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lunedì 27 febbraio 2012

MACCALUBE

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I cosiddetti vulcanelli (o vulcanetti che si voglia) di Caltanissetta  sono un problema per chi si trova ad abitare vicino o addirittura sui terreni interessati dal fenomeno. Come si sa, sono manifestazioni gassose che provengono dal profondo sottosuolo e si rivelano all’esterno con emissioni fangose gorgoglianti nei  vari conetti di fango, in un paesaggio fango-argilloso grigio con rari ciuffi qua e là di piante, dove queste riescono a colonizzare il suolo. A parte i problemi di staticità che provocano alle costruzioni esistenti su quei suoli, anche il semplice mantenimento di un parco naturale, difficilmente si può pensare che una vegetazione non spontanea possa attecchire.
Da queste emissioni che portano all’esterno gas metano  secco e fanghiglia di argilla, il primo, se vogliamo vederlo come opportunità, non è utilizzabile come combustibile, per l’argilla invece si potrebbe vedere.
Le argille hanno struttura cristallina dalle dimensioni minime inferiori ai 2 micron e proprietà colloidali. È costituita da silicati di alluminio mescolati con altri minerali.  I tipi di argille sono chimicamente diversi e si distinguono per nome come: illite, clorite, glauconite, caolinite, montmorillonite, attapulgite e sepiolite, sette in tutto. Sin dall’antichità, l’uomo ha attribuito all’argilla proprietà curative, antisettiche e cosmetiche. L’interesse dei moderni si rivolge massimamente verso gli usi omeopatici ed estetici.
Delle argille si può parlare in termini di utilizzo industriale, ma anche  in agricoltura per gli innesti, a casa per assorbire gli odori (in frigo per esempio) e per un certo potere filtrante e assorbente, in cosmesi per le maschere di bellezza .
 Insomma, questa argilla che si ritrova all’esterno in mucchietti sul suolo di Terrapelata, oltre a testimoniare un fenomeno geologico, saprà suggerire alla fantasia umana e in particolar modo ai nisseni un uso compensativo sostenibile?