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domenica 24 marzo 2013

MOBILITA'

IL TRASPORTO FERROVIARIO VENETO

Il turista, il cittadino veneto, il viaggiatore occasionale che transita, lavora o trascorre le vacanze nel bellunese, senza preoccuparsi di chi  è o non è la responsabilità del trasporto ferroviario, certamente, percepisce in quella mobilità pubblica un servizio assai carente per numero di corse,  collegamenti “frantumati”, puntualità, confort e forse anche per pulizia. Il rimpallo e le varie scuse che adducono i ben individuati responsabili (Trenitalia e Regione), alle proteste ed ai continui mugugni, non alleviano il problema, anzi, lo rendono più fastidioso. Ad onor del vero l'incertezza del quadro normativo nazionale, la Legge di stabilità 2013, la scarsità di risorse e i tagli che ricadono anche sui trasporti non agevolano una necessaria riforma della mobilità, specie, nei territori di montagna dove è necessario migliorare il trasporto pubblico e scoraggiare quello privato. Pur tra tante difficoltà, per chi vuole trovare un sostegno per migliorare il trasporto pubblico, un punto fermo esiste ed è nel ricostituito Fondo Nazionale Trasporti, dove, confluisce il 90% delle  risorse assegnate  ma viene riservato il rimanente 10% ai criteri premiali (nel miglioramento nella produttività). Non va sottaciuto, infine, il nodo irrisolto dell'assetto delle Province che con i Comuni sono gli enti programmatori del servizio. Comunque, se si guarda ai dati regionali confrontandoli con altre regioni ci si accorge che il trasporto ferroviario può essere migliorato.
Alcuni dei punti del trasporto ferroviario che sono confrontabili mettono in luce l'arretratezza del trasporto veneto.  Il Veneto con 13,8 treni per 100 mila abitanti e una popolazione residente  di 4,9 milioni  ha meno treni per 100 mila abitanti di Piemonte (19,7), Emilia Romagna (18,7), Toscana (21,4) e Liguria (15,2).  Altro esempio che si differenzia in negativo per servizio è il contact center, che la Toscana ha messo in essere per monitorare  le lamentele e le esigenze dei cittadini utenti e organizzare la risposta, mentre, in Veneto, cresce la protesta per un servizio che perde pezzi e si degrada, in un “brodo” politico da campagna elettorale.
Da Belluno, per spostarsi, bisogna armarsi di tanta pazienza per le attese nelle stazioni intermedie  e, affidandosi alla fortuna, sperare  che non ci siano soppressioni di treni all'ultimo momento. In alternativa, diventata una costante, resta  l'uso del mezzo proprio.
Se in Toscana con gli stessi problemi del Veneto e di tutte le altre regioni, si riesce a mantenere uno standard medio minimo di confort, di puntualità, di certezza nel passaggio dei treni e comunque si cerca di  evitare ogni disagio ai fruitori del servizio ferroviario, non si comprende qual è la politica dei trasporti della Regione Veneto che non riesce ad assicurare altrettanti standard.
Nel Piano Generale dei Trasporti il fulcro della mobilità veneta è rappresentato dalla “mediopadana” e dal “corridoio prealpino-padano”. Non compare nel sistema trasporti, una altrettanto utile attenzione alla  mobilità ferroviaria locale, specie dell'alto Veneto: una rete di collegamenti essenziali tra la gente delle Dolomiti e la pianura. Un'attenzione dovuta verso chi preserva e custodisce un importante patrimonio dell'umanità. Una considerazione allora, che deve fare riflettere, è d'obbligo. Non investendo preminentemente sulla mobilità ferroviaria e favorendo, anzi, il traffico su gomma, si rischia di compromettere con gli inquinamenti in crescita, il capitale naturale da conservare,  rappresentato dalle Dolomiti. Si pratica, dunque, una politica fin qui non certo  in grado di fare affermare un trasporto sostenibile, richiesto dai luoghi e non più rinviabile.

Giuseppe Cancemi