SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e presenza antropica nei territori al centro della Sicilia
Limonium - Foto A. Falci |
I territori SIC, come si sa, sono interessati alla conservazione della
biodiversità e ad un loro uso culturale-turistico-ricreativo. Le comunità
locali che si trovano nelle immediate vicinanze vivono per queste aree e
similari una profonda contraddizione da risolvere, consistente in una
consapevole voglia di preservare l’integrità dei luoghi ma senza rinunciare
all’idea che tutti i suoli, all’occorrenza, sono anche buoni per l’espansione
antropica. Una relativamente recente crescita culturale delle comunità locali
in genere, però, nutre per i territori a vocazione naturalistica, prima
considerati inutili perché improduttivi, una diversa valutazione che promuove
questi habitat, oggi riconosciuti come Siti di Interesse Comunitario, a valore
di “risorsa” locale e attribuisce a ciascuno di essi un “peso” nel “paniere”
dei beni naturali da conservare per noi stessi e per le future generazioni. La
presenza antropica contigua ai luoghi naturali come fenomeno in espansione,
però, non sempre rappresenta una garanzia di salvaguardia per il bene naturale.
Pertanto, il nuovo compito che debbono affrontare le comunità locali, riguarda
la risoluzione del contrasto tra sviluppo e conservazione in un conteso spazio
di vita costituito dall’ambiente naturale dove la presenza umana rappresenta
sempre più spesso un elemento di “disturbo”.
Da sempre il conflitto tra città e campagna
(genericamente così denominata quest’ultima, senza distinzione tra produttiva e
naturale) ha suscitato un dibattito mai concluso tra chi aderisce alla diffusa
concezione di separatezza delle parti e chi invece riconosce nella dualità
città/campagna i volti della stessa medaglia. Di questo dibattito possiamo, per
brevità, solo evidenziare il rapporto simbiotico che esiste nella vivacità di
un territorio distinta per attribuzioni e funzioni tra urbano ed extraurbano.
Viene riconosciuto che non può esservi sviluppo senza un pieno utilizzo di
tutte le risorse territoriali.
Il Ministero dell’ambiente, la C.E. e la Regione,
consapevoli dell’importanza del territorio extraurbano hanno cominciato col
ritagliare, nel nostro caso, quattro aree in cui la presenza di flora e fauna
con il loro habitat rappresentano un brandello dell’ambiente mediterraneo
risultato da una specializzata permanenza di comunità biotica, in ambiente di
vita estremo (di acque salmastre), spesso resistente e/o sopravvissuta ad un
evento distruttivo come quello degli incendi.
Tranne che per il M. Cannarella collegato ad una
estremità del sistema Valli dell’ Imera meridionale, gli altri tre siti sono
riconoscibili omogeneamente negli habitat di Fiume con acque salate. La
difficile vita di flora e fauna dei nostri siti non dipende esclusivamente dal
rapporto sistemico tra biotico e abiotico, come si potrebbe dedurre, ma
piuttosto dalla presenza antropica con i suoi manufatti che va diventando
sempre più invadente e dilagante sino a diventare una minaccia.
La presenza di strade, case,
impianti di ogni genere,
rappresentano quei “detrattori” del paesaggio
e quelle cause di “frammentazioni” del territorio che incidono sulla
qualità/presenza degli ambienti naturali di vita.
Percorrendo con lo sguardo il letto dell’Imera
meridionale, verso Sud, stazionando sul ponte Capodarso, si avverte un “distrattore”
del panorama alla sinistra, costituito dal viadotto della S.S. 626 che
accompagna il Fiume, ma che è anche punto di orgoglio umano per l’imponenza del
manufatto. Il bacino visivo del SIC con questa forte componente visiva assume
per il paesaggio una connotazione prevalentemente antropica.
Anche il sito di Monte Cannarella si connota come
ambiente naturale fortemente assediato dall’espansione urbana. La rete stradale,
abbastanza estesa in prossimità e nell'intorno del sito, costituisce potenziale
minaccia soprattutto ai fini di un inquinamento in senso lato (aria, effetto
presenza, ecc,) per il volume di traffico che muove.
Mostrano
meno presenza antropica i siti: tratto terminale del Torrente Vaccarizzo e la
Contrada Caparra, per questi la panoramicità dei luoghi è meno “disturbata”
dalla viabilità che anche qui è presente.
La gestione dei territori con
problematiche di “convivenza” tra la naturalità dei luoghi e l’esigenza umana
di espandersi, sviluppare la propria economia, postula per le risorse naturali
una razionalizzazione, una disciplina per l’utilizzo e una programmazione
integrata tra le varie esigenze condivisa. Gli Enti specializzati come nel
nostro caso la Riserva N. O. Monte Capodarso e Valle dell’Imera meridionale,
nel panorama delle competenze istituzionalmente frazionate tra enti
territoriali (Province, Comuni, Corpo Forestale, ecc.) rappresentano il tramite
per meglio operare tra conservazione della natura e necessità di sviluppo.
Proprio la pressione antropica
per effetto della viabilità, rappresenta,
l’elemento da mitigare per la forte incidenza che ha che nei nostri
siti. È presente abbastanza per il M. Cannarella e meno di tutti per il T.
Vaccarizzo. Le linee cinematiche oltre a costituire un elemento di “frattura”
tra gli ambienti naturali sono anche facilitatrici di presenza umana
all’interno dei siti con il rischio di aumentare gli atti vandalici, il
bracconaggio nonché il sempre più temuto incendio.
Infine, la mancanza di recenti
piani urbanistici per i Comuni che comprendono i nostri siti (Enna,
Pietraperzia, Santa Caterina Vill. e Alimena con esclusione di Caltanissetta)
se da un canto ci mettono al riparo da usi sconsiderati di quei luoghi perché
lontani dagli “appetiti” edilizi, dall’altro, svalutano quel patrimonio per l’assenza
di una titolazione che evidenzi le potenziali risorse che essi rappresentano.
Gli obiettivi che può
prefiggersi un Piano di Gestione,
relativamente al rapporto tra ambiente naturale e antropizzazione, non può che
orientare la sua attenzione nelle tendenze organizzative del territorio da un
punto di vista delle scelte infrastrutturali e degli insediamenti che le
amministrazioni locali fanno.
Un primo obiettivo
potrebbe dunque essere quello di limitare l’espansione edilizia e
infrastrutturale, fermo restando che un utilizzo della risorsa ambiente può e
deve avvenire come conseguenza di una organizzazione progettata del luogo, per
fini oltre che conservativi anche culturali e ricreativo-turistici.
Non meno importante
è quello di provvedere a riqualificare quelle parti di territorio “offese” dal degrado e dagli abusi perpetrati
dall’uomo.
Infine, l’obiettivo complessivo che deve sottendere
i precedenti due, deve essere quello di favorire una partecipazione
consapevole, incentivando le attività proprie dei luoghi ma anche quelle
promosse e indotte affinché il territorio possa diventare elemento di
attenzione per tutti.