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mercoledì 16 maggio 2012

Breve nota sull'origine della cultura urbano-centrica

Città, campagna e organizzazione spaziale 

La Sicilia per cultura appartiene al mondo occidentale e come tutte le altre realtà europee, è basata prevalentemente su una società urbana, in cui l’organizzazione dello spazio territoriale - con una marcata accelerazione specie nell’ultimo secolo - si è affermata urbano-centrica.
La città è il luogo di concentrazione della popolazione, delle decisioni, del potere economico, dei rapporti ideologici, dell’amministrazione della giustizia, tutto il resto appartiene, ancora oggi, alla poco distinta area non urbana. Ad ogni punto dello spazio la prassi della “città pensata” attribuisce un ruolo determinato, mentre al territorio, al di fuori degli insediamenti, nei luoghi considerati da sempre indistinta campagna, oggi più modernamente associata alle aree naturali, l’urbanistica contemporanea dell’ultimo periodo, timidamente, prova a riconoscere un ruolo distinto di complementarietà che resta, in ogni caso, sempre subalterno alla città.
L’organizzazione gerarchica degli spazi strumentali, consolidata, vede l’agricoltura e le aree non urbane, come componenti di riserva al dominio della città che permane così come vista da Lewis Mumford: “La città, quale si rivela nella storia, è il punto di massima concentrazione dell’energia e della cultura della comunità”.
Aree urbanizzate e non, sono le due facce di una stessa medaglia: città e campagna, il binomio di un rapporto dialettico efficacemente affrescato nella testimonianza pittorica in figura.

Ambrogio Lorenzetti, particolare, Gli Effetti del Buon Governo
Siena, Palazzo Pubblico, 1338




Proprio il tema raffigurato dal pittore, uno scorcio di vita quotidiana tra borgo e contado, presenti entrambe nell’affresco della Sala dei Nove, ci richiama alla mente ciò che oggi è in crisi: il rapporto città/campagna non più svolto con un ruolo di reciproco scambio compensativo, e comunque omeostatico, come poteva esservi nell’era dei Comuni.
Nell’affermarsi di questa concezione dualistica (area urbana/non urbana) dello spazio territoriale, in tempi moderni, viene attribuito all’area non urbana un ruolo mai esplicitato di subalternità, dove nulla o poco succede e dove l’emarginazione economica e culturale ha fatto allontanare dalla campagna, in crescendo, quella presenza umana più dinamica e vitale che nel recente passato la popolava.
Una visione territoriale urbano-centrica senza un atteggiamento critico verso i costi sociali, per una prospettiva di crescita senza limite, è quella che ha dato le basi all’ideologia e alla prassi pianificatoria che ha fatto dell’urbanizzazione l’asse portante dello sviluppo. Nella pubblicistica anglosassone il termine “undeveloped land” letteralmente significa proprio territorio non sviluppato nel senso di non urbanizzato, nella nostra realtà questo significato linguistico, purtroppo, corrisponde anche con lo sviluppo economico e sociale.
Uno sviluppo legato all’urbanizzazione dei suoli agricoli, ritenuti di riserva per una espansione edilizia senza fine, che ha trasformato la rendita da fondiaria ad edilizia con il classico meccanismo speculativo della variante al Piano Regolatore Generale.
Dopo anni di speculazioni più o meno selvagge, esistono oggi tutti i presupposti per un ravvedimento o per una presa di coscienza dei limiti che lo sviluppo sostenibile impone; è tempo di inventariare tutto ciò che ha prodotto l’opera dell’uomo sul proprio territorio e di valorizzarlo come testimonianza storica, culturale allo scopo di rendere fruitiva ogni risorsa.
Il  patrimonio rurale e il suo sfondo naturale esistenti, sono valori che vanno mantenuti. Bisogna riscoprire, rinvenire ciò che in passato era ritenuto obsoleto o privo di interesse perché reputato superato da una pseudo modernità o perché lontano dal territorio urbanizzato.
Bisogna evitare che le azioni d’intervento dell’uomo, sempre più aggressive nei confronti del paesaggio, continuino a provocare modificazioni profonde nel sistema di relazioni fra elementi naturali ed artificiali. Se in alcuni casi detti interventi hanno avuto il pregio di operare la riqualificazione di intere aree, in altri sono stati invece, responsabili di altrettante vistose situazioni di degrado ambientale.
Dalla necessità si faccia virtù!
Non dimentichiamo di appartenere a un Paese che è stato ad economia prevalentemente agricola e che la Sicilia nella cultura rurale ha radici profonde di tradizioni e storia, insomma, il nostro territorio possiede ancora risorse storiche, culturali, paesaggistiche, architettoniche, ecc. che pronvengono dalle aree non urbane da scoprire, le quali aspettano solo di essere messe in luce e valorizzate.

GELA (Caltanissetta)


BANDIERE BLU

Caltanissetta ha il suo affaccio al mare con il comune di Gela, ma le bandiere blu dove sono?

Il mare può anche mostrarsi trasparente e cristallino, ma bisognerebbe comprendere che da solo è molto poco, sono necessari anche servizi adeguati e spiagge pulite.

Le uniche spiagge premiate in Sicilia dalla Fondazione per l'educazione ambientale sono le seguenti:
  • Lipari-Lipari/Vulcano (Messina); 
  • Ispica-Santa Maria del Focallo/Ciricà, Pozzallo, Ragusa-Marina di Ragusa (Ragusa); 
  • Menfi (Agrigento)
SICILIA (totale 5)





Dove sono finite le più celebrate spiagge come Mondello, La Playa, Cefalù, Taormina, Capo d'Orlando, ecc.?

Isola Bella