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mercoledì 25 ottobre 2023

ESISTE UN'ALTERNATIVA?

 A PROPOSITO DEL PONTE …

La ricerca di una soluzione che che possa dare un impulso allo sviluppo economico della Sicilia, si è fermata da tempo alla costruzione del Ponte di Messina. I sostenitori del Ponte sono convinti che lo sviluppo in Sicilia è frenato  dal mancato collegamento fisico con la penisola italiana. E cioè che il basso PIL della Sicilia è dovuto all'isolamento del territorio non in continuazione con quello italiano.

Nel merito di questa economia territoriale siciliana penalizzata, un testo online del prof. Guido Signorino - Ordinario di Economia presso l’Università Messina - pone in discussione la realizzazione del Ponte come soluzione unica che può dare un impulso all'economia isolana.  Avanza forti dubbi sullo sviluppo per presunte motivazioni di PIL, perché più basso rispetto ad altre regioni italiane. 

I suoi interrogativi per provare ciò che sostiene sul PIL procapite, nel grafico (vedi figura) si può leggere in un semplice confronto che mette in luce una poco significativa differenza di PIL, nelle tre regioni riportate.


Sicilia e Sardegna, isole, non differiscono per PIL granché, similmente alla Calabria che, territorialmente, è invece in continuità col resto dell'Italia.



Con questa semplice dimostrazione viene spontaneo chiedersi se escluso il ponte per vari motivi, esistano altre vie di sviluppo per la Sicilia.

L'alternativa economica e di sviluppo alternativa al Ponte c'è ed è condivisibile. La indica lo stesso prof. Guido Signorino.

Suggerisce, la semplice soluzione di puntare su settori ad alta ricaduta occupazionale come: istruzione, cultura e sanità. E cioè di investire sul 'capitale umano' ritenuto anche da altri economisti un potenziale sicuro di sviluppo primario, come nel nostro caso, per quella crescita sostenibile tanto ricercata che serve alla Sicilia.

Giuseppe Cancemi

martedì 24 ottobre 2023

Belluno: Palazzo del Monte di Pietà

 

A PROPOSITO DELLA VENDITA …

di Palazzo del Monte di Pietà, con annessa Chiesa della Beata Vergine, risulta che l'Associazione Italia Nostra di Belluno qualche settimana fa, si è mossa per manifestare una propria preoccupazione alla Soprintendenza, per la messa in vendita del suddetto immobile. Il timore segnalato, è rivolto e dovuto alle eventuali conseguenze di una riallocazione delle due biblioteche (ISBREC e Angelini).

La risposta della Soprintendenza è stata precisa e netta. Ha confermato che il bene, risultava tutelato (art. 59 del D.Lgs. 42/2004) e aggiungeva che l'immobile per altro e ulteriormente protetto da vincolo di “interesse culturale” (ex art. 12 del D.Lgs. 42/2004).

Rassicurava infine, che alcune misure apposite per la conservazione sono state previste allo scopo di preservarne la attuale destinazione d’uso. Rilevava comunque, un mancato riscontro di una eventuale donazione del diritto di proprietà della superficie di quell'immobile al Comune di Belluno, discendente dal Decreto Direttoriale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del 05 dicembre 2019, Rep. 1683.

Dai rumors locali è circolata la voce, che il Comune ha già avuto contatti con la Fondazione Cariverona, per accordi su questo Palazzo circa un comodato d'uso, dove però non risulta ancora un'intesa tra le parti.

Al punto in cui siamo, gli istituti culturali (ISBREC e Angelini) dovranno sloggiare per trasferirsi, pare, a Palazzo Crepadona dove gli spazi assegnati, speriamo, siano idonei.

Il trasloco dell'Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell'Età Contemporanea e della Fondazione Angelini che si allontanano da Piazza delle Erbe, via Mezzaterra e da Porta Dojona non corrobora più quell'attrattiva funzione che ha quel nucleo storico e culturale di Belluno e forse potrebbe anche contribuire ad un latente degrado dei luoghi.

La Piazza delle Erbe (tra fontane, teatri e palazzi) non sarà più la stessa. Quell'immobile diversamente occupato, una delle 'punte' delle presenze culturali entro le mura, dove aleggia il “Genius loci” della città, è un'inaspettata caduta d'immagine anche se virtuale.

Si faccia attenzione a non stravolgere l'appeal del centro storico, per dare ulteriore spazio a un modernismo tendenziale di 'divertimentificio e/o di mercantilismo' sempre più impersonato dalle 'feste paesane'.

Il Comune ci rifletta, e cerchi di mantenere questi centri di cultura 'in loco'. Si rammenti, che i beni culturali in genere, sono quei valori non monetizzabili ritenuti spesso secondari, perché non conteggiabili nel Pil. Ma attenzione, quella porzione di 'capitale immateriale' che proviene anche dalla cultura, dalla storia dei popoli è incommensurabile, ed è quello che fa andare avanti l'umanità.

Giuseppe Cancemi

giovedì 12 ottobre 2023

PARCO URBANO O AREA DI RISERVA?

 

UNA CICLABILE NEL PARCO COMUNALE CITTA' DI BELLUNO



BELLUNO La “adorabile Belluno”, ha acquisito dal nuovo urbanesimo, un sentire innovativo, che ricorda “le mani sulla città”. Esaurita l’urbanizzazione pagata dai contribuenti utile alla speculazione edilizia e in via di esaurimento l’urbanistica contrattata, la rigenerazione urbana è diventata di fatto, il nuovo cavallo di battaglia. Questa, si serve massimamente, di risorse pubbliche, senza alcun obiettivo di effettiva risoluzione dell’aspetto immateriale, a cui dovrebbero corrispondere le opere. Nel nostro centro storico, si utilizzano gli ultimi scampoli di aree e volumi, all’insegna del consumo di suolo zero e della bandiera della sostenibilità. Il prestigioso ex Convento dei Gesuiti, il complesso edilizio dell’antico nosocomio, Piazza Piloni, la vicina via d’Incà e il Parco urbano città di Bologna, sono il focus di interventi definibili, volendo essere buoni, non generativi ma de-generativi. Siamo veramente alla paranoia. L’originario Parco COMUNALE città di Bologna (circa 14.000 mq) e tutta l’area che circonda piazza Piloni, sono diventati luoghi di riserva per tutto, in barba alla cultura urbanistica e al sentire ecologistico, che la città ha ereditato (come best practices) dai comportamenti dell’umanità che ci ha preceduti. Non è bastato che in questi ultimi anni, si siano abbattuti degli alberi nelle adiacenze e pertinenze di quei luoghi né che, il sempre più scarno di piante parco, abbia ceduto ulteriori 6000 mq lordi agli scolari della “Gabelli”. Adesso si sta realizzando, ancora a spese della medesima area, udite udite, una ciclabile all’interno del medesimo parco. 

Un collegamento con la contigua piazza, a sua volta quest’ultima candidata allo scavo di un ulteriore parcheggio sotterraneo di tre piani, la cui superficie è già occupata da un parcheggio di auto. Per non parlare del Convento dei Gesuiti sconsacrato che diventerà mercato. Il tutto, nel centro storico dove, per usare una metafora ma non tanto metafora, si riportano i “mercanti” scacciati dal tempio, che la Bibbia ci ricorda. A questo punto un interrogativo è d’obbligo. Siamo vittime di una maledizione? O si vuole perpetuare uno sfruttamento intensivo di quell’area, senza una minima considerazione verso le buone pratiche urbanistiche?  Questi citati interventi, comunque, non sono quel contenimento o azzeramento del consumo di suolo che vogliono le leggi e il comune sentire dei cittadini, interessati a tutt’altra filosofia. Tanto per ricordarlo, in questi ultimi anni, proprio in zona, tanti alberi sono stati eliminati senza essere rimpiazzati da altre nuove essenze arboree. Non sappiamo se con il loro abbattimento si è voluto, forse, solo ricavare qualche stallo in più lungo il parcheggio di via d’Incà. Insomma si è continuato a ragionare, in controtendenza alle buone intenzioni europee di decarbonizzazione, che oggi si pone anche la transizione ecologica. Comunque, dall’area attualmente occupata dalla scuola, quando quest’ultima tornerà nella sua originaria sede, non si sa cosa, dai volumi allocati, tireranno fuori dal cilindro. Vedremo! In piazza Piloni invece, non contenti, si progetta con quel parcheggio sotterraneo, qualcosa non immune dai conosciuti problemi di sottosuolo: falde acquifere ed esalazioni gassose, nonché quelli di archeologia per la vicina chiesa gotica S. Stefano e/o annesso convento dei Frati Serviti, oggi Agenzia delle Entrate, etc.. Non si è pensato neanche che, portare altre centinaia di auto in transito e stazionamento in prossimità di quei luoghi, dove è presente anche una scuola secondaria, aumenta i problemi della già sofferente circolazione. 

Insomma quest’ultima, ma non ultima trovata della ciclabile in quel luogo, immaginando una intermodalità trasportistica (sic!) con un, mi si perdoni, risibile percorso di circa 120 mt (dal costo di circa 200 € al m), che attraversa il “parco città di Bologna”, è inutile e forse anche pericoloso per la sua vicinanza all’area di gioco dei bambini. Un ultima idea balzana che ci mancava! 

Belluno, che si autoproclama capitale delle Dolomiti, con il suo, più volte ridimensionato mini parco: “città di Bologna”, ridotto ad un fazzoletto di terra, osa ancora “ritagliare” altro spazio al verde urbano (D. I. 1444/68, minimo 9 mq/ab.) all’interno di un centro storico già “ferito”, che non è più né a misura d’uomo e neppure a misura di automobile.

Giuseppe Cancemi

mercoledì 11 ottobre 2023

GAZEBO

 

BELLUNO: PARCO COMUNALE CITTÀ DI BOLOGNA

Da uno dei post sui social e tra questi: ‘Belluno al Centro’ - gruppo civico della coalizione di maggioranza che governa la città – è stata diffusa la notizia che nel Parco Comunale Città di Belluno, il noto gazebo in legno, non certo per utilità indifferente ai visitatori, è stato rimosso. L'iniziativa demolitrice vantata da detto gruppo, è stata giustificata dalla volontà di voler migliorare il decoro della città e perché richiesta da numerosi genitori frequentatori del Parco. I motivi addotti fanno riferimento a: problemi strutturali di sicurezza, precarie condizioni e carenza manutentiva del gazebo, nonché comportamenti dei giovani frequentatori di quel parco, 'lontani dal senso civico'. Viene anche detto, che la rimozione del gazebo è stata effettuata da 'operatori comunali'.

Che dire di questa autonoma iniziativa?

Che non c'è traccia nel post di un legittimo documento decisivo di autorità o funzionario che ha autorizzato una perizia tecnica sulle condizioni del gazebo, e della posta in essere di un atto che sia determina, delibera, oppure ordinanza.

Non è pensabile comunque, che un gruppo di consiglieri da solo, si arroghi un potere che non ha.

Demolire un funzionale punto di riunione in un Parco cittadino, significa variare un progettato assetto di giardino pubblico, forse, ignorando i limiti delle proprie competenze. E ancor di più, per non avere considerato neanche il probabile rischio di un configurabile danno erariale con l'alienazione del gazebo.

Viene da chiedersi e chiedere: ma una struttura, sia pure semplice come il gazebo, di proprietà comunale (quindi dei cittadini tutti) può essere abbattuta per iniziativa di un manipolo di volenterosi (sic!) Consiglieri?

Il Presidente del Consiglio, il Consiglio, la Giunta e il Sindaco nonché le altre Autorità Statali cosa ne pensano?

Giuseppe Cancemi