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martedì 17 febbraio 2015

ALBERO GENEALOGICO

PREFAZIONE DEL LIBRO DEL MIO AMICO STEFANO

Gens Mea

Questa ricerca nasce dalla semplice constatazione che ogni persona, anche di età avanzata, con i propri ricordi non riesce ad andare oltre i suoi bisnonni, cioè  oltre le tre ultime generazioni  che l’ hanno preceduta. Il passaggio da una generazione all'altra si compie intorno ai 30 anni. Si può perciò ritenere che, con le dovute approssimazioni, il ricordo rivolto ai nostri ascendenti  non va oltre il secolo, tranne che si tratti di persone eccezionali che, nel bene o nel male, riescano ad entrare in atti, scritture, memorie a vario titolo e/o documenti noti ad una moltitudine di persone, insomma nella storia. Ma anche allora non è detto che sia chiaro il loro collegamento con i propri discendenti. In Corsica, ad esempio,  sono in troppi a dirsi discendenti di Garibaldi o addirittura di Napoleone Bonaparte.
Le persone coinvolte in questo volume sono circa ottomila (discendenti e loro coniugi), distribuiti in un numero di generazioni che va, in gran parte, attorno a sette. A partire dall’anno 2011 e andando a ritroso nel tempo, nella mia ricerca,  sono arrivato non oltre l’anno 1690.
Negli anni futuri i discendenti degli inclusi in questi novantasei alberi genealogici potranno risalire ben oltre le tre generazioni di cui dicevo prima e, se avranno la solerzia di aggiornare il proprio albero, avranno il merito di tramandare ai propri discendenti il ricordo dei propri avi..
Conoscere la propria genealogia contribuisce a rafforzare la propria identità.
L’evangelista Matteo nell’iniziare il suo Vangelo fa una lunga genealogia di Gesù, tripartita in gruppi di quattordici generazioni (in tutto quarantadue generazioni) che risalgono da Gesù ad Abramo (dal quale inizia la storia di Israele). Applicando alle quarantadue generazioni la durata di trenta anni per ciascuna, ricaviamo che Gesù venne dopo 1260 anni da Abramo. Ovviamente è probabile che tale calcolo sia fatto in difetto perché possiamo presumere che la durata della vita sia andata cambiando nel corso del tempo. Anche nella genealogia di Gesù troviamo donne non israelite e, a volte, non proprio virtuose.
Cercando in alcune biblioteche ed in internet (lingua italiana), non ho trovato libri o indizi che conducano a ricerche, nel mare delle genealogie, che assomiglino al presente volume.  Mi è stato di aiuto l’essere partito dall’albero genealogico della mia famiglia (albero b2), allargandomi gradualmente di ramo in ramo, di generazione in generazione. Questo è un libro che non va letto pagina dopo pagina, ma  soltanto consultato da chi vuole conoscere i rapporti tra i censiti in un albero. È anche possibile  risalire ad altre persone inserite in alberi diversi (attraverso i rimandi ai detti  alberi  riportati nei rettangoli gialli).
Per compilare quest’opera ho chiesto notizie a centinaia di persone (residenti in tante parti del mondo) mandando in genere ad esse copie dell’albero su cui stavo lavorando e chiedendo integrazioni, correzioni e dati anagrafici. La gran parte di essi mi ha risposto. Spesso mi hanno ringraziato dicendomi che attraverso l’albero avevano avuto la gioia di scoprire l’esistenza di parenti con i quali subito si sono messi in contatto. Chissà  se in futuro sarà ancora possibile fare una simile ricerca sia perché la dispersione delle persone nel mondo sarà sempre maggiore sia anche per la possibile entrata in vigore, in Italia, di una legge che dia ai genitori la possibilità di utilizzare come cognome dei figli sia il cognome della madre che quello del padre oppure ambedue insieme.
Ho constatato che il mio lavoro serve anche ad aggregare le famiglie dando ai rispettivi membri la consapevolezza della comune appartenenza.
Oggi siamo sempre più investiti dalla globalizzazione che produce l’effetto di ridurre le distanze ed incrementa le comunicazioni. In conseguenza vedremo i nostri figli andare via dal comune in cui sono nati e cercare lavoro altrove,  trasferendosi in qualsiasi parte del mondo.
Già oggi notiamo che coloro che si sono trasferiti permanentemente all’estero  hanno allentato i rapporti con i parenti e, se non tornano spesso al comune di origine, finiscono col non conoscere più i parenti lontani. Perdono cioè la consapevolezza della propria identità, come fossero foglie staccate dall’albero familiare sotto l’azione del vento della globalizzazione.
Dal punto di vista culturale, l’uomo sente il bisogno di essere consapevole della propria identità, che è costituita da tanti elementi: la famiglia di appartenenza, il territorio di provenienza, la lingua parlata, la religione professata ecc. Tante volte abbiamo potuto constatare che le persone emigrate in America agli inizi del secolo scorso, cercano ancora di conoscere i propri parenti, di chiarire la propria genealogia  e spesso, venendo in Italia, li cercano (anche andando a chiedere notizie negli uffici anagrafici del comune o nelle parrocchie) e stabiliscono con loro nuove relazioni. È probabile che questo volume sarà gradito a molti emigrati. Tanti hanno ricercato i legami o le radici che collegano il popolo americano di origine italiana con la nostra terra attraverso gli archivi di Ellis Island (https://www.ellisisland.org/).
La compilazione di questi alberi genealogici mi ha dato modo di rendermi conto di alcuni eventi verificatisi nel trascorrere degli anni. È cambiato il numero di figli delle coppie di sposi. Prima  era  più alto, normalmente si attestava attorno a quattro e spesso, specialmente a Milena, si andava oltre dieci. Eppure la povertà era maggiore. Col passare degli anni man mano che l’occupazione si è spostata dall’agricoltura all’industria ed ai servizi ed il reddito è andato aumentando, il numero dei figli è sceso attestandosi ad uno o due figli per coppia. Forse per una modificazione culturale e una maggiore consapevolezza genitoriale. Chissà!
La coppia prima era costituita normalmente da persone sposate in chiesa, oggi il legame matrimoniale si è allentato. Spesso si convive.
Certamente ha influito sia l’affacciarsi della donna al mercato del lavoro,  sia la crescente scristianizzazione della nostra società.
Anche i nomi che si danno ai figli sono cambiati. Prima si rispettava di più  l’usanza di dare ai figli il nome dei propri genitori. Io mi chiamo Stefano Diprima perché mio nonno si chiamava Stefano Diprima. Tale usanza è antichissima e ne abbiamo traccia anche nei Vangeli.
L’evangelista Luca riferisce che l’arcangelo Gabriele annunziò a Zaccaria, marito di Elisabetta, che avrebbe avuto un figlio e lo doveva chiamare Giovanni. Maturò il tempo ed Elisabetta partorì. «I vicini ed i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è nessuno nella tua parentela che si chiami con questo nome”». Al bambino fu dato nome Giovanni perché anche Zaccaria lo volle.
Oggi sono in tanti a non sentirsi vincolati dall’antica usanza e scelgono nomi di personaggi celebrati dai media, sentiti in televisione o nelle letture di romanzi o ancora nei film. Accade anche che i cattolici, nella scelta del nome di battesimo,  non  rispettino il Codice di Diritto Canonico che dice «I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano» (Can. 855).
Alla base di ogni albero genealogico sta la persona. L’albero definisce il rapporto di parentelatra le persone. L’uomo è per sua natura un essere “sociale” cioè collegato ad altre persone. Detto collegamento può essere di varia natura: amicizia, conoscenza, inimicizia, parentado ecc..  Sono convinto che il collegamento più importante è l’amicizia. Il patrimonio più importante che ognuno di noi ha è costituito dalle relazioni amicali che possiede e che vorrebbe trasmettere ai propri figli. La natura aiuta l’uomo a relazionarsi con gli altri uomini sulla base della propria libertà. La parentela non è altro che un suggerimento che la natura dà all’uomo sulla scelta dei primi possibili amici.
L’uomo,  usando la propria libertà, può accoglierlo, respingerlo o semplicemente ignorarlo. Certo però è che la famiglia è l’unico luogo in cui il singolo trova normalmente e gratuitamente rifugio ed aiuto. Dal bambino all’adulto, tutti i suoi bisogni trovano risposta in famiglia.
Nelle nostre società progredite, la risposta ad alcuni bisogni è oggi passata dalla famiglia alla società. Penso alle cure di malattie gravi, alla istruzione, alla sicurezza ecc.. Ma la maggiore serenità la trovano quelle persone che hanno cercato nei parenti più vicini i loro migliori amici.
È questo l’augurio che faccio al lettore.

Stefano Diprima