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sabato 7 novembre 2020

COVID-19 Anno 2020 (Tempo di coronavirus)

 

ATTIVITA’ ECONOMICHE O SALUTE?


Il serrato dibattito di questi giorni sulla scelta di chi vuole salvare l’economia e di altri la salute, non si esaurisce con una scelta di una delle parti. Riflettendoci, il soggetto da salvare, comunque, non è la persona ?

Quest’ultima, può essere colpita dal disagio economico o, alternativamente, rimetterci la vita.

Terra terra, mi viene da dire che se la produzione, il commercio, la cultura e tutto il resto serve alle persone, scegliendo di privilegiare l’economia si mantiene sì in vita l’economia, ma si trascura la vita delle persone.

Riflessione: ma se si trascura la vita delle persone in un evolversi della causa (virus) che ne produce la eliminazione, con un ritmo esponenziale, che detto con i numeri ha questa progressività… 2, 4, 16, 256… l’economia, per quale mercato, clientela, spettatore, turista, etc. dovrà e potrà sopravvivere?

Da Favole, libro 3° (La Fontaine) 

     Il Mugnaio, suo Figlio e l'Asino


L’evento contagio, per le conoscenze stocastiche elementari che abbiamo tutti, dipende dal numero di contatti che si hanno nelle nostre quotidiane relazioni sociali. Più incrociamo altri nostri simili e maggiore è la probabilità di essere contagiati. Logica vuole, che per diminuire la probabilità di essere contagiati, diventa basilare scegliere la massima riduzione possibile, di incrociare altre persone. Fatte salve le inderogabili necessità del nostro vivere.

Con un accostamento pratico, si guardi ad un caso di probabilità con dei dadi. Poniamo che si voglia con un solo lancio di due dadi, ottenere un numero >1 e <12. Sarà ben difficile che esca con un solo       

lancio. Possiamo invece rilevare, che la probabilità si fa sempre più concreta se aumentiamo il numero dei lanci.


Ecco col COVID se i “lanci” sono tanti, ci assicureremo la diffusione. A noi la scelta!


Giuseppe Cancemi

mercoledì 4 novembre 2020

CAVARZANO frazione di Belluno

 

Urbanistica indecisa

Facciamocene una ragione, l’area di Cavarzano è rimasta un luogo urbano irrealizzato e i vari tentativi negli anni, di agire secondo uno sviluppo urbano pianificato, sono falliti.

Da un secolo fa e fino ai giorni nostri, l’area, è stata sempre attenzionata da un Piano Regolatore di espansione. Il più antico ha iniziato ispirandosi alla “città giardino” di Howard, come nucleo abitativo autosufficiente, in mezzo al verde. La borghesia dei primi del Novecento, con la “Società dei Villini Cavarzano” ne è stata promotrice. Seguendo quest’impronta, altri due tentativi eufemisticamente detti di sviluppo, hanno continuato ed essere solo espansioni edilizie. Un ulteriore Piano Regolatore di Alpago Novello, noto architetto di quell’epoca, confermava l’area Cavarzano, come area di ispirazione borghese e attribuiva a Baldenich, altra area di espansione, uno spazio dedito alle costruzioni proletarie. Qui lo sviluppo lineare non è casuale. Nasce, dalla viabilità esistente di penetrazione da via Vittorio Veneto alla città storica.

Due scelte da manuale per fare “giustizia” alla rendita di posizione dei terreni del luogo, nelle due diverse pertinenze complementari nell’espansione. Facilità di lottizzazione e urbanizzazione primaria a buon prezzo, sono il risultato di tale scelta duale, delle varie amministrazioni di quell’epoca.

La successione di altri piani, procedendo secondo alcuni passaggi urbanistici, in qualche modo ha continuato ad insistere sull’idea di una residenza autonoma per strutture e relativi servizi.



Nonostante tutto però, quell’area è sempre rimasta una frazione utilizzata per ampliamenti della città di Belluno, senza una logica ricucitiva e infrastrutturale, finalizzata all’armonizzazione del sistema città. Sintetizzando, si può ancora dire che l’area Cavarzano ad oggi, non è la “città giardino” a cui la borghesia dei primi del Novecento voleva associare il suo sviluppo. Non è neanche quella pensata dall’architetto Alpago Novello, rimasta in corso d’opera. E neanche le tante varianti, compreso il prg approvato Masterplan (2012), che parla di “città sostenibile a misura d’uomo

Tutto quello che resta è una frazione non integrata con la città storica con tante idee “cartacee” o progetti se volete, di sviluppo ondivago.

Allo stato in cui siamo, oggi possiamo dire che Belluno è una città eclettica. Scientemente o casualmente ha sperimentato con alcuni dei suoi ampliamenti, alcune canoniche forme di organizzare la città. Baldenich con la sua distribuzione edilizia lungo la via Vittorio Veneto che ricorda le città lineari. Cavarzano, area di tipo satellitare, con la sua distribuzione in isolati ortogonali, conferma la sua crescita per lotti di ampliamento edilizio e originaria ambizione di centro autonomo.

Ma l’edilizia contornata da verde e tanta aspirazione borghese, col trascorrere del tempo, ha dovuto condividere il suo spazio, che voleva essere aristocratico, con un’edilizia economica dai connotati più “popolari”.

Il Masterplan infine tre le tante varianti succedutesi, arriva come ultimo della serie che fa crescere la frazione in volume edilizio, ma che comunque in termini moderni si pone per obiettivo sostenibile: un quartiere a misura d’uomo. In effetti la realizzazione di un insieme di scuole di vario grado vengono realizzate.

Ma la saga di Cavarzano non finisce qua!

Sorpresa delle sorprese, un noto dibattito promosso dal P.A.T. in questi ultimi giorni ha, tra l’altro, risvegliato un interesse di strada che rivoluzionerebbe la circolazione di un quartiere. Un’area, nei cui dintorni vi sono scuole che spaziano dall’infanzia all’adolescenza, fatta di strade con prevalente mobilità pedonale e ciclabile. Il baratto, riguarda un breve tratto di progettata pista ciclopedonale con altra strada, questa motoristica, decisa in un precedente PRG ma abbandonata da tempo.

Per quest’ultima l’Amministrazione Comunale in carica sembrerebbe mostrarsi possibilista.

La costruzione di un tratto di strada che canalizza un traffico motoristico che ora non c’è, in una quieta area che ambisce rimanere prevalentemente pedonabile, al di là di tutto, appare una scelta politica difficile da comprendere.

L’area di Cavarzano, avendo scelto a suo tempo una sua autonomia sia pure oggi incompiuta, ha realizzato comunque, proprio in quei luoghi un polo scolastico tendenzialmente, a misura d’uomo. I vari plessi che lo compongono, secondo gli ordini di scuola, sono stati collocati con il criterio delle distanze colmabili a piedi (isocrone).

Quelle preesistenze, va ricordato, appartengono ai principi della sostenibilità ma anche agli orientamenti green che l’Europa ha sposato, impegnando ingenti risorse economiche.

I tempi delle città che rincorrono la motorizzazione, in tutta Europa appartengono al passato. Si punta sempre più ad una mobilità su mezzi pubblici e, in situazioni come quella nostra, ad includere tutti gli spazi adiacenti a scuole per l’infanzia, elementari e medie nelle zone 30 (vedi P.U.T.).

La logistica dei trasporti è cambiata con e-commerce, gli scambi intermodali e i percorsi ottimizzati. Un ritorno alla scelta stradale di PRG datato, appare più che mai obsoleta perché nel frattempo a Belluno si sono modificati i trasporti, gli spostamenti e le necessità della Comunità locale.

Giuseppe Cancemi




mercoledì 21 ottobre 2020

PIANO DI ASSETTO TERRITORIALE

P.A.T. - Atto secondo

Infrastrutture fisiche e digitali per la MOBILITÀ 

La Consultazione pubblica come parte del “percorso partecipativo” prevista per l’adozione dello strumento urbanistico P.A.T. del 19 ottobre c. m., ha messo in luce una volontà, direi quasi, di stanca continuità. Una logica di sviluppo, che non contempla appropriati elementi di novità al passo coi tempi.


Le aspirazioni degli amministratori del territorio bellunese, emerse dalla consultazione, semplificando, hanno dato l’impressione di confermare un preconcetto bisogno, orientato verso un‘espansione di infrastrutture trasportistiche su gomma, come previsione predominante per il prossimo futuro. Rotatorie, raccordi, tangenziale, parcheggi e autostrada A27 e quant’altro, a beneficio dell’auto come totem, non sono sembrate “sconvolgenti” alle persone che partecipando all’incontro, hanno aderito a questa nuova forma di audizione pubblica, rivolta per teleconferenza agli stockholder del territorio. Qualcuno a proposito della mobilità, che da qui al 2050 continuerà ad essere inquinante, ha rivendicato un’attenzione, anche, verso i velocipedi o mezzi di trasporto individuale con velocità massima 30 km/h, reclamata in tutta Europa. Non sembra essersi evidenziata negli interventi alcuna volontà di scoraggiamento per il traffico su gomma, a favore di spostamenti della popolazione circolante in area montana su mezzi ferroviari.

I nuovi paradigmi della mobilità, che con il progetto green europeo rivoluzioneranno anche il trasporto, non hanno sfiorato minimamente, nel dibattito in teleconferenza, l’idea dei partecipanti, amministratori pubblici compresi. La politica dei trasporti in Unione Europea, mira a soluzioni di mobilità e logistica efficienti, sicure e rispettose dell’ambiente. Concretamente si fa promotrice di azioni per creare condizioni idonee per un’industria competitiva e capace di generare crescita e occupazione.
Nel territorio di Belluno, sappiamo, che di tanto in tanto a seguito di qualche piovasco, negli ultimi tempi, il suolo mostra sempre più la sua vulnerabilità. L'addebito per questi, a volte disastri, viene attribuito alla crisi climatica. Ma ad amplificare il danno invece, non di rado, concorre il ritardo della manutenzione o la sua totale assenza.

L’infrastruttura stradale, per l’alta diffusione della sua rete, e a causa della sua impermeabilizzazione di suolo diffusa, ne paga sovente le conseguenze. Segno, che una spinta antropizzazione non si concilia con gli ambienti naturali delle valli, che solcano il territorio.
Frazioni e Comuni, per questo, rincorrono sempre più gli eventi calamitosi ma non sempre praticando una prevenzione manutentiva puntuale. Forse, per questioni economiche, mancano di una cultura della manutenzione programmata.

A cominciare dalle novità come smart working, industria 0.4, banda larga, etc. ci si dovrà muovere molto meno e fare viaggiare di più le informazioni. L’industria dovrà anche rivedere il tempo di lavoro nelle fabbriche. Insomma possiamo dire che, per gli eventi che si preparano per il territorio bellunese, il futuro è già cominciato. La mobilità a scopo di lavoro e per altre esigenze, ha già fatto diminuire i suoi spostamenti. Si pronostica anche una revisione del tempo di non lavoro, in aumento. Tutto questo per la montagna può avere un significato, che non può essere trascurato.
Il dibattito, non ha evidenziato alcun accenno, alle risposte da dare nel merito degli spostamenti, ma neanche alla ricucitura da dare alla dispersione della popolazione nel territorio, e ai suoi raccordi con tutta la provincia bellunese. Un enorme numero di frazioni (33) formano la città e ben 61 Comuni caratterizzano il territorio provinciale, con una popolazione residente la cui età media avanza, mantenendo una sua stanzialità.
Un ulteriore allungamento dell’autostrada fin oltre il territorio di Belluno non fa bene né alla natura né al territorio.

Gli abitanti della montagna da tempo sono abituati a condividere con chi frequenta i luoghi o transita, quella “lentezza” e contemplazione della natura che chi vive o frequenta la montagna apprezza, sapendo anche che ritempra l’uomo.
Un transito su gomma che bypassa il territorio bellunese velocizzando l’attraversamento, non è un beneficio ma un danno alle Comunità locali oltre che all’ambiente. Sarebbe auspicabile un potenziamento del trasporto pubblico, prevalentemente su rotaia, che permette di servire meglio le Comunità locali, favorendo anche la distribuzione degli occasionali visitatori della montagna.
Una situazione vantaggiosa anche per i valligiani, per preservare il loro buon livello di autonomia personale, e non indebolire quel tessuto sociale che vive in centro e in periferia.
Si vuole significare con i precedenti accenni alla popolazione e ai luoghi -riferimenti assai importanti - che il Piano di Assetto del Territorio, deve potersi sintonizzare con il vissuto dei luoghi, prima di essere coniugato con la mobilità e i trasporti.

Si eviti di cristallizzare lo strumento urbanistico, a puro e staccato riferimento teorico della realtà esistente. In buona sostanza, si dia al P.A.T. il compito di cogliere l’essenza dei nuovi bisogni in tempi di transizione, per una realtà territoriale che può collocarsi tra le città territorio intese come Smart city.

Giuseppe Cancemi


venerdì 16 ottobre 2020

RIPENSARE IL FUTURO DELLA MONTAGNA

 


Turismo bianco o futuro nero ?

Premesso che tutti vorremmo un Nevegal risorto o comunque in grado di continuare con le proprie forze, ma non è difficile comprendere che siamo fuori da ogni ragionevole aspettativa. Qualche tempo fa, già si pronosticava un turismo bianco da un futuro nero per le quote più basse dell’arco alpino.

A tutti, dovrebbe essere noto che sulle Alpi, al di sotto dei 2000 metri, sempre con meno neve, non è più possibile sciare con piste naturalmente innevate. I cambiamenti climatici fanno sentire il loro effetto e molti comprensori, sappiamo, ne soffrono le conseguenze. La gestione degli impianti ha costi non più sostenibili da tempo. La stagione sciistica si è accorciata, e per necessità di sopravvivenza degli operatori in servizio, si è arrivati ad aperture di stagione ritardate ma con piste dove compare anche l’erba. Gradatamente, si è passati verso un più diffuso innevamento artificiale sostenuto da cannoni sparaneve che economicamente aggravano il mantenimento dell’impianto.

La questione Nevegal è politica, e non può essere affrontata in termini demagogici o superficiali, perché è un problema economico, prima di tutto con riflessi sulla vita delle persone: chi vi lavora. Tutti si prodigano per il Nevegal (a parole) ma non mi sembra che alcuno abbia presentato, per la sua continuazione nella gestione degli impianti, uno straccio di “business plan”. In semplici parole, quell’idea imprenditoriale che riesce a spiegare una fattibilità nella continuazione che sia competitiva e sostenibile.



Purtroppo, s
i discute da anni come se fosse un fatto a sé stante e non come tema di interesse territoriale per Belluno. Tutto tra l’altro avviene, tralasciando quello che è l’impasse principale: il cambiamento climatico di questi ultimi anni.

La recessione del 2007, oltre al cambiamento climatico, è il punto d’inizio della crisi che avrebbe colpito i comprensori sciistici. LOCSE (Organizzazione Cooperazione Sviluppo Economico) in una sua ricerca, se ne occupa facendo notare che per il mantenimento di un comprensorio occorre un innevamento della durata di 100 giorni all’anno e un’altezza della neve di almeno 30 centimetri. Altro dato non trascurabile nella complessiva crisi determinata dal clima in montagna, riguarda la temperatura media, la quale per ogni grado in più fa alzare il livello sciabile di 300 metri.

E’ un fatto, che per i comprensori sciistici sono in atto un certo numero di chiusure verso fondo valle di chi dichiara fallimento e di altri che fanno proposte di salvataggio con ricorso ai fondi pubblici.

Volere ancora insistere nella priorità turistica delle piste da sci, può sembrare più un “accanimento terapeutico” che non altro.

La montagna ha tanto da dare e non testardamente per forza un’offerta turistica in perdita puntando quasi esclusivamente su un’attività monocorde. In tempi di transizione sarebbe bene riprendere con maggiore orgoglio le offerte di eccellenza che offre la natura dei luoghi. Insomma non sarebbe poi così difficile orientarsi verso approcci di più basso impatto ambientale.

Vengono in mente: l’accoglienza, l’ospitalità, la vendita di prodotti locali e i servizi per il tempo libero per la bellezza dei luoghi.

E  il territorio di Belluno, di risorse come quelle accennate, ne ha di primati da offrire.

Giuseppe Cancemi


Vedi anche: https://gcancemi.blogspot.com/2023/02/nevegal-riqualificazione.html





venerdì 25 settembre 2020

EX PIAZZA DE LUCA - BELLUNO

 

Rotatoria in via Vittorio Veneto a Belluno


La rotonda in corso di realizzazione lungo la via Vittorio Veneto, viene presentata alla città di Belluno come un intervento di riqualificazione "compensativa” . Nello specifico, vuole essere un intervento di: “...miglioramento della segnalazione e riqualificazione dei passaggi pedonali, abbattimento delle barriere architettoniche, riqualificazione delle fermate dei bus, rifacimento delle pavimentazioni dei marciapiedi.”
Detta rotatoria, viene a collocarsi su di un trafficatissimo asse viario nei pressi di un luogo, destinato ad accogliere una nuova attività economica. In soldoni, un ennesimo centro commerciale. L'esigenza della modifica stradale, si rende necessaria per agevolare la circolazione in loco, a causa di un prevedibile incremento di traffico automobilistico.
A giudicare da come stanno andando le cose, forse, questo progetto per effetto della pandemia o per un difetto di trasparenza, finora, non deve essere stato molto attenzionato. Lo stesso autore del monumento in piazza De Luca, solo ora, a lavori avanzati, si accorge del colpo di spugna che è stato dato alla sua opera. Per la verità, il Comune di Belluno non è nuovo di azioni come questa. Aveva già dato segno di stancarsi presto delle opere d’arte che commissiona, e i cittadini lo lasciano fare. Circa un decennio fa, ricordo, l'opera di Arnaldo Pomodoro, “Novecento”, è stata acquistata e poi venduta, senza che alcuno se ne dolesse o battesse ciglio. Ora ci risiamo ancora, spiana la “firmata” opera, stranamente trascurata, di piazza De Luca e dei suoi alberi che l’adornavano. Forse, cancellando anche la segnalazione di uno dei 22 punti geodetici, parte dell'intera rete plano-altimetrica nazionale (13.000 punti in tutto, dell'attuale rete viaria italiana).
Nella premessa progettuale di questo intervento, che modifica pesantemente la destinazione dei luoghi, si accosta al progetto una reclamizzata messa in sicurezza. Il che fa pensare a chissà quale “pericolo” da scongiurare.
Il timore che si legge, però, nei principi della riqualificazione invocata, sembra riconducibile alle previsioni d’incremento della mobilità urbana in prossimità dell’area da trasformare. Se tale era la preoccupazione, non si capisce perché si è consentito un ulteriore insediamento commerciale che sappiamo letale per il mantenimento degli esercizi di vicinato, da sostenere ("a parole"). Non a caso nello studio della progettazione non si coglie un qualche accenno al bisogno di un piano commerciale per tutto l’hinterland bellunese.
Una scelta politica non certo favorevole per un territorio come quello di Belluno, già penalizzato perché insieme di piccoli nuclei abitati che avrebbero necessità di una “ricucitura” urbana. E non è solo questo che peggiorerà i dintorni dell’ex piazza De Luca. Forse non si è pensato che il rallentamento dei mezzi meccanici in movimento, farà aumentare anche l’inquinamento atmosferico. Come minimo, il progetto di rotatoria, si doveva anzitutto preoccupare, con una attenta analisi dei flussi di traffico del luogo, di conoscere i livelli di CO2 e di polveri sottili (PM 2.5 e PM 10). I cui valori, quasi sicuramente, avrebbero scoraggiato la scelta che si sta attuando.
La stampa è l'unica fonte che ha informato la cittadinanza di questa invasiva trasformazione. Nonostante tutto il tempo passato dal primo annuncio, non c’è stata alcuna lamentela. La solita impugnativa che non manca nelle varianti urbanistiche con qualche osservazione e/o opposizione previsti al momento della pubblicazione ufficiale, è mancata. Ed è mancato anche uno dei soliti ricorsi al TAR. Tutto è andato liscio a parte qualche “rumor” sulla temuta perdita dei parcheggi auto.
Altra osservazione di natura urbanistica che va fatta a questa modifica della viabilità in via Vittorio Veneto, se soffermiamo l’attenzione allo “smontaggio” di un’alberata e una ben attrezzata piazza, con monumento realizzato dall’Arch. Francesco Palma, che poteva piacere o meno ma era pur sempre un opera intellettuale che non può e non doveva essere cancellata per fare posto ad un incrocio stradale senz’anima.
Poi, se si vogliono ancora approfondire i motivi squisitamente urbanistici, in concreto, non può essere trascurata la leggerezza con cui si è deciso di abbattere le otto essenze arboree mature che ombreggiavano la zona e compensavano, questi sì, i luoghi con la loro restituzione di ossigeno che attenua le emissioni di anidride carbonica.
Infine, qualche ulteriore dubbio su questa “riqualificazione” nasce riflettendo sugli spazi qualificati e già vissuti del precedente progetto, che la legge sancisce come standard residenziali, barattati per un traffico automobilistico che non migliorerà la componente residenziale degli abitanti di quella zona.
Un ulteriore semplice richiamo alla riflessione può ancora essere fatto su verde e spazi pubblici sacrificati, nonostante la loro legittima allocazione di progetto a norma della legge nazionale (D.I. 1444/68) sugli standard residenziali.
E' lecito chiedersi a questo punto, se quella che si sta attuando nella, ora, ex piazza De Luca è riqualificazione e se la Corte dei Conti, definita “come garante imparziale dell'equilibrio dell'economia e della finanza pubblica”, può permettere l’alienazione di un ambiente urbano definito, come quello di cui stiamo parlando, di proprietà pubblica, mediante una discutibile trasformazione.

Giuseppe Cancemi

domenica 30 agosto 2020

NUOVA LEGGE URBANISTICA IN SICILIA

La Regione Sicilia ha esitato nei giorni scorsi la sua ultima legge urbanistica. Rientra nella prevista autonomia delle Regioni a statuto speciale, che hanno potestà legislativa in materia, riconosciuta dalla Costituzione italiana. 


E’ composta da 55 articoli in tutto. Vuole essere una legge con il dichiarato scopo di frenare l’intenso consumo di suolo inarrestabile di questi ultimi lustri, fino ad annullarlo entro il 2050 così come deciso in ambito europeo. Si annuncia complessa nella sua articolazione e poco “amichevole” nella traduzione in attività realizzative. 

Sembra più favorevole alla burocrazia, che si vorrebbe alleggerire (a parole da parte di tutti), che non per facilitare, semplificando, le modalità operative degli interventi sul territorio. Nell’articolato, appaiono norme che spaziano e si “allargano” verso ambiti e competenze storicamente appartenenti ad altri assessorati. Si profilano all’orizzonte della legittimità costituzionale e del diritto, impugnazioni per quelle norme che sembrano contraddittorie. 

Tali appaiono quelle previsioni del Piano urbanistico generale (PUG) che hanno efficacia a tempo indeterminato, a fronte di vincoli espropriativi che decadono dopo cinque anni. Una confusionaria “Perequazione urbanistica”, rappresenta la ciliegina sulla torta, per l'inevitabile contenzioso che si paleserà ai primi confronti d’interesse pubblico/privato tra diritti edificatori e diritto di attuazione delle previsioni urbanistiche. Non si comprende come mai, specifici professionisti in materia di urbanistica, presenti sul “mercato”, siano stati ignorati. 

Infatti questa legge, prevede un apposito Comitato Tecnico Scientifico dell’Urbanistica, come organo di riferimento, la cui formazione non prevede un solo rappresentante, uscito da un corso di laurea in urbanistica o scienze della pianificazione territoriale e ambientale. D'accordo sulle varie figure professionali per una metodologia olistica ma non va bene che siano stati trascurati quei professionisti che provengono da studi accademici specifici in materia di pianificazione territoriale.

 Una mia valutazione per questa diciamo "disattenzione" mi fa pensare che i corrispondenti atenei, scarsamente si occupano del rapporto tra formazione e mercato delle professioni, e che gli ordini professionali, con scarso numero di iscritti, hanno poco" peso" nel reclamare. Forse oramai, è tempo che gli atenei facciano una revisione dei corsi di laurea, in materia di territorio, e per gli ordini professionali tutti, inattuali, si pensi ad una riforma o ad abolirli completamente. 

Con l’occasione, voglio comunque ricordare che esiste da tempo la classe L-21 delle Lauree in Urbanistica e Scienze della Pianificazione Territoriale e Ambientale. Oltre 20 corsi di laurea presenti in svariati Atenei italiani, che hanno “sfornato” un folto numero di professionisti. 

Per dare una delle tante motivazioni che suscitano non poche perplessità sulla legge urbanistica regionale, l’art. 25 mi fa pensare alla gattopardesca mossa del cambiare tutto per non cambiare nulla. Là dove regola i contenuti di piano, nel comma 2, si stabilisce che le “previsioni hanno efficacia a tempo indeterminato”, fatta “eccezione per i vincoli preordinati all’espropriazione, la cui efficacia è di cinque anni”. 

Un semplice “rivoluzionario” cambiamento che riconferma una legittimità, che ora diventa ricorsiva automaticamente ad ogni lustro. Nella passata legislazione si inventavano le cosiddette “zone bianche”. Cioè aree titolate magari pubbliche nelle previsioni urbanistiche (Scuole, parchi, etc.), che perdendo la loro efficacia realizzativa dopo 5 anni, ritornavano con una qualche difficoltà sì, ma si rendevano libere sul mercato edilizio.

 Ora, nel Piano urbanistico generale comunale (PUG), le previsioni urbanistiche di alcune aree per opere pubbliche, in funzione di calcolate proporzioni tra standard residenziali e popolazione, come prima se non realizzate, allo scadere del vincolo dei 5 anni, diventeranno ancora più facilmente "zone bianche”, cioè aree da barattare e/o vendere. Non di rado queste aree, massimamente pubbliche, si ritrovano nelle parti interstiziali dello zoning, nelle cosiddette zone di espansione. Insomma sono “scampoli” di territorio che per la loro rendita di posizione sono molto ricercati per fini speculativi. 

Ecco, questo viene riconfermato, ma con la probabilità di diventare un contenzioso senza fine. Ad essere sinceri, non mi pare che la nuova legge urbanistica esitata dalla Regione Sicilia, sia realmente una innovazione normativa che dovrebbe azzerare il consumo di suolo entro trent'anni. Un tempo che tra l'altro, per i provati eventi accelerati che accompagnano l’uomo, è apparso assai lungo. 

 Si sa, recuperare suolo oramai è una necessità non solo europea ma di tutto il Pianeta. Contribuire al mantenimento del suolo, nel panorama mondiale è un dovere morale e più drasticamente di sopravvivenza per le generazioni future. La sostenibilità, in senso generale, è diventata un mantra. Ci indica già, estremizzando, cosa bisogna fare in fretta per il mantenimento e la continuità delle specie. E gli umani, con il loro antropocentrismo, se ne sono assunti nei millenni tutta la responsabilità che oggi avvertiamo. 

Un solo dato dovrebbe farci riflettere. Dalla metà degli anni ’50 la superficie totale delle aree urbane nell’UE è aumentato del 78% mentre la crescita demografica è stata di appena il 33%. 

Giuseppe Cancemi 



mercoledì 29 luglio 2020

BANCHI DI SCUOLA


Le nuove suppellettili in tempi di COVID-19


La questione dei banchi di scuola tradizionali e l’alternativa di quelli ministeriali proposti, con una foggia a misura di convegnista ma non di studente, che abbiamo visto sulla stampa, è un’attualità che va affrontata prima che inizi il nuovo anno scolastico. Il modernismo che ci è stato fatto vedere con le sedie su rotelle piroettanti a mio modesto giudizio è fuori luogo, non tiene conto delle varie fasce d’età degli scolari/studenti da un punto di vista sia fisico che psicologico. Penso alla disabilità, all'obesità ma anche allo spirito goliardico che è nei giovani e che li fa relazionare con dinamiche varie. Insomma, persone che nella seggiolina facilmente movibile, con uno striminzito appoggio e un poco adattabile spazio di accomodo alle variabili anatomiche, non si troveranno tutti bene, e che degli spostamenti non ne faranno sempre un uso disciplinato.





Il tradizionale banchetto che forse ha un’immagine “primordiale” che ha stufato, sotto sotto ha un’utilità che il nuovo design prescelto non può trascurare. Il banco, elemento principe del “posto alunno” è una superficie sostenuta da piedritti il cui insieme può costituire, all’occorrenza, una protezione per studenti/alunni e insegnanti in caso di evento sismico. Non ci vuole molto per un designer allestire forme nuove di queste suppellettili, utili per l’uso didattico e, data anche la fragilità del territorio italiano, per alzare l’asticella della sicurezza nelle aule e negli ambienti scolastici tutti.

Le norme UNI EN 1729 che assicurano le caratteristiche di banchi e sedie sono il riferimento sicuro che comunque lasciano libera la scelta nella realizzazione, fermi restando i nuovi vincoli che si sono aggiunti come il distanziamento e la necessità d'appoggio di nuovi strumenti di lavoro come il PC che sono entrati nell’uso didattico quotidiano.

L’autorità scolastica di vertice che presiede la scuola, anziché fornire un prodotto preconfezionato non sufficientemente pensato, s’impegni a bandire un concorso/progetto per le prossime forniture di nuove suppellettili nelle scuole, filtrate da linee guida. Quest’ultime, dovrebbero assicurare un insieme scelto di caratteristiche, al fine di dare risposte utili per comodità, funzionalità e sicurezza a studenti e alunni.

Giuseppe Cancemi

lunedì 6 luglio 2020

Contributo da lontano



Revisione Generale del PRG


La revisione generale del PRG, con la partecipazione attiva dei cittadini, nelle indicazioni da formulare per dare corso alla sua formazione, propone un atto amministrativo di importante valenza politica. Una condivisione, che la legge regionale n. 15 del 1991, pur se obsoleta, aveva già compreso.

Nella nostra città, l'evento è già stato vissuto, e quello in atto è un secondo rinnovo che si presenta, non senza nuove attese per inadempienze realizzative pendenti e nuovi scenari di un mondo che cambia rapidamente. Il nuovo strumento urbanistico, che ha iniziato il suo iter, per coniugare al futuro quegli interventi che servono per una migliore vivibilità urbana, ora, aspetta di selezionare, tra le varie proposte, quelle indicazioni di assetto del territorio realizzabili, cui aspira la collettività.
Caltanissetta tra gli altri temi urbanistici, un problema endemico mai risolto, che si ripresenta ciclicamente, lo pone il centro storico. In vari anni si è sempre discusso di un suo recupero, ma mai convintamente e stata fatta qualcosa per salvarlo dai crolli e dal degrado. Ultimamente, un apposito "programma costruttivo", relativamente ad hoc, ha aperto e chiuso un cantiere, per la rigenerazione di un paio di abitazioni.
Purtroppo, anche gli anni dello sviluppo edilizio, alimentato da interessi speculativi, rivolti ad un'edilizia qualitativamente medio-bassa, hanno prodotto solo periferie disadorne. Vari stock edilizi di queste zone, cosiddette di espansione, in assenza di interventi manutentivi, sono oggi anch'essi soggetti ad un degrado che si propaga. In città è rimasto un surplus di case sfitte e un bisogno abitativo da compensare, mai affrontato con un vero progetto di social house.
Le risorse economiche, di provenienza europea e nazionale di questi anni, non sono state sufficientemente attenzionate, e quindi, sono state lasciate sfuggire. Caltanissetta, città terziaria di lungo corso, con un'economia prevalentemente fatta di occupati nei servizi e nel commercio, senza una particolare vocazione di altra natura emergente, ha resistito sì alla crisi economica di lunga durata, ma ha perso non pochi pezzi di un'imprenditoria, che non ha saputo rinnovarsi, come in altre realtà territoriali.
Gli effetti di questa economia asfittica, li ritroviamo nell'aumento di incapienza di non pochi cittadini. Complessivamente, possiamo dire che il tessuto sociale, per gli effetti del noto fenomeno migratorio del Mediterraneo, in qualche modo ha ricevuto una compensazione anagrafica, nei confronti di un lento spopolamento in atto, e sono comparsi nei quartieri di centro piccole attività artigianali, non nuove, ma che da tempo non erano più presenti in città. Inoltre, un altro segnale importante che la città mostra, da non sottovalutare, viene da alcune nuove tendenze di business, nelle attività di nicchia verso le risorse naturali e culturali in generale.
In questo quadro socio-economico non certo esaltante, per una più che necessaria ripresa della Comunità nissena, la sfida è ardua e l'occasione di un evento coinvolgente non basta. Bisogna convincersi e convincere che l'occasione può diventare opportunità se si potenziano gli elementi di forza e si riducono quelli di debolezza.
Nel metodo, scontato che l'obsoleto modello urbanistico finora in uso, ha relativamente, esaurito il suo compito di normare principalmente l'espansione edilizia. O almeno, non ha più una prevalente motivazione regolativa della trasformazione dei suoli (da agricoli a urbani). Nasce l'idea, che il modo più consono di pensare quale città si vuole in futuro, comporta un minimo di considerazioni sul punto cui è giunto il dibattito urbanistico a livello nazionale.
La città contemporanea, qual è Caltanissetta, forse, non ha conosciuto molto del “federalismo” a macchie di Leopardo italiano, che localmente in urbanistica ha modificato qualcosa. Il Regolamento Edilizio Tipo/Unico (RET/REU), per esempio, è presente in 11 regioni, così come conosciuto da altre regioni è anche il consumo di suolo zero.
In Sicilia, nel suo dibattito corrente, l'urbanistica ha forse ignorato alcuni passaggi e siamo solo in attesa della riforma urbanistica.
Nella revisione del PRG che vogliamo, si può pensare al punto in cui si è giunti, di organizzare un piano strutturale olistico, articolato tra piano strategico e progetto, per uno strumento sistemico in grado di coniugare insieme: ambiente, infrastrutture e insediamento.
Il Partito Democratico, con la nuova pianificazione orientata verso un piano strutturale, che discende dal dibattito urbanistico corrente, trova che almeno due esperienze del passato nella pianificazione inducono a riflettere: una si riferisce alla complessità e alle lungaggini dei processi e l'altra riguarda la dilatazione degli spazi urbani a spese della campagna non più sostenibile. I nuovi orientamenti, che si ritrovano nel modo di affrontare la revisione del PRG, si dimostrano tendenzialmente favorevoli ad una trasformazione urbana rigenerativa, come prezioso ausilio per una città che decide e programma di ripartire.
Comunque, per il PD di Caltanissetta l'ambizione progettuale da realizzare, passa per una smart city accessibile a tutti, che in progress, negli anni a venire, anche con piccoli passi, possa rendere sempre più concreto questo obiettivo.
Il contenuto in termini non esaustivi, e volutamente esemplificativo nelle righe che seguono, vuole essere per la revisione generale del PRG, una traccia, un canovaccio di discussione che il PD intende mettere a confronto con le altre proposte dei cittadini.
Uno degli aspetti che fa discutere, in questo ultimo mezzo secolo, è il sovradimensionamento delle città e la dispersione degli immobili sul territorio, ascrivibile, per la maggior parte, alla cosiddetta rendita di posizione. Per intendersi, quella che ha maggiormente prodotto la speculazione edilizia.
Caltanissetta, lo sappiamo, ci rientra. Non sembra, ma anche la nostra città è sparsa ed estesa, come tante altre, nel territorio con: marcate periferie, villettopoli, borghi e frazioni.
Il fenomeno della dispersione delle costruzioni in ogni luogo, ha comportato forti squilibri territoriali. Il contrasto all'esistente diffusione/dispersione insediativa, infatti, è diventato una necessità. Alcuni sevizi urbani, sono diventati difficili, o quantomeno disagevoli nella loro fruizione. Le soluzioni di carattere edilizio che impermeabilizzano il suolo sono da evitare. Meglio decentramenti funzionali, anche attraverso servizi on line, diventati sempre più soluzioni praticabili per i costi in generale, più contenuti.
La pressione antropica, con le sue invadenti costruzioni edilizie, ha indebolito ogni parte del territorio italiano. Pensare ad una nuova difesa per un territorio già fragile, e ora maggiormente vulnerabile, per le nuove non più sporadiche, condizioni climatiche e atmosferiche, diventa una necessità cogente. Più attenzione, è dunque richiesta, anche per i sistemi idraulici urbani e complessivamente e per quelli di regimazione e convogliamento delle acque piovane.
Il problema dei Rifiuti Solidi Urbani, altro tema territoriale, quasi sempre in emergenza, va strutturalmente riorganizzato e ripensato, sapendo che alcune decisioni e dunque scelte, debbono essere fatte perché non più rinviabili. Pena, la centrifugazione della città, fuori totalmente dagli standard europei di vivibilità urbana. I nodi più importanti per il servizio da sciogliere, riguardano lo smaltimento delle frazioni “secco” e "umido"dai rifiuti. Per il primo un termovalorizzatore di ultima generazione ancora non c'è. E si discute all'infinito senza avere trovato alcuna soluzione. Per la frazione umida, invece, resta il dubbio sull'effettivo smaltimento in discarica controllata.
Il nucleo urbano allargato, le cui funzioni direzionali sono svolte da centro storico e zona “Palmintelli”, per la specificità consolidata, da un punto di vista strutturale va riformato in senso distributivo dei servizi, ferma restando la doppia centralità nei confronti del territorio. I quattro antichi quartieri di centro, attraverso il loro recupero, possono, invece, costituire un rilancio al ripopolamento.
Coppie di giovani ed anziani, incoraggiati da canone concordato e da una dimensione di città a misura d'uomo, sono l'opportunità per ridare linfa a quella residenza ritenuta, da tempo, poco appetibile, e rilanciare un commercio di vicinato che si va spegnendo.
Anche la relativamente recente riforma del catasto, può contribuire a governare il bisogno abitativo dei nisseni se coadiuvato da un apposito ufficio comunale per la casa.
Caltanissetta ha un suo cimitero, con una parte storica-monumentale che va tutelata, e una parte nuova che comincia a necessitare di un ampliamento, possibilmente in altra zona pianeggiante e facilmente raggiungibile da mezzo mobile. Non diversamente, si profila anche la necessità che la città pensi di dotarsi di qualche area a parco e un cimitero per gli animali di affezione.
Il territorio nisseno, nodo trasportistico strategico per la sua centralità, rispetto al resto dei comuni siciliani, specie per il vicino interscambio ferroviario (Xirbi), possiede una valenza economica potenziale di rilievo, specie per la distribuzione di merci. Un punto di forza non trascurabile per l'insieme delle risorse locali. Pertanto, la necessità degli eventuali ampliamenti strutturali, per gli scambi intermodali, va ricercata negli spazi indecisi o nelle dismissioni, e relazionata con altre esistenti sovraordinate pianificazioni.
Nuove idee e nuove prospettive architettoniche, per la massima accessibilità della città sono i nuovi ambiti di una ricerca che l'Universal Design da tempo propone e pratica, riconoscendo che esigenze ed abilità diverse delle persone sono una risorsa. Caltanissetta, volendo fare propria
l'idea di una città accessibile, come già detto, può con l'occasione proporre, con incentivi, agli ordini professionali competenti di cimentarsi per esempio, con i temi della deambulazione, o della percezione dei luoghi.
Il PD nisseno, pensa e si rende interprete propositivamente, che altri modi creativi di intendere l'armatura urbana, possono concepire una maggiore e migliore accoglienza e convivialità, adeguando e creando strutture che rendano indifferente, la fruibilità urbana di persone le cui abilità individuali sono diversificate.
Il sistema infrastrutturale che serve la nostra città, nella sua molteplicità di forme e competenze in cui si realizza, rappresenta l'insieme “materiale” dei volumi e degli spazi nonché la “immateriale” logistica che organizza tutti i servizi. Costituisce, “corpo” ed “anima” di ciò che distingue l'offerta qualitativa del territorio.
Non tutto il sistema dei servizi, ha trovato nell'attuale assetto urbano contemporaneo, una concorde interazione. Con l'occasione del nuovo PRG, la pianificazione che riguarda gli aspetti infrastrutturali, può e deve recuperare le migliori pratiche, per esempio nella mobilità, dove l'inquinamento da trasporto sia privato che pubblico, di segno contrario alla ricercata riduzione di CO2 del (patto dei Sindaci), perpetua l'insostenibilità.
Caltanissetta, tra il surplus edilizio, annovera anche volumi e spazi di proprietà erariale, che per la loro posizione strategica in città, possono essere rigenerati per nuove funzioni integrative di servizi. Caserma Capitano Franco e antenna RAI sono emblematici per funzioni diverse che possono svolgere. L'ex presidio militare con il suo volume e il circostante verde, in area abitativa diventata soprassatura di abitanti, rispetto agli standard residenziali di progetto, può essere convertita in utile integrazione. Invece l'antenna, componente dubitato (per le sue radiazioni non ionizzanti) come elemento di forza del nostro territorio se si vuole, può essere riutilizzata come elemento strategico per la protezione civile su scala nazionale o per un Wi-Fi di ampio raggio. Oppure, a scala più ampia per la sicurezza comunicativa in caso di calamità nazionali per la protezione civile (dalle Alpi alle piramidi), o anche a sede partner per la diffusione radio e tv (DTT o DVB-T) e forse per altro ancora.
Non ultimo, ma pienamente concorrente nel sistema città, entra l'ambiente. Terreni agricoli, verde pubblico (parchi urbani e suburbani), alberature dei viali e, le aree naturali come aree relitto di natura ambientale naturale (Riserve, aree protette) sono gran parte dell'ambiente che concorre alla idea di piano, ma bisogna stabilire come.
Il territorio nisseno, ha un suo suolo agricolo esteso, tra incolto e colture prevalenti di cereali, che andrebbe studiato per una possibile conversione. Non necessariamente in termini di prodotti. Un'alternativa proponibile, sta nelle condizioni che possono favorire una ripresa dell'agricoltura, per esempio, nell'organizzazione in termini produttivi e strutturali di tipo industriale. Trasporti e mercati, come elementi strutturali innovativi da inserire nel processo produttivo agricolo, potrebbero rinvigorire la produzione dell'agro nisseno in termini economici e occupazionali.
Un luogo coerente tipo come immagine di ambiente naturale che si accosta al verde rurale, nel nostro caso il Fiume Imera Meridionale, solitamente viene più visto come elemento cartografico di confine amministrativo. Oppure, come semplice corso d'acqua.
Eppure, non è solo natura ma anche cultura e riferimento per il tempo libero. Con le sue diversità biologiche o le testimonianze di raro valore storico che rappresenta sono un altro punto di forza del nostro territorio. Il suo attraversare tutta la Sicilia da Nord a Sud e i ritrovamenti archeologici sono elementi vivi che raccontano i tempi delle generazioni vissute lungo le sue sponde.
La tutela della Valle dell'Imera Meridionale, sotto forma di Riserva Naturale Orientata, rimane come esempio di una scelta illuminata di conservazione di ambiente naturale, che la città ha saputo mantenere.
Il resto, l'ambiente verde in carico all'uso cittadino, come giardini pubblici, parchi e verde di arredo urbano, nel quadro di un rinnovo della pianificazione, in uso come tanti altri servizi infrastrutturali, con rara o totale mancanza di manutenzione, sicuramente va restaurato e ricalcolato nel suo dimensionamento (standard) rispetto alla popolazione.
Insomma, Caltanissetta alla fine, dovrà fissare nello strumento urbanistico sempre più “strutturale” e meno “regolativo” alcuni “paletti”, e stabilire quali punti di forza debbano orientare la governance della generale revisione del PRG.
Le sinergie tra pubblico e privato e le politiche di settore, sono il background richiesto dallo sviluppo socio-economico di cui ha necessità Caltanissetta.
La pianificazione strategica del PRG può essere uno strumento che coniuga insieme questi fattori.
Infine, questo documento pur non esaustivo, vuole dare un contributo fattivo, alla preparazione delle direttive, previste per la Revisione Generale del PRG.
I nuovi orientamenti, alla luce del corrente dibattito urbanistico, daranno l'occasione per una diversa formulazione interpretativa, utile al territorio nisseno, grazie ad un aggiornato processo locale di pianificazione che sicuramente emergerà.
L'occasione offerta dalla revisione, non sarà il solito insieme di carte richieste dalla burocrazia, a volte impropriamente considerato: “libro dei sogni”, se si riesce, tra componenti sociali, a mettere insieme proposte reali e utili per un combinato sistema inclusivo di ambiente, infrastrutture e insediamento, coerente con la sostenibilità.

Giuseppe Cancemi