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giovedì 19 dicembre 2013

SALVIAMO IL CENTRO STORICO DI CALTANISSETTA


IL PUNTO


Chi non ricorda la politica degli annunci, il “ghe pensi mi”, la protezione civile per ogni sorta di lavoro in emergenza, il continuo ricorrere alle conferenze dei servizi di recente memoria. Ecco, il recupero del centro storico di Caltanissetta pare che si stia muovendo imitando in parte la medesima metodologia.
Inizia per caso, con un annuncio in gazzetta ufficiale di bando nazionale «Piano nazionale delle città». Prosegue con un'affannosa preparazione in sede comunale di “pezze giustificative” per documentare l'aderenza ai criteri di selezione richieste nel bando, al fine di conseguire un finanziamento (ottenuto). Si revisionano gli studi già fatti sul centro storico e si attribuisce alla nuova proposta di intervento un taglio di emergenza e di messa in sicurezza, per carità prioritari, ma non esclusivi. Questa visione miope ha fatto però ignorare i superstiti abitanti, non prefigurare i nuovi insedianti, ha minimizzato la salvaguardia del centro (ombelico della città) quale documento storico-culturale parte integrante dei tasselli del quadro meridionale che si riuniscono nel mosaico Italia. Senza scomodare i tecnici, l'estensione del centro storico che conosciamo tutti, a spanna, ci fa intuire che saranno i posteri a giudicare se Caltanissetta ha saputo conservare cultura e “radici”, riconducibili ai manufatti. Vero è anche che i nisseni hanno la loro responsabilità (attraverso le scelte nel tempo dei vari amministratori locali) nel degrado dello stock edilizio, oramai non privo di edifici pericolanti e di macerie. La figura retorica “i medici che litigano mentre il malato muore” applicata al tempo trascorso, prima di questo annunciato intervento, calza a pennello. Ma la storia non finisce qui. Il punto a cui siamo giunti che si annuncia con lavori a gogò in centro storico non deve far stare tranquilli. Le istituzioni che hanno il potere di gestire gli interventi annunciati se credibili su quanto dicono di dover fare, non si mostrano tali con le azioni ufficiali. Sfornano annunci e si dimostrano poco trasparenti. E non solo. Intimidiscono (o meglio, tentano di intimidire) a vario modo tutti quelli che in questo processo di avvio del recupero hanno provato a mettere “bocca e faccia”. Anche chi scrive ha avuto, molto da lontano, uno strano avviso: il consiglio di astenersi dal mettere documenti pubblici esposti in questa pagina. Minacciato, di, eventualmente, doverne rispondere penalmente in sede giudiziaria. Con questi “chiari di luna” mi vengono in mente due cose: l'una che questi “funzionari e politici” non hanno chiari i confini di ciò che è lecito e del suo contrario e l'altra che hanno uno strano concetto di democrazia che si dovrebbe nutrire di partecipazione, condivisione e del diritto dei cittadini che in questo caso significa: di essere informati.
G. Saggio - vista dell'intelaiatura in legno 
Altre realtà territoriali in Italia, come Abruzzo, Trentino A. A. hanno saputo fare busines, attingendo a piene mani, da antiche sapienze dell'abitare, proponendo modelli di casa lignea antisismica con varianti più o meno moderne. Dove pensate che hanno attinto le tecniche costruttive antichissime, corroborate da un rinnovo, si fa per dire, di memoria borbonica?
Nelle esperienze presenti nel quartiere Provvidenza, come quella che si ritrova nella foto sapientemente mostrata da Saggio, lo scorcio evidenzia una intelaiatura a struttura lignea, in similitudine delle "case baraccate" o "colombage" che ci ricordano un passaggio architettonico, storico culturale di prevenzione dai terremoti oggi ancora attuale.
Purtroppo, la nostra realtà istituzionale locale non ha compreso o non vuole comprendere che quel mucchio di vecchie case, di ruderi e di macerie che è il centro storico, oltre a rappresentare le radici dei nisseni ha anche più di un pregio economico (se vogliamo essere venali), che lascio intuire all'intelligenza di chi legge.

Dunque, una scelta di recupero dell'insieme centro storico non può e non deve essere di “maniera”, con una scenica “antichizzazione” delle costruzioni, inseguendo un adattamento alla motorizzazione estraneo a luoghi già a misura d'uomo.

Giuseppe Cancemi