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venerdì 24 marzo 2017

Il taglio degli alberi a Belluno non si arresta...

VERDE PUBBLICO E SOSTENIBILITA' URBANA



 I n centro storico la falcidia degli alberi, per ondate successive, continua ad impoverire la città. Le fontane, da mesi, sono a secco. La minaccia di un inquinamento dell'aria non molla, e tutti... vissero felici e contenti.

Il microclima, l'abbattimento delle polveri, l'ornato urbano, la produzione di ossigeno e la diminuzione dell'anidride carbonica non interessano. Sono più importanti "i schei", "i franchi".
Liberare uno spazio sia pure relativamente minimo fa posto, magari a pagamento, a qualche macchina in più da parcheggiare. Tutto guadagno! Diminuire l'alberatura cittadina fa "risparmiare" sulla voce di bilancio: manutenzione, sempre più scarna, e in qualche caso prevenire un eventuale grattacapo da richieste di sicurezza o disturbo che qualcuno paventa, per la presenza di questo o di quell'albero non è male.

Questo è, in poche parole, ciò che l'amministrazione legale, in fatto di sostenibilità ambientale, serve agli utenti della città.
Qualche anno fa, forse per pudore, si "giustificava" l'abbattimento degli alberi con l'esigenza di una presunta messa in sicurezza o perché gli alberi eliminati risultavano malati. In questi ultimi mesi, invece, quello che è chiaramente un diradamento, viene "giustificato" da un danno ai marciapiedi prodotto dalle radici.
Alcuni marciapiedi dissestati dalle radici, in verità esistono. Ma il diradamento delle alberature ornamentali delle vie interessate, avviene con un taglio sistematico, uno sì e l'altro no, ovviamente, indipendentemente dallo stato dei marciapiedi divelti.

E' avvilente vedere che nessuno muova un dito. Al comune cittadino, all'uomo della strada non giunge messaggio alcuno che sulle tematiche ambientali vi sia un dibattito, un contrasto, tra chi governa e chi fa opposizione, sulle scelte politiche. Tutto sembra scorrere con rare piccole schermaglie, più di interesse di parte che non per il bene dei cittadini. La distruzione sistematica di alberi a Belluno, sembra essere più una scelta tecnica che non politica. O almeno, se scelta politica vuole essere, è dissennata, e va contro gli orientamenti europei. In questi ultimi tempi si sono ripristinate abitudini che con fatica erano state superate. Mi riferisco alle auto riportate in Piazza Duomo e alla sparizione delle biciclette da detta piazza. Tutti i rappresentanti dei cittadini, nei loro discorsi su temi urbanistici o ambientali abusano del termine "sostenibilità". Ma realtà vuole, che quel quid linguistico ad effetto, è solo retorica.


E dov'è l'ambientalismo tanto bravo a parlare, nei salotti, dei massimi sistemi e molto attento al battere delle ali d'una farfalla?
La città ha dimenticato il detto: “Quando muore un vecchio albero è come se bruciasse una biblioteca”?

Ciò che colpisce di più in questa distruzione di alberi in città è il silenzio, il non vedere, la scarsa sensibilità anche dei partiti, la inottemperanza della legge 10/2013.

Il mandato amministrativo comunque sta per scadere. Vedremo nel “Bilancio arboreo” quante piante per nuovi nati o “minori” adottati sono state messe a dimora. Quali essenze sono state scelte, dove sono collocate e a chi sono state dedicate. 
Ed infine, quante piante ancora hanno integrato il verde demolito e quello esistente. Come, insomma, è stato gestito il verde urbano pubblico.


Giuseppe Cancemi




martedì 7 marzo 2017

Belluno, clima e inquinamento. Le sfide per una nuova ecologia urbana.


PALAZZO ROSSO E LA PIOGGIA

Forse qualcuno, nella stanza dei bottoni di Palazzo Rosso, deve avere fatto la danza della pioggia perché a Belluno nei giorni scorsi finalmente è piovuto. Sì perché con l'acqua dal cielo di qualche giorno fa, la città sarà forse meno preoccupata per la siccità ma anche per l'inquinamento dato dalle polveri sottili (PM10, PM2,5) disperse nell'aria. 

Già qualche anno fa l'ennesimo allarme di una desertificazione che avanza, si era registrato anche nel piovoso Nord-est. Non possiamo continuare a far finta di niente se mettiamo in fila anche il ritiro dei ghiacciai dalle calotte polari, l'aumento della temperatura del globo terrestre e la diminuita copertura nevosa dell'arco alpino sotto casa nostra: sulla Marmolada e sul vicino Presena (nel Trentino). 



Non stiamo neppure bene, se volgiamo la nostra attenzione alla qualità dell'aria. L'inquinamento dell'atmosfera non ci lascia tranquilli. Nello scorrere di questi due mesi del 2017, ad oggi, si sono registrati 12 giorni di superamento dei limiti di legge (50ug/mc) delle particelle sospese, per un tetto massimo di 35 "sforamenti" in un anno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stabilendo un numero limite non valicabile (standard) di esposizione di un organismo o di una popolazione ad uno o più inquinanti, non a caso fissa uno standard, superato il quale si entra nel rischio, che in termini di probabilità, vuol dire l'emergere di eventi indesiderati contrari alla salute.
L'interessante novità dell'ARPAV, che diffonde in tempo reale attraverso i cellulari con apposita "App"  i dati del Veneto, Belluno compresa, su concentrazione e limiti di esposizione agli inquinanti,  è un buon segnale di trasparenza. Ci indica cioè, giornalmente, quanto alta o bassa sia l'incidenza del rischio da inquinamento atmosferico con due parametri: PM10 e Ozono (O3). Meno comprensibile appare invece il risalto  di rischio riferito ai soli  “Dati validati” effettuati dalla centralina localizzata in area verde (Parco Città di Bologna) e trattando a parte i dati, forse più significativi, della postazione in località "La Cerva".
Sarà un monitoraggio mostrato ai cittadini idoneo e sufficiente?
Correttamente comunque, l'applicazione per gli smartphone citata, non si limita soltanto a mostrare i valori di  PM10 e Ozono ma mostra anche in altra schermata tutti e cinque i parametri (NO2, O3, CO, SO2 e PM10 ) previsti dalla legge.
Ma non viene in ogni caso spontaneo all'uomo della strada, porsi qualche interrogativo tipo: basta misurare la “febbre” e mostrare i suoi valori pubblicamente, o bisogna anche prevenire per evitare che tale avviso di anomalia insorga?

Per la siccità, nonostante i ripetuti segnali negli anni, che sono diventati una costante quasi minacciosa, nulla sembra muoversi. A parte la chiusura delle acque nelle fontane cittadine nei momenti di crisi. Nessuna percepibile presa d'atto, nessun provvedimento coinvolgente che, nel solco di un esempio, di un indirizzo possa far convergere i cittadini verso una responsabilità collettiva.
 Eppure, alcune abitudini come stile di vita che contemplino il  risparmio idrico e/o quello energetico non sono difficili da conseguire.
Una scelta urbanistica prevalentemente orientata al ciclico recupero dello stock edilizio esistente - complessi meglio organizzati in senso energetico con fonti rinnovabili pulite, riciclo delle acque grigie e recupero delle acque pluviali – potrebbe essere una delle risposte di miglior contrasto alle crisi che stiamo vivendo. Un modello anche per le future costruzioni, che nel quadro di un mantenimento il più a lungo possibile di tutte le acque sulla terra ferma e una bolletta elettrica più leggera, può divenire il faro di una sostenibilità possibile.
Ricordo che qualche anno fa, Belluno con il pacchetto "Clima Energia 20, 20, 20" mi era apparsa come una città virtuosa. Rientrava tra quelle che avevano firmato l'impegno comunitario europeo che si proponeva, mediante mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, una riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti.
Oggi, con qualche delusione in più mi verrebbe da chiedere: che fine ha fatto questo  "Patto dei sindaci" detto anche "Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile"?  
Per concludere, siccità e inquinamento non sono fatti nuovi. Il nesso, la frequenza e il potenziamento tra queste avversità che interagiscono anche nelle micro-aree come Belluno, non possiamo continuare ad ignorarle. Forse, un uso diverso nella consapevolezza delle risorse, della mobilità, dell'energia e una rinnovata responsabilità collettiva, sono diventati atteggiamenti non più rinviabili.
Insomma, non abbiamo più bisogno di altri segnali dall'ambiente che ci “sollecitino” una diversa rotta del comune vivere associato. E' tempo oramai di  provare ad inventarsi una nuova "rivoluzione copernicana" nei comportamenti elementari di tutti i giorni,  per provare a conseguire risultati più incisivi, verso una ecologia urbana maggiormente consapevole.

Giuseppe Cancemi