Ovvero: il povero ciàula scopritore della luna vuole essere brand o metafora del mondo minerario di cui il territorio nisseno è stato primo attore?

Un Ciàula che scopre la Luna, la quale forse mai, col suo animo semplice, aveva avuto tempo e modo
per percepirla come tutti gli altri esseri umani e un zì Scarda, tragicomico, nella rappresentazione del commediografo Pirandello, evocano un qualcosa che suscita nell'immaginario collettivo solo sentimenti di compassione. Con la novella di Ciàula, per sentito dire, si corre il rischio per le nuove generazioni, di ridurre questo accostamento da mesto ricordo a semplice "amarcord": tempo da rimpiangere, da ricordare con nostalgia. La luna, per Ciàula, era la scoperta di ciò che gli era stato da sempre negato: la comune conoscenza umana del ritmo circadiano. La lacrima che solcava un viso scavato dal dolore e dalla fatica di zì Scarda, raccolta con una smorfia della bocca quasi comica, non lasciano spazio ad un rimpianto per un mondo, molto vicino a noi, ma parecchio doloroso, che non c'è più. Questi personaggi di Pirandello, così per ricordarlo, appartengono anche al triste e doloroso affido del figlio adolescente («carusu») dal padre-padrone contadino poverissimo, in ostaggio al minatore anziano di ridotte attitudini lavorative, suo creditore. Situazione che difficilmente si concludeva con il riscatto dell'ostaggio.
La metafora come effetto non sembra molto diversa, per quello che si vuole veicolare, ma forse vuole essere solo una suggestione, ma le suggestioni, come si sa, durano poco.
Giuseppe Cancemi