Città, campagna e organizzazione spaziale
La
Sicilia per cultura
appartiene al mondo occidentale e come tutte le altre realtà
europee, è basata prevalentemente su una società urbana, in cui
l’organizzazione dello spazio territoriale - con una marcata
accelerazione specie nell’ultimo secolo - si è affermata
urbano-centrica.
La
città è il luogo di concentrazione della popolazione, delle
decisioni, del potere economico, dei rapporti ideologici,
dell’amministrazione della giustizia, tutto il resto appartiene,
ancora oggi, alla poco distinta area non urbana. Ad ogni punto dello
spazio la prassi della “città pensata” attribuisce un ruolo
determinato, mentre al territorio, al di fuori degli insediamenti,
nei luoghi considerati da sempre indistinta campagna, oggi più
modernamente associata alle aree naturali, l’urbanistica
contemporanea dell’ultimo periodo, timidamente, prova a riconoscere
un ruolo distinto di complementarietà che resta, in ogni caso,
sempre subalterno alla città.
L’organizzazione
gerarchica degli spazi strumentali, consolidata, vede l’agricoltura
e le aree non urbane, come componenti di riserva al dominio della
città che permane così come vista da Lewis Mumford: “La
città, quale si rivela nella storia, è il punto di massima
concentrazione dell’energia e della cultura della comunità”.
Aree
urbanizzate e non, sono le due facce di una stessa medaglia: città e
campagna, il binomio di un rapporto dialettico efficacemente
affrescato nella testimonianza pittorica in figura.
![]() |
Ambrogio
Lorenzetti, particolare, Gli Effetti del
Buon Governo
Siena,
Palazzo Pubblico, 1338
|
Proprio
il tema raffigurato dal pittore, uno scorcio di vita quotidiana tra
borgo e contado, presenti entrambe nell’affresco della Sala dei
Nove, ci richiama alla mente ciò che oggi è in crisi: il rapporto
città/campagna non più svolto con un ruolo di reciproco scambio
compensativo, e comunque omeostatico, come poteva esservi nell’era
dei Comuni.
Nell’affermarsi
di questa concezione dualistica (area urbana/non urbana) dello spazio
territoriale, in tempi moderni, viene attribuito all’area non
urbana un ruolo mai esplicitato di subalternità, dove nulla o poco
succede e dove l’emarginazione economica e culturale ha fatto
allontanare dalla campagna, in crescendo, quella presenza umana più
dinamica e vitale che nel recente passato la popolava.
Una
visione territoriale urbano-centrica senza un atteggiamento critico
verso i costi sociali, per una prospettiva di crescita senza limite,
è quella che ha dato le basi all’ideologia e alla prassi
pianificatoria che ha fatto dell’urbanizzazione l’asse portante
dello sviluppo. Nella pubblicistica anglosassone
il termine
“undeveloped
land”
letteralmente significa proprio territorio non sviluppato nel senso
di non urbanizzato, nella nostra realtà questo significato
linguistico, purtroppo, corrisponde anche con lo sviluppo economico e
sociale.
Uno
sviluppo legato all’urbanizzazione dei suoli agricoli, ritenuti di
riserva per una espansione edilizia senza fine, che ha trasformato la
rendita da fondiaria ad edilizia con il classico meccanismo
speculativo della variante al Piano Regolatore Generale.
Dopo
anni di speculazioni più o meno selvagge, esistono oggi tutti i
presupposti per un ravvedimento o per una presa di coscienza dei
limiti che lo sviluppo sostenibile impone; è tempo di inventariare
tutto ciò che ha prodotto l’opera dell’uomo sul proprio
territorio e di valorizzarlo come testimonianza storica, culturale
allo scopo di rendere fruitiva ogni risorsa.
Il
patrimonio rurale e il suo sfondo naturale esistenti, sono valori che
vanno mantenuti. Bisogna riscoprire, rinvenire ciò che in passato
era ritenuto obsoleto o privo di interesse perché reputato superato
da una pseudo modernità o perché lontano dal territorio
urbanizzato.
Bisogna
evitare che le azioni d’intervento dell’uomo, sempre più
aggressive nei confronti del paesaggio, continuino a provocare
modificazioni profonde nel sistema di relazioni fra elementi naturali
ed artificiali. Se in alcuni casi detti interventi hanno avuto il
pregio di operare la riqualificazione di intere aree, in altri sono
stati invece, responsabili di altrettante vistose situazioni di
degrado ambientale.
Dalla
necessità si faccia virtù!
Non
dimentichiamo di appartenere a un Paese che è stato ad economia
prevalentemente agricola e che la Sicilia nella cultura rurale ha
radici profonde di tradizioni e storia, insomma, il nostro territorio
possiede ancora risorse storiche, culturali, paesaggistiche,
architettoniche, ecc. che pronvengono dalle aree non urbane da scoprire, le quali
aspettano solo di essere messe in luce e valorizzate.
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