la sfida che ci attende nella proposta di riqualificazione del centro storico, può avere un'alternativa di conservazione attiva attenta alla storia e alla cultura, e può essere innovatrice, cioè in grado di attrarre nuova vita in centro storico già a misura d'uomo. Oppure, illusoria ricostruzione edilizia in maniera moderna (si fa per dire!), con calibri stradali riformati e parcheggi mai sufficienti per auto sempre in crescita, in un centro magari caotico di giorno e deserto di sera.
Concludendo, ancora una volta vorrei ricordare a quanti si accingono ad avventurarsi in un processo di trasformazione del centro storico, senza prendere in considerazione gli elementi che mi sono permesso appena di accennare, senza cogliere l'opportunità del momento, è bene ricordarlo, rischia di produrre un danno alla città, permanente ed irrecuperabile.

Giuseppe Cancemi