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giovedì 17 marzo 2016

BELLUNO E IL COMMERCIO IN CENTRO STORICO


Quali  le scelte per rivitalizzare il centro storico?


      Sono molto d’accordo con il primo cittadino di Belluno sulla limitazione,  anzi “guerra” ai centri commerciali, ma obietterei che è un po’ tardino per pensarci e alquanto balzana l’idea  di un “chiosco di vendita per pastin” come esempio d’iniziativa concorrente, per rivitalizzare il centro storico.
Il lancio di una simile scelta politica suffragata nei fatti, da una grande indecisione sulle modalità d’ammissione del traffico in centro storico, mi rende ancora più perplesso.
Si aggiunga anche che i residenti del centro storico nell’idea di rigenerazione del centro storico sono assenti e un degrado latente si va manifestando, mentre si auspica un commercio (di vicinato) e magari al servizio di un turismo tutto da sviluppare. La convinzione che assecondare la circolazione automobilistica fa bene al mantenimento/sviluppo delle attività commerciali, è il “leitmotiv” che assilla la gestione del cuore della città. Forse, bisognerebbe interrogarsi sul perché gli acquisti nelle principali vie del centro sono in calo o non ce ne sono affatto. Siamo sicuri che la causa è dovuta unicamente alla mancata circolazione di auto? Non sfiora l’idea che potrebbero essere altri, i motivi della crisi commerciale? Per esempio: le tipologie delle mercanzie offerte,  i prezzi, il rapporto tra tipologia dell’offerta e la sua domanda, l’ampiezza delle scelte, la qualità dei prodotti, la esclusività o la inflazione di quel prodotto, etc., sono o no elementi che influiscono sul successo o meno di vendita in un dato luogo? Insomma fattori come quelli accennati che nulla hanno a che vedere con le auto nel cuore della città. Non potrebbero essere quelle, invece, le effettive ragioni di un allontanamento dal centro della clientela? Ecco, forse qualche dubbio in più dovrebbe fare riflettere amministratori e operatori  commerciali i quali imputano quasi tutto al traffico. Pensare ad una continuità commerciale che viene da lontano: con  il nonno prima e appresso il padre e dopo il figlio nella conduzione di un’attività economica andata sempre bene, quando circolavano liberamente le auto, non basta. Come non è sufficiente un inizio di attività commerciale sulla base di una semplice intuizione o convinzione che quel luogo continuerà ad accettare sempre le stesse condizioni e con la medesima tipologia di esercizio. Non è più tempo di empirismo. Gli operatori commerciali moderni oramai
conoscono e si servono di strumenti come il business planning, per verificare o iniziare un’attività. Non si può più investire senza prima avere indagato il mercato, le sue potenzialità e gli elementi che ne determinano la fattibilità di quel dato commercio. Insomma è opinione diffusa che il pianificare prima di investire fa parte delle buone pratiche che ogni azienda dovrebbe sempre avere presente prima di agire.  Non meno importante da parte pubblica, per un corretto uso della città, il Comune dovrebbe avere nel “cassetto” un Piano Commerciale aggiornato, e non solo quello, per dare risposte circostanziate agli operatori commerciali, prima di prendere ogni decisione. La complessità dell’organizzazione urbana richiede di conoscere prima di operare. Senza uno studio sociologico dei destinatari (residenti, commercianti, fruitori potenziali, etc.) l’insuccesso già sperimentato è assicurato.
Concludendo, senza acquisizioni essenziali: dalle condizioni sociali ed economiche, alla mobilità, ai servizi essenziali dei cittadini, alle relazioni tra le parti della città (centro storico, aree periferiche, territorio) non si va da nessuna parte.
Dunque, Belluno tiri fuori dai cassetti o prepari progetti e/o studi, dove il primato della politica, possa indicare le migliori soluzioni, alla luce delle conoscenze tecniche necessarie, per un contesto più complesso che si inquadri nel “sistema città”.


Giuseppe Cancemi