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martedì 21 novembre 2023

Uomini e Carusi di miniera nell'arte

 

PITTURA CHE RICORDA "I SURFARARA"

Caltanissetta il 12 novembre 1881 all’interno della zolfara di Gessolungo persero la vita 65 minatori, tra questi 19 “carusi”: bambini tra gli 8 e i 16 anni, nove dei quali rimasero senza nome.

A quell’evento si ispirò probabilmente Onofrio Tomaselli di Bagheria realizzatore nel 1905 dell’opera “I Carusi”.

Tomaselli, è un artista il quale, come altri pittori dell’epoca, risente di esperienze pittoriche al di fuori dell’isola ed in particolare del paesaggismo e delle tendenze veriste della scuola napoletana.

Tomaselli non è comunque un semplice artista, ma è anche un uomo politico, del comitato centrale del Partito Comunista Italiano e senatore del Regno, e quindi particolarmente sensibile ai problemi sociali. Il compaesano Guttuso è allievo proprio del Tomaselli. 

Renato Guttuso  nato a Bagheria 1911, nella realizzazione de “La Zolfara”, riconosce di essersi ispirato al quadro del suo maestro. 

Nel raffrontare le due opere però, si rilevano due stili profondamente differenti: un crudo, seppure in parte “macchiaiolo” verismo di Tomaselli, ed una forte e coloratissima raffigurazione di Guttuso.

Nella pittura di Guttuso, che appare “materica” egli è solito fare, molti gialli, molti rossi in un cromatismo molto influenzato: dall’Ottocento francese al cubismo di Picasso.  Ne “la Zolfara”   non ci sono “I carusi” di Tomaselli, ma uomini adulti, fatta eccezione per un solo “Caruso” in primissimo piano.

Giuseppe Cancemi


sabato 11 novembre 2023

COMUNICAZIONE VERBALE E NON

La comunicazione non verbale che inframezza un dialogo ha in alcuni casi lo scopo di “amplificare”, sostituire o caricare maggiormente il suo significato e, non sempre ma in alcuni casi sì, serve anche per dare “colore” ad un parlato senza effetto, inefficace, monocorde. A Belluno dove le notizie di stampa relative alla politica locale si vedono con il lumicino, i social più attenti come rete diffusiva di discorsi in tempo reale, favoriscono una tendenza comunicativa come il passaparola, di cui si servivano le generazioni che ci hanno preceduto. La notizia che meglio circola, infatti, è ritornata ad essere il pettegolezzo locale, il resoconto sportivo e qualche volta su cosa si discute o deve discutere il Consiglio comunale. Il fatto che in questi giorni assurgere agli onori della cronaca anche giornalistica, nulla di nuovo sotto il sole, è per l'appunto uno “scandaloso” gesto di comunicazione non verbale che ha fatto “ciaccolare” i benpensanti bellunesi. Senza volere giustificare nulla, ricorderei a proposito del dito tra l'indice e l'anulare solo un paio di cose, che in qualche modo dovrebbero affievolire l'intendere forzoso (non reale) di quella sintesi gestuale. Prima di tutto, che questo gesto “inqualificabile”, tra gli antichi romani ma anche tra i greci non era sconosciuto. Se ne servivano ampiamente come disapprovazione verso i potenti. Un esempio per tutti, lo possiamo ricordare nella battuta di un personaggio del poeta latino Marco Valerio Marziale che volendo dire a dei medici di avere goduto sempre di buona salute e di non avere bisogno di loro cure, mostrava il suo “digitus impudicus ”. Secondo, forse quelli che si scandalizzano, non pensano che una persona ferita da parole provocatorie può perdere l'aplomb, al punto da controbattere impulsivamente con un gesto non verbale di sintesi. E non volendo poi essere moralisti solo quando ci conviene, ma umani che si “inca...no”, pardon che perdono la pazienza se provocati, bisogna fare mente locale e ricordare che anche la fisica che abbiamo studiato a scuola con Newton, con la terza legge della dinamica ci dice che: ad ogni azione, corrisponde una reazione uguale e contraria! Si smetta pure, di continuare a guardare il “dito” (figurativamente) e non la “luna indicata” (le problematiche della discussione), evitando di farsi distrarre ancora una volta da un vacuo discutere. Le risse verbali (in se, sempre stigmatizzabili) per dirla in semplici parole, si manifestano quando un sincero confronto, in senso partecipativo, tra maggioranza e opposizione di un contesto politico, amministrativo o comunque assembleare è di basso profilo e non scivola nella demagogia.

 Giuseppe Cancemi

mercoledì 25 ottobre 2023

ESISTE UN'ALTERNATIVA?

 A PROPOSITO DEL PONTE …

La ricerca di una soluzione che che possa dare un impulso allo sviluppo economico della Sicilia, si è fermata da tempo alla costruzione del Ponte di Messina. I sostenitori del Ponte sono convinti che lo sviluppo in Sicilia è frenato  dal mancato collegamento fisico con la penisola italiana. E cioè che il basso PIL della Sicilia è dovuto all'isolamento del territorio non in continuazione con quello italiano.

Nel merito di questa economia territoriale siciliana penalizzata, un testo online del prof. Guido Signorino - Ordinario di Economia presso l’Università Messina - pone in discussione la realizzazione del Ponte come soluzione unica che può dare un impulso all'economia isolana.  Avanza forti dubbi sullo sviluppo per presunte motivazioni di PIL, perché più basso rispetto ad altre regioni italiane. 

I suoi interrogativi per provare ciò che sostiene sul PIL procapite, nel grafico (vedi figura) si può leggere in un semplice confronto che mette in luce una poco significativa differenza di PIL, nelle tre regioni riportate.


Sicilia e Sardegna, isole, non differiscono per PIL granché, similmente alla Calabria che, territorialmente, è invece in continuità col resto dell'Italia.



Con questa semplice dimostrazione viene spontaneo chiedersi se escluso il ponte per vari motivi, esistano altre vie di sviluppo per la Sicilia.

L'alternativa economica e di sviluppo alternativa al Ponte c'è ed è condivisibile. La indica lo stesso prof. Guido Signorino.

Suggerisce, la semplice soluzione di puntare su settori ad alta ricaduta occupazionale come: istruzione, cultura e sanità. E cioè di investire sul 'capitale umano' ritenuto anche da altri economisti un potenziale sicuro di sviluppo primario, come nel nostro caso, per quella crescita sostenibile tanto ricercata che serve alla Sicilia.

Giuseppe Cancemi

martedì 24 ottobre 2023

Belluno: Palazzo del Monte di Pietà

 

A PROPOSITO DELLA VENDITA …

di Palazzo del Monte di Pietà, con annessa Chiesa della Beata Vergine, risulta che l'Associazione Italia Nostra di Belluno qualche settimana fa, si è mossa per manifestare una propria preoccupazione alla Soprintendenza, per la messa in vendita del suddetto immobile. Il timore segnalato, è rivolto e dovuto alle eventuali conseguenze di una riallocazione delle due biblioteche (ISBREC e Angelini).

La risposta della Soprintendenza è stata precisa e netta. Ha confermato che il bene, risultava tutelato (art. 59 del D.Lgs. 42/2004) e aggiungeva che l'immobile per altro e ulteriormente protetto da vincolo di “interesse culturale” (ex art. 12 del D.Lgs. 42/2004).

Rassicurava infine, che alcune misure apposite per la conservazione sono state previste allo scopo di preservarne la attuale destinazione d’uso. Rilevava comunque, un mancato riscontro di una eventuale donazione del diritto di proprietà della superficie di quell'immobile al Comune di Belluno, discendente dal Decreto Direttoriale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del 05 dicembre 2019, Rep. 1683.

Dai rumors locali è circolata la voce, che il Comune ha già avuto contatti con la Fondazione Cariverona, per accordi su questo Palazzo circa un comodato d'uso, dove però non risulta ancora un'intesa tra le parti.

Al punto in cui siamo, gli istituti culturali (ISBREC e Angelini) dovranno sloggiare per trasferirsi, pare, a Palazzo Crepadona dove gli spazi assegnati, speriamo, siano idonei.

Il trasloco dell'Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell'Età Contemporanea e della Fondazione Angelini che si allontanano da Piazza delle Erbe, via Mezzaterra e da Porta Dojona non corrobora più quell'attrattiva funzione che ha quel nucleo storico e culturale di Belluno e forse potrebbe anche contribuire ad un latente degrado dei luoghi.

La Piazza delle Erbe (tra fontane, teatri e palazzi) non sarà più la stessa. Quell'immobile diversamente occupato, una delle 'punte' delle presenze culturali entro le mura, dove aleggia il “Genius loci” della città, è un'inaspettata caduta d'immagine anche se virtuale.

Si faccia attenzione a non stravolgere l'appeal del centro storico, per dare ulteriore spazio a un modernismo tendenziale di 'divertimentificio e/o di mercantilismo' sempre più impersonato dalle 'feste paesane'.

Il Comune ci rifletta, e cerchi di mantenere questi centri di cultura 'in loco'. Si rammenti, che i beni culturali in genere, sono quei valori non monetizzabili ritenuti spesso secondari, perché non conteggiabili nel Pil. Ma attenzione, quella porzione di 'capitale immateriale' che proviene anche dalla cultura, dalla storia dei popoli è incommensurabile, ed è quello che fa andare avanti l'umanità.

Giuseppe Cancemi

giovedì 12 ottobre 2023

PARCO URBANO O AREA DI RISERVA?

 

UNA CICLABILE NEL PARCO COMUNALE CITTA' DI BELLUNO



BELLUNO La “adorabile Belluno”, ha acquisito dal nuovo urbanesimo, un sentire innovativo, che ricorda “le mani sulla città”. Esaurita l’urbanizzazione pagata dai contribuenti utile alla speculazione edilizia e in via di esaurimento l’urbanistica contrattata, la rigenerazione urbana è diventata di fatto, il nuovo cavallo di battaglia. Questa, si serve massimamente, di risorse pubbliche, senza alcun obiettivo di effettiva risoluzione dell’aspetto immateriale, a cui dovrebbero corrispondere le opere. Nel nostro centro storico, si utilizzano gli ultimi scampoli di aree e volumi, all’insegna del consumo di suolo zero e della bandiera della sostenibilità. Il prestigioso ex Convento dei Gesuiti, il complesso edilizio dell’antico nosocomio, Piazza Piloni, la vicina via d’Incà e il Parco urbano città di Bologna, sono il focus di interventi definibili, volendo essere buoni, non generativi ma de-generativi. Siamo veramente alla paranoia. L’originario Parco COMUNALE città di Bologna (circa 14.000 mq) e tutta l’area che circonda piazza Piloni, sono diventati luoghi di riserva per tutto, in barba alla cultura urbanistica e al sentire ecologistico, che la città ha ereditato (come best practices) dai comportamenti dell’umanità che ci ha preceduti. Non è bastato che in questi ultimi anni, si siano abbattuti degli alberi nelle adiacenze e pertinenze di quei luoghi né che, il sempre più scarno di piante parco, abbia ceduto ulteriori 6000 mq lordi agli scolari della “Gabelli”. Adesso si sta realizzando, ancora a spese della medesima area, udite udite, una ciclabile all’interno del medesimo parco. 

Un collegamento con la contigua piazza, a sua volta quest’ultima candidata allo scavo di un ulteriore parcheggio sotterraneo di tre piani, la cui superficie è già occupata da un parcheggio di auto. Per non parlare del Convento dei Gesuiti sconsacrato che diventerà mercato. Il tutto, nel centro storico dove, per usare una metafora ma non tanto metafora, si riportano i “mercanti” scacciati dal tempio, che la Bibbia ci ricorda. A questo punto un interrogativo è d’obbligo. Siamo vittime di una maledizione? O si vuole perpetuare uno sfruttamento intensivo di quell’area, senza una minima considerazione verso le buone pratiche urbanistiche?  Questi citati interventi, comunque, non sono quel contenimento o azzeramento del consumo di suolo che vogliono le leggi e il comune sentire dei cittadini, interessati a tutt’altra filosofia. Tanto per ricordarlo, in questi ultimi anni, proprio in zona, tanti alberi sono stati eliminati senza essere rimpiazzati da altre nuove essenze arboree. Non sappiamo se con il loro abbattimento si è voluto, forse, solo ricavare qualche stallo in più lungo il parcheggio di via d’Incà. Insomma si è continuato a ragionare, in controtendenza alle buone intenzioni europee di decarbonizzazione, che oggi si pone anche la transizione ecologica. Comunque, dall’area attualmente occupata dalla scuola, quando quest’ultima tornerà nella sua originaria sede, non si sa cosa, dai volumi allocati, tireranno fuori dal cilindro. Vedremo! In piazza Piloni invece, non contenti, si progetta con quel parcheggio sotterraneo, qualcosa non immune dai conosciuti problemi di sottosuolo: falde acquifere ed esalazioni gassose, nonché quelli di archeologia per la vicina chiesa gotica S. Stefano e/o annesso convento dei Frati Serviti, oggi Agenzia delle Entrate, etc.. Non si è pensato neanche che, portare altre centinaia di auto in transito e stazionamento in prossimità di quei luoghi, dove è presente anche una scuola secondaria, aumenta i problemi della già sofferente circolazione. 

Insomma quest’ultima, ma non ultima trovata della ciclabile in quel luogo, immaginando una intermodalità trasportistica (sic!) con un, mi si perdoni, risibile percorso di circa 120 mt (dal costo di circa 200 € al m), che attraversa il “parco città di Bologna”, è inutile e forse anche pericoloso per la sua vicinanza all’area di gioco dei bambini. Un ultima idea balzana che ci mancava! 

Belluno, che si autoproclama capitale delle Dolomiti, con il suo, più volte ridimensionato mini parco: “città di Bologna”, ridotto ad un fazzoletto di terra, osa ancora “ritagliare” altro spazio al verde urbano (D. I. 1444/68, minimo 9 mq/ab.) all’interno di un centro storico già “ferito”, che non è più né a misura d’uomo e neppure a misura di automobile.

Giuseppe Cancemi

mercoledì 11 ottobre 2023

GAZEBO

 

BELLUNO: PARCO COMUNALE CITTÀ DI BOLOGNA

Da uno dei post sui social e tra questi: ‘Belluno al Centro’ - gruppo civico della coalizione di maggioranza che governa la città – è stata diffusa la notizia che nel Parco Comunale Città di Belluno, il noto gazebo in legno, non certo per utilità indifferente ai visitatori, è stato rimosso. L'iniziativa demolitrice vantata da detto gruppo, è stata giustificata dalla volontà di voler migliorare il decoro della città e perché richiesta da numerosi genitori frequentatori del Parco. I motivi addotti fanno riferimento a: problemi strutturali di sicurezza, precarie condizioni e carenza manutentiva del gazebo, nonché comportamenti dei giovani frequentatori di quel parco, 'lontani dal senso civico'. Viene anche detto, che la rimozione del gazebo è stata effettuata da 'operatori comunali'.

Che dire di questa autonoma iniziativa?

Che non c'è traccia nel post di un legittimo documento decisivo di autorità o funzionario che ha autorizzato una perizia tecnica sulle condizioni del gazebo, e della posta in essere di un atto che sia determina, delibera, oppure ordinanza.

Non è pensabile comunque, che un gruppo di consiglieri da solo, si arroghi un potere che non ha.

Demolire un funzionale punto di riunione in un Parco cittadino, significa variare un progettato assetto di giardino pubblico, forse, ignorando i limiti delle proprie competenze. E ancor di più, per non avere considerato neanche il probabile rischio di un configurabile danno erariale con l'alienazione del gazebo.

Viene da chiedersi e chiedere: ma una struttura, sia pure semplice come il gazebo, di proprietà comunale (quindi dei cittadini tutti) può essere abbattuta per iniziativa di un manipolo di volenterosi (sic!) Consiglieri?

Il Presidente del Consiglio, il Consiglio, la Giunta e il Sindaco nonché le altre Autorità Statali cosa ne pensano?

Giuseppe Cancemi




martedì 26 settembre 2023

 


    Torrente Vanoi

Diga sì... diga no!



Il Vanoi è un Torrente alpino che si trova nel Trentino orientale. Ha origine presso il Passo Cinque Croci. L’alto bacino del Vanoi si trova in Val Cia.

La contesa politico-territoriale che si è riaccesa in questi giorni tra Regione Veneto e Provincia di Trento, riguarda un progetto di diga già visto, che interferisce periodicamente con la governance ambientale di contigui Comuni tra i due Enti.

Siamo in area del Bacino Vanoi (F. di Brenta) dove si è pensato (sic!) ancora una volta di progettare la solita diga, più volte riproposta ma che non trova l'approvazione di tutto il territorio, il quale non è solo veneto ma neanche solo trentino.

La Regione Veneto con l'ennesimo odierno 'studio di fattibilità' di una diga nella zona di Val Cortella, collocata massimamente in due comuni trentini (Canal San Bovo e Cinte Tes) ha rimesso in discussione il solito remoto contenzioso della diga, più volte bocciato.

In altri anni: 1922, 1959, 1985 e 1998 infatti, per detta progettazione era emerso più volte il limite della fattibilità sempre per gli stessi problemi non solo di natura geologica ma anche di sostenibilità.

Un diniego, che l'opposizione della popolazione del luogo, ha costantemente ripetuto più volte non avendo mai dimenticato il monito di quell'evento rovinoso di tracimazione dell'acqua contenuta nella diga del Vajont nel 1963.

Questo nuovo studio di fattibilità esitato dalla Giunta regionale del Veneto, posto tra le risorse richieste per il Piano Regionale di Resilienza e Resistenza, per sommi capi si ripropone ancora una volta obiettivi come:

“1. Difesa idraulica di un vasto territorio nelle province di Vicenza e Padova.

2. Contrasto delle magre fluviali, specie nei periodi di siccità, sempre più prolungati per il cambiamento climatico.

3. Promozione colture agricole di un vasto territorio, interessante tre Consorzi di bonifica (Brenta, Acque Risorgive e Bacchiglione)” i quali collocano nella reiterata diga, la centralità del progetto.

La bocciatura ancora tout court non si è fatta attendere da parte di chi avversa tale decisione, per i noti motivi già detti, che rimangono inderogabili. A meno che, non si vogliano trovare soluzioni diverse per gli elencati motivi, che non la diga.

La nostra Era dell'Antropocene ha mutato di molto i parametri di adattamento delle specie nel nostro pianeta. A partire dai cambiamenti climatici che sono noti a tutti, per esempio, la diminuzione della disponibilità idrica e la conseguente inferiore resa delle colture, i crescenti rischi di siccità e l'aumento degli incendi boschivi, le perdite della biodiversità e le ondate di calore ne sono il palese segnale. E qui gli impegni di contrasto a simili calamità presi in ambito europeo, hanno senso e dovrebbero rappresentare il 'faro', la guida per tutte le richieste di finanziamento.

Una diversa risposta agli obiettivi che sia sostenibile, può essere ricercata senza per questo rincorrere ancora le conosciute urbanizzazioni dell'ambiente naturale che, per esperienza, non sono più percorribili.

Fermi restando gli OBIETTIVI dichiarati come nel caso, che solitamente sono solo pensati (in ambito politico) e poi affidati allo studio dei/del progettisti/sta, ecco, sarebbe più utile pensare intanto ad una scelta valutativa di avvio quale può essere un'approccio integrato tra ANALISI MULTICRITERIA e COSTI E BENEFICI, che di solito si applicano nella valutazione dei progetti complessi.

Questo insieme di analisi, è richiesto e si utilizza quando gli obiettivi da considerare nelle scelte sono molteplici e la valutazione del prodotto finale oltre che al fine economico guarda anche ai benefici. Quest'ultimi, rappresentano quel quantum non monetizzabile (o difficilmente monetizzabile) compensativo, che nel complesso dei costi complessivi della realizzazione sono di ausilio alla decisione.

È lapalissiano comunque, che nelle attività di progettazione e gestione dell'ambiente naturalevadano coinvolti professionisti ad hoc come gli ingegneri ambientali, che hanno un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle risorse naturali e nella promozione di soluzioni sostenibili. La loro attività spazia dalla gestione al controllo delle risorse idriche e del suolo, compreso anche lo smaltimento di rifiuti.

A mo' d'esempio nel nostro caso, si può pensare che il progetto IDRAULICO, riconducibile alla difesa idrogeologica, dovrebbe avere il significato di attutire le piogge definite: temporali di calore o temporali autorigeneranti (intese come: 'bombe d'acqua'), per una parte, e fare in modo che il suolo già com'è, specie quello compromesso dall'opera dell'uomo, non venga ulteriormente impermeabilizzato o sistemato in modo da favorire il debordo degli argini o comunque il deflusso alluvionale verso le aree urbanizzate.

Il contrasto alla SICCITA', e non solo alla siccità, si ottiene, prioritariamente, rispettando le aree golenali. In esse, già corridoi ecologici naturali, se mantenute bene si preserva la biodiversità della flora e della fauna, si alimentano le falde acquifere e si filtra l'acqua che diventa potabile.

Dunque, non astratte progettazioni legate alla fantasia estemporanea di un qualche contesto politico ma rispetto degli argini dei corsi d'acqua e ottimizzazione della produzione e distribuzione delle riserve idriche.

La TESAURIZZAZIONE delle acque, va ricercata nel suo mantenimento per un maggior tempo possibile, sulla terra ferma. Per esempio, gradualmente negli usi idrici civici, solitamente molto dispersivi del prezioso liquido, si può organizzare una manutenzione degli impianti programmata: preventiva e corrente, con standard appropriati per mantenere massima l'efficienza del servizio e minima la dispersione idrica. In aggiunta, è possibile anche riformare il regolamento edilizio comunale con l'obiettivo, nel caso di nuovi lavori di recupero nel territorio, di ristrutturazione edilizia, etc. di modificare l'impianto idrico con una doppia circuitazione al fine di massimizzare il tempo d'utilizzo delle acque, prima di essere totalmente scaricate nell'impianto fognario.

Nell'insieme, un utilizzo strategico di raccolta delle acque piovane e un doppio impianto idrico in ambito domestico, commerciale, industriale e comunque in qualsiasi ambiente urbanizzato, diventa un utile ricircolo di acque grige riutilizzabili, e dunque innovazione di sicuro risparmio.

Le COLTURE AGRICOLE per essere più sicure e rivalutate vanno ripensate e riferite ad un equilibrato uso del territorio in senso produttivo e di contrasto al mutamento climatico in atto, non senza una particolare attenzione ai prodotti dal punto di vista della sostenibilità. Rispettando l’acqua, la terra e la biodiversità.

Con questi obiettivi di decarbonizzazione e di responsabile selettività ecologico-economica, l’agricoltura sostenibile può trarre grandi vantaggi dalla cosiddetta Agricoltura 4.0 nonché dalle tecnologie emergenti come l’IoT (una rete di oggetti e dispositivi connessi), l’analisi dei dati e la Blockchain (informazioni all'interno di un database aziendale).

La Giunta regionale del Veneto converta il progetto di diga in regolamenti e in linee d indirizzo lasciando scegliere ai Comuni cosa fare per Next Generation EU ("Recovery Fund").

Si incoraggino i modelli di risparmio idrico e di ricircolo delle risorse in modo eco-sostenibile.

Gli obiettivi che motivino la fattibilità possono essere ricercati in altre soluzioni meno 'aggressive' nelle modificazioni territoriali in senso urbanizzativo e maggiormente in linea con gli orientamenti europei di contrasto alle avversità atmosferiche attraverso le vie già tracciate di transizione.

Giuseppe Cancemi

domenica 30 luglio 2023


CALTANISSETTA: PROGETTI, SEGNALI DI FUMO E NEXT GENERATION


Il rilancio che il Presidente di Italia Nostra Sicilia fa di un remoto progetto politico, col quale da lungo tempo il Comune di Caltanissetta si ripromette di ristrutturare e riqualificare due ambienti urbani del centro storico, ci mostra ancora il vezzo di quella politica monocorde che insiste sul fare per “avere”. Una categoria che si oppone a un più razionale operare per "essere", in tutti i sensi.

Nel nostro caso ad esempio, per la rigenerazione di Largo Barile, dove si è progettata una “nuova e funzionale piazza”, così come presentata e visto anche il suo rendering, è lecito pensare ancora ad un  solito “avere”  mosso più da esigenza estetica, che non da una occorrenza di “essere” necessità rilevata, a cui si vuole dare una “studiata” risposta.

Un uguale destino che lega al nostro Largo Barile anche le vie Medaglie D'oro e Re d'Italia è lo “sventramento” del 1952/53 di quelle aree, chiamato eufemisticamente “ricostruzione post bellica" (sic!). Questo comune intervento demolitivo avrà pur avuto una motivazione, una sua ragion d'essere. Qualcosa che fa nascere un interrogativo spontaneo: ma la realizzazione di una nuova piazza funzionale solo per Largo Barile perché; è un fatto episodico, random o cos'altro?

Insomma, a pensarci bene, viene spontaneo anche domandarsi: ma qual è la logica, la ratio che ha promosso quelle due scelte di cui stiamo discutendo!

Siamo oramai in tempi che bisogna, come dicono gli ambientalisti, pensare globalmente prima di agire localmente. La crisi urbana del centro storico di Caltanissetta è da tempo diventata endemica.

Indispensabile più che mai, oggi, per i segnali di crisi meteorologica e climatica appena vissuti, è il progettare con strumenti di analisi multicriteria, che valutino tra l'altro, anche l'irrinunciabile sostenibilità energetico-ambientale.

la città storica va pensata in un quadro di interventi, che funzionalmente dovrebbero intersecarsi e interagire. L'individuazione urbanistica delle preesistenze storico-artistiche e ambientali con i propri vincoli, sono quella parte materiale che per essere salvaguardata va recensita con gli occhi di una storia legata al genius loci che aleggia sul centro storico e sul territorio tutto.

Quel cielo, quella vegetazione delle assolate campagne, la roccia calcarenitica da cui il territorio ha ottenuto una sua impronta per opere uniche, il gesso come legante, l'argilla della terracotta, i ciottoli del suo fiume, tutti, formano un riconoscibile patrimonio esclusivo, che riassume un luogo particolare e diverso da ogni altro.

Ma non basta!

Viene da dire che l'attenzione urbanistica non può e non deve limitarsi al solo patrimonio “materiale” di un centro storico, ma al quadro complessivo che si completa con il sociale: l'immateriale. Un unicum, che comprende quelle funzioni concorrenti quali sono i necessari fattori (naturalistici, demografici, cinematici, edilizi) che integrano e formano l'habitat di una città.

Il centro storico, per una gran parte di nisseni, lo sappiamo, non è appetibile da un punto di vista edilizio. La conservazione storica e urbanistica, che comporta l'area, non consente “abbuffate” per la speculazione. Ma non sanno che un centro storico che si conserva bene, costituisce la massima attrattività per una città che vuole incamminarsi verso uno sviluppo sostenibile.

Comunque, sembrerebbe velleitario occuparsi di centro storico, come ciclicamente si continua ad annunciare: senza avere prima indagato sulla composizione socio-culturale di provenienza di chi occupa le abitazioni più o meno degradate, di detto centro; conoscere qual è l’offerta/domanda di case; sapere quali tendenze e attese sono presenti nelle varie classi d’età, e quanto è presente in città l’invecchiamento della popolazione; quale indirizzo economico tendenziale ha la città e quali risposte possono favorire, l’attuale economia locale e territoriale, etc. etc..

Si aggiunga, che la realizzazione di un processo articolato e complesso come si annuncia essere quello appena accennato, si realizza con la partecipazione e il concerto, anche minimo, di tutti i cittadini.

Gli annunciati due progetti di Largo Barile ed ex Gasometro infine, come presentati, non danno l'idea di parte, che dovrebbe potersi articolare con un inclusivo insieme “immateriale”, che vuol essere e significare un ampia riqualificazione e rivitalizzazione dei luoghi.

Non si coglie per chi, perché e per quale convivenza umana (antropica e naturale) dovrà conformarsi in sostanza la parte “materiale”, fatta di rinnovati stock edilizi come aggregati urbanistici e complessi situazionali di servizio.

Insomma, recupero necessario e urgente sì, ma a patto che all’insieme di dati da ricercare/ completare appena accennati in aggiunta a quanto già progettato, costituisca quella parte indispensabile di ausilio irrinunciabile. Un faro per il recupero, il restauro e quant'altro serve per dare il la ad uno sviluppo sostenibile della città.

Si aggiunga infine, con la consapevolezza che il centro storico di Caltanissetta è vasto, che lasciarsi sfuggire l'opportunità che offre il PNRR, significa anche perdere il treno della next generation.

Giuseppe Cancemi 

sabato 10 giugno 2023

Consumo zero di suolo e Aree bianche

 

EX AREA AGIP 

Dal post Facebook: Belluno 🌇 decoro e sicurezza.

***

Al Presidente del Consiglio Comunale di Belluno

INTERPELLANZA


"ex Agip: necessaria una decisione del consiglio per la destinazione d'uso dell'area"

I sottoscritti consiglieri comunali

Premesso:

che in data 24 aprile 2022 il Consiglio Comunale ha individuato una zona di degrado nell'area ex Agip tra via Vittorio Veneto e piazzale dello Stadio delimitando un ambito di recupero da attuare attraverso un Piano Urbanistico

Attuativo (PUA);

che l'ambito del piano di recupero interessa aree con destinazioni urbanistiche diverse, una essendo "semintensiva B" e l'altra "F" con destinazione a "verde pubblico attrezzato";

che risulta esser stato nel frattempo effettivamente presentato un PUA da parte di un privato, che prevede la realizzazione nell'area di cui trattasi di un supermercato;

che si è recentemente conclusa positivamente la Conferenza di servizi decisoria indetta ex art.14, c.2 legge n. 241/1990 e ss. mm. ii. in forma semplificata e modalità asincrona;

che, ove mai ciò fosse definitivamente approvato in Giunta, di fatto si prenderebbe atto di una nuova zonizzazione urbanistica anche dell'area "F"

cd. "bianca", che deriverebbe secondo i proponenti il PUA dalla decadenza dell'originaria destinazione a verde pubblico;

che proprio per questo motivo appare difficile ritenere che il PUA sia "attuativo" del PRG nel mentre prevede una nuova zonizzazione e quindi richiede una valutazione urbanistica sulla destinazione non del fabbricato ma della zona e richiede quindi un'apposita valutazione e deliberazione del Consiglio Comunale;

che anche qualora il vincolo espropriativo fosse decaduto, ciò nonostante l'area dell'ex Agip non sarebbe comunque, senza un'apposita variante urbanistica, un'area a destinazione privata commerciale. Si tratterebbe di un'area cd. "bianca" ossia in attesa di una nuova pianificazione che, però, deriva comunque da un'area urbanisticamente pubblica;

che però a ben vedere potrebbe non essere neppure esatto che si tratti di un'area "decaduta" e dunque "bianca", perché già la Corte Costituzionale con la sentenza 20 maggio 1999 n. 179 aveva affermato un indirizzo rigoroso e restrittivo in merito all'individuazione dei vincoli espropriativi;

che infatti hanno carattere non espropriativo ma solo conformativo e perciò non sono soggetti a decadenza e all'obbligo dell'indennizzo tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, tra cui il vincolo di verde attrezzato, il vincolo d'inedificabilita per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde privato, ecc.;

che inoltre il vigente PRG di Belluno consente che i privati con propria iniziativa possano direttamente attuare e realizzare le destinazioni d'uso pubblico tra cui quella a verde pubblico dell'ex Agip, impedendo la decadenza del vincolo di tale destinazione d'uso (ancora attuale);

che in ogni caso, anche qualora si trattasse di un'area divenuta "bianca" (senza destinazione) egualmente non si potrebbe trasformare la stessa con un PUA in un'area a destinazione commerciale privata;

che nel caso del PUA in oggetto si è in presenza, di fatto, di una variante urbanistica che trasforma un'area destinata a verde pubblico (o al massimo non pianificata) posta in un punto strategico per tutta la città e per questo risulta evidente la necessità di uno specifico ulteriore passaggio in Consiglio Comunale non essendo sufficiente utilizzare lo strumento urbanistico attuativo del cd. PUA (art. 19 legge regionale 11/2004) per imprimere una nuova destinazione d'uso delle aree urbanistiche ma è necessaria la procedura di variante urbanistica, che prevede la competenza del Consiglio Comunale e il controllo della Città e dei cittadini, attraverso il doppio passaggio dell'adozione e dell'approvazione da parte della maggioranza dei Consiglieri con la possibilità anche di fare osservazioni e opposizioni da parte di tutti i cittadini;

che infatti l'art. 33 della legge urbanistica regionale prevede che nelle aree non pianificate interne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo "Piano degli Interventi" o di una sua variante che lo riguardi, sono consentiti al massimo gli interventi di ristrutturazione edilizia ma non attività di variazione della destinazione urbanistica, nemmeno con trasposizione dei volumi da un edificio o da una zona edificabile (come l'edificio residenziale sul lato piazzale stadio) ad un'altra zona, anche se in ipotesi "decaduta"; che la legge urbanistica prevede che neppure il Piano d'Assetto del Territorio possa introdurre una variante urbanistica come quella adesso proposta addirittura tramite un Piano Attuativo, ma solo il Piano degli Interventi;

che in ogni caso preme qui ribadire che: secondo la giurisprudenza la destinazione a verde pubblico non è decaduta;

se anche fosse decaduta non la si potrebbe assimilare di fatto ad un'altra, vicina ma diversa area con destinazione privata residenziale o commerciale;

l'indicazione di un'area come di "degrado" comunque non consentirebbe una trasformazione della stessa da area pubblica o area "bianca", in area commerciale (supermercato);

per trasformare l'area pubblica, anche qualora decaduta, in un'area in tutto o in parte commerciale occorre un'apposita variante urbanistica approvata Consiglio Comunale in sede di Piano degli Interventi e non semplicemente

dalla Giunta;

- anche l'individuazione di una zona di "degrado" non comporta di per sé mutamento della destinazione urbanistica, che resta una competenza del Consiglio Comunale.

Tanto premesso

ritenuto che

non debbono essere tolte al Consiglio Comunale le prerogative e le competenze esclusivamente riservate allo stesso e comunque che è assolutamente necessario il confronto pubblico e politico su scelte che riguardano un punto cruciale del nostro tessuto cittadino, forse il più vivace e attivo, mettendo al centro una effettiva e armonica ricomposizione e riqualificazione pubblica dell'area, nell'interesse prima di tutto dei residenti e in generale dei cittadini.

non pare inutile ricordare che anche per il competente Ufficio dell'Urbanistica della Provincia, il PUA non è idoneo alla variante dell'area (anche se fosse

"bianca") ma occorre una apposita, nuova, disciplina dell'area.

Risulta quindi opportuno e necessario che ogni operazione urbanistica sull'area di cui all'ambito di recupero deliberato il 24 aprile 2022 e, in particolare, quella oggetto del PUA con destinazione commerciale "ex Agip" sia comunque oggetto di valutazione come variante urbanistica.


I sottoscritti consiglieri comunali interpellano il Sindaco per sapere se ritenga di sottoporre tale valutazione al Consiglio Comunale affinché si

esprima nelle forme e nei modi di legge.


Belluno, 9 maggio 2023


Francesco Rasera Berna

Lucia Olivotto

Marco Perale

Ilenia Bavasso

***

Consumo zero di suolo e Aree bianche


Le questioni che solleva il post che precede, dovrebbero indurre tutti ad una maggiore riflessione sulla democrazia, le cui forzature quando si manifestano, sono la spia di un allontanamento da quel principio di sovranità popolare custodito dalla nostra Costituzione.
I due aspetti che hanno reso discutibile l'annunciata urbanistica, praticata dell'Amministrazione in carica, sono evidenziati nella su riportata Interpellanza: uno apparentemente formale ma di sostanza politica e l'altro di merito che verrebbe ad incidere sull'uso del suolo, nella fattispecie prezioso.


Va preliminarmente, comunque ricordato, che per l'urbanistica la potestà legislativa, appartiene ancora allo Stato e non alle regioni, fatta eccezione per quelle a Statuto speciale. Posto anche, che l'idoneità della destinazione delle singole aree, intesa a soddisfare gli interessi generali, previste dalla legislazione nazionale, non è discrezionale.
Il fatto che una decisione urbanistica investe la mobilità cittadina, l'assetto consolidato di una zona della città, nonché la modifica delle dotazioni territoriali e gli standard urbanistici, non può essere lasciata decidere (e la legge lo prevede) al ristretto gruppo consiliare come risulta essere la Giunta comunale.
Del resto, proprio per l'importanza che hanno le scelte urbanistiche, debbono essere sottoposte all'approvazione e deliberate dal Consiglio comunale.
Il D.I. 1444/68, in relazione alle dotazioni relative alle “parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale” individuate dalla lettera f) fa un preciso riferimento ad opere e spazi attrezzati pubblici o di pubblico interesse. Quel riconoscimento d'insieme (Zoning) non negoziabile, che determina la qualità di un sito di un piano regolatore e dunque, un'area urbana fatta di dotazioni in rapporto alla popolazione di zona insediata e/o da insediare.





















Brevemente, per concludere, la legge urbanistica “rivisitata” più volte dal Consiglio di Stato, precisa, che le cosiddette zone bianche, se provviste di disciplina edilizia e urbanistica comunale, godono della tutela di suolo nazionale che, a sua volta, rientra in un quadro di protezione dei valori di rilievo costituzionale. Zone bianche dunque, dove possono essere ammesse solo opere di risanamento e restauro o ristrutturazione.
Giuseppe Cancemi

 



Ferula communis

Ferla per i nisseni e i siciliani. Il gambo di questa pianta erbacea, è un materiale con una relativa resistenza meccanica e un basso peso specifico rispetto al legno. Facile da lavorare con un semplice coltello, che al contadino di una volta non mancava mai. In Sicilia è una pianta, da molti reputata infestante, assai diffusa. Veniva usata per piccoli sgabelli di uso contadino.  A Caltanissetta, di fronte alla villa Cordova, non so se esiste ancora, anni fa qualcuno di questi sgabelli si vedeva in un rivenditore di arnesi per i contadini.

Giuseppe Cancemi

giovedì 25 maggio 2023

Belluno e l'eliminazione delle piante spontanee



A proposito dell'uso degli erbicidi chimici, per il decoro del verde urbano e cimiteriale

Premesso che l'intervento per l’utilizzo dei prodotti fitosanitari in agricoltura, per la sua grande importanza, a Belluno ha un suo regolamento che risale al 2016 aggiornato nel 2019. Il ritocco di qualche giorno fa che intende modificarlo, con la recente approvazione, è in controtendenza con quello che si muove in Italia, in Europa e nel mondo.

Oggi, tra i diserbanti più utilizzati nelle coltivazioni di tutto il mondo, si sappia, il glifosato è la materia prima degli erbicidi. È un prodotto sintetico ottenuto nel 1960, presente in più di 750 prodotti differenti e se ne produce intorno alle 700.000 tonnellate.

Il commercio di questo componente chimico della Monsanto americana, acquistato successivamente dalla Bayer, viene sospettato di essere cancerogeno dall'Agenzia per la Ricerca sul Cancro, molto vicina all’Organizzazione Mondiale della Sanità,  che lo ha inserito in elenco del gruppo: “sostanze e fattori di rischio”.

Bisogna anche sapere che è attualmente sospeso in Europa dal 15 dicembre 2022. In Italia, è vietato nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, nonché aree gioco per bambini, cortili e verde interno in complessi scolastici e strutture sanitarie.

La Regione Veneto, qualche mese fa (febbraio 2023) ha emanato nuove Linee Tecniche di Difesa Integrata di vari prodotti agricoli, allo scopo di rivedere meglio il controllo dei vari infestanti.

Del glifosato, anche in Europa esiste un giudizio sospeso a seguito di una valutazione sulla sua sicurezza, nelle prove scientifiche sugli effetti, da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

L'annuncio sui quotidiani cittadini, apparentemente innocuo, dell'uso di un vago diserbante chimico fatto passare nei giorni scorsi, all'insegna di un decoro del verde pubblico e cimiteriale, potrebbe andare bene, ma bisogna essere sicuri. Molti diserbanti però, con nome diverso, usano il discusso glifosato, e questo come minimo imporrebbe una ulteriore attenzione e cautela.

I risultati, di una chimica “non amica” per l'uomo, possono manifestarsi in tempi anche lontani. Le decisioni, di casi come il nostro assai problematici, si sappia, possono richiamare responsabilità anche oltre i tempi di un mandato.

Prudenza dunque, consiglierebbe allora, di conoscere meglio come stanno le cose. Intanto, nell'attesa che si chiariscano i motivi dei vari divieti o rinvii, si mantengano le modalità di diserbo preesistenti, che significa con mezzi meccanici e/o a mano. E magari nel prosieguo, intervenendo con cronoprogrammi e non all'occorrenza, dopo lunghi tempi di abbandono come si è già visto. Si metta in conto una studiata “manutenzione programmata” puntuale, prevista dal bilancio, come si spera venga fatto anche per altri servizi.

Giuseppe Cancemi

sabato 13 maggio 2023

Urbanistica tattica a BL


 

FONTANA DI PIAZZA DEI MARTIRI

Piazzale del Nevegal, piazza dei Martiri con verde urbano ritoccato e fontana rimodernata, sono stati di recente progetti/ interventi che si possono ascrivere alla, relativamente moderna, urbanistica “tattica”.

Con quest'ultimo modo di definire i nuovi interventi fatti in città, passa l'approccio che con poche risorse (si fa per dire) si rimodellano e riattrezzano piazze, spazi e slarghi per un utilizzo nuovo e diverso dall'originario. Di solito, questa operazione come principio, serve per migliorare la pedonalizzazione o comunque la vivibilità dell'area “ritoccata”.

A Belluno, dopo il Nevegal, il cui progetto momentaneamente sembra essere stato archiviato, si è avuta in piazza dei Martiri una manutenzione del verde, con l'abbattimento (per sicurezza) di alcuni maturi alberi, sostituiti da alberelli, e si è anche proceduto al rinnovo della fontana.

Interventi apprezzati, ma non senza, qualche perplessità di alcuni cittadini.

La fontana per ultima, restituita alcuni giorni fa (il 4 maggio per essere esatti) alla fruizione dei cittadini dopo i lavori fatti, con l'annuncio di stampa: "Più bella, più sicura e più green", è stata maggiormente attenzionata per ciò che prometteva.

Le aspettative annunciate: luci multicolore, zampillamenti vari e se si vuole, anche da accompagnamento con note musicali, nonché risparmio idrico attraverso la ricircuitazione sempre della stessa quantità d'acqua, sono subito apparse concrete nel giorno dell'inaugurazione. Una presentazione, senza alcun battage pubblicitario, quasi in sordina e stranamente all'improvviso.

Il giorno seguente però (5 Maggio), il ricordo dell'evento fontana è stato rinforzato, mnemonicamente, dal ricordo scolastico dell'omonima lirica di Manzoni.

Andando al sodo, il nesso tra alberi abbattuti e acqua risparmiata, per associazione di idee, dovrebbe richiamare alle nostre menti il motivo che ha mosso l'avvio di questi interventi. Non ci vuole molto per ricordare che ultimamente, crisi energetica e crisi idrica si sono acutizzate. Lo spegnimento delle luci dopo una certa ora e l'utilizzo dell'acqua sotto controllo, sono state risposte recenti ad una emergenza oramai diventata endemica.

Una problematicità solo accennata per il nostro piccolo, ma che se immaginata a livello planetario, non è difficile pensare ad un anticipato tramonto della nostra era antropocenica.

Per capirsi, basti pensare al nostro Pianeta come ad una grande nave spaziale, dove, per similitudine con le navicelle micro create dall'uomo le risorse per la sopravvivenza a bordo, ci danno la misura di quello che è il limite inesorabile all'interno per spazi, persone e cose.

Rientrando nel nostro piccolo, all'urbanistica tattica di Belluno, nel quadro delle necessità che hanno fatto muovere gli interventi accennati, bisogna riconoscere che non si intravedono del tutto, le promesse attenzioni per un cambio di passo finalizzato alla riduzione del consumo energetico e al risparmio idrico.

Si può dire che il risparmio idrico va bene, anche se per una città come Belluno è poco. Altrettanto non si può dire per il risparmio energetico, tutto da vedere. La sostenibilità, nel complesso, è rimasta solo una parola.

Gli obiettivi degli interventi che coincidono con le promesse, sono quelli dell'abbellimento e della sicurezza.

A questo punto un qualche bilancio moderatamente ecologista andrebbe fatto per i precedenti motivi iniziali, che si presume abbiano deciso gli interventi per il riordino di detti luoghi storicamente già esistenti.

Per la manutenzione degli alberi del parco, il cui abbattimento di alcuni per motivi di sicurezza, ha forzatamente diminuito il presidio di preziose essenze per il carbon credit (CO2 non emessa o assorbita) vi è stato un rimpiazzo sì, ma minimo. Forse, poteva essere l'occasione per compensare il forte arretrato degli alberi eliminati in passato.

La fontana, ai fini di un bisogno generale dettato dalla carenza d'acqua, per le note difficoltà di approvvigionamento che annualmente si ripetono, con l'intervento di ricircuitazione di una stessa quantità acqua, ha sicuramente risposto alla richiesta necessità di risparmio idrico. Lo stesso non si può dire per il resto della complessiva modifica la quale, aggiungendo un ulteriore assorbimento di energia, richiesta da incremento di elettronica e di elettromeccanica (elettropompe), ha incrementato il consumo dell'energia elettrica.

Sicuramente il nuovo impianto avrà un suo appeal, ma il costo dell'acqua risparmiata e quello aumentato dal consumo elettrico, ai fini ecologici e a quelli economici, quali risultati daranno?

Può l'insieme dirsi sostenibile?

In pratica, si è quasi azzerato il costo del prezioso liquido, e questo va bene, ma si è moltiplicato il costo dell'energia elettrica che verrà consumata nel corso dell'anno per quell'abbellimento fatto da 13 getti, proiezione di luci e colori, musica sincronizzata con i getti e centralizzazione elettronica dei comandi. Per avere un'idea del consumo, basti pensare ai chilowattora delle varie elettropompe in funzione giorno e notte che modulano i getti dell'acqua, che non è certo quello di una sola misera elettropompa com'era prima.

Infine, non va dimenticato il potenziale uso della diffusione acustica che, se fatto con brani musicali moderni, deve fare i conti con i costi della SIAE.

Per concludere, un semplice conto come quello della serva, ci dice che si è azzerato il costo di un consumo idrico da “spreconi” ma si è aumentato quello energetico che non sembrerebbe dover costare certo meno di quello equivalente al costo dell'acqua precedentemente consumata. Per avere un'idea di ciò che si spende anche in consumo energetico in Kw/h ci darà una spesa economica ma in termini ecologici (quelli che più dovrebbero interessare tutti) l'elemento di confronto è il “carbon credit”, e di questo si sa che nel 2022 il prezzo era intorno a 90 euro per tonnellata di CO2 equivalente.

L'avere ridotto il consumo idrico da solo è un ottima cosa, ma non basta. L'obiettivo di contribuire attraverso un nuovo paradigma ambientale, atto a contrastare l'aumento del riscaldamento globale, le carestie idriche e quelle conseguenti alimentari, attraverso strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, coincide solo in minima parte con i cambiamenti voluti e che tali sembravano essere.

Si riconosca pure la novità estetica e la sicurezza ricercata, il lancio di un nuovo gadget, un “abbellimento”, qualcosa di attraente del parco di piazza dei Martiri in più ma, obiettivamente, non la sostenibilità.

Giuseppe Cancemi

lunedì 6 marzo 2023

Belluno: quale città nei prossimi lustri?


 

BELLUNO FUTURA 2030-50

(in cinque punti)
1 – Sana e Inclusiva. Una città che garantisce ai cittadini, per principio, una strategia universal design, un ambiente salubre, equo e sicuro, pari diritti e partecipazione di tutti compresi gli emarginati, capace di gestire le emergenze in modo resiliente. Inclusive city.
2 – Connessa e Accessibile. Una città ciclo-pedonale, caratterizzata da una mobilità personale attiva, intermodale e basata su un approccio della mobilità in termini di servizio. Mobility as a Service.
3 – Pro Energia ecosostenibile. Sistema urbano che consuma meno e meglio, con un patrimonio edilizio a zero emissioni e un sistema energetico urbano smart alimentato al 100% da fonti rinnovabili. Carbon neutral.
4 – A favore della Mitigazione delle Emissioni. Habitat adatto a contrastare i cambiamenti climatici, con un alto mantenimento di verde e valorizzazione delle risorse idriche, a beneficio della salute e della qualità di vita. Resilient City.

5 - Consapevole. Luogo nel quale, cittadini e attori del sistema urbano compiono scelte sostenibili e adottano stili di vita responsabili, riducendo l’impatto sulle emissioni in atmosfera, sui consumi energetici, sull’aumento della temperatura media urbana e sulla produzione di rifiuti. Ecological city


Giuseppe Cancemi